43. L’inizio della fine (Parte 2°)
Perché deve essere questa la fine?
-Siamo qui solo per
parlare. Chi è il vostro capo, adesso?-
La voce di Jason
potrebbe anche apparire calma, immutata, ma colgo il leggero accento acuto che
mette alla fine di ogni parola.
Tengo le palpebre
serrate e il capo chino, anche quando l’uomo che mi tiene ferma mi lascia le
braccia, ma rimane comunque in piedi al mio fianco.
-Noi non trattiamo
con i traditori come te!- Scandisce qualcuno, con un tale grado di disgusto
nella voce che quasi si soffoca parlando.
Scuoto la testa e
appoggio i palmi delle mani sulle piastrelle fresche, ancora ad
occhi chiusi. I battiti del mio cuore sono sempre più insistenti e assordanti per
me. Gli Intrepidi attorno a noi non sono tanti, ma parlottano fra loro, alcuni
urlano. Qualcuno grida che sono arrivati dei traditori, scarponi calpestano
pesantemente il pavimento ma, il suono peggiore di tutti, è lo scatto di un’arma
che viene caricata.
Apro per un mezzo
istante le palpebre ma me ne pento subito.
-Non stiamo dalla
parte degli Eruditi! Vogliamo aiutarvi, fateci solo spiegare!- Insiste Jason.
Il mal rovescio che
lo colpisce alla mandibola gli fa piegare la testa e perdere quasi l’equilibrio
e il suono secco che produce contro la sua pelle fa
sussultare Camille.
Torno a serrare con
forza le palpebre, ma lo squittio della mia amica basta a farmi avvertire una
morsa allo stomaco.
-Che diritto hai tu
di parlare?- Abbaia una voce rauca. -Sei uno dei tirapiedi di Eric, pensi che
non ti abbia riconosciuto?-
-I vecchi capifazione sono degli assassini e ci hanno
traditi tutti!- Urla un altro uomo.
Premo con più forza
i palmi sulle piastrelle e mi impongo di aprire gli
occhi. Fingere di non esserci non mi allontanerà da questo posto, e non sono
arrivata fino a qui per sopportare.
Non so cosa mi sia
successo di preciso, forse è questa aria che mi
soffoca come un veleno, forse so che Eric è qui e il pericolo che percepisco
per lui e per me è troppo pesante e mi sono lasciata schiacciare.
Sono ad un passo da
lui, deve essere qui per forza eppure non riesco a raggiungerlo. Sapevo che
sarebbe stato difficile, ma ho un fucile puntato
contro e Jason non viene neanche ascoltato.
Non ci è concessa neppure una possibilità.
E non mi serve
essere nata e cresciuta dagli Eruditi per essere in grado di capire
preventivamente che, di questo passo, non otterremo nessun miglioramento. Mi
sento sconfitta, furiosa e spaventata e respiro pesantemente.
-Disarmateli!-
Ordina l’Intrepido che sembra a capo degli altri.
Jason e Camille
allargano le braccia e due uomini li raggiungono e li perquisiscono, privandoli
subito della pistola che entrambi hanno infilata nella
fondina, in bella vista legata alla coscia.
Non vengo risparmiata e un ragazzo più giovane mi solleva appena
le spalle e si impossessa anche della mia pistola, mi tasta i fianchi e le
tasche del giubbotto senza trovare nulla. Poi scende lungo la mia gamba e
astrae a colpo sicuro il coltello dentro al mio
stivale destro.
Mentre mi spinge
via, la mia attenzione viene catturata da un’ immagine
riflessa nel bianco del mosaico sulle piastrelle che raffigura la bilancia dei
Candidi. La cosa curiosa è che la figura è perfettamente delineata,
riesco a vederla con precisione mentre scivola giù dalle scale con la mano
appoggiata al corrimano. Vedo che è una donna Intrepida, il suo passo è incerto
e infatti un ragazzo l’aiuta a scendere. Non riconosco
i lineamenti del suo viso, il riflesso non è poi così nitido, ma noto i suoi
lunghi capelli neri.
Trovo la forza per
distogliere lo sguardo solo per sollevare la testa e cercare disperatamente la
proprietaria del riflesso. Individuo la rampa di scale davanti a noi e le poche
persone che la stanno percorrendo.
Come un fascio di
luce che mi attraversa la mente, permettendomi di chiarirmi la situazione,
ricordo come se stesse avvenendo in questo istante dentro di me, una
discussione che ho ascoltato poco tempo fa.
Ero nella casa che
dividevo con Eric, al piano di sopra e fingevo di dormire per non dover parlare
con nessuno, ma al piano di sotto i ragazzi discutevano. Finn stava raccontando
a mio padre e a Jason del trambusto causato da due fuggiaschi che erano
riusciti a farla franca. A quando ha detto il capofazione, una donna Intrepida
era stata sorpresa mentre cercava di intrufolarsi nel protettissimo studio di
Jeanine. Era riuscita a scappare insieme ad un suo
compagno, ma era stata colpita da un proiettile ad una gamba. A sentire Finn,
quella non era altro che una prova del disfacimento dell’alleanza con Jeanine e
che non eravamo gli unici a volerla fermare. Si era anche rammaricato per non
essere riuscito a entrare in contatto con quella donna, visto
che era pronto a scommettere di potersi fidare del suo aiuto.
