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Autore: Sky and July    04/04/2009    1 recensioni
Due anime abbandonate, due anime tenute assieme da uno strano fato, due anime diverse eppure troppo simili, il cui collante è la solitudine. L'uno si aggrappa all'altro come sua unica salvezza, e l'altro, confuso, non sa cosa cerca dalla nuova vita che entrambi dovranno ora incominciare. Long-fic AU KimiJuu, pubblicata da SkyEventide e Cira. Buona lettura!
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Juugo, Kimimaro Kaguya
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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-6-
Le chiavi di un mondo - parte III)


Kimimaro Kaguya


