Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
Segui la storia  |       
Autore: MystOfTheStars    09/04/2016    1 recensioni
Si sa, l'unica cosa in grado di sconfiggere anche le più potenti e oscure tra le maledizioni è, naturalmente, il potere del vero amore.
Il neonato principe En viene maledetto da un demone malvagio e l'incantesimo oscuro potrà essere spezzato solo da un bacio. Tuttavia, sarà davvero difficile - se non impossibile - per i suoi tre spiriti guardiani riuscire a crescere il principino nel cuore della foresta, cercando anche di fargli trovare la persona giusta di cui innamorarsi. Per fortuna, il ragazzo potrebbe riuscire a trovare l'amore anche senza il loro aiuto...
[EnAtsu, IoRyuu, con la partecipazione di - quasi - tutto il cast dell'anime]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Kinshirou Kusatsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo VIII
 

Pazienza

 

 

Kinshiro giaceva sul letto a baldacchino della sua stanza, abbandonato su una complicata geometria di cuscini arrangiati con cura da Ibushi.

Nonostante la posizione, non si stava riposando. Avrebbe dovuto, visto che era ancora lontano dall'essersi ripreso dallo scontro con i tre spiriti e che ogni singola fibra del suo corpo risentiva ancora dell'attacco magico che gli era stato scaricato addosso, ma non trovava pace.

Immobile, aveva lo sguardo fisso sul baldacchino sopra di sé; ormai conosceva a memoria tutti i ghirigori e le pieghe della stoffa, ma se abbassava le palpebre per dare un po' di sollievo ai suoi occhi arrossati, le immagini della giornata precedente tornavano a colpirlo con nitidezza insopportabile.

 

 

Quando il demone si era risvegliato, la prima cosa che aveva visto sopra di sé erano stati i visi preoccupati di Akoya e Ibushi. Quest'ultimo lo stava scuotendo gentilmente, sfiorandogli il volto con delicatezza. Il tocco delle sue dita portava con sé una sensazione di sollievo per la sua pelle scottata e tumefatta, ma Kinshiro gli aveva scostato la mano in malo modo.

Gli altri tre erano riusciti a farla franca, a salvare il principe ed a conciarlo male, e il demone mal sopportava l'idea di doversi far aiutare perfino per mettersi a sedere.

Nonostante Ibushi avesse insistito per andarsene, Kinshiro si era ostinatamente alzato in piedi e, a fatica, aveva seguito le tracce dei cavalli in mezzo al bosco.

I demoni, tuttavia, non erano andati molto lontano prima di essere costretti a fermarsi: ad un tratto, dal nulla, un'aura magica li aveva schiaffeggiati e spinti indietro. Senza fiato, avevano immediatamente compreso di che cosa si trattasse: gli spiriti dovevano aver predisposto una barriera incantata per bloccare l'accesso a quella parte di foresta.

Era un muro spesso e solido, il risultato di un incantesimo potente, non certo qualcosa che i tre avevano lanciato unicamente per coprirsi le spalle durante la fuga.

I demoni avevano percorso la lunghezza della barriera fino a che non erano spuntati in una radura dall'aspetto famigliare. Ci era voluto un po', ma alla fine Kinshiro ed Ibushi avevano riconosciuto il posto in cui, l'anno prima, avevano dovuto interrompere una battuta di caccia al cervo perché Atsushi era spuntato dal nulla in mezzo ai cespugli, rischiando di farsi trafiggere dalle frecce di Kinshiro.

Il demone aveva scostato i cespugli da dove era comparso il principe quel giorno. Non era stato sorpreso di ricevere una fredda scossa alla mano non appena l'aveva sporta oltre i rami, e se l'era portata al petto in un istintivo gesto di difesa.

Il dolore, però, non era niente rispetto alla realizzazione che lo aveva colto a conseguenza della scoperta.

E così era quello il posto segreto di Atsushi.

Anche quel giorno, il ragazzo stava uscendo dalla parte di foresta posta sotto l'incantesimo.

Mentre si massaggiava le dita con sguardo fisso nel vuoto, i pensieri avevano iniziato a connettersi nella mente del demone, causandogli più dolore di qualsiasi incantesimo.

Atsushi era sempre stato in grado di varcare quella barriera magica, che era stata ciò che lo aveva protetto dalla freccia che il demone gli aveva scagliato contro quel giorno, credendolo la sua preda.

Solo una potente aura magica avrebbe potuto deviare la sua mira infallibile, naturalmente, Kinshiro avrebbe dovuto capirlo già allora. Ma, quando era successo, era rimasto troppo scosso dall'aver quasi ucciso il principe umano da investigare sul perché avesse mancato il bersaglio.

Se solo si fosse reso conto prima di quanto stava accadendo, che gli spiriti ed il principe Yufuin si nascondevano in quella foresta, che Atsushi lo incontrava nel bosco...

Nel momento in cui quella realizzazione lo aveva colto, il suo fisico, provato dallo scontro di prima, aveva ceduto, lasciandolo privo di forze in mezzo all'erba. A quel punto, era toccato ad Ibushi sollevarlo e finalmente ricondurlo a casa.

 

 

Al pensiero di tutto ciò, Kinshiro si rigirò nel letto, soffocando un'esclamazione di dolore causata dal movimento.

Non voleva immaginare che cosa Atsushi e l'altro facessero nel bosco, ma quello che davvero si chiedeva più di tutto era da quanto a lungo questo andasse avanti. Per quanto tempo Atsushi gli aveva tenuto nascosto che conosceva l'altro principe? Quante volte aveva declinato i suoi inviti per andare a trovare il suo amante?

Il materasso del letto sembrava pietra, ormai, sotto la sua schiena e le sue gambe; Kinshiro si alzò all'improvviso, ignorando le fitte di dolore, incapace di rimanervi fermo sopra più a lungo.

Di più.

Ci doveva essere di più.

