Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: rhys89    08/04/2016    1 recensioni
Kise ha appena scoperto che la sua sorellina si sposerà presto, e che lo vuole come testimone… insieme ad Aomine, il ragazzo con cui i suoi genitori non sanno che è fidanzato.
La “Missione Matrimonio Kaede” sta per avere inizio.
[Dal testo]
Sgrana gli occhi e arrossisce, poi cancella furiosamente quell’ultimo punto che ha aggiunto solo per sbaglio – o per scherzo, o perché era sovrappensiero, o per-qualche-motivo-che-non-conosce-e-nemmeno-gli-interessa – e rilegge il suo piano di battaglia.
• Punto 1: Chiedere ad Aominecchi di fare da testimone a Kaede insieme a me.
• Punto 2: Dire a mamma e papà che sto con Aominecchi.
• Punto 3: Convincere Aominecchi a venire a conoscere mamma e papà (perché sicuramente non vorranno aspettare il matrimonio).
• Punto 4: Convincerlo anche a vestirsi con uno smoking (dopotutto è il testimone).
• Punto 5: Trovare un modo per farmi perdonare da Aominecchi.
• Punto 6: Chiedergli di sposarmi.
Bene. Perfetto.
Si accascia sulla scrivania fino a sbattere la fronte sul ripiano.

È un uomo morto.
[ATTENZIONE: questa storia contiene un altissimo dosaggio di fluff (sul serio, una quantità spudorata di fluff) con una ricca farcitura di cliché [cit.]. Lettore avvisato...]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice

Ciao ciaoino a voi! ^^
Rieccomi qui con il terzo capitolo della mia prima AoKi in assoluto... e devo dire che sono felicissima che - a quanto pare - sono riuscita a non fare un completo disastro! xD
Siamo quasi a metà strada (i capitoli sono 7 in tutto - o meglio, 5 più prologo ed epilogo) e la trama - quella poca che c'è xD - inizia a delinearsi.

In questo capitolo purtroppo non comparirà Aomine, *schivapomodorimarci* ma faremo la conoscenza dei genitori di Kise (ah, ovviamente - siccome dall'anime non ne sappiamo niente - anche loro sono personaggi che ho inventato di sana pianta ^^"): più introspezione e meno romanticismo.
Vi prometto però che mi farò abbondantemente perdonare con i prossimi capitoli (roba da carie ai denti, garantito), giurin giurello!

Prima di lasciarvi alla storia ci tengo a ringraziare Ninicatcake e MysticFan che hanno commentato lo scorso capitolo, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e anche, ovviamente, chi la legge in silenzio ^_-

Il prossimo aggiornamento sarà come sempre venerdì prossimo, in mattinata (salvo imprevisti) e... niente, ho finito.

Disclaimer: i personaggi e la storia di Kuroko no Basket non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^


Punto 2
Dire a mamma e papà che sto con Aominecchi

 Il tragitto dal suo – relativamente – nuovo appartamento fino a quella che adesso è soltanto casa dei suoi genitori non gli è mai sembrato tanto lungo… ma forse dipende dal fatto che si sofferma ogni dieci passi a osservare le vetrine, il paesaggio o comunque qualunque cosa gli sembri anche solo vagamente interessante.
O che almeno gli consenta di rimandare l’inevitabile per qualche altro prezioso minuto.
 Non che Kise abbia paura di dire a sua madre e a suo padre che è fidanzato con un ragazzo, intendiamoci: lo sanno da tempo che è bisex e che quindi c’era questa possibilità.
 Si ferma per l’ennesima volta sul ciglio della strada, accucciandosi vicino a un’aiuola abbandonata dove una piantina di denti di leone si fa largo tra mucchi di erbaccia.
 Non è nemmeno preoccupato che a loro non piaccia Aomine nello specifico, perché – siamo onesti – anche se l’abito non fa il monaco già presentarsi come poliziotto ispira subito fiducia.
Anche se il suddetto poliziotto è uno tsundere patentato, perennemente annoiato e maniaco del basket.
 Strappa uno dei fiori che non è ancora sbocciato del tutto – l’hanno sempre affascinato quelle palline bianche e soffici che precedono l’esplosione di giallo – e se lo porta davanti al viso.
 In effetti, a ben pensarci, la notizia che finalmente si è sistemato probabilmente li farà solo contenti.
 Prende un profondo respiro e soffia, soffia più forte che può.
 Ma Kise ormai è adulto, e sono tanti anni che ha smesso di mentire a se stesso: lui sa che i suoi genitori lo amano davvero, e sa anche che accetteranno la sua scelta con un sorriso… così come sa per certo che dentro di loro ne resteranno delusi, perché è da quando è nata la sua prima nipotina che sua madre cinguetta che non vede l’ora di vedere i suoi, di figli, perché di sicuro saranno bellissimi e bla-bla-bla.
 E, mentre i petali sottilissimi del tarassaco volano via lontano, Kise rivolge loro una silenziosa preghiera.
“Fate che vada tutto bene… solo questo, solo questa volta.”
 Perché Kise sa bene che esprimere un desiderio non basta per far sì che si avveri… ma nel vedere la corolla ormai completamente spoglia non riesce a trattenere un sorriso.
In fondo che male c’è nello sperare in un pizzico di aiuto extra?
 Guarda indeciso l’ex fiore un momento ancora, poi lo sistema con cura nella tasca della giacca e riprende a camminare.