Quel giorno,
affogata nel dolore per la perdita di Eric, non avevo fatto i giusti
collegamenti, ma adesso tutto torna. Io stessa ho avuto modo di conoscere un’Intrepida
intenzionata a scoprire i piani segreti di Jeanine, tanto
folle da intrufolarsi negli studi privati e riuscire a manomettere i
sistemi senza farsi scoprire.
Ed io l’ho aiutata.
Mi tremano le labbra
mentre vedo quella stessa Intrepida mettere, con passo tremante, un piede
sull’ultimo scalino e farsi largo nell’ampia sala d’ingresso. Ma non sta avanzando verso di noi, si sta facendo scortare
da due uomini verso un ascensore laterale.
Fisso la sua schiena
e vengo scossa da un fremito, quasi mi muovo
meccanicamente verso di lei. Non ci ascolteranno mai, non crederanno alla
nostra proposta di alleanza. Ma, se esiste da qualche
parte una sola possibilità di successo, lei rappresenta la carta vincente.
-Siamo solo in tre e
ci avete disarmato, credi che siamo venuti qui per
attaccarvi?-
Le parole di Jason vengono accolte con una risata generale.
Non presto loro
attenzione, la donna ha schiacciato l’interruttore dell’ascensore per
richiamarlo. Mi manca il fiato tanto sono sopraffatta dalle mie emozioni.
-Tori…- Gemo.
Il soldato vicino a
me mi guarda storto. -Che hai detto?-
Vedo le porte
dell’ascensore aprirsi e l’uomo che l’accompagna
entrare nella cabina argentata e non posso permettermi di lasciarmi andare
proprio adesso.
-TORI!- Urlo con
tutto il fiato che ho in corpo.
La testa di Jason
scatta verso di me, ed io sgomito contro l’Intrepido che cerca di afferrarmi e
mi alzo in piedi. Urto contro il suo braccio che mi si stende davanti alle
costole, mi smorza il respiro ma allungo una verso di Tori nella speranza che
mi veda.
Tori si ferma sul
colpo, si volta e cerca di capire chi abbia chiamato il suo nome, ma il gruppo
che ci blocca cattura per primo la sua attenzione.
Riapro la bocca per
chiamarla ma l’uomo che mi tiene mi spintona
nuovamente per terra e l’urto con il suolo mi stordisce. Batto più volte le
palpebre per recuperare la concentrazione e vedo Tori scrollare le spalle, come
se si fosse sbagliata, e voltarsi per entrare nell’ascensore.
Sono stordita e in
debito d’ossigeno ma non posso arrendermi. Così, invece di scacciarlo, mi
aggrappo ai vestiti dell’uomo che mi sorveglia e mi rimetto in piedi.
-TORI!- urlo ancora,
facendomi largo affinché mi veda.
E, questa volta,
quando lei si volta, i suoi occhi incrociano i miei.
La vedo scuotere la
testa, confusa, e stendere una mano contro l’uomo che l’affianca
per zittirlo, quando lui le dice qualcosa. A quel punto Tori cerca di
raggiungerci ma zoppica visibilmente e qualcuno l’affianca
per aiutarla a camminare.
A quanto pare è vero
che le hanno sparato e, lontana dalle cure e dalle attrezzature degli Eruditi,
temo che la sua ferita non sia stata trattata adeguatamente.
Il soldato accanto a
me non perde tempo, rinunciando all’ipotesi di mettermi ancora in ginocchio, mi
afferra le braccia e me le immobilizza dietro la schiena. Mi mordo il labbro
per non lamentarmi e tengo gli occhi fissi su Tori che avanza continuando a
ricambiare il mio sguardo.
So che Jason mi sta
guardando e non credo comprenda la situazione.
-Che accidenti ci fa
tu qui?- Mi attacca Tori.
Il suo sguardo è
alterato e violento ma cerco di non pensarci e, mentre respiro profondamente
per sopprimere la paura, trovo la forza di muovere le labbra.
-Vogliamo solo
parlare!-
-Chi credi di
essere?- Interviene un uomo, puntandomi contro la sua pistola sicuramente
carica.
Li guardo tremante
per un attimo e, per cautela, mi immobilizzo.
-Devi almeno
ascoltarci….- Provo.
-Perché?- Mi chiede
Tori, studiandomi da capo a piede con diffidenza.
A quel punto, dopo
essersi ripreso dallo shock iniziale, Jason arriva in mio soccorso.
-Ti chiedo solo di
lasciarci parlare con un vostro rappresentante.-
Tori solleva il mento. -Ne hai una
davanti, adesso!-
Tiro un sospiro di sollievo, incapace di nascondere il sorriso
speranzoso che mi solleva le labbra.
-Siamo venuti fin
qui, rischiando le nostre vite, per proporvi un’alleanza!-
Alle parole di
Jason, Tori strabuzza gli occhi e lo osserva come se fosse impazzito. Tra gli
altri Intrepidi attorno a noi si leva l’ennesima risatina.