Gli spiriti avevano cercato di ingannarlo, il giorno prima, facendo credere che il principe Yufuin si sarebbe incontrato con la principessa e che i due fossero innamorati, solo per distrarre i demoni dalla tresca con Atsushi.

Era così, quindi; doveva essere così, altrimenti perché mai Atsushi poteva varcare liberamente la barriera magica attorno alla foresta? Kinshiro conosceva quel tipo di incantesimi, erano fatti per respingere creature magiche ed esseri umani senza distinzioni, eccezion fatta unicamente per quelli che la magia stessa era programmata per far entrare.

Chissà con quali incanti lo avevano ammaliato i tre spiriti, per farlo invaghire dell'altro principe.

Lentamente, perché le sue gambe gli consentivano ancora solo movimenti limitati, il demone camminò fino alla finestra.

La sua stanza si affacciava sullo stesso lato dell'entrata principale della villa. Da lì, Kinshiro poteva vedere il cancello di ingresso, ben chiuso, e la strada che portava, dopo svariate curve e bivi, fino alla residenza della famiglia reale.

La sua mente percorse la via lentamente, mentre veniva accarezzata da un tocco gelido, invitante. Sarebbe stato semplice scatenare la loro magia contro quegli umani e liberarsene una volta per tutte.

I suoi pensieri indugiarono attorno all'idea, attratti, ma una fitta di dolore al petto li fece ritrarre.

Sarebbe stato semplice, certo, se solo Kinshiro fosse stato in grado di reggersi in piedi abbastanza a lungo da arrivare fino alla residenza reale, pensò il demone appoggiandosi di peso al davanzale della finestra. Al momento, era troppo difficile persino attraversare la sua stanza.

No, prima di agire doveva portare pazienza, recuperare le forze e la lucidità di mente, che pure sembrava vacillare ed indebolirsi, ogni qual volta la stretta nel suo petto si faceva più forte.

Alla porta, dietro di lui, si udirono dei colpi discreti.

Kinshiro esitò per un istante prima di rispondere con un brusco 'avanti'.

Sulla soglia apparve Ibushi, che reggeva un vassoio su cui era poggiata una tazza fumante.

"Serve che porti altri cuscini e coperte?" chiese il demone.

Era il suo modo per esprimere preoccupazione nel vedere l'altro in piedi, quando avrebbe preferito saperlo a riposo. Del resto, Ibushi era ben consapevole che, se gli avesse esplicitamente consigliato di tornare a letto, Kinshiro non lo avrebbe ascoltato, non nelle condizioni in cui era.

"Ne ho a sufficienza."

Il demone più alto annuì e poggiò il vassoio con il tè accanto al letto, nel malcelato tentativo di richiamare Kinshiro lì vicino. Questo, in risposta, gli lanciò un'occhiata veloce ma carica di rimprovero.

"Visto che hai già fatto tutta la strada fino a questa stanza, non credo che portarlo fino a qui faccia differenza."

Ibushi sospirò, ma obbedì, e finalmente il tè fu tra le mani di Kinshiro. Questo, però, era intenzionato a gustarlo in solitudine, ed il suo secco 'molto bene, puoi andare' fu superfluo per far comprendere ad Ibushi che la sua presenza non sarebbe stata gradita oltre, esattamente come qualsiasi suo suggerimento o consiglio.

 

Rimasto solo, Kinshiro posò la tazza sul davanzale, indugiandovi di fronte. Avrebbe voluto sedersi, ora, ma non c'erano poltrone o sedie nelle vicinanze, e richiamare Ibushi per farsene portare una era fuori discussione.

Si guardò intorno, frustrato. Quella stanza, quella villa erano diventate una prigione, e non solo perché, al momento, non era abbastanza in forze per abbandonarle.

I suoi occhi si sollevarono verso il cielo, ancora chiaro. Sarebbe stata una notte di luna piena, il demone lo sapeva bene, ma Atsushi lo avrebbe aspettato invano, quella sera.

