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Autore: AdeleBlochBauer    10/04/2016    1 recensioni
Se Valjean fosse stato presente quando Javert tentò il suicidio.
Un percorso morale e spirituale che, da qui, può scaturirvi.
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Una storia scritta qualche tempo fa, dedicata unicamente all'amore e alla gratitudine per Victor Hugo.
Non chiedo nulla e non ho nessuna pretesa: ma, forse, se hai amato I Miserabili quanto l'ho amato io, forse questo ti piacerà.
O, almeno, lo spero.
Grazie.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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5. Dove si conosce una strana attrazione parigina


Passò, dunque, un tempo imprecisato.

Finalmente, Javert si sollevò in piedi. Fra le braccia teneva sempre la bambina, alla quale aveva già delicatamente abbassato le piccole palpebre.
Negli ultimi istanti, ci aveva riflettuto: doveva portarla via? O sarebbe stato meglio lasciarla lì, fra i corpi dei vicini e famigliari?
Javert, nell’innata discretezza della sua natura, era stato lì per riporla esattamente nel punto in cui l’aveva trovata. Ma un’immagine era apparsa alla mente di Javert: la fossa comune.

Era lì, sicuramente, che la bambina sarebbe stata seppellita. Fra i ladri, gli assassini e i condannati a morte. In un buco orribile.
Era naturale: morta per strada, fra numerosi altri cadaveri, non si perdeva tempo.
Bisognava riconoscere i morti in fretta, o salutare il carretto funebre che passava. Sarebbe stata destinata alla fossa comune, nell’ordine metodico della pulizia stradale, non c’è dubbio. Quest’idea, che fino al giorno prima sarebbe stata naturalissima a Javert, ora gli appariva assolutamente intollerabile. 

Deciso, si alzò, voltò le spalle e, tenendo con cura il corpicino avvolto negli stracci, si diresse marzialmente verso la Morgue*.

Perché la Morgue, e non una chiesa, per darle sepoltura? Intanto, Javert non si riteneva autorizzato a tale circostanza, non essendo lui né un parente né un tutore della bambina.
Non sapeva neanche il suo nome.
Lasciandola alla Morgue, dove i tempi sono decisamente più lunghi che nelle strade, poteva sperare che qualcuno la riconoscesse e le desse funerale da parente o da amico, com’era giusto che fosse.
In secondo luogo, Javert non se la sentiva di entrare, con lei, in una chiesa. Gli sarebbe sembrato di profanare l’ingresso della bambina. Non aveva nessun diritto di accompagnarla in un tale luogo.

Il caratteristico edificio pubblico, di solito oggetto di grandi e continui andirivieni parigini, dato l’orario notturno era ora deserto. Curiosamente, l’obitorio sembrava essere un vero spettacolo a porte aperte per la gente del posto.

Scriveva Zola: “Ci sono degli appassionati che fanno parecchia strada pur di non perdere nemmeno una di queste rappresentazioni della morte”. In fin dei conti, è gratuito, spazioso, aggiornato quotidianamente, prezioso sia dal punto di vista scientifico quanto sociale (non si può negare l’utilità di venire a sapere, liberamente e con una puntualità impeccabile, certi eventi di cronaca mondana di rilevanza non indifferente quali i decessi e, ancora meglio, i suicidi), ricchissimo di stupore e, infine, incarnazione di un certo gusto del gotico e del macabro, di gran moda in quegli anni. Solo l'odore lasciava un po’ a desiderare.

Javert oltrepassò, dunque, la porta sempre aperta della Morgue. I cadaveri più disparati, più o meno trucidati e deformati, riposavano inerti sulle lastre grigie disposte ordinatamente nella sala.

Senza forse volerlo, Javert si soffermò per un attimo alla vista dei cadaveri di annegati, talmente molli e sfatti che la carne veniva via a brandelli dalle ossa.

Il custode, un ometto dall’aria pallida e malaticcia (non molto si può pretendere da un ambiente del genere), lo interruppe alle sue riflessioni per fargli posare il cadaverino sulla lastra più vicina.
“Vediamo”, cominciò lui, con il tono piatto di un ragioniere che si appresta a fare di conto con dati
aziendali: “Dove l’avete trovata?”
Javert, per qualche motivo, aveva evitato di dire di essere un poliziotto. Cercava di rispondere alle domande del custode con quello che sapeva; il che, in effetti, non era molto.

“A Rue Saint-Denis, la zona della barricata.”
“Ah, sì, brutta faccenda. Lei non è un parente, ha detto?”
“No, non lo sono. Vi lascerò quindici franchi per la sepoltura, in caso nessuno la riconosca.”
“Benissimo, benissimo. Dunque. Nome della bambina?”
“Non lo so”.
“Data di nascita?”
“Non la so.”
“Genitori? Famigliari? Amici?”
“Non saprei.”
“Un particolare riconoscitivo? Un epitaffio? Qualcosa?”
“Non so nulla di lei, non l’ho mai vista prima.”
“E io cosa ci scrivo sulla lapide?”
“Non lo so. Se arriverà qualcuno da parte sua, potrà chiedere a quello.”
“E se non arrivasse? Abbiate pazienza, io qualcosa devo scriverci su questa lapide. Bisogna farle bene, le cose. A me vengono richieste due cose: i funerali, o la fossa comune. O è l’uno, o è l’altro. Se è un funerale, bisogna avere un nome, un numero, qualcosa. Se no...”
“Va bene, va bene. E allora…”

Cadde il silenzio. Il custode, indicandogli in modo spiccio un blocco di carta e una penna, poggiate con cura metodica su di un minuscolo tavolino in un angolo della sala, gli fece cenno di scrivere ciò che voleva venisse inciso. Con questo, tornò immediatamente nel suo ufficio. Pare che i guardiani di obitori siano lavoratori enormemente indaffarati.

Javert si avvicinò al tavolino, prese un foglio e la penna.
Rimase in misteriose riflessioni per un po’.
Infine, con la sua grafia più calma e controllata, scrisse un paio di righe. Entrò poi nell’ufficio del custode, dove questi lo prese e lo esaminò.
Ecco cosa recava il foglietto:


‘Dio è onnopotente’

Circa 1827 – 6 giugno 1832


Nonostante la naturale passività del suo carattere, il custode appariva ora decisamente perplesso.
“Scusatemi, penso ci sia un error-”
“Nessun errore”, tagliò corto Javert.
Pagò il dovuto, salutò silenziosamente e, senza dire altro, uscì dall’ufficio. Nella sala d’ingresso, diede un ultimo sguardo al corpo della bambina.
Quell’espressione di perfetta e fiduciosa serenità non era stata mutata, nemmeno dalla morte.

Javert uscì dalla Morgue, diretto verso Notre-Dame.





 


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* L’obitorio francese.
   
 
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