-Non tutti gli
Intrepidi che si sono spostati dagli Eruditi sono fedeli a Max. In molti si
sono stancati di Jeanine e vogliono provare a combatterla. Ma non possiamo fare
nulla da soli, ed è per questo che sono venuto a offriti il nostro aiuto!-
Tori fa una smorfia.
-E perché mai dovrei volerlo?-
Jason abbassa per un
attimo la testa e nasconde un ghignetto soddisfatto. -Perché possiamo accedere
alla scorta di armi di Max e perché abbiamo uomini infiltrati fra gli Eruditi
che possono farci entrare nella loro sede operativa e combattere per noi!-
Un silenzio teso
crolla addosso a tutti i presenti, persino Tori impiega qualche secondo in più
prima di replicare.
Osservo Jason e so
perfettamente che non avremmo potuto chiedere di più di questo. Il nostro obbiettivo era farci almeno ascoltare e proporre il nostro
aiuto. Il resto è affidato al destino.
-Non mi stai
convincendo.- Esclama Tori, sorreggendosi al ragazzo che l’affianca.
-Perché mai dovreste tradire Max, dato che è lui che
comanda adesso?-
-Già!- Asserisce
l’Intrepido davanti a Jason.
È lui che ha diretto
la situazione da quando abbiamo varcato la porta e credo sempre di più che sia
un comandante. Ha solo mezza testa rasata e il labbro pieno di piercing, deve
essere poco più grande di Jason ma sa come farsi rispettare.
Mi spaventa, credo
che ci ostacolerà in tutti i modi, eppure come posso biasimarlo?
-Pensate di essere
gli unici ad esservi accorti che Jeanine è totalmente
fuori controllo? Max non è più il nostro capo, obbedisce a quella donna, e
questa citta merita di meglio. È nostro dovere fermare quei pazzi e, l’unico
modo che abbiamo per riuscirci, è unire le forze!- Chiarisce Jason.
Lo guardo, in piedi
alla mia destra, e mi sento più tranquilla ora che anche lui ha recuperato il
suo freddo autocontrollo e riesce a farsi ascoltare con precisione. Osservo
anche Camille, alla mia sinistra, e vedo che è meno agitata
anche se resta allerta.
Ma, nonostante i nostri buoni propostiti, Tori non è
soddisfatta.
Scuote la testa e
osserva Jason con disgusto. -Tante belle parole le tue, ma sai quante ne ho
sentite?-
Qualcosa scatta
nella mia testa, non so perché mi succeda, ma mi sento come quando ero appena
arrivata fra gli Intrepidi. Sento che se non urlo e se non faccio tutto quello
che posso per farmi notare, mi schiacceranno.
-Pensi che siate voi
gli unici eroi?- Strillo contro Tori. -Non puoi provare almeno ad immaginare che anche qualcun altro si sia accorto dello
schifo che c’è lì fuori e delle morti assurde che ci sono state? Vogliamo
fermare quel mostro di Jeanine esattamente quanto lo vuoi tu!-
-Stai zitta,
traditrice!- Ringhia contro di me l’uomo con mezza testa rasata. -Sei stata
fino ad adesso fra gli Eruditi, non meriti di aprire bocca!-
Ciò che mi fa
veramente male è quel velo di verità nell’accusa che mi è stata mossa contro.
-Almeno ho
abbastanza cervello per capire che dobbiamo unire le
forze se vogliamo vincere! La nostra priorità deve essere fermare il nostro
nemico comune, non conta altro!- Gli rispondo. -Tu continua pure a giocare a
fare il duro con un fucile puntato contro una ragazza, codardo!-
L’uomo mi lancia un’occhiata
furibonda e solleva l’arma per mirare alla mia fronte, ma rimane al suo posto.
L’Intrepido che mi tiene ferme le braccia dietro la schiena mi strattona,
serrando la presa ed io sussulto per il dolore ma serro le labbra e gli occhi
per non fiatare.
-Okay, fermi tutti!-
Riprende Tori, allargando le braccia. -Fingiamo per un attimo che io vi creda,
che sicurezze avete dall’altra parte?-
Jason prende un
profondo respiro e, con calma, si libera del soldato che gli teneva
ferma una spalla. -Finn è con noi!-
Basta questa sua
dichiarazione per bloccare per un istante il tempo. Tutti ammutoliscono, poco
dopo si solleva un mormorio generale, ma non di dissenso. Dalle espressioni che
ho davanti, direi che sono tutti sorpresi. È evidente che Finn era un
capofazione indiscusso.
-Lui è Robert hanno
la fiducia di tutti gli alleati che abbiamo dall’altra parte, hanno le chiavi
del cavò dove tengono le armi. Prepareranno insieme un
piano e attaccheranno dall’interno quando sarà il momento, fermando gli uomini
di Max anche prima che riescano a capire cosa succede!-
Tori abbassa per un attimo lo sguardo, riflette mentre solleva un
piede e si sorregge maggiormente al ragazzo accanto a lei. Subito dopo, anche
se non capisco cosa le passi per la testa, solleva lo
sguardo su di me.
