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Autore: Love Your Sin    12/04/2016    1 recensioni
Magnus/Alec; Jace/Clary; Simon/Isabelle
Capitoli: 8/8
Neighbors!AU
Modern setting!AU
||TRADUZIONE||
[Alec non ha mai fumato. Ha sempre odiato il fumo e tutto ciò che lo riguarda, a partire dall’odore sino al sapore. Ma eccolo, alle dieci di sera, a comprare un pacchetto di sigarette nel piccolo supermercato alla fine della strada, con l’unico scopo di avere una scusa per poter uscire sul balcone e parlare con il suo bellissimo vicino senza ombra di dubbio impegnato. Alec si sente veramente stupido, in quel momento.]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Hot Neighbor



“Smoking is indispensable if
one has nothing to kiss” 
(Sigmund Freud)
 

Alec aveva rivisto il suo vicino due settimane dopo il trasloco. Lo aveva sentito rientrare a casa un paio di volte, solitamente a tarda notte, quando non riusciva ad addormentarsi. Era molto silenzioso, per cui lo sentiva solamente grazie al suono della chiavi che giravano nella serratura.
Era appena tornato a casa dal lavoro, aveva lasciato la sua borsa a tracolla sul pavimento e si era subito lavato le mani. La metro era piena e Alec si era ritrovato vicino ad una signora anziana, che lo aveva guardato per tutto il tempo con sguardo seducente. Gli aveva persino fatto l’occhiolino e i brividi gli avevano attraversato la colonna vertebrale, inorridito.
Era Ottobre inoltrato, ma non faceva ancora poi così tanto freddo, per cui ne aveva approfittato per aprire una porta finestra e uscire sul balcone e ammirare la vista. Il sole stava lentamente tramontando, inondando la città di rosa e arancio ed era mozzafiato.
Si era appena appoggiato alla ringhiera con i gomiti, quando una voce era risuonata alle sue spalle.
“Hei vicino! Alec, giusto?”
Aveva fatto un salto, per poi voltarsi verso sinistra e vedere Magnus sdraiato su una chaise longue di velluto, un cocktail in una mano e una sigaretta accesa nell’altra, un libro aperto appoggiato in grembo. Solamente un muretto, che Alec avrebbe potuto nascondere con le sue stesse mani per quanto piccolo fosse, separava i loro balconi.
Era rimasto senza fiato, vedendo quell’uomo, già al loro primo incontro e, poiché non si aspettava di rivederlo tanto presto, si era ritrovato senza parole. Magnus era troppo alto per quella sedia e sarebbe quindi dovuto sembrare impacciato, invece continuava a mostrare grazia ed eleganza, il che non aveva alcun senso. La sua pelle scura sembrava brillare sotto le luci del tramonto, ma forse era dovuto ai glitter che aveva tra i capelli neri e sulle palpebre, che coprivano gli occhi giallo verdognoli. Indossava una camicia nera di seta a malapena abbottonata, che lasciava scoperto il petto abbronzato e Alec si era auto obbligato a non fissarlo. Lo riteneva tanto mozzafiato quanto la vista che aveva di fronte a sé.
“Uhm, c-ciao” aveva balbettato, alla fine. “Sì, è giusto, Magnus” aveva aggiunto in un sussurro, solo per dimostrargli che si ricordava il suo nome.
Magnus gli aveva sorriso, gli occhi scintillanti per il divertimento.
“Ne vuoi una?” gli aveva chiesto, tirando fuori un pacchetto di sigarette.
Alec non fumava. Odiava l’odore e, in generale, la sensazione. Aveva provato, prima, soprattutto durante le feste al college e aveva persino mischiato con dell’erba, per cui probabilmente gli era anche piaciuto di più, ma non lo avrebbe mai ammesso, per non rovinare la sua reputazione di persona austera. In ogni caso, non fumava. Non lo aveva mai fatto e non aveva mai pensato di cominciare, perciò le parole che avevano poi lasciato le sue labbra erano un mistero anche per lui.
“Sì, c-certo” aveva balbettato.
Si era maledetto, internamente, facendo di tutto per sembrare tranquillo. Era diventato più difficile farlo, quando Magnus si era alzato dalla chaise longue con un movimento leggiadro, che sarebbe dovuto essere impossibile per una persona così alta. Aveva ricoperto la distanza che lo separava da Alec con pochi passi e gli aveva porto il pacchetto di sigarette. Alec ne aveva presa una, con più nonchalance possibile. Magnus aveva sorriso e aveva preso un accendino Zippo dalla tasca, aprendolo tra di loro e Alec si era avvicinato per accendere la sigaretta, aspirando profondamente prima di rilasciare il fumo e ringraziare Dio di non aver cominciato a tossire come la prima volta che aveva provato.
“Quindi, che fai nella vita?” aveva chiesto Magnus con un sorriso, avvicinandosi alla ringhiera del suo balcone.
“Insegno alla Columbia, ho cominciato quest’anno. Ho completato il mio Dottorato di ricerca lo scorso giugno” aveva risposto Alec, ringraziandosi mentalmente per non aver balbettato di nuovo come un idiota. Aveva guardato la sigaretta nella sua mano, per poi fare un tiro, riluttante, facendolo sembrare un gesto abituale. Si sentiva come uno dei suoi studenti.
“Davvero? Cosa insegni?” aveva chiesto il suo vicino, un interesse genuino ben percepibile dal suo tono, come se fosse qualcosa di davvero eccitante.
“Soprattutto Storia antica e Mitologia.”
“Fantastico!” aveva esclamato Magnus.
Alec aveva corrugato la fronte a tutto quell’entusiasmo. Non era la reazione che otteneva solitamente dalla gente quando parlava del suo lavoro.
