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Autore: KiarettaScrittrice92    07/04/2016    4 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Il puntaspilli

Nella confusione che si era creata al locale, Marinette aveva perso di vista Adrien.
Il nemico akumatizzato aveva attaccato quel locale all’improvviso ed il panico era rimbalzato da un lato all’altro del Café de Flore, travolgendo anche i due ragazzi che furono costretti a separarsi.
La corvina si maledì con tutta se stessa per aver fatto una sciocchezza madornale soltanto un’ora prima.
«E dai Tikki… Ho un’appuntamento con Adrien… Cosa vuoi mi succeda per un pomeriggio?» e così aveva lasciato il cofanetto con i suoi Miraculous in uno dei cassetti in camera sua, ma non poteva sapere che l’aver scelto di sostituire i suoi fidati orecchini con quelle due eleganti striscioline in argento che le pendevano dai lobi, non era l’unico errore che avesse fatto.
«Tu!» disse la donna akumatizzata indicando proprio la ragazza.
«Io?» chiese lei con tono stupito indicandosi il petto con un dito.
«Per colpa tua il mio vestito è rovinato! Ci ho messo mesi a progettare quel vestito e tu hai preso le ultime stoffe di cui avevo bisogno in merceria. L’unica che le vendeva!»
La ragazza rimase stupita. Scherzava? Possibile che si potesse akumatizzare una persona per una cosa così sciocca? 
«Mi dispiace… Anche io avevo bisogno di quelle stoffe per…»
«Non m’interessano le tue scuse. Adesso pagherai questo affronto.» urlò la donna prendendo un ago dal puntaspilli che aveva al polso. Appena si staccò dal velcro quel piccolo pezzo di ferro diventò grande il quintuplo: era lungo una spanna e spesso un dito. 
La nemica lo scagliò con tutta la forza che aveva in corpo, verso la povera ragazza che, spaventata, si rannicchiò su se stessa chiudendo gli occhi. 
Fu un rumore a farglieli riaprire: un clangore sordo del metallo che sbatte contro altro metallo. Alzò lo sguardo lentamente e vide quello che di solito era il suo compagno. 
Seguì la sua sagoma atletica, con una strana ed inaspettata nota d’interesse. La coda che scendeva come una normalissima cintura in mezzo alle gambe, i glutei sodi stretti nella tutina nera, i muscoli della schiena perfettamente definiti. Finché non arrivò alla testa, incrociando due occhi felini, verdi come l’erba d’estate, dietro alla maschera nera.
«Tutto ok principessa?» chiese con tono galante, tendendole una mano per aiutarla a rialzarsi, che lei afferrò quasi subito, annuendo.


Dopo aver aiutato Marinette ad alzarsi, Chat Noir afferrò di nuovo saldamente la sua arma e rivolse la sua attenzione alla donna di fronte a lui.
«Allora signorina Puntaspilli… Cosa ti purrrta al Café de Flore? Qualche appuntamento galante?» ironizzò il super eroe.
«Sono Couture! E tu non mi devi intralciare!» urlò lanciando un’altro ago ingigantito verso il gatto nero.
Il giovane lo schivò con un balzo felino, portandosi dietro la ragazza che aveva alle spalle.
Ebbe appena il tempo di lasciare l’amica, che un’altro oggetto schizzò nella loro direzione, un rocchetto di filo blu, ingrandito anch’esso.
Il filo si avvolse attorno al suo corpo, bloccandogli le braccia e facendogli cadere il bastone di metallo dalle mani. Poi, con un violento strattone, venne tirato verso l’avversaria.
Era a pochi centimetri dal suo corpo e le sue mani guantate, di un viola acceso, si avvicinavano pericolosamente al suo anello nella mano destra.
D’improvviso però vide la sua arma, che aveva lasciato dietro di sé, sfrecciare di fianco a lui e colpire la donna proprio allo stomaco, facendole lasciare la presa del filo.
Il ragazzo si liberò dalla matassa blu, che ancora lo avvolgeva e fece un balzo all’indietro per allontanarsi di nuovo dalla sarta akumatizzata.
Non fu abbastanza però. Il giovane eroe vestito da gatto nero era stanco e la sua compagna non si faceva ancora vedere, come se non bastasse quel nemico era più veloce di molti altri che avevano affrontato assieme. Ebbe appena il tempo di pensare a questo quando Marinette Dupain-Cheng lo riportò alla realtà.
«Chat Noir, attento!» urlò la ragazza corvina tuffandosi davanti a lui proprio mentre uno dei grossi spilli di Couture lo stava per colpire.