-E siete venuti fin
qui, rischiando di farvi scoprire da Max che avrebbe potuto accusarvi di
tradimento, solo per offrirci il vostro aiuto?- Chiede Tori.
Capisco subito che
sta insinuando qualcosa, ma Jason parla per primo, attirando la sua attenzione.
-Vogliamo fermare
Jeanine, la donna che ha distrutto un’intera fazione e che sta per distruggere
anche tutta la citta. Pensi che non sia sufficiente?-
Ma Tori continua a fissarmi e qualcosa nella sua
espressione gelida non mi torna. -E a trattare con noi, Finn manda proprio voi?-
Finalmente comprendo
qual è il suo problema, mentre un brivido freddo mi attraversa. Lei sa in che
rapporti siamo con Eric.
Non si fiderà mai di
noi. E l’ho capito solo adesso.
Credo che anche
Jason abbia colto il messaggio, ma non si da per
vinto. -Per quanto assurdo possa sembrare, Finn non è l’unico capofazione
Intrepido a esseri opposto apertamente a Jeanine. I ribelli rimasti dagli
Eruditi lo sanno e accetteranno di farsi guidare solo da lui e da Eric.-
Lo sguardo di Tori
scatta su Jason con letale cattiveria, solleva le braccia e trattiene una
risata amara.
-Lo sapevo!- Dice.
-Siete venuti per lui!-
Gli animi si
scaldano all’instante come se fosse scoppiato un incendio nella stanza, l’uomo
che mi tiene mi trascina più distante da Jason e le armi puntate contro di noi
sembrano raddoppiare.
Jason scatta in
avanti e si affretta a replicare. -Ti chiedo solo di lasciarlo in custodia a
noi!-
L’Intrepido rasato
gli arriva davanti e lo spinge di nuovo al suo posto. -Per cosa? Per riportarlo
con voi e rimetterlo a fare il cagnolino di Jeanine?-
-Nessuno di noi
tornerà dagli Eruditi!- Precisa Jason, tendando di
sfuggire alla presa dell’uomo dietro di lui. -Staremo qui con voi e lotteremo
al vostro fianco quando sarà il momento di attaccare!-
Mi volto verso
Camille, lei mi guarda e i suoi occhi lucidi mi fanno contorcere lo stomaco. Ha
l’espressione affranta e mi fa di no con la testa, come a voler confermare i
miei peggiori timori.
Abbiamo fallito.
-Bella idea, ci avete provato!- Dice Tori. -Ma noi non ci
alleiamo ad un criminale. Eric è stato dichiarato
colpevole e condannato a morte!-
Senza che io possa
in alcun modo impedirlo, mi cedono le ginocchia e
resto in piedi solo perché il soldato mi sorregge.
Tori coglie il mio turbamento e mi riserva una fredda occhiata. -Siete
arrivati tardi, sta per essere giustiziato!-
Le sue parole sono
una lama accesa dal fuoco, che mi infligge piccoli
tagli e mi tortura fino alla morte.
-Non me ne faccio
nulla di voi ma, se volete restare a combattere con noi, fate come volete.-
Aggiunge Tori, rivolta a Jason.
Ma lui non vuole accettare e arrendersi, spinge l’uomo
rasato e cerca di raggiungere Tori che si sta allontanando.
-No!- urla Jason.
-Aspetta!-
Ma due uomini lo bloccano, uno gli sferra un colpo allo
stomaco che lo fa finire per terra. Camille urla. Tori si volta per un solo
istante, guarda con superficialità quello che sta succedendo e poi si rivolge a
me, puntandomi un dito contro.
-E sappi che se non
vi faccio uccidere subito, è solo perché ti devo un favore!-
Guardo come
ipnotizzata le sue labbra, seguo impotente la chioma corvina di Tori che
ondeggia attorno alle sue guance pallide quando lei volta la testa per
andarsene. Vedo i movimenti degli altri a rallentatore e le urla e le parole
sono ovattate e, ora che tutto sembra finito, mi risveglio. Senza che io
comprenda cosa accidenti combini il mio copro, proprio ora che dovrei
arrendermi, sento che non posso farle altro che lottare con maggior vigore.
Sento quasi un
bruciore, immaginario ma non per questo meno intenso, all’altezza del petto e
mi ricordo della chiavetta che ho accuratamente nascosto nella tasca interna
della giacca.
Mio padre aveva
ragione, questi Intrepidi ribelli hanno troppa rabbia e paura per fidarsi della
guardia personale di Eric. E, per quanto l’idea di un’alleanza potrebbe
scuoterli, non acconsentiranno senza prove tangibili.
Ed era proprio per
questo che mio padre ha rischiato anche la sua vita per farmi avere una copia
dei file più segreti e riservati di Jeanine. In molti sarebbero morti per
accedere a questi segreti, ma solo io possiedo una chiavetta di memoria che può
svelare gli oscuri retroscena che hanno spinto Jeanine ad
uccidere gli Abneganti e a mettere sotto simulazione gli Intrepidi.