“Amo la mitologia” aveva continuato il vicino, aspirando dalla sua sigaretta, prima di lasciar cadere la cenere in un posacenere viola e oro, porgendolo poi a lui. “Quando viaggiavo, me ne sono interessato perché c’è una tradizione mitologica diversa praticamente in ogni paese ed è affascinante conoscere un posto attraverso la sua mitologia.”
Alec aveva quasi spalancato la bocca per lo shock.
“Hai viaggiato molto?” aveva chiesto, invece, spegnendo la sua sigaretta.
“Puoi dirlo forte” aveva annuito Magnus, prendendo un sorso del suo drink rosa. “Sono tornato solo da due settimane, a dire il vero. Ero atterrato la sera prima da Londra, quando ci siamo incontrati.”
Alec aveva annuito a sua volta, pensando al giorno in cui si erano incontrati, due settimane prima, e a come la situazione si fosse evoluta.
“Scusa per Jace, comunque” aveva detto, infilando le mani nelle tasche dei jeans. “Può essere un po’ rompipalle, a volte, ma non è così male se lo conosci, se lo conosci veramente a fondo.”
Queste ultime parole sembravano aver divertito Magnus, che si era lasciato scappare una risatina, riempiendo Alec di orgoglio.
“È tutto a posto, tranquillo. Non è stato così male. Clary lo ha schiaffeggiato di punto in bianco. Non penso che se lo aspettasse.”
“Ti assicuro di no” aveva riso Alec, un sorriso divertito a giocargli sulle labbra al ricordo. “Non ha smesso di parlarne per tutta la notte. Siamo andati a bere una birra al bar qui sotto, all’angolo, e aveva ancora l’impronta delle sue dita sulla guancia. Di tutte e cinque le dita.”
Questa volta Magnus era letteralmente scoppiato a ridere, lasciando cadere la testa all’indietro e la mano libera sullo stomaco.
“Lo farò sapere a Clary, sarà felice di sentirselo dire” aveva risposto, una scintilla di divertimento a ballargli negli occhi.
Alec aveva sorriso e permesso che un leggero silenzio cadesse tra di loro. Era quasi buio e le luci della città si stavano accendendo, rendendo la vista ancora più spettacolare.
“E tu?” aveva chiesto, voltandosi di nuovo verso Magnus. “Tu che fai nella vita?”
“Oh, questo e quello” aveva risposto, elusivo, muovendo una mano, aggraziato.
Alec era confuso, ma non avevo insistito. Lo conosceva a malapena, non voleva curiosare più di troppo in cose di cui non voleva parlare. Aveva aperto la bocca per parlare, ma era stato interrotto da un miagolio, proveniente dai piedi di Magnus. Aveva abbassato lo sguardo per notare un gattino grigio fissarli con gli occhi gialli.
“Buonasera, tesoro” aveva cinguettato quello, abbassandosi per prendere il gatto, grattandolo distrattamente tra le orecchie. “Lui è Chairman Meow” aveva annunciato orgoglioso, mentre l’animale miagolava il più forte possibile, come per confermare la sua identità. “È il regalo di benvenuto di Clary.”
Alec aveva sorriso, sporgendo una mano affinchè il gattino potesse annusarla. Dato che non si spostava, gli aveva accarezzato con delicatezza la testa. Chairman Meow aveva chiuso gli occhi per la soddisfazione, miagolando leggermente.
“Gli piaci” gli aveva detto Magnus.
Alec stava per rispondere quando qualcuno si era schiarito la gola, facendoli sussultare per la sorpresa. Il gatto era scappato dalle braccia di Magnus, correndo in casa, probabilmente per nascondersi da qualche parte. C’era un uomo sulla soglia aperta della finestra e Alec era sicuro di averlo già visto prima, il giorno in cui aveva conosciuto il suo vicino, ma non riusciva a ricordare il suo nome.
“Raphael!” Magnus aveva sorriso largamente. “Questo è il mio vicino, Alec. Te lo ricordi?”
“Sì” aveva risposto quel Raphael.
Alec si era chiesto se fosse fatto così o se proprio lui non gli piacesse.
“Beh, mi ricordo più di Clary che prende a sberle l’altro ragazzo, quello biondo” aveva aggiunto, con un sorriso a spuntargli veloce sulle labbra. “Ciao.”
Alec aveva annuito in risposta, sentendosi improvvisamente fuori luogo. C’era un mondo intero tra l’accoglienza amichevole di Magnus e l’atteggiamento gelido e distante di Raphael.
“Scusalo” gli aveva sorriso Magnus. “È stato cresciuto dai lupi, quindi non sa bene come comportarsi con la gente.”
Raphael lo aveva fissato. “Sei pronto? Dobbiamo andare, ho prenotato per le otto.”
“Sì, dammi cinque minuti” aveva risposto Magnus, alzando gli occhi al cielo.
Si era voltato verso Alec, sorridendo di nuovo ampiamente. “Ci vediamo in giro?”
“Beh, condividiamo un balcone” aveva risposto a bassa voce Alec, con un sorriso.
“Ci vediamo, allora” aveva concluso il suo vicino, felice, facendogli un occhiolino, che sembrava aver peggiorato ancora di più l’umore di Raphael. “Andiamo, tesoro!”
Alec si era chiesto, per un minuto, se stesse flirtando con lui, arrossendo, ma si era calmato subito dopo. Non lo avrebbe mai fatto di fronte al ragazzo che era, senza ombra di dubbio, il suo fidanzato. Erano una coppia strana, ma forse una di quelle, aveva pensato, in cui si completano perfettamente a vicenda, uno sempre felice, l’altro scontroso. O forse erano riservati e tenevano le dimostrazioni d’affetto lontano da occhi curiosi. In qualche modo, però, non sembrava che Magnus fosse uno che si vergognava dei propri sentimenti, ma Alec lo conosceva a malapena.
 