 

~~~

 

"Non è mai mancato a nessuno dei nostri ritrovi a vedere le stelle. Ieri notte, invece, non si è fatto vedere. La cosa mi preoccupa un po'."

Atsushi mosse i piedi e l'acqua della pozza si increspò attorno alle sue caviglie, restituendo uno scintillio di riflessi sfaccettati.

Il sole della tarda mattinata gli accarezzava la schiena nuda, mitigato dall'ombra incostante delle foglie dei faggi. Le pietre su cui era seduto erano tiepide sotto le sue natiche e cosce, in gradevole contrasto con il fresco della polla.

"Forse non stava bene," ragionò semplicemente En, che, immerso nell'acqua fino alle spalle, teneva la testa reclinata all'indietro, godendosi il calore della luce sul viso. Sul suo petto, sopra il pelo dell'acqua, riluceva il ciondolo azzurro regalatogli un paio di giorni prima.

Sembrava sul punto di addormentarsi, ma in realtà stava ascoltando con attenzione quanto Atsushi aveva da raccontargli. Stare così allungato all'indietro era il metodo migliore per approfittare appieno dei raggi del sole e, soprattutto, era un modo per evitare di osservare troppo a lungo il suo ragazzo. Questo, seduto completamente nudo di fronte a lui, era irresistibile ed En era ben consapevole che il loro bagno non sarebbe finito in maniera innocente. Tuttavia, al momento preferiva resistere alla tentazione e riposare ancora un po', ascoltando l'altro parlare e cercando di capire che cosa dirgli per confortarlo.

Atsushi, ignaro dei pensieri di En e completamente perso nei suoi, giocherellò ancora con i piedi nell'acqua.

"Kinshiro non si è mai ammalato da che lo conosco."

"C’è una prima volta per tutto, immagino. Forse ha preso troppo caldo e si è addormentato, dimenticandosi del vostro appuntamento."

"Non è il tipo da dimenticarsi degli appuntamenti."

Il giovane, in effetti, era la puntualità fatta persona ed era impossibile anche solo immaginare che il loro ritrovo gli fosse sfuggito di mente.

Nonostante, per forza di cose, non l'avesse mai visto, En poteva ormai dire di conoscere Kinshiro piuttosto bene, visto che Atsushi ne parlava spesso. Non solo, era già capitato più di una volta che il principe gli avesse prestato dei libri regalatigli proprio da lui, ed En si era ritrovato a leggere le lunghe dediche scritte nelle prime pagine. Dal loro linguaggio e dalla loro verbosità, aveva dedotto che doveva trattarsi di un tipo piuttosto noioso e serio. Certo, però, sembrava anche una persona troppo rigorosa per dimenticarsi semplicemente di un appuntamento.

En alzò la testa, strizzando gli occhi per abituarli alla luce, ed osservò Atsushi in silenzio per qualche istante.

"Visto che sei tanto preoccupato, saresti dovuto andare a vedere come stava stamattina."

Atsushi scosse la testa e gli sorrise.

"Ti avevo detto che sarei venuto qui, ed anch'io sono una persona puntuale, Enny, se non te ne fossi accorto."

"Da come lo dici, suona quasi come un'accusa," replicò En, sedendosi diritto e stiracchiandosi. Inarcò la schiena con una smorfia (le rocce erano tiepide ma anche dure e spigolose), storcendosi e piegando le braccia indietro.

Atsushi seguì tutte queste evoluzioni con un sorriso bonario e non fu affatto sorpreso quando En, con un sospiro di rassegnazione, si voltò verso di lui implorandolo, in tono lamentoso, di grattargli la schiena in quel punto sotto la scapola che proprio non riusciva a raggiungere.

Il principe scivolò in acqua, trattenendo un brivido di freddo, e si avvicinò all'altro, che ora gli dava le spalle.

"Qua va bene?"

"Un po' più a destra... Un po' più in alto... Aaah! Perfetto!"

En emise un mugolio soddisfatto e si inarcò appena sotto le dita di Atsushi, appagato.

Conoscendo bene l'altro, il principe continuò a grattare anche la pelle attorno, per poi passare all'altra scapola.

"Già che ci sei, me lo faresti un massaggio, mmh?"

Senza attendere risposta, En si era abbarbicato alla roccia lì davanti, usandola praticamente come cuscino.

Atsushi premette fermamente le dita nei muscoli alla base del collo e l'altro si rilassò all'istante, emettendo un lungo sospiro. In silenzio, continuò a massaggiargli le spalle, passando poi a tracciare ampi cerchi con i pollici sopra la pelle tesa delle scapole.

"Avresti potuto andare prima di venire qui, sai," mormorò En, la testa appoggiate sulle braccia incrociate davanti a lui. Da dov'era, Atsushi poteva vedere che aveva gli occhi chiusi.

"Andrò questo pomeriggio," rispose.

Si sentiva vagamente in colpa nei confronti di Kinshiro, ma doveva ammettere con se stesso che, dopo la disavventura che avevano avuto al villaggio, aveva avvertito l'impellente bisogno di vedere En il prima possibile. Anche adesso sentiva l'esigenza di stargli accanto, quasi avesse necessità di essere ancora rassicurato del fatto che l'avevano scampata e che stavano bene. I lividi ed i graffi che avevano riportato erano più visibili che mai sulla pelle di entrambi, a ricordare loro che non si era trattato di un brutto sogno.

"E poi, se fosse successo qualcosa di grave, me lo avrebbero fatto sapere," ragionò.

Sicuramente, se si fosse trattato di qualcosa di serio, il signor Ibushi l'avrebbe mandato ad avvertire con solerzia.

I pollici di Atsushi si muovevano con pazienza ai lati della spina dorsale di En, premendo ed accarezzando.

La schiena dell'altro era ampia, i suoi muscoli ben definiti, ed Atsushi li studiava con attenzione, seguendone il profilo coi polpastrelli. En aveva un bel corpo, a differenza del suo, pensò il principe, vergognandosi però subito di quella considerazione. Lanciò un'occhiata veloce oltre le spalle dell'amico, un po' invidioso e un po' ammirato del gioco di ombre che scolpiva le sue braccia.

"La prossima volta che vengo al villaggio, sarebbe divertente incontrare questo Kinshiro. Anche se da quello che mi dici sembra un tipo un po' noioso," se ne venne fuori a quel punto En.

Le mani di Atsushi si fermarono. Ci sarebbe stata una prossima volta al villaggio? E, soprattutto, En avrebbe voluto incontrare Kinshiro?

I polpastrelli del principe iniziarono a seguire le linee delle costole di En. Non era ancora sicuro di come far combaciare l'altro con la sua vita fuori dal bosco, ma quello che gli aveva detto gli dava finalmente il coraggio di farsi avanti e chiedergli qualcosa che già voleva domandargli da tempo.

"Enny, potrei dire di te a Kin, quindi?"

Debolmente, En scrollò le spalle.

"Se ritieni."

Atsushi si concentrò sui piccoli avvallamenti formati dalle sue vertebre.

"Lo conosco fino da quando eravamo bambini, se gli dico di tenere un segreto, lo farà. E poi, sai, mi sento in colpa per non avergli mai detto di te, in tutti questi anni."

En annuì appena.

"Mi fido di te, Atsushi."

Il principe sorrise e si chinò in avanti, per posargli un bacio alla base del collo.

"Ehi, non ti fermare però!" protestò l'altro.

Con un sospiro, Atsushi riprese a massaggiarlo, ripetendo i movimenti che aveva già praticato.

"Sai, un'antica tradizione vuole che, quando nasce un principe in queste terre, degli spiriti magici vengano ad omaggiarlo con dei doni. Non si tratta di regali materiali, ma di virtù."

En sembrava più interessato ai movimenti delle mani di Atsushi sulla sua schiena che alla sua storia, ma l'altro proseguì comunque.

"E lo sai qual è stato uno dei miei doni?"

"...mh?"

"La pazienza, Enny. Tanta, tanta pazienza, per diventare un giorno un sovrano che non prenda decisione avventate e che sappia sopportare i periodi meno felici senza perdersi d'animo..."

"...e per sopportare me, è così?"

En si era voltato verso di lui e gli aveva preso le mani. Atsushi lo guardò con aria di rimprovero.

"Chissà."

L'altro si finse offeso.

"Vuoi dire che non valgo la pazienza che dimostri?"

Atsushi mantenne l'espressione accigliata.

"A volte."

"Come sei severo," fece En allacciandogli le braccia attorno alla vita e baciandolo.

Atsushi provò a fingere una blanda resistenza, che non durò più di qualche secondo, dopodiché incrociò le mani dietro il collo di En, lasciandosi spingere con le spalle contro il bordo roccioso della polla.

Quando le loro bocche si staccarono, avevano entrambi il respiro leggermente accelerato, e le labbra di En erano incurvate in un sorriso sornione.

"Ehi, che significa quell'espressione...?" chiese il principe in tono quasi preoccupato, ma anche con malcelata anticipazione.

En lo guardò con occhi socchiusi, accarezzandogli i fianchi sott'acqua, giocherellando attorno alle sue anche con le dita.

"Vorrei guadagnarmi la tua pazienza," spiegò, per poi afferrarlo saldamente alla vita e sollevarlo di peso, mettendolo a sedere sulla roccia davanti a lui.

Atsushi emise un'esclamazione sorpresa, aggrappandosi al collo dell'altro e poi poggiando una mano sulla pietra sotto di lui per non perdere l'equilibrio.

"E come...?"

En gli poggiò il mento contro lo stomaco, guardandolo da sotto in su. Per in attimo, l'affetto e l'adorazione nel suo sguardo presero il posto dell'aria sorniona ed Atsushi si chinò a baciarlo di nuovo. Quando rialzò la testa, sulle labbra di En era riapparso il sorriso, e per un lungo momento Atsushi prese coscienza di essere completamente nudo di fronte agli occhi dell'altro, e che il suo cuore stava battendo furiosamente sotto le costole, proprio lì dove le bocca di En stava indugiando a tormentargli la pelle.

Le mani del biondo scesero dai suoi fianchi alle sue cosce, scorrendo lungo il suo corpo bagnato fino alle ginocchia, spingendole lentamente di lato per fargli allargare le gambe, senza che i suoi occhi celesti abbandonassero mai quelli del compagno, per studiarne le reazioni.

Atsushi si morse un labbro e passò una mano tra i capelli di En, arruffandone le ciocche umide e sperando che quel gesto non tradisse l'impazienza che provava. Non erano nuovi a quei giochi, ormai - trascorrere intere giornate da soli aveva permesso loro di scoprire modi incredibilmente piacevoli di passare il tempo. Nonostante fosse ancora bagnata dell'acqua fresca della pozza, il principe poteva avvertire la sua pelle già bollente per l'anticipazione.

En leccò i piccoli rivoli di gocce che ancora gli scorrevano addosso, seguendone il tracciato lungo il petto e l'addome, indugiando a mordicchiare affettuosamente la pelle morbida attorno all'ombelico, godendo della tensione del corpo di Atsushi sotto le sue labbra.

Inavvertitamente, l'altro gli tirò appena i capelli, ed En sorrise avvertendo l'impazienza nel fremito delle sue dita.

Atsushi balbettò una scusa, ma questa si trasformò improvvisamente in un mugolio di piacere quando sentì En afferrargli saldamente le natiche e tirarlo verso di sé, mentre la sua bocca scendeva ancora.

Andava da sé che En valeva ogni singolo istante speso assieme a lui e che non aveva alcunché da dimostrargli, naturalmente, ma in quel momento Atsushi non l'avrebbe certo fermato per rassicuralo, pensò, mentre stringeva la presa sulla sua nuca e si dimenticava sia del sole che gli feriva gli occhi, sia della pietra spigolosa su cui era seduto.

 