E Tori non
desiderava altro che scoprire la verità.
Ma nella chiavetta c’è anche l’unico modo che ho per
scagionare Eric, visto che un capofazione non può essere condannato per una
scelta che ha preso nell’esercizio delle sue funzioni, quando ha solo fatto una
scelta per proteggere la citta.
Si può non essere d’accordo con lui, ma non ucciderlo.
-Mi devi molto di
più che un favore!- Grido contro di lei, tirando contro il soldato che mi
trattiene. Tori si ferma, si volta e fa una risatina soffiando con il naso.
-Cosa?-
Anche il resto degli
uomini che stavano tentando di portarci via si fermano
e ci permettono di parlare ancora con Tori.
Tremo convulsamente
e non so se sia la paura o la furia.
Assottiglio lo
sguardo e cerco le parole giuste. -Se Eric mi avesse scoperta,
o se Jeanine in persona avesse saputo che vi ho aiutati e coperti, di certo non
sarei qui tutta intera!-
Tori fa spallucce.
-Bè, alla fine siamo stati scoperti!-
-Non per causa mia!-
Riflette per un
attimo e mi studia in silenzio.
-Ti ho dato la mia
fiducia e ti ho dimostrato che sono contro Jeanine, come te.-
Sollevo le mani in segno di resa e ne riabbasso solo una. -Ti chiedo di darmi
la tua, e di accettare un dono che ho portato per te.-
Mi porto una mano al
petto dove, sotto stradi di tessuto, nascondo un oggetto preziosissimo e
aspetto che Tori dia il via libera ai suoi uomini, prima di abbassare
leggermente la cerniera del giubbotto ed infilare la
mano per estrarre la chiavetta dalla tasca interna, senza che mi sparino addosso.
-Hai rischiato la
tua vita, intrufolandoti di nascosto prima nell’ufficio di mia sorella per poi
arrampicarti fino a quello di Jeanine. Ti sei fatta perfino sparare e tutto
questo solo per scoprire la verità.- Inizio, parlando con calma e mostrandole la
chiavetta metallizzata nel palmo della mia mano. -Ed è esattamente questo che
ti offro: La verità! Qui dentro ci sono i segreti di Jeanine e potrai scoprire
perché i nostri capifazione hanno accettato una simulazione di massa contro gli
Abneganti!-
Tutti gli occhi dei
presenti saettano freneticamente da me a Tori, per poi fissare con dubbio la
chiavetta di memoria che esibisco. Ma, in particolare,
Jason e Camille mi osservano e sembrano quasi spaventati.
L’unica reazione che
mi importa è quella di Tori e, visto che osserva la
mia mano senza decidersi, aumento la dose.
-Ti do la
possibilità di capire perché tanti Divergenti sono morti!-
Alle mie parole,
qualcosa in Tori cambia e nel suo sguardo si accende una luce nuova e profonda.
Punta i suoi occhi nei miei e il suo labbro inferiore trema, poi fissa la
chiavetta e sembra in preda a mille tormenti.
Non comprendo il suo
sbalzo emotivo, ma temo che abbia testato sulla sua pelle la gravità delle
troppe morti che ci sono state tra i Divergenti. E non parlo solo di quelle
avvenute dopo la guerra, ma di quelle che c’erano prima. Eric mi ha detto della
fine che hanno fatto, per anni, i Divergenti che osavano scegliere gli
Intrepidi, illudendosi di trovare in loro una nuova famiglia.
Forse mi sbaglio, ma
Tori mi sembra improvvisamente troppo coinvolta.
-È tutto qui
dentro.- Insisto cautamente. -Ti chiedo solo di guardare questi
file e scoprire cosa ha spinto Eric e gli altri capifazione ad agire in
quel modo.-
Non ho ancora
abbassato il braccio e, mentre gli Intrepidi guardano lei, Tori continua a
studiare la chiavetta.
Serro il pugno
libero e mi impongo di essere coraggiosa.
Per un attimo vedo
la mano di Tori sollevarsi come in un guizzo involontario che manifesta la sua
voglia di accettare, e so che non vede l’ora di mettere le mani sui file in mio
possesso. Eppure, contro ogni ragione e logica, Tori richiama il braccio lungo
il suo fianco e serra le labbra.
-Non ho tempo da
perdere, vuoi solo ingannarmi!- Sentenzia senza tanti giri di parole.
Impallidisco, scuoto
la testa e cerco di salvare il salvabile.
-E in che modo?
Siamo qui, vostri prigionieri e non vogliamo scappare!-
Ma Tori non mi guarda già più, ma non voglio abbassare
il braccio. Anzi, le agito la chiavetta davanti e continuo a provare.
-Hai la mia parola!-
Affermo, convinta. -Torva un computer e apri questi dati. Ti chiedo solo cinque
minuti del tuo tempo in cambio della verità che tutti vorrebbero conoscere!-
La smorfia di Tori
aumenta e fa un gesto di rifiuto con la mano.
-Portateli via!-
Al suo ordine, il
soldato che mi trattiene mi afferra dalle spalle e mi spinge malamente via.