***

 
Magnus non aveva dovuto rifletterci più di tanto. Tecnicamente aveva il tempo per andare nel piccolo supermercato all’angolo, ma non poteva lasciare il sugo in pentola per troppo tempo, quindi aveva optato per l’opzione più semplice. Aveva sporto la testa dalla finestra, per assicurarsi che le luci dell’appartamento del suo vicino fossero accese, poi, soddisfatto, era uscito in corridoio per bussare alla sua porta.
Aveva sentito un movimento continuo, prima che la porta si aprisse di fronte alla ragazza esuberante dai capelli scuri che ricordava essere la sorella di Alec. Gli aveva sorriso, ampiamente, come se fosse una preda.
“Ciao! Sei il vicino di Alec, giusto?”
“Magnus” aveva annuito, per confermare.
“Ti posso aiutare?” gli aveva chiesto, gentilmente.
“Avrei bisogno di un po’ di zucchero. Sto cucinando, ma mi sono accorto di non averne abbastanza e non posso lasciare il fuoco accesso il tempo necessario per scendere al negozio” aveva spiegato velocemente.
Isabelle non aveva risposto, si era avvicinata a lui, pericolosamente vicino, e aveva annusato l’aria. Magnus non si era mosso, l’aveva osservata attentamente, confuso.
“Questo profumo arriva dal tuo appartamento?” aveva chiesto, gli occhi neri spalancati.
Magnus aveva semplicemente annuito.
“Beh, è buonissimo” aveva esclamato, felice. Poi era rientrata nell’appartamento, cominciando ad urlare. “Alec, è il tuo vicino sexy! Ha bisogno dello zucchero.”
“Vicino sexy?” aveva ripetuto Magnus, con un sorriso orgoglioso. “Mi piace, lo potrei aggiungere al mio biglietto da visita.”
Isabelle si era voltata, ammicandogli scherzosamente. “Puoi metterlo sotto la categoria ‘esperti di moda’. Adoro quella maglia!”
“Oh, grazie” aveva esclamato contento, perché il miglior modo per far breccia nel suo cuore era sempre stata la moda. Lo erano anche occhi blu e capelli neri, ma a pari merito.
Era una camicia verde scuro, con una fantasia ad onde blu sulle maniche. L’aveva comprata in Giappone la prima volta che ci era stato. “Io amo quel vestito” aveva aggiunto, indicando Isabelle. “Il rosso è il tuo colore.”
Gli aveva sorriso, proprio nel momento in cui Alec si fermava sulla soglia della porta, con in mano due pacchetti di zucchero.
“Ciao, Magnus” aveva detto, con un piccolo sorriso che metteva in mostra una fossetta sulla guancia sinistra, tanto che Magnus aveva dovuto mordersi il labbro per non gemere, dal momento che aveva un debole per le fossette e così sarebbe sempre stato. A pensarci bene, Alec era la combinazione perfetta di tutti i suoi punti deboli, il che era veramente sleale.
“Bianco o marrone?” gli aveva chiesto il vicino, sollevando i due pacchetti.
“Bianco, grazie” aveva risposto, ringraziandolo più volte. “Ci vediamo più tardi, allora” aveva sorriso, felice.
I fratelli Lightwood avevano annuito, salutandolo, e lui si era voltato, per fermarsi dopo due passi, la fronte corrucciata, pensieroso. Era tornato indietro, per bussare di nuovo.
Isabelle aveva nuovamente aperto la porta, ma Alec era pochi passi dietro di lei con un’espressione perplessa.
“Volete venire a cena?” aveva chiesto, lo sguardo a rimbalzare da uno all’altra. “Ci saranno Clary e Simon e sto cucinando abbastanza per un esercito. Ho preparato Tailandese.”
“Sì, ci piacerebbe” aveva risposto Isabelle per entrambi, sorridendo ampiamente. Alec aveva solamente sgranato gli occhi, fermo dov’era.
“Fantastico” aveva esclamato Magnus. “Ci vediamo tra un’oretta, allora.”
 