~~~

 

I tre spiriti ed il wombato sedevano, meditabondi, nella stanza di Ryuu ed Io.

Lo spirito del fuoco stava a gambe incrociate sul suo letto disfatto, quello della terra sedeva compostamente sul suo, perfettamente rassettato - almeno fino al momento in cui Yumoto non ci si tuffò a capofitto, spiegazzando la coperta ben lisciata.

"Perché non vai a saltare sul tuo, di materasso?" chiese Io, irritato, ma l'altro ignorò il rimprovero, e lo spirito della terra tornò corrucciato alle carte che aveva in mano.

Senza prestare attenzione ai due, Ryuu sembrava perso nei suoi pensieri; schioccava ogni tanto le dita di fronte a sé, producendo piccole fiammelle che si spegnevano dopo un istante.

Wombato stava accucciato a terra, indugiando con le lunghe unghie nelle scanalature delle assi di legno del pavimento.

Yumoto, voltandosi a pancia in su, scoccò a tutti una lunga occhiata.

"Che musi lunghi, tutti quanti. È una bella giornata, oggi, e i demoni non si sono più fatti vivi. Non c'è ragione di deprimersi così."

"Perché non provi a vedere un po' più in là del tuo naso e a ragionare? Vedrai che troverai un bel po' di motivi per impensierirti," gli suggerì prontamente Wombato.

Ryuu sospirò, spegnendo con il respiro la fiamma che teneva in vita sul palmo della mano davanti a lui.

"Non so veramente come fare con la principessa," si lamentò. "Adesso che i demoni sanno di lei, è davvero un bel problema."

"Non avevate detto di essere riusciti a proteggerla da loro?"

Ryuu si massaggiò la nuca, un po' a disagio nell'essere interrogato così direttamente dal roditore rosa.

"Be', abbiamo fatto quello che era in nostro potere fare. Abbiamo lanciato degli incantesimi di protezione," rispose, "ma, accidenti, non sarebbe al sicuro da loro nemmeno se la portassimo con noi qui nella foresta!"