 La mamma gli viene ad aprire al terzo scampanellio, un sacco di bigodini in testa e sul viso un’espressione decisamente seccata che però si distende subito in un gran sorriso.
 «Ryōta! Che bella sorpresa!» Esclama contenta, stringendolo in un abbraccio affettuoso lì sulla soglia di casa, prima di scansarsi e lasciarlo entrare. «Come mai da queste parti? Hai saputo di Kaede, vero? Non è meraviglioso? Caro!» Urla all’improvviso, rivolta al secondo piano. «C’è Ryōta! E Poi Hiroji è un uomo così per bene…» riprende subito dopo come se nulla fosse.
 Kise sorride e segue sua madre in sala mentre lei non smette di parlare un solo istante tra quando lo fa accomodare sul divano e quando apre una bottiglia di succo di frutta all’ananas – il suo preferito – e gliene versa un bicchiere pieno fino all’orlo.
 «La tua nuova fiamma ti accompagnerà al matrimonio?» La sente chiedere a tradimento, dopo una sfilza di informazioni non richieste su parenti di cui non ricordava neanche l’esistenza, e Kise la guarda perplesso alcuni secondi prima di capire che stavolta non continuerà il suo monologo fino a che non avrà una risposta.
 E sì, ovviamente se l’aspettava questa domanda, – dopotutto è proprio per questo che è venuto qui, oggi – ma tutto il coraggio che pensava di aver racimolato per strada si è nascosto chissà dove, e le parole tardano ad arrivare.
 «Non essere invadente, tesoro.» Interviene misericordiosamente suo padre, che nel frattempo li ha raggiunti. «Magari stanno insieme da poco, e Ryōta ancora non se la sente di portarla in famiglia.» Aggiunge poi, facendogli un occhiolino e un sorriso rassicurante.
 Ma Kise non si sente affatto rassicurato, perché una volta scoperto – con gli interrogatori passati – che al momento è impegnato con qualcuno… i suoi genitori hanno evidentemente dato per scontato che questo “qualcuno” fosse una ragazza.
 Sospira profondamente e si passa una mano tra i capelli, poi raddrizza la schiena e tende le labbra in quello che Aomine chiama “sorriso da servizio fotografico”.
Molto bello, vagamente malizioso e – soprattutto – completamente finto.
 «No, papà… noi stiamo insieme da un bel po’.» Lo contraddice con calma. «E, sì, mamma… verrà con me al matrimonio.» Aggiunge, voltandosi verso di lei giusto in tempo per vederla battere le mani tutta felice.
Sua madre è proprio una bambina, certe volte.
 «Oh, finalmente la conosceremo!» Esclama poi, e Kise si lascia sfuggire un sogghigno.
È proprio qui che voleva arrivare.
 «In effetti… voi lo conoscete già, almeno di vista.» Commenta con nonchalance prima di riprendere a sorseggiare il suo succo, aspettando che quel “lo” faccia breccia nella mente dei suoi genitori.
E loro non deludono le sue aspettative.
 «Lo conosciamo, Ryōta?» Chiede confuso suo padre.
 «Sì, lo conoscete. Bhé, più o meno:» si corregge in fretta, perché in fondo nessuno li ha mai presentati ufficialmente «Aomine e io giocavamo insieme a basket, alle medie… ve lo ricordate?»
 Li vede aggrottare le sopracciglia, pensierosi, e poi «Aomine Daiki?» chiede conferma sua madre. Kise annuisce con un sorriso, e allora lei prosegue. «Eravate parecchio amici, da ragazzini… ma poi mi sembrava che vi foste allontanati.»
 Kise si porta una mano alla nuca, un po’ a disagio.
 «Bhé, ci siamo ritrovati.» Borbotta massaggiandosi il collo, sperando vivamente di non essere arrossito… non troppo, almeno.