Jason viene preso da due uomini che lo immobilizzano e
cercano di allontanarlo e anche Camille riceve lo stesso trattamento.
Sento che non ho più
le forze, che tutto sta andando in frantumi ma la
paura è così opprimente che devo combatterla in ogni modo possibile. Ho perso
lucidità e, ora che ci penso, non mi dispiace. Cerco di piantare i piedi per
terra e mi aggrappo al braccio dell’uomo che mi immobilizza,
provando ad oppormi.
-Sai che ti dico?
Uccidilo! Condanna Eric se pensi che ti farà stare meglio!- Grido contro la
schiena di Tori. -Ma domandati se vale la pena rinunciare alla verità che ti
sto offrendo, quando quello che ti chiedo sono solo pochi minuti del tuo
tempo!-
Tori, per la seconda
volta, si ferma ma continua a darmi le spalle.
Il soldato rafforza
la presa, mi ingabbia con le sue braccia e mi solleva
da terra. Urlo e scalcio, ma non sono abbastanza forte. Jason è ormai lontano e
anche io sto per essere portata chissà dove.
Disperatamente, con
la vista appannata, scorgo Tori che sta tornando indietro e sta
cercando di raggiungermi. Cammina a fatica, ma mi si avvicina senza bisogno di
aiuto.
Il soldato che mi
tiene se ne accorge e si ferma, rimettendomi a terra
ma senza lasciarmi andare.
Però ho ancora la chiavetta stretta in mano e il braccio
libero, così lo tendo verso di lei.
-Non permettere che
muoia altra gente innocente!-
So di aver scelto le
parole giuste e, sotto il mio sguardo speranzoso, in un gesto rapido e
distaccato, Tori mi strappa senza troppa gentilezza la chiavetta di mano.
Ed è come se fossi
magicamente tornata al mondo solo adesso, come se avessi tenuto per tutto il tempo la testa sotto l’acqua ghiacciata.
Vengo sollevata di peso da terra e portata via, ma non mi
oppongo, guardo incantata Tori che si allontana e mi sento inondata da una
scarica di adrenalina.
C’è l’ho fatta.
Ci portano in una
piccola stanzetta tutta bianca con delle panche dello stesso colore, ci
spingono dentro e chiudono la porta dietro di noi. Sento la serratura che viene fatta scattare e respiro un’abbondante boccata
d’ossigeno.
Sono improvvisamente
immune a tutto, mi passo le mani dietro la nuca e chiudo gli occhi, bloccando
fuori dalla mia testa Jason che continua a chiamarmi e mi chiede spiegazioni.
Conto ogni respiro che faccio, percorro avanti e indietro la stretta sala e mi
ricordo di respirare. Apro e chiudo i pugni, cammino, mi siedo per terra e poi
mi rialzo per ricominciare a contare i passi che faccio in cerchio e poi mi
risiedo.
Sento Jason e
Camille parlare, lui dice che abbiamo fatto tutto quello che potevamo e che
forse ci ascolteranno. Non parlano di Eric, non lo nominano neanche e a me va
bene così. Non posso permettermi di pensare a lui adesso e perdere quel poco di
testa che ancora gestisco.
Mi
lascio cadere lungo la porta, solida e fredda, e aspetto.
E
aspettiamo per così tanto tempo che inizio a perdere
coscienza.
Aspettiamo fino a
quando non sento i cardini stridere e mi sposto e mi alzo in fretta, prima che
la porta si apra.
Rimango paralizzata
al centro della stanza, Jason e Camille mi affiancano e davanti a noi abbiamo
tre uomini Intrepidi. Uno di loro ha lunghi capelli castani e un tatuaggio
sullo zigomo.
-Prendeteli!- ordina.
Gli altri due si
avventano su me e Camille e ci afferrano dalle braccia.
-Dov’è Eric?-
Pretende di sapere Jason.
Il mio cuore si
blocca insieme e me, mentre guardo l’uomo davanti a noi scambiarsi uno sguardo
soddisfatto con i suoi colleghi.
-Siete arrivati
tardi!- Risponde.
Jason urla come un
animale in gabbia e Camille e scoppia a piangere.
Ed io dovrei fare
come loro, ma non ci riesco. Tutto crolla, tutto si spegne e muore lentamente.
Ricordo le parole di
una mia insegnate di psicologia, a scuola, spiegare
quanto la mente potesse influire sulle funzioni del copro. Non importa essere
in salute, se crolliamo in uno stato di depressione e ci lasciamo andare, le
forze ci abbandonano e tutto svanisce.
Semplicemente, se
decidiamo che è finita, finisce davvero.
Conosco gli stadi
del decadimento e sto iniziando ad attraversarli uno per uno troppo in fretta.
Indebolimento,
perdita del controllo sugli arti inferiori e superiori, vertigini, brividi di
freddo, dolore pulsante al fianco, vista appannata, offuscamento dei pensieri.
E,
per ultimo ma più potente, dolore pungente al petto e relativo senso di
soffocamento.
È straziante.
È l’inizio della fine.