"È difficile sapere che misure di precauzione prendere, se non sappiamo come si muoveranno," aggiunse Io,

Ryuu scrollò le spalle.

"Non sono sicuro di voler scoprire i loro piani... Ma se volessero, potrebbero decidere usare la violenza, e ci sarebbe ben poco che possiamo fare, se succedesse. E se ci ricattassero prendendo in ostaggio la principessa...?"

Io scosse la testa.

"Non abbiamo idea di come agiranno quando si saranno ripresi. L'unica cosa certa è che non ci saranno più né lettere né incontri casuali al paese," mise in chiaro.

Ryuu emise uno sbuffo frustrato. Nonostante l'esito, non poteva dirsi pentito della loro spedizione al villaggio.

"Lo senti questo rumore, Io? È il bacio del vero amore che prende e vola via, fuori dalla finestra."

"Non possiamo mettere a repentaglio le vite di tutti per farli incontrare di nuovo," ribadì lo spirito della terra. "Spero quindi che tutte le tue moine nei confronti della principessa siano servite a qualcosa, Ryuu."

"Certo non le sono dispiaciute," replicò questo stringendosi nelle spalle. "Ora devo trovare un modo per mettere fine alla nostra corrispondenza senza che lei ci rimanga eccessivamente male, però. Detesto troncare con le ragazze."

Nel frattempo, Yumoto non sembrava eccessivamente impressionato dalla prospettiva. Aveva seguito senza far storie il piano elaborato da Ryuu, ma era ancora dell'idea che l'amore per En sarebbe arrivato e che la sua benedizione avrebbe funzionato anche senza tanti sotterfugi da parte loro.

"Basterà che En rimanga al sicuro e non si punga fino al calar del sole del giorno del suo compleanno," disse come se si trattasse della cosa più semplice al mondo.

Gli altri due spiriti ed il wombato annuirono, ma senza molta convinzione. La magia di Kinshiro era potente, non potevano negarlo. Anche quando l'avevano affrontato nella foresta, ci era mancato un soffio perché il demone non avesse la meglio e non portasse via En.

Lo spirito della luce, che stava a sua volta ripensando alla disperata battaglia che aveva condotto contro il loro avversario, sapeva che, se non fosse stato per il provvidenziale intervento degli altri due, l'altro avrebbe finito col sopraffarlo.

"Eppure sono sempre più convinto che ci sia qualcosa che non va in Kinshiro..."

"Ancora con questa storia?" Ryuu suonava spazientito. "Non mi interessa che cos'ha quel demone, che si decida a lasciarci in pace!"

Io scacciò il pensiero con un gesto noncurante della mano.

"Non è così inusuale per uno spirito abbracciare la magia nera, così come hanno fatto quei tre."

Wombato arricciò il naso, curioso.

"Tutti e tre?"

Ryuu annuì, stringendosi nelle spalle.

"Akoya era uno spirito dei fiori. Me lo ricordo ancora, sempre petulante e vanitoso, non stava particolarmente simpatico a nessuno perché faceva di tutto per accaparrarsi i posti migliori per i suoi boccioli, vantandosi poi che erano i più belli che ci fossero - sfido io...!"

"E il terzo?"

"Ibushi era uno spirito del vento. Un tipo tranquillo. Non ne sapevo granché nemmeno prima," rispose Io. "Quel che si sa, invece, è che ad un tratto tutti e tre sparirono e di loro non si seppe più nulla, fino a che non ricomparvero sotto forma di demoni."

Yumoto si stava picchiettando le labbra, pensieroso.

"Kinshiro era uno spirito della luce, eppure adesso può controllare solo le tenebre o manifestazioni violente della luce stessa, come i fulmini dell'altro giorno..." ragionò a voce alta.

Ryuu seguì il filo dei suoi pensieri, perplesso. "...ma sia Akoya che Ibushi hanno perfetto controllo sui loro elementi... Be', più o meno." Si corresse, ripensando ai rovi che avevano tentato di soffocarli nella foresta; certo non erano i delicati boccioli di cui Akoya tanto si vantava.

Yumoto si abbracciò le ginocchia, dondolandosi lentamente avanti ed indietro.

"Mi chiedo se non ci sia un modo per riportarlo indietro."

Io aggrottò le sopracciglia.

"Yumoto, ti ricordo che la nostra missione non è quella di aiutare quel demone, ma quella di mantenere il principe sano e salvo."

I suoi occhi violetti si posarono sugli altri due spiriti.

"Quando il Re e la Regina sapranno che cos'è successo al villaggio, non ne saranno contenti."

Ryuu lo guardò con sguardo innocente.

"Hanno davvero bisogno di saperlo...?"

Io lo osservò, un angolo della bocca piegato all'insù, pensieroso.

"Non necessariamente e non subito, in effetti," ammise alla fine, "anche perché sembra che la loro pazienza sia già stata messa a dura prova."

Prese la pergamena che aveva in mano e la stese di fronte a sé. Il sigillo della famiglia reale Yufuin era ben visibile in cima al foglio.

"Vogliono vedere il figlio al più presto; soprattutto, vogliono che sia portato a palazzo prima del suo diciottesimo compleanno."

Wombato storse il naso.

"Che senso ha? Sanno che è pericoloso!"

Io si strinse nelle spalle, spostando il foglio in modo che sia Yumoto che Ryuu, che era venuto a sedersi accanto a lui, potessero leggerne il contenuto.

"Sembra che siano stufi di aspettare," spiegò lo spirito del fuoco, scorrendo la lettera, "e menzionano di aver chiamato degli stregoni per combattere i demoni, se se ne dovesse presentare la necessità," terminò, accomodandosi a gambe incrociate sul bordo del materasso.

"Deve mancargli proprio tanto," sospirò Yumoto, un gomito appoggiato sulla spalla di Io e l'altro su quella di Ryuu. Non c'era da sorprendersi che, con ogni giorno che passava, i due sovrani fossero sempre più impazienti di rivedere il loro unico figlio ed erede.