Non sapeva perché l’aveva fatto, forse perché, con tutte le volte che Chat Noir l’aveva protetta, sia sotto le sembianze di Ladybug che sotto quelle di Marinette, almeno una volta voleva ricambiare.
Si era tuffata davanti a lui, non appena vide la punta di metallo dell’ago avvicinarsi pericolosamente al suo compagno di avventure. 
Caddero entrambi a terra e in un attimo sentì un dolore bruciante all’avambraccio destro. Lo spillo l’aveva colpita di striscio, provocandole una ferita superficiale, ma alquanto dolorosa, ma non le importava. Quello spillo era diretto al lato sinistro del petto di Chat Noir e se non fosse intervenuta in tempo, sarebbe morto.
«Marinette… Stai bene?» lo vide chiedere con uno sguardo preoccupato che passava dal suo viso alla sua ferita.
«Sto bene, tranquillo… Ascoltami l’akuma è dentro il puntaspilli, se usi il tuo potere sul suo guanto, puoi prenderlo e romperlo.» suggerì lei con la freddezza che caratterizzava Ladybug.


Per un attimo il gatto nero si bloccò: era la seconda volta che la sua mente sovrapponeva Ladybug a Marinette o viceversa e il cuore gli iniziò a martellare nel petto, come se avesse davanti la sua vera lady.
Ma lei non c’era.
«A quale scopo? Senza Ladybug, non posso purificarla e si riprodurrebbe…» disse con tono quasi malinconico.
«Tu fa quello che ti ho detto. Al resto ci penso io!» disse perentoria Marinette, tirandosi su da terra.
Il ragazzo la guardò per un attimo spaesato poi si alzò deciso e, sollevando la mano con l’anello, evocò il suo potere.
«Cataclisma!»
Con uno scatto repentino, si fiondò verso Couture, afferrandola per il polso sinistro. Sotto la sua stretta ferrea, il guanto viola si sgretolò, lasciando cadere il puntaspilli.
«Lancia!» sentì urlare.
Lo prese e lo lanciò alla corvina che, dopo averlo buttato violentemente sopra un tavolino del café, lo mise sotto un bicchiere di vetro. Appena la piccola Akuma, nera come la pece, uscì dal suo nascondiglio si ritrovò intrappolata.
«Sei un genio!» disse Chat Noir avvicinandosi.
Lei sorrise, fino a che non sentì l’anello del suo compagno protestare con il suo primo suono d’allarme.
«Ora vado a casa, così vedo di medicarmi questa ferita. Tu aspetta qui Ladybug ok? Sono sicura che arriverà.» disse con un’altro sorriso, per poi allontanarsi.
Erano passati ormai quattro minuti, ancora uno e la trasformazione avrebbe finito il suo effetto. Quando la vide.: bella come sempre, appesa al filo di metallo che componeva il suo yo-yo. Era felice di vederla, ma il suo lato sarcastico fu più forte della sua gioia.
«Alla buon ora coccinellina…»
«Perdonami Chat, ma mi sono dovuta attardare in un’altra missione.»
«Come vuoi tu my lady, non discuto.» rispose lui, alzando le mani in segno di resa, poi vide la giovane super eroina sollevare il bicchiere e catturare la farfalla nera.
«Niente più malefatte piccola akuma! Ladybug sconfigge il male!»
Quando la farfalla bianca e pura uscì dal suo yo-yo, la salutò come suo solito.
«E adesso? – chiese Chat Noir – Non hai usato il Lucky Charm, quindi come farai a riportare tutto alla normalità?»
La vide guardarsi intorno dubbiosa, poi i suoi occhi azzurri e splendidi come il mare s’illuminarono di un lampo di genio. Afferrò il bicchiere che aveva trattenuto la piccola farfalla malvagia e lo scaglio verso l’alto.
«Miraculouse Ladybug!» disse.
Milioni di fasci di un rosso intenso avvolsero il Café de Flore riportandolo completamente ordinato e integro.

  
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