***

 
Clary e Simon erano appoggiati al bancone della cucina e guardavano Magnus girare il sugo e canticchiare tra sé e sé, quando il campanello era suonato.
“Biscottino, potresti farmi un favore e aprire la porta?” aveva chiesto, senza nemmeno guardarla, completamente concentrato sul suo lavoro.
“Stiamo aspettando qualcun altro?” aveva domandato la ragazza, avvicinandosi alla porta.
“Ho invitato il mio vicino e sua sorella, sai, quelli molto sexy?”
“Oh sì” era intervenuto Simon, annuendo con vigore. “Lei era davvero sexy” aveva aggiunto, con fin troppa enfasi.
“Ci deve essere qualcosa di speciale nel loro cibo” aveva sorriso Magnus.
Clary aveva alzato gli occhi al cielo e aperto la porta, affrontando i fratelli Lightwood con un sorriso.
“Ciao! Tu sei quella che ha preso a sberle Jace” aveva esclamato Isabelle, entrando.
“L’unica e sola” Clary aveva fatto un grande sorriso, spostandosi per lasciarli entrare.
Magnus li aveva osservati, mentre si guardavano intorno in salotto, concentrandosi attentamente sugli occhi blu di Alec che si erano fermati sulla grande mappa vicino alla televisione. Non sembrava affatto a suo agio e non riusciva a capirne il motivo. Non esisteva che avrebbe fatto sentire fuori luogo una persona come Alec nel suo appartamento.
“Sam, ti dispiacerebbe offrire una birra o del vino ai nostri ospiti?” aveva chiesto a Simon, muovendo il cucchiaio di legno verso di lui.
“Chi è Sam?” aveva domandato Isabelle, alzando un sopracciglio. “Pensavo si chiamasse Simon.”
Simon aveva spalancato la bocca, sorpreso, probabilmente chiedendosi come facesse una persona così fuori dal suo rango a ricordare il suo nome. “S-sì, è così infatti” aveva detto, prima di schiarirsi la voce, per sembrare tranquillo. “Finge di non ricordare il mio nome per farmi arrabbiare. È una cattiva persona, dovreste stargli lontano.”
Magnus aveva sorriso, bevendo un sorso del suo vino rosso con nonchalance e spegnendo il forno, per poi voltarsi verso i suoi ospiti.
“Stronzo, sono fantastico.”
Simon aveva sbuffato, senza riuscire a trattenere un sorriso.
 