"Dovremo andare a parlarci personalmente al più presto, per cercare di trovare una soluzione."

Ryuu annuì, concordando con Io.

"Possiamo creare una barriera simile a questa a palazzo, dove En possa stare al sicuro," ragionò ad alta voce. "Anche se, finché quei demoni gli staranno appresso, maledizione o non maledizione, non sarà mai davvero in salvo."

Yumoto annuì con un sospiro. Inizialmente, erano stati sollevati all'idea del passare del tempo. Vedere En crescere, imparare a parlare e a camminare nella tranquillità di quella casetta in mezzo al bosco incantato aveva fatto dimenticare loro che il pericolo, nel mondo esterno, era sempre in agguato, e che la situazione si sarebbe solo complicata, man mano che il suo diciottesimo compleanno si avvicinava. Ora che era prossimo, si rendevano conto di non essere pronti ad affrontare la rabbia di Kinshiro, ancora così feroce pur dopo tutti gli anni passati.

D'altro canto, poi...

Il silenzio fu interrotto dal rumore di passi che salivano le scale. Io si affrettò a nascondere la pergamena, ma tutti tirarono un sospiro di sollievo quando udirono bussare alla porta della stanza, assieme alla voce di Gora che si annunciava.

L'uomo aveva in mano un vassoio di biscotti che poggiò sul tavolo sotto la finestra, per la felicità di Yumoto. Squadrò i visi pensierosi degli altri due spiriti ed incrociò le braccia sul petto.

"Non buone notizie, immagino."

Io gli allungò la pergamena senza parlare, lasciando che la leggesse in silenzio. Il boscaiolo dai capelli rossi si accarezzò la barba, meditabondo.

"Riuscite ad immaginarvelo, En, incoronato e su un trono?" chiese alla fine, spiazzandoli un poco. Ma quella domanda li riportò a dove i loro pensieri si erano interrotti poco prima.

"No," fu la risposta di Io.

"Sono sicuro che il cuginone sarà un bravissimo principe!"

"Quel ragazzo sa fare bene le cose, se ci si mette d'impegno," concordò Gora. Nel dirlo, però, aveva un sorriso triste.

"Ehi, fratellone, hai deciso che cosa farai poi...?" gli chiese Yumoto dopo aver finito di ingoiare l'ennesimo biscotto. Nei suoi occhi c'era una muta speranza.

"Hai visto, nella lettera i sovrani ribadiscono l'invito a venire a vivere a corte," puntualizzò Io.

Gora si grattò nervosamente la base della nuca, abbassando lo sguardo.

"Sì, lo so. Ma... non credo che il palazzo sia il posto adatto a me."

Yumoto, dimentico dei biscotti, si fiondò al suo fianco per aggrapparglisi ad un braccio.

"Eeeh? Ma che ne sarà di te, allora? Rimarrai qui tutto solo?"

Gora allungò una mano ad arruffargli i capelli. Lo spirito della luce, in anni umani, era senz'altro più vecchio del boscaiolo, ma visto il suo carattere infantile l'uomo aveva preso alla lettera il ruolo di fratello maggiore nei suoi confronti.

"Non preoccuparti per me, Yumoto, avete ben altro a cui pensare in questo momento," gli fece notare, ma l'altro non sembrava intenzionato a mollare la presa.

"Prometti che ci ripenserai, d'accordo?"

"Va bene, va bene... Nel frattempo, che ne dici di aiutarmi a preparare il pranzo?"

La prospettiva ebbe il potere di trasformare l'espressione di Yumoto dal broncio al sorriso, e lo spirito accompagnò l'uomo giù dalle scale con entusiasmo. Wombato seguì a ruota, nella speranza di riuscire a spizzicare qualcosa durante i preparativi.

Ryuu sospirò, rattristato dalla scenetta.

"Anche il nostro tempo qui in questa casetta sta per finire," fece, appoggiando la testa alla spalla di Io con fare nostalgico. "Diciotto anni sembravano un'eternità, all'inizio, e invece... Non ti fa salire la malinconia?"

"Una volta finito qui, vedremo la nostra ricompensa," fu la risposta, "inoltre, potremo smettere di giocare alla mamma e al papà. Non sono ruoli che mi si confanno molto."

Ryuu rise, allacciando il braccio a quello dell'altro spirito.

"Non abbiamo mai provato ad essere davvero dei genitori, a dire il vero. Comunque, sai, pensavo che mi sarei annoiato da morire a stare rinchiuso qui, ma tutto sommato è stato, uhm..." Ryuu cercò di trovare la parola giusta, senza trovarla. "...divertente."

Io continuava a non dare segno di voler cedere a quel momento di spontanea tenerezza.

"Ora che non dovrai più scrivere alla principessa, potrai tornare a dedicarti alle tue ninfe," fece, con un gesto vago della mano.

Ryuu sbuffò, ma si strinse di più all'altro, voltandosi verso di lui. Io appariva corrucciato e stava fissando un punto a caso nella stanza.

"Potrei, ma non credo lo farò. Ci pensavo proprio in questi giorni e ho realizzato che non mi sono mancate poi molto, sai?"

Non avrebbe saputo dire esattamente quando questo fosse successo, ma c'era stato un momento in cui aveva capito che tutta quella sua corrispondenza non era che un gioco in cui aveva perso interesse, ormai.

Adesso che mancava così poco a quando avrebbero dovuto abbandonare quella casetta, si rendeva conto che la loro routine quotidiana gli sarebbe mancata sul serio, invece, e che avrebbe avuto davvero nostalgia di quel piccolo rifugio nella foresta, della pigrizia di En, dell'esaltazione di Yumoto e, soprattutto, di Io.

Era un pensiero sciocco, perché nessuno di loro sarebbe sparito, anzi, avrebbe potuto continuare a vederli quando avesse voluto. Solo, non sarebbe stata la stessa cosa, ed a Ryuu sarebbe mancato svegliarsi ogni mattina e dare il buongiorno al suo improvvisato compagno di stanza, più di quanto si sarebbe mai aspettato.