Dovrei rimanere cosciente
e rendermi conto di quello che sta accadendo, ma sono stata inghiottita da un
baratro profondo e non sono più consapevole di nulla. Osservo quello che
succede senza darvi peso. Credo che mi abbiano preso in braccio, i mie piedi non toccano terra mentre attraversiamo ancora
l’ingresso, che è deserto. Jason urla, vuole spiegazione e Camille non
controlla i singhiozzii. Usciamo, la luce del sole è forte, chiudo gli occhi e
smetto di respirare.
Sono stata una
bugiarda e ho mentito a me stessa.
Non era vero che
avevo già accettato la morte di Eric. Era falso quando mi dicevo che bastava
non pensare a lui per non soffrire la sua assenza. Mentivo quando fingevo di
essermi rassegnata e che davo Eric per spacciato.
Dentro di me,
aggrappatasi ai tessuti fragili del mio cuore, c’è sempre stata la speranza che
fosse ancora vivo e che sarei riuscita a salvarlo. La verità è che non ho mai
davvero preso in ipotesi l’idea che non lo avrei mai più rivisto. Se sono
rimasta in forze fino ad adesso, se sono riuscita a
non perde la ragione, non è stato perché ho saputo lottare.
Speravo di tornare
fra le sue braccia e credevo, come una stupida, che avremmo vinto. Credevo che
tutto sarebbe andato bene. E sbagliavo. Ho sbagliavo e adesso è finita.
Non ha più senso
tenerlo fuori dalla mia testa, non adesso che il suo ricordo è tutto ciò che mi
rimane di lui.
Rivedo i suoi occhi
fieri puntati su di me dopo che ho vinto il mio primo incontro. Sento il sapore
umido e amaro delle sue labbra sulle mie, mentre l’odore acre del poligono ci
avvolge. Torno nella sua stanza, sotto le sue lenzuola e con il suo petto caldo
sotto la guancia. Sorrido, siamo sotto la doccia e le sue mani sono su di me e
percorrono ogni centimetro del mio corpo. Percepisco l’acqua che mi accarezza,
avverto il suo odore entrarmi dentro.
È salato, intenso, sa
di sudore maschile, di foglie bagnate e aroma di pioggia.
Apro la bocca e
respiro profondamente, tossendo quando l’aria torna finalmente nei miei
polmoni. Sto piangendo adesso, ma non mi ricordo di avere iniziato.
Mi accorgo che
saliamo su un treno fermo e, quando parte, nel vagone ci siamo solo io, Jason,
Camille e i tre soldati che ci scortano.
-Dove ci state
portando?- Sbraita Jason, con la voce impastata.
Vedo che ha un
labbro gonfio e spaccato ma non ho idea di cosa gli sia successo.
-I Candidi ci hanno stancato, Kang vuole collaborare con
Jaenine, e noi ce ne torniamo alla nostra residenza!-
-Perché avete ucciso
Eric?- Grida Jason. -Era un capofazione, come avete potuto?-
L’uomo che mi tiene
in braccio mi deposita in un angolo, addosso alla parete del treno ed io
rimango totalmente immobile, con le ginocchia al petto e la testa bassa.
-Te l’ho detto:
siete arrivati tardi!- Gli risponde il soldato con il tatuaggio al volto.
-Intanto che aspettavamo Tori, il vostro amico era già stato portato al cospetto
degli altri nuovi capi. E, visto che tra loro c’era
anche Quattro, quell’idiota di Eric ha pretesto che fosse proprio lui a
sparargli, e così è stato!-
Inizio a tremare
talmente forte che per poco non scivolo distesa. Batto i denti e continuo a
piangere.
-Come sarebbe?- Impreca
Jason, seduto con Camille, poco lontano da me.
Osservo l’uomo con
cui parla, quello con i capelli castani leggermente lunghi e lo zigomo tatuato.
-Magari, se Eric
avesse tenuto la bocca chiusa, sarebbe ancora vivo!- Spiega. -Ha persino
chiesto a Tris di elencargli i crimini per cui era stato condannato!-
Jason batte i pugni al
suolo e Camille scuote la testa, disperata.
Ed io, mentre il
treno in movimento ci fa sobbalzare, sollevo lo sguardo sull’Intrepido e inizio
a sentire un fischio assordante nelle orecchie.
Tris.
Sempre lei. Lo ha guardato morire. Era lì e si è limitata ad accusarlo
davanti a tutti. Quattro ha ucciso Eric, ha sparato prima che Tori potesse
arrivare, e magari sospendere l’esecuzione.
Quattro ama Tris,
l’ho capito.
Io amavo Eric, ma
lui l’ha ucciso.
E, mentre Camille
strilla e Jason impreca contro gli Intrepidi che ci sorvegliano, con micidiale
precisione, capisco cosa devo fare.
Non mi importa più nulla di me, la mia vita è arrivata al
capolinea. Ho perso Eric, per sempre. L’unica cosa che può darmi sollievo è la
vendetta.