***

 
Dopo cena, che era stata deliziosa se le imprecazioni di Isabelle potevano essere di qualche suggerimento, si erano accomodati tutti nel salotto di Magnus, mentre questo era sul balcone a fumare una sigaretta. Ne aveva offerta una ad Alec, che aveva annuito impacciato e lo aveva seguito fuori, ignorando lo sguardo curioso della sorella. Fortunatamente non gli aveva detto nulla, ma si era girata verso Clary.
“Quindi, che ti ha fatto Jace?” le aveva chiesto, senza giri di parole.
Alec aveva fatto accendere la sua sigaretta a Magnus, tenendo però un occhio sempre puntato sulla rossa, appoggiata ad uno dei divani.
“Non te lo ha detto?” aveva chiesto Clary, invece di rispondere, incrociando le braccia al petto, come se volesse proteggersi.
“Ha detto che non lo sapeva” aveva risposto Alec dal balcone, alzando le spalle.
“Non sapeva – cosa?” aveva esclamato, la sorpresa chiaramente leggibile sul suo volto.
Magnus aveva ridacchiato, alzando gli occhi al cielo. “Questo Jace comincia proprio a non piacermi.”
“Come fai a ricordarti il suo nome, se nemmeno ti piace?” aveva borbottato Simon, fermo di fronte alla collezione di vinili di Magnus. Ne aveva scelto uno e messo in un giradischi. Era Etta James.
“Lo sai che ti voglio bene, a prescindere da quale sia il tuo nome, Scott” aveva sorriso Magnus, inspirando profondamente dalla sua sigaretta.
“Sei una persona terribile” aveva risposto Simon, scuotendo la testa, incredulo.
“Jace non è così male” era intervenuto Alec, protettivo, accigliandosi. “Certo, può essere un coglione,ma è una brava persona.”
Clary aveva sbuffato seccata, la fronte corrugata per l’irritazione. “Beh, non lo è stato con me.”
“Hei, sei tu che non lo hai mai richiamato” aveva risposto Isabelle, con la stessa espressione che aveva il fratello, dalla parte opposta della stanza.
Con quell’atteggiamento protettivo, le facce accartocciate per il fastidio, si assomigliavano ancora di più. Isabelle si era alzata, le mani a stringere i fianchi, mentre Alec aveva le braccia incrociate, teneva la sigaretta con la mano destra, mentre annuiva alle parole della sorella.
“Cosa?” aveva protestato Clary, ad alta voce e sbalordita. “È questo che vi ha detto? Non mi ha mai chiamata!” 
La confusione di Alec era aumentata. “Ha detto di averlo fatto.”
“Beh, forse vi ha mentito” aveva insistito Clary, appoggiando con forza la sua bottiglia di birra sul tavolino da caffè.
“Hei” aveva esclamato Magnus. “Quel povero tavolo non ti ha fatto niente. È di mogano!”
Alec non aveva potuto non sbuffare, guardando il vicino al suo fianco con un sorriso divertito sulle labbra.
“Jace non ci avrebbe mai mentito” aveva controbattuto Isabelle, una scintilla di esuberanza di nuovo presente nel suo sguardo.
“Forse si vergognava” aveva risposto Clary, ostinatamente. “E non voleva che lo giudicaste.”
“Lo abbiamo visto in situazioni molto più imbarazzanti di quanto potresti pensare” aveva affermato Alec, il suo temperamento calmo in contrapposizione a quello focoso della sorella. “Fidati, non ci mentirebbe perché si vergogna.”
“Senti, non lo so” aveva sospirato la rossa, tornando a sedersi sul divano. “Tutto quello che so è che ci siamo baciati, gli ho dato il mio numero e non ho più avuto sue notizie.”
Sembrava rassegnata, quasi triste, e, con la coda dell’occhio, Alec aveva visto Magnus spegnere la sua sigaretta e trascinarsi, come se il dolore di Clary si ripercuotesse su di lui. Si era chiesto se fosse solo perché era sua sorella o se succedesse con tutti, se assorbisse la tristezza degli altri come se fosse sua. Alec sapeva quanto fosse pericoloso sentire troppo, in quel modo.
“Sono sicuro che ci sia una spiegazione” aveva detto Magnus, ragionevole, dopo essersi schiarito la voce.
Aveva uno sguardo strano. Sembrava a disagio e, anche se Alec non lo conosceva molto, non lo aveva mai visto così.
“Forse gli hai dato il numero sbagliato” aveva suggerito Simon.
“Conosco il mio numero, Simon” aveva borbottato Clary, in risposta. “E non ero ubriaca.”
Si era schiarita la gola e, in meno di un secondo, sembrava essere tornata tranquilla e sorridente.
“Non importa” aveva esclamato, più allegramente. “Non mi interessa di un ragazzo con cui ho limonato ad una festa un mese fa.”
Anche Alec aveva capito che fosse una terribile bugia, ma nessuno aveva controbattuto. Aveva lanciato uno sguardo a Magnus, che era tornato il solito, confidente e affascinante.
 
 ***

 
“Quando hai cominciato a fumare?” gli aveva chiesto Isabelle, non appena erano rientrati nel suo appartamento.
Alec aveva sospirato pesantemente, mordendosi un labbro, nervoso.
“Non ho cominciato” aveva risposto. “Mi sono…impanicato.”
Isabelle aveva sollevato un sopracciglio, confusa.
“L’altro giorno sono uscito sul balcone per prendere un po’ di aria fresca e Magnus era lì a fumare. Mi ha offerto una sigaretta e io, io ho semplicemente detto di sì” aveva spiegato, sembrando infastidito da se stesso.
“Questa cosa non ha prezzo!” aveva esclamato, cominciando a piangere a causa delle troppe risate.
“Cosa?” aveva borbottato Alec, scontrosamente.
“Hai cominciato a fumare perché hai perso completamente la testa quando un ragazzo sexy ti ha offerto una sigaretta.”
“Non ha niente a che fare con il fatto che sia sexy” aveva mentito, alzando la voce e arrossendo per l’imbarazzo.
“Sì, invece” lo aveva canzonato Isabelle. “Ti dimentichi sempre come funzionare correttamente quando ti ritrovi di fronte ad un ragazzo sexy.”
Alec le aveva mostrato il dito medio e aveva deciso che incrociare le braccia e mettere il broncio fosse la cosa da uomo adulto migliore da fare.
 