"In questi diciassette anni sono cambiate così tante cose, non sei d'accordo?"

Guardò l'altro di sottecchi, improvvisamente ben consapevole di quanto gli si fosse premuto addosso, ma per niente intenzionato a staccarsi da lui.

Io aveva un'espressione seria, pensosa, e Ryuu si trovò a scorrere con gli occhi il suo profilo, chiedendosi se anche a lui sarebbe mancato tutto quello che avevano ora.

"Potresti avere ragione," disse Io finalmente e fece per voltarsi verso lo spirito del fuoco, che si ritrovò a trattenere inconsapevolmente il respiro. Mentre si spostava, la sua mano sfiorò inavvertitamente quella dell'altro. Fu un tocco leggero, casuale, ma Ryuu sobbalzò, come attraversato da una scossa. Vicino a loro, la pergamena contenente il messaggio dei sovrani prese improvvisamente fuoco, lasciandoli entrambi esterrefatti.

"Oh- oh no!" ripresosi, Ryuu si tuffò a spegnere le fiamme prima che la lettera ne venisse consumata.

"Ryuu, che cosa combini...?"

I due si guardarono per un lungo istante: da una parte, Io sembrava confuso, dall'altra, Ryuu era scarlatto in volto ed assolutamente imbarazzato per quanto successo, perché ne intuiva il significato.

Ma no, certamente era solo colpa di quella strana atmosfera malinconica che si era creata nella sua testa e del fatto che quel tocco lieve lo avesse colto alla sprovvista...

Il suo turbinare di pensieri venne però interrotto da una serie di tonfi su per le scale e dalla porta che si spalancò improvvisamente, aprendosi su di uno Yumoto tutto sorridente.

"Ryuu! Gora è andato a recuperare della legna e io non riesco ad accendere il fuoco, lo puoi fare tu? ...oh, avete bruciato qualcosa?"

Lo spirito dai capelli rosa fissò Yumoto incredulo, ma poi saltò in piedi.

"Niente di cui preoccuparsi! Vengo con te!" esclamò per poi seguirlo al piano di sotto, lasciando Io solo nella stanza, imbarazzato e tremendamente confuso.

 

~~~

 

Il profumo delle rose ristagnava, dolciastro, nei corridoi verdi del labirinto. Nemmeno l'ombra di quelle siepi aiutava a tenere a bada la calura del pomeriggio; l'odore dei fiori era appiccicoso, quasi eccessivo.

Akoya si scostò una ciocca di capelli dal viso, pettinandosela dietro l'orecchio con fastidio, mentre con le dita dell'altra mano accarezzava i petali morbidi e carnosi. Non sudava, ma la temperatura torrida lo metteva a disagio, lasciandogli addosso una sensazione di sporco.

Sbatté le palpebre un paio di volte quando un improvviso refolo di brezza fece fremere la rosa sotto i suoi polpastrelli, regalandogli un attimo di sollievo.

"Come va?" chiese, girandosi solo in un secondo momento per vedere Ibushi avanzare in mezzo alle siepi.

"Sembra stare un po' meglio, fisicamente."

Akoya sollevò le sopracciglia, aspettandosi una continuazione, che tuttavia non venne.

"...ma?"

Ibushi sollevò le mani con un sorriso di scusa.

"Non si riesce ad ottenere granché, parlandogli," spiegò, "l'unica cosa chiara è che vuole abbandonare questo posto."

Akoya sbuffò.

"Proprio adesso che avevamo finito di potenziare tutti gli incantesimi di protezione..."

C'era da immaginarsi che Kinshiro non avrebbe voluto rimanere in quella villa più a lungo del necessario. Del resto, ora che avevano finalmente trovato il principe che stavano cercando, continuare in quella recita era del tutto inutile.

"Forse ti conviene andare a salutare la principessa," suggerì l'altro con un sorriso tranquillo.

Akoya si strinse nelle spalle con fare infastidito.

"Non m'importa," disse subito, per poi aggiungere, un poco più incerto: "...e comunque quegli spiriti sono stati da lei, le hanno lanciato delle benedizioni per proteggerla da noi. Non sarebbe saggio."

Ibushi annuì. Com'era da aspettarsi, i tre non avevano perso tempo.

"Mi dispiace che tu non sia riuscito a salutarla di persona."

"Come ho già detto, non m'importa."

"Le puoi mandare una lettera, però."

Akoya si strinse di nuovo nelle spalle, nuovamente intento ad osservare le rose.

Ibushi sospirò. Era abituato ad avere a che fare con due testardi, ma, per come stavano le cose adesso, non si sarebbe lamentato se Akoya si fosse dimostrato un poco meno sulle sue e più collaborativo. Pazienza, comunque, i due demoni erano fatti così ed Ibushi lo aveva accettato da tempo.

"Sarà un peccato abbandonare questo labirinto. Ci abbiamo messo così tanto a costruirlo..."

L'altro annuì, stavolta pienamente d'accordo.

"Non importa, c'è quello su al nostro vecchio castello. Avrà bisogno di una bella sistemata, dopo tutto questo tempo, ma tra me e te non dovremmo metterci molto."

"Non ce sarà bisogno, credo. Kinshiro ha detto che vuole tenerlo con sé, ora."

Nel pronunciare quelle parole, Ibushi non poté nascondere una lieve smorfia, subito riflessa sulle labbra delicate di Akoya.

"Credevo che lo volesse tenere lontano."

Il demone più alto si strinse nelle spalle.

"Ha cambiato idea, a quanto pare. Sto andando a prenderlo, adesso."

Akoya annuì, ma sembrava perplesso, preoccupato, quasi.

"Quella ...cosa sta diventando più potente, lo senti anche tu, non è vero?" chiese, portandosi inconsciamente una mano al petto.

Ibushi si accarezzò il mento.

"Da quando Kinshiro ha assistito a quella scena al villaggio..." si interruppe, colto da una sensazione improvvisa. Di fronte a lui, anche Akoya si era improvvisamente concentrato, in allerta.

"Qualcuno al cancello," fecero quasi all'unisono, guardandosi. L'incantesimo di protezione li aveva avvertiti di una presenza estranea.

"Non una creatura magica, sembrerebbe," aggiunse Akoya, cercando di non dare a vedere di essere sollevato alla scoperta.

Nonostante ciò, Ibushi venne colto da un improvviso presentimento, che gli fece sentire il cuore pesante come il piombo.

"Sarà qualche visitatore. Non preoccuparti, ci penso io; dopotutto, finché siamo qui devo sempre ricoprire il mio ruolo di maggiordomo, no?"

 

La stretta al petto non si alleviò quando vide che, al di là del cancello sprangato, c'era esattamente chi si aspettava di vedere: il principe Atsushi, con in mano le redini del suo cavallo e in volto un'espressione preoccupata. Era la prima volta che trovava l'ingresso al giardino della villa chiuso e si era messo a chiamare, senza risultato. Il sollievo sul suo viso fu evidente non appena scorse Ibushi emergere dalle rigogliose piante del giardino.

"Ah, signor Ibushi! Ero preoccupato!"

Il sorriso del principe nel vederlo era genuino.

"Mio Principe, buonasera," rispose con gentilezza e con un lieve inchino. "Posso esservi utile?"

Da sollevata, l'espressione del principe si fece perplessa quando il maggiordomo non diede segno di aprire il cancello.

"Io... mi chiedevo se andasse tutto bene. Avrei dovuto incontrare Kinshiro, ieri sera, ma non si è fatto vedere né mi ha fatto sapere niente, così..."

Ibushi gli rivolse un sorriso di scusa.

"Il mio signore ha dovuto tornare in fretta a casa per sbrigare degli affari urgenti."

Atsushi corrucciò le sopracciglia - così urgenti da non consentirgli nemmeno di lasciargli una nota o un messaggio?

"Mi dispiace. Spero non sia niente di grave," disse comunque, cercando sul volto di Ibushi un qualsiasi indizio che gli lasciasse comprendere l'entità del problema, ma l'espressione tranquilla dell'altro non lasciava trapelare alcunché.

"Pensate si tratterrà lontano a lungo?"

Il sorriso di Ibushi si addolcì.

"Non credo rientrerà, mio Principe."

Atsushi deglutì a vuoto. Era come se Ibushi avesse tralasciato la fine della frase, una fine che suonava esattamente come le parole "mai più".

Gli occhi del ragazzo vagarono da Ibushi al giardino alle mura della villa, ma non c'era nessuno all'infuori di loro.

"Capisco."

No, non era vero, non capiva affatto, e quel che era peggio era che aveva il terribile sospetto che Ibushi non gli stesse dicendo la verità. Ma che diritto aveva di insistere, se non voleva dirgli altro? Conoscendolo, si limitava a comunicargli ciò che gli era stato ordinato di riferire.

Il maggiordomo lo guardava con la solita espressione cortese, ma si era leggermente irrigidito, quasi a far capire che stava solo aspettando il commiato del principe per poter tornare alle sue faccende.

"Potete chiedergli di scrivermi, per favore?"

Ibushi sembrò sorpreso dalla richiesta, ma poi annuì lentamente.

"Posso chiederglielo."

Atsushi annuì, rigido. Ibushi forse voleva far suonare questa risposta come un "lo farà", ma la frase aveva un significato ben diverso nella mente del principe: poteva chiederglielo, ma non significava che l'avrebbe fatto; inoltre, se anche gli avesse riportato il suo messaggio, ciò non significava nemmeno che Kinshiro gli avrebbe scritto.

Dopo qualche momento di silenzio, Ibushi tornò a rivolgergli il breve inchino con cui lo aveva salutato.

"Buona sera, Principe," lo salutò, facendo qualche passo indietro.

Preso alla sprovvista, Atsushi annuì e si accomiatò a sua volta.

Il ragazzo risalì in sella e voltò il cavallo per tornare a casa. Chissà, forse se quella mattina fosse passato dalla villa prima di raggiungere En nel bosco, sarebbe riuscito a salutare Kinshiro. Ah, si era dimenticato di chiedere al signor Ibushi quando era partito esattamente... Ma che differenza faceva, ora, saperlo? Si sarebbe mangiato le mani inutilmente.

Sovrappensiero, alzò gli occhi verso la villa, e d'istinto il suo sguardo andò alle finestre del salotto dove lui e Kinshiro trascorrevano i pomeriggi a leggere e giocare a scacchi. Erano chiuse e vuote, naturalmente, ma il principe vi si soffermò comunque. Che cosa non avrebbe dato per poter parlare con l'amico, quella sera...

Il movimento di un'ombra catturò la sua attenzione ed Atsushi alzò gli occhi alle finestre al piano di sopra, e sentì lo stomaco congelarglisi.

Quella era la stanza da letto di Kinshiro e quella dietro al vetro, Atsushi non poteva sbagliarsi, era la sua sagoma. Stava guardando fuori, in quel momento, poteva dirlo dalla sua posizione.

Il principe avrebbe voluto alzare una mano per salutarlo, ma i muscoli del braccio non gli obbedirono. Prima che potesse fare alcunché, la tenda venne bruscamente tirata.

Confuso, si voltò di scatto verso il cancello, ma Ibushi era svanito.

Gli ci volle qualche minuto prima di convincersi ad andare via; le sue mani, che stringevano quasi spasmodicamente le briglie del cavallo, tremavano leggermente.


---

Note: con questo capitolo ho alzato un po' il rating della fanfiction, spero la cosa non dispiaccia~
Grazie come sempre alla mia beta Yuki, che dà più che validi consigli <3

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love! / Vai alla pagina dell'autore: MystOfTheStars