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Autore: Crilu_98    07/04/2016    1 recensioni
Quali sono le radici dell'odio smisurato che Heriman prova nei confronti di Fabio? Chi è Myrddin Emrys? Come ha fatto Massimo a sfuggire alla morte a Fiesole? Le risposte a queste e ad altre domande della long "Hereditas".
1- Io avrei ucciso quel romano, lo avrei cacciato e braccato come una preda. Li avrei vendicati, tutti quanti.
2- Mi avevano detto che sarebbe stato semplice: ma la guerra, che sia una battaglia campale o un logorante compito di vedetta, non è mai semplice.
3- Nella mia mente non posso fare a meno di pensare come sarebbe stato se avessi tenuto Artorius con me: forse è per questo che la sua voce da neonato mi fa visita in sogno.
4- . Quella era la mia mappa, la mia garanzia di poter tornare a casa. Perché sì, un giorno io sarei tornata a casa.
5- Molti hanno paura di me e allo stesso tempo mi rispettano, come rispettano gli antichi dei di questa terra: qualcosa di troppo arcano e misterioso per riuscire a comprenderlo, ma che non si può ignorare.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana, Medioevo
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A quarantacinque anni, con un marito accanto e tre figli sani e robusti, dovrei sentirmi appagata e pronta per intraprendere il cammino della vecchiaia.
Io non lo sono, anche se lo sembro: nessuno crederebbe che questa donna matura che spende le sue giornate a lavorare una terra brulla e nera nasconda rimpianti o dolori.
Eppure alcune volte la notte mi sveglio e avverto le lacrime che scorrono sulle guance; Lelio, coricato al mio fianco, non si accorge mai di nulla ma io lo sento ancora, quel pianto spezzato e reso difficoltoso dalla tosse.
Artorius.
 
Ricordo perfettamente il giorno in cui nacque. Avevo quattordici anni e camminavo da giorni lungo le sponde paludose dell'Eridano: dopo che l'ultimo villaggio mi aveva chiuso le porte in faccia nel vedere le mie vesti sporche e la mia pancia pronunciata mi ero inoltrata in quei territori brumosi e solitari. Non sapevo nulla del mondo, degli uomini, o di come nascessero i bambini: la mia vita si era divisa tra il telaio ed i campi fino a quando un manipolo di disertori - romani, non barbari come tutti si ostinano a pensare - non hanno fatto irruzione nella nostra fattoria, uccidendo mio padre e i miei fratelli e impedendo a me di scappare. Ricordo ancora il dolore dell'intrusione di quell'uomo nel mio corpo, e le lacrime che versai quando scoprii che ero incinta e sola, senza più una casa o una persona amica a cui chiedere aiuto.
Mi lasciai andare ai piedi di un albero quando le contrazioni si fecero insopportabili ed iniziai ad urlare piangendo, sicura che fosse giunta la mia ora. Piangevo anche per quella creatura che, nonostante tutto, amavo più di me stessa. Fu lì che Titus mi trovò insieme alla sua banda e salvò me e Artorius dall'essere divorati dalle fiere. Riaprii gli occhi nel suo accampamento e non appena il mio sguardo si posò su quell'esserino che riposava tra le mie braccia, cullato dal calore del mio corpo e dal mio respiro compresi che avrei fatto di tutto per garantirgli il migliore futuro possibile.
Ma vedere il mio bambino andare via mi ha lacerato il cuore, tanti anni fa. Nonostante sapessi che era la sua unica possibilità per sopravvivere non ho mai smesso di rimproverarmi per quel gesto.
Con me Artorius sarebbe morto di febbre, di fame, di stenti; sarebbe cresciuto pallido e malato come i ragazzini con cui vivevo e si sarebbe consumato, inverno dopo inverno, in un'esistenza debole ed incerta.
Ma il dubbio e la curiosità di sapere dov'è ora, se sta bene, com'è diventato mi torturano ogni giorno. Mi chiedo spesso cosa abbia ereditato da suo padre e quanto invece abbia ripreso da me.
Quando se n'è andato aveva dei ciuffi spettinati di capelli biondi e gli occhi più grandi ed azzurri che avessi mai visto; adesso sarà un uomo fatto, se è ancora vivo. Un guerriero o un contadino? Un mercante? Un artigiano? Non so nulla di Massimo ed Octavia, gli sconosciuti a cui l'ho affidato: puntavano a Nord, cercavano dei loro amici da cui erano stati divisi... Io mi sono semplicemente fidata dalla luce di bontà che c'era negli occhi di lei e della cura che poneva nell'accudire mio figlio.
 