***

 
Una settimana dopo, Alec stava rientrando dal lavoro, le braccia piene di libri e verifiche da correggere. Aveva appoggiato tutto sul tavolo della cucina e aveva sussultato quando, girandosi per lavare le mani, aveva trovato il gatto del suo vicino sul lavandino, che lo fissava con occhietti annoiati.
Aveva sbuffato e si era avvicinato gentilmente. Chairman Meow gli aveva annusato una mano, prima di colpirla leggermente con il muso. Lo aveva preso in braccio e si era spostato in corridoio per bussare alla porta di Magnus.
Il suo vicino gli aveva aperto qualche secondo dopo e Alec si era ghiacciato, scioccato. Indossava dei pantaloni da yoga e una maglietta aderente, appiccicata alla pelle scura a causa del sudore, che non lasciava molto spazio all’immaginazione. Aveva dovuto scuotere la testa per allontanare certi pensieri, prima che Magnus gli sorridesse.
“Chairman!” aveva esclamato, avvicinandosi per prendere il suo gatto.
La sua improvvisa vicinanza era, in un qualche modo, allarmante.
“Uhm, era seduto in cucina quando sono tornato dal lavoro” aveva spiegato brevemente, grattandosi nervosamente la testa con una mano.
“Come ci sei arrivato?” aveva chiesto Magnus gioioso, guardando il gattino negli occhi. “Mi dispiace.”
“Non c’è problema” aveva risposto Alec, deglutendo pesantemente.
Stava per tornare nel suo appartamento quando la voce di Magnus lo aveva fermato.
“Aspetta! Alexander!”
Alec si era accigliato e si era voltato di nuovo verso di lui, socchiudendo gli occhi. “Come fai a conoscere il mio nome?”
Magnus gli aveva sorriso. “Ho ricevuto per sbaglio la tua posta. Vieni, entra pure.”
Si era voltato, facendogli cenno di seguirlo e Alec lo aveva fatto, impacciatamente. Non aveva assolutamente fissato il sedere del suo vicino, quando si era piegato per appoggiare il gatto sul pavimento. Chairman Meow era strisciato immediatamente sotto il divano per prendere qualcosa. Affianco ad esso c’era un tappetino da yoga, il che spiegava l’outfit del vicino, e Alec si era categoricamente vietato di pensare all’aspetto di Magnus mentre si allena. Quest’ultimo si era avvicinato al tavolino da caffè, prendendo una serie di buste e porgendole poi ad Alec, con un sorriso.
“Ecco!”
“Grazie” aveva risposto, dondolandosi nervosamente sui piedi.
“Vuoi un caffè? Un tea? È il minimo che posso fare per avermi riportato Chairman” gli aveva chiesto Magnus e Alec si era chiesto se il suo tono flirtante fosse solo un’immaginazione della sua mente.
“Un caffè va benissimo” si era ritrovato a dire.
Magnus aveva annuito, felice, e si era spostato in cucina, per accendere la macchinetta del caffè. Alec era finito a fissarlo, ma non ci poteva fare più di tanto: c’era qualcosa di affascinante nel modo in cui Magnus si muoveva, il suo corpo alto e sinuoso si muoveva con la grazia di un felino; si muoveva come se ogni passo aveva uno scopo ed era accattivante.
Poco dopo gli stava porgendo una tazza fumante, che aveva accettato molto volentieri. Non era riuscito a trattenere un leggero gemito di piacere, quando aveva bevuto un primo sorso.
“Merda, questo sì che è caffè di marca” aveva affermato, guardando la sua tazza come se fosse un mistero.
“Dritto dritto dalla Colombia” aveva sorriso Magnus, sorseggiando il suo. “Ho un amico là, che me lo manda ogni mese.”
“I vantaggi di avere amici in tutto il mondo, immagino” aveva risposto Alec, sorridendo leggermente. “Il tea arriva dall’Inghilterra?”
C’era un divertimento chiaro nella sua voce, che sembrava piacere a Magnus, tanto che si era ritrovato con un sorrisino gentile e affettuoso.
“No, dall’India” aveva risposto, scherzoso, sorridendogli da sopra la tazza.
Alec era arrossito. “Hai davvero visitato tutti questi paesi?” aveva chiesto, schiarendosi la voce per apparire completamente tranquillo. Stava indicando la grande mappa attaccata alla parete, di fianco alla televisione. Una miriade di puntine colorate ricopriva ogni continente.
Magnus aveva annuito, pensieroso, una scintilla nello sguardo, mentre fissava l’atlante.
“Mi piacerebbe aver viaggiato così tanto” aveva ammesso Alec, cauto, avvicinandosi per poter guardare meglio.
“È stupendo” aveva confermato. “Fino a quando non cominci a sentire nostalgia.”
“Ti è mancata la tua famiglia?”
“Certo, la mia famiglia sin dall’inizio” il suo vicino sembrava essersi perso nei suoi stessi pensieri, per un attimo. “Ma dopo un po’ cominciano a mancarti cose a cui non avevi nemmeno mai pensato. Il cibo, per esempio. Non trovi da nessuna parte hamburger come quelli che fanno a New York.”
Alec aveva sorriso. “Poi cominci a sentire nostalgia dei luoghi familiari” aveva continuato Magnus, con tono nostalgico. “Penso di non aver realizzato quanto mi fosse mancata New York fino a quando non mi sono trasferito qui e ho ammirato questa vista. Ho visto le montagne, i laghi e i deserti più belli…ho visitato posti stupendi, che mi hanno letteralmente lasciato senza fiato, ma non erano…familiari. Non erano casa.”
“Per quanto sei stato via?” gli aveva chiesto Alec, cortesemente.
C’era una grande tristezza negli occhi dell’uomo, che lo aveva portato a dondolarsi sui piedi in imbarazzo. Avrebbe voluto abbracciarlo, prendergli una mano o anche solo toccarlo per confortarlo un po’. Non era mai stato il tipo da dimostrazioni d’affetto e aveva sempre evitato il più possibile il contatto fisico con le persone alle quali non era strettamente legato. Tuttavia, Magnus era un ragazzo così raggiante, sempre sorridente e sempre felice, che quella vulnerabilità malinconica che stava mostrando in quel momento era sufficiente perché Alec dimenticasse la sua solita riluttanza.
“Cinque anni” aveva risposto Magnus, schiarendosi la voce e scuotendo la testa.
Non era riuscito a fargli tornare il sorriso, per quanto ad Alec dispiacesse.
“Come mai te ne sei andato?” gli avevo chiesto, non riuscendo a trattenersi.
Non per la prima volta, Magnus aveva catturato il suo interesse e voleva sapere di più, tutto quello che il suo vicino gli avrebbe permesso di conoscere.
“Oh, è una storia noiosa” aveva concluso quello, con un movimento esagerato della mano. “Una storia per un altro momento e, se Dio lo vuole, con molto più alcool.”
Alec aveva cercato di trattenere una risata. Solo grazie ad essa, Magnus stava di nuovo sorridendo, e non aveva non potuto rilasciare un sospiro di sollievo.
“Volevo guardare Moonrise Kingdom e ordinare del sushi” aveva continuato Magnus, allegro. “Vuoi fermarti?”
“Con piacere” si era ritrovato a rispondere. “Vado a farmi una doccia veloce e torno.”
“Certo, la devo comunque fare anche io” aveva sorriso l’altro. “Combatterò contro chiunque dirà che lo yoga non è un vero sport.”
Alec aveva riso, finendo il caffè in un sorso solo, prima di tornare al suo appartamento.
 