 Sente il papà ridacchiare del suo imbarazzo e lo guarda storto, ma quando anche la mamma si unisce a lui sospira di sollievo e si distende in un sorriso sincero.
 «Stiamo insieme da più di un anno.» Aggiunge allora, perché ormai che è in ballo tanto vale andare fino in fondo.
 «Sembra una cosa seria.» Commenta suo padre.
 Il sorriso sul volto di Kise si addolcisce.
 «Lo è.» Risponde semplicemente.
 I suoi genitori continuano a sorridergli teneramente, e quella luce di sincera felicità che vede nei loro occhi al tempo stesso lo commuove e lo fa sentire uno stupido.
Alla fine si era preoccupato per niente.
 «Dai, dicci qualcosa di più di lui.» Esclama la mamma dopo un po’, rompendo quel silenzio. «Vive da solo o con i suoi? E che lavoro fa?»
 Incrocia lo sguardo divertito del papà che si stringe nelle spalle come a dire “lo sai che è fatta così”, poi si affretta a rispondere a quelle che probabilmente sono soltanto le prime di una lunghissima serie di domande.
 «Vive da solo, ha un appartamento in periferia. E fa il poliziotto.»
Tre, due, uno…
 «Ah, il fascino dell’uniforme…» Commenta lei maliziosa, strizzandogli l’occhio.
 Kise le sorride e «Già.» ribatte con lo stesso tono, facendola ridacchiare.
 Suo padre si schiarisce rumorosamente la gola, borbottando qualcosa di non meglio definito che li fa ridere ancora di più, e allora lasciano stare le provocazioni e continuano con la seduta di botta e risposta.
 E, mentre ascolta paziente l’ennesima domanda di sua madre, Kise si ritrova a pensare che – per la prima volta in assoluto – quest’interrogatorio… in fondo non gli dispiace.
Adora parlare di Aomine.
 Si mordicchia il labbro, imbarazzato dal suo stesso pensiero, e distratto com’è non sente che la mamma lo sta chiamando.
 «Ryōta? Mi stai ascoltando?»
 «Forse ha bisogno di una pausa, tesoro.» La prende in giro il marito, e lei lo guarda storto mettendo su un piccolo broncio.
Sì, proprio una bambina.
 «Scusa, mamma, non ho capito. Stavi dicendo?»
 Lei sospira in modo teatrale, ma poi fa magnanimamente finta di niente e si ripete.
 «Ti stavo chiedendo quando Daiki sarebbe libero per una cena. Venerdì va bene?» Aggiunge prima che Kise possa ribattere. «O è meglio sabato? Domenica sarebbe meglio di no perché ho un impegno, ma posso sempre disdire…»
 E Kise capisce chiaramente di essere in trappola.
Ma dopotutto aveva messo in conto anche questo.
 «Venerdì dovrebbe andar bene.» Acconsente allora, mentre un brivido freddo gli percorre tutta la schiena.
 Bene: ha ben quarantotto ore per dire al suo fidanzato che ha parlato di lui ai suoi genitori e che loro li aspettano per cena.
Vabbè, poteva andare peggio…
 «Perfetto! Allora chiamo subito Saori e Kaede.» Esclama raggiante, prima di alzarsi e andare dritta verso il telefono senza – ovviamente – degnarsi di chiedergli cosa ne pensasse.
… come non detto.
 Kise si lascia sprofondare sul divano mentre suo padre lo guarda tra il divertito e il solidale – più divertito che solidale, in effetti – e, nell’altra stanza, sua madre invita le sue sorelle – e relativi consorti – per quella che avrebbe dovuto essere soltanto una cenetta veloce e relativamente indolore e che invece si sta trasformando in un evento familiare al gran completo.
 È decisamente un uomo morto.



   
 
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