Lelio arrivò alcuni anni più tardi e anche lui era un disertore dell'esercito (anche se, come scoprii poi, era stato costretto a fuggire perché aveva ucciso un commilitone in una rissa).
Quella che per un po' di tempo avevo considerato la mia famiglia non c'era più: alcuni bambini erano morti, altri erano tornati dalle loro famiglie, altri, come me e Titus, si separarono per cercare ognuno la propria fortuna. Ero cresciuta, ero diventata più robusta e resistente: le mie mani erano coperte di calli e il mio viso mostrava già le prime rughe dovute alle intemperie a cui ero costantemente esposta. Mi ero stabilita in una capanna di pastori abbandonata ai piedi delle Alpi e passavo il mio tempo raccogliendo ciò che la foresta offriva, ammassando riserve per sopravvivere durante l'inverno.
Stavo raccogliendo castagne quando trovai quest'uomo addormentato a pochi passi da casa mia: era quasi più magro di me e la tunica che indossava era consunta e strappata in più punti. Quello che mi fece cadere il cesto dalle mani - e di conseguenza svegliare lo sconosciuto - fu però la spada che portava al fianco. Incrociai i suoi occhi per un attimo, prima di dargli le spalle ed iniziare a correre. Come potevo sperare di sfuggire ad un uomo allenato alla guerra?
Mi fu addosso in pochi minuti e d'improvviso tutti i ricordi che avevo sepolto in un angolo remoto della mia mente - la morte dei miei familiari, la violenza, Artorius - mi colpirono con violenza, facendomi scoppiare a piangere.
L'uomo allentò la sua stretta, accarezzandomi rude le braccia.
-Stai calma!- ordinò -Non voglio farti del male!-
Mi soffermai a guardarlo: aveva dei lineamenti affilati, folti capelli neri ed occhi azzurri che mi ricordavano in modo impressionante quelli del mio bambino. Forse fu per quello che smisi di tremare; lui se ne accorse, e sorrise. O almeno io interpretai quella smorfia come un sorriso
-Lelio Murrio. Mi sono perso per questi boschi e stavo cercando un posto dove riposare, ma la stanchezza mi ha vinto prima. Mi dispiace averti spaventata!-
-Sei un soldato.- replicai io dopo un po', lo sguardo fisso sulla sua spada. Non c'erano divisioni di legionari da quelle parti, perciò...
-Lo ero. Ora non lo sono più.-
Io annuii, prima di liberarmi dalla sua presa ed incamminarmi verso casa.
-Chi ti ha detto di seguirmi?-
-Non offrireste un po' di ospitalità ad un povero ramingo sperduto?-
-Sei un disertore, forse anche ricercato. Ed io sono da sola, non inviterei mai uno sconosciuto nella mia capanna!-
Mi morsi la lingua subito dopo:
"Quanto sei stupida, Aurora!"
Lelio rise e non smise di seguirmi. Però rimase ai margini della radura mentre io entravo in casa: quando mi affacciai a spiarlo, lo vidi seduto contro un albero, con il capo reclinato e gli occhi chiusi.
Sobbalzò quando aprii la porta e mi diressi verso di lui:
-Il mio nome è Aurora, ma tutti mi chiamano Igraine.- sbottai tutto d'un fiato. Lui mi fissò con gli occhi socchiusi e chiese:
-Perché me lo stai dicendo?-
Gli indicai la mia casa:
-Puoi rimanere, ma solo per un paio di notti!-
Lelio sorrise: non se ne sarebbe andato mai più.
 
Lelio ha ingrandito la capanna cadente, trasformandola in una casa spaziosa con anni di paziente lavoro. Abbiamo cresciuto insieme le piante del nostro orto e poi gli animali; iniziammo con le due pecore che lui acquistò vendendo la spada, ultimo ricordo della sua vita da soldato, che poi sono diventate un vero e proprio gregge.
Lo amo anche se passiamo la maggior parte del tempo a litigare: Lelio è autoritario, prepotente e testardo, ma mi rispetta come nessuno ha mai fatto in tutta la mia vita. Abbiamo due figlie che si sono già sposate e un maschio: quando nacque mio marito impedì alla levatrice di mostrarmelo, per paura che l'emozione stroncasse il mio cuore.
Ascanio non assomiglia in nulla ad Artorius: ha i capelli neri e la stazza di suo padre, così come gli occhi grigi non sono limpidi come quelli del mio primogenito.
Nella mia mente non posso fare a meno di pensare come sarebbe stato se avessi tenuto Artorius con me: forse lui e Ascanio sarebbero cresciuti insieme, come fratelli. Forse ho sbagliato, tanti anni fa, forse è per questo che la sua voce da neonato mi fa visita in sogno.
Ma ci sono dei momenti in cui tutti questi pensieri angosciosi mi abbandonano: può accadere mentre sto zappando, o mentre cucino, o mentre lavo i panni. E allora un senso di pace mi invade e chiudendo gli occhi posso vedere mio figlio come la mia mente lo dipinge, fiero e felice... Lontano da me.
 
 
Angolo Autrice:
Questa OS su Igraine è diversa dalle altre di questa raccolta, perché non racconta solo di cosa è successo prima di "Hereditas", ma anche dopo: mi sembrava un personaggio così triste e sconsolato che ho sentito il bisogno di regalarle un po' di felicità, anche se il pensiero del piccolo che ha dovuto abbandonare non la lascerà mai...
Fatemi sapere cosa ne pensate!
 
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