***


Forse, due settimane dopo, Alec era sceso al supermercato all’angolo per comprare delle sigarette, giusto per avere una scusa per poter uscire sul balcone anche se Novembre era iniziato e, fuori, si gelava. Stava tornando dalla sua corsetta di routine, quando gli era venuta quell’idea e non ci aveva pensato due volte, entrando direttamente nel negozio.
Si era sentito veramente stupido, soprattutto perché Magnus non era nemmeno single. La sua relazione con Raphael era strana, distaccata e non sembrava nemmeno molto genuina, ma non era nessuno per poter giudicare le scelte d’amore del suo vicino, quando lui per primo non stava con qualcuno da moltissimo.
Ritornato al palazzo era entrato in ascensore e si era subito perso nei suoi pensieri. Si era accigliato ancora di più quando le porte si erano aperte ed era stato salutato dalla vista di Magnus che cercava di forzare la sua stessa porta, col fiato corto.
“Magnus? Va tutto bene?” aveva chiesto, preoccupato, inclinando la testa per riuscire a vederlo meglio.
Aveva i capelli completamente arruffati e la camicia arancione sgualcita. Magnus era oscillato sulle gambe, girandosi per guardarlo. Gli occhi verdi erano iniettati di sangue e appannati.
“Sono davvero, davvero ubriaco” aveva risposto, strascicando le parole, come se volesse controllare se le sue parole avessero un qualche senso. “E tu sei molto sudato” aveva aggiunto, facendo scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo.
Alec si era dondolato sui piedi. “Sono andato a correre” aveva poi spiegato, imbarazzato.
“Oh, non era una critica” aveva sorriso l’altro, flirtando. “Mi piaci quando sei sudato.”
Aveva percepito le proprie guance andare a fuoco e si era schiarito la voce, cercando di nasconderlo; non che il suo vicino fosse abbastanza sobrio da potersene accorgere.
“Che ci fai qui?” aveva chiesto poi velocemente, realizzando che cambiare discorso fosse probabilmente la cosa più intelligente da fare.
“Ho dimenticato le chiavi da Raphael e quelle di scorta sono dentro, ovviamente” aveva farfugliato, imbronciandosi.
Prima di mettersi a tacere, Alec aveva pensato che fosse carino. Doveva decisamente calmarsi: il ragazzo era letteralmente appena tornato dall’appartamento del suo fidanzato.
“E Raphael è un coglione, non me le vuole portare quindi sono chiuso fuori” aveva continuato, appoggiandosi alla parete per restare in equilibrio.
Alec aveva girato la chiave nella sua porta. “Entra” gli aveva offerto, in un soffio. “Ti do un po’ d’acqua.”
“Oh, fantastico!” aveva esclamato allegramente Magnus, seguendolo. “Forse posso scavalcare dal tuo balcone ed entrare a prendere le chiavi. Ho lasciato la finestra aperta!”
“Non scavalcherai proprio niente con tutto l’alcool che hai in corpo ora” aveva affermato Alec, irremovibile.
“Oh andiamo, sono sicuro che sarà divertente” aveva contestato l’altro, indicandolo con un dito, la cui unghia era colorato con dello smalto blu.
“Non lo sarà quando cadrai e io dovrò spiegare alla tua famiglia come sei morto.”
“Devi solo dire loro che voglio che il mio epitaffio dica I believe I can fly” aveva risposto Magnus, del tutto ubriaco.
Alec non aveva potuto non ridere, a quelle parole. Lo aveva costretto a sedersi sul ripiano della cucina, le gambe lunghe a penzoloni, poi gli aveva riempito un bicchiere di acqua.
“Bevi” aveva ordinato e Magnus aveva obbedito, cooperativo.
Aveva osservato attentamente il ragazzo sorseggiare l’acqua e il suo pomo d’Adamo sobbalzare in un modo che non sarebbe dovuto essere così distraente. Alec aveva distolto lo sguardo quando il vicino aveva appoggiato il bicchiere vuoto sul tavolo, con un rumore secco.
“Ecco fatto!” aveva esclamato. “Sono sobrio, ora.”
Alec aveva sbuffato, tornando serio quando Magnus si era alzato, incamminandosi verso il balcone.
“Ora posso scavalcare!”
Lo aveva strattonato per un braccio con forza, non abbastanza da fargli male, ma sufficiente per costringerlo a non fare un passo in più.
“No, invece” aveva ringhiato, risoluto, con lo stesso tono che usava con i suoi studenti per evitare negoziazioni, quando si lamentavano dei compiti.
“Ma Chairman Meow è dentro” aveva ribattuto Magnus, imbronciandosi leggermente. “Non possiamo lasciarlo lì a morire, Alexander. Non possiamo!”
“Okay, ma andrò io” aveva ceduto Alec, alzando gli occhi alla preoccupazione estremamente esagerata del suo vicino.
Erano entrambi sul balcone, per cui aveva preso Magnus per le spalle, allontanandolo dalla ringhiera.
“Non ti muovere” gli aveva ordinato, guardandolo dritto negli occhi.
“Mi piace questo tuo lato da leader, Alexander” aveva risposto Magnus, con un sorriso canzonatorio. “È eccitante.”
Alec era arrossito di nuovo, ma si era voltato di spalle per scavalcare il muretto che separava i loro balconi. Non era alto, quindi gli era bastato fare un po’ di forza sulle braccia e saltare dall’altra parte.
“Sono sicuro che il tuo fidanzato lo apprezzerebbe” aveva grugnito, atterrando fortunatamente sui piedi. Si era diretto subito verso la finestra, spingendo per aprirla.
“Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando” aveva borbottato, Magnus.
“Dov’è la copia delle chiavi?” aveva chiesto Alec, non volendo discutere della vita sentimentale del suo vicino.
Si era avvicinato alla ringhiera, guardandolo con occhi confusi.
“Portachiavi nel corridoio.”
Alec aveva attraversato velocemente il salotto, trovando le chiavi proprio dove Magnus gli aveva detto. Chairman Meow stava sonnecchiando sul divano, aveva aperto gli occhi solo per fissarlo e li aveva richiusi immediatamente. Non sembrava essere in rischio di morte.
Aveva ritrovato Magnus esattamente dove lo aveva lasciato. Si era avvicinato alla ringhiera del balcone e aveva allungato le braccia per porgergli le chiavi. L’altro non si era mosso di un millimetro.
“Magnus” lo aveva chiamato, scuotendogli le chiavi di fronte al viso.
“Mi hai detto di non muovermi e non vorrei darti alcun motivo per punirmi” lo aveva preso in giro il suo vicino, con le braccia incrociate sul petto.
Alec era arrossito di nuovo ed era piuttosto sicuro di essere rosso dal collo alla punta delle orecchie. Aveva scosso la testa, incredulo, e aveva infilato le chiavi in tasca.
“Dio” aveva borbottato. “Non ci credo che lo hai detto.”
Aveva scavalcato e si era posizionato di fronte a Magnus, che sembrava pronto per scoppiare a ridere.
“Mi dispiace” aveva ridacchiato. “Ma è così facile prenderti in giro.”
Alec lo aveva guardato con occhi socchiusi, prendendo le chiavi. “Avrei dovuto lasciarti fuori a farti passare la sbronza.”
Magnus lo aveva fissato con la bocca spalancata, ferito. “Non lo avresti mai fatto.”
“Lo farò, la prossima volta” aveva borbottato, facendo ridere di nuovo il suo vicino.
Era un suono a cui si sarebbe volentieri abituato.