Il fischio nelle mie
orecchie non se ne va, continua, mi assorda e mi isola
totalmente. Il tempo passa ma non me ne accorgo, Jason fa domande ma non lo
sento. Arriviamo, il treno si ferma e l’Intrepido di prima mi prende di nuovo e
mi solleva, mi fa scendere giù e mi lascia in piedi sulle mie gambe, accanto a
Jason. Rimango paralizzata, un piccolo gruppo di Intrepidi ci attende, parlano
ma io non ascolto, vago con lo sguardo e, quando trovo la persona che cercavo,
sussulto mentre il sibilo che sento diventa più acuto.
Tris non è lontana, è appartata in un angolo e sta parlando con Uriah e
Zeke, si accarezza il braccio e non si accorge di me.
Il piccolo gruppo che
ci accerchia è troppo agitato per prestarmi attenzione,
Camille continua a urlare e a lamentarsi, scoppia una piccola rissa con Jason contro
un uomo che non conosco ed io ne approfitto per scivolare via. Mi muovo come un
automa, nessuno fa caso a me, sono troppo impegnati a discutere e a fare a
pugni. Avanzo e mi accarezzo un fianco perché, quando mi hanno privato delle mie
armi, non sapevano che avevo nascosto un coltellino
nella tasca della felpa, sotto la giacca.
Tris è lì, non mi manca
molto per raggiungerla, devo solo estrarre l’arma e piantargliela nella gola.
Non avrà il tempo di fermarmi.
Lei ha guardato
morire Eric e io guarderò morire lei, sapendo che
Quattro proverà quello che sto provando io. Ma dopo
morirò, raggiungerò Eric mentre lui rimarrà da solo con il suo dolore.
Il fischio nelle mie
orecchie non è cessato, infilo la mano sotto l’orlo della giacca e tasto il
coltellino. Ho lo sguardo fisso su Tris, lei sembra serena ed io scivolo inosservata verso di lei, nessuno sospetta quello che sto
per fare e la confusione generale è tale da nascondermi.
Ma poi, senza preavviso, qualcuno si avventa su di me e
non ho la forza per impedirlo. Due braccia mi stringono il collo e un corpo è
contro il mio. Una testa bionda è sulla mia spalla. Quando si solleva, due
occhi castani mi fissano e un viso che conosco mi sorride.
-Aria!- Esclama
quella che credo sia la migliore amica.
Sasha mi prende
dalle guance e cerca di attirare il mio sguardo, ma io continuo a fissare Tris
e ad accarezzare il coltellino nella tasca.
-Santo cielo, stai bene!- Squittisce, abbracciandomi ancora.
-Sapevo che saresti arrivata anche tu, l’ho capito quando hanno portato qui
Eric!-
Il fischio che mi
assordava svanisce.
Il petto mi si
comprime, fa male, abbasso gli occhi e guardo Sasha. Lei continua a sorridermi,
mi accarezza le spalle ma per me è come se non ci fosse. Il mio cuore batte,
ancora, forte e mi sale in gola.
Lei scuote la testa,
ma poi mi osserva meglio e sembra improvvisamente preoccupata.
-Non lo sapevi?-
Indaga, scrutandomi con apprensione.
Le lacrime scendono
lungo il mio viso.
-Eric è qui, hanno
deciso di risparmiarlo e di portarlo via con noi.- Mi spiega. -Gli uomini che lo avevano in custodia sono arrivati con il
treno prima del tuo, li ho visti passare da qui poco fa e…-
Mille aghi mi
pungono la pelle, respiro aria fresca e tremo mentre gli occhi mi si appannano
per le lacrime. Non capisco più cosa mi sta succedendo. Il mio corpo è un
estraneo.
Torno a guardare
Tris e vedo che si è accorta di me, mi riserva una fredda occhiata ma subito
dopo devia lo sguardo e si allontana insieme a Zeke.
Sasha è ancora
davanti a me, mi accarezza una spalla.
-Ti senti bene?-
Mi volto e ritrovo
Jason con lo sguardo, vedo che in suo soccorso è arrivata Tori, che ha fermato
la rissa e gli sta parlando. Quando Jason spalanca la bocca e il suo sguardo si
perde, capisco quale notizia ha ricevuto. Camille gli salta al collo per
abbracciarlo, lui l’avvolge con un braccio solo e poi
inizia a guardarsi intorno, credo mi cerchi, poi solleva la testa e incontra il
mio sguardo. Ha gli occhi con una strana luce, sorride e si passa più volte le
mani tra i capelli.
Ci hanno mentito,
volevano solo farci soffrire.
Eric è ancora vivo.
Scappo via, i piedi
si muovono da soli, spintono un ragazzino che si era
messo lungo la mia strada e arrivo alle spalle di Tori. Tutti gli Intrepidi che
le fanno da scorta si spostano ma mi tengono d’occhio e credo che notino il modo
in cui continuo a tremare.
Quanto Tori si
volta, rimane a guardarmi e credo che voglia dirmi qualcosa ma si trattiene.
Serro i pugni,
faccio il respiro più profondo della mia vita e smetto di tremare. I fischi
nelle orecchie non ci sono più e il mio cuore torna a battere normalmente.
-Portami da lui!-
scandisco. -Adesso!-
Continua….