Nda.
Here we go again!
Temevo di non riuscire a finirlo e invece eccomi qui, con un giorno d'anticipo, il capitolo finalmente tradotto e revisionato. Questo è, sinceramente, uno dei miei preferiti, perchè finalmente i nostri adoratissimi Malec fanno realmente conoscenza e cominciano ad avvicinarsi. Vi invito a fare particolare attenzione ad alcune parole, ma soprattutto pensieri, di Alec, perchè influenzeranno molto il resto della storia. Adoro le battutine finali e trovo che la frase che conclude il capitolo sia particolarmente d'effetto.
Fatemi sapere cosa ne pensate! 
E come al solito vi ricordo che trovate la storia originale cliccando su qui e che l'autrice è Lecrit
Vi lascio con un'altra gif degli amatissimi Malec, che mi faranno soffrire nell'attesa della seconda stagione del telefilm, per cui ho deciso che appena ho tempo rileggerò tuta la saga, perchè sì. Ci vediamo, si fa per dire, settimana prossima!
I. xx




(SPOILER)

"Venti dollari che lo prende di nuovo a sberle” gli aveva sussurrato Alec.
Si stava avvicinando alla parete per osservare meglio il litigio e Magnus riusciva a percepire il profumo della sua acqua di colonia. Aveva strani effetti sul suo stomaco.
“Facciamo…trenta che si baceranno, invece” aveva mormorato Magnus, affannosamente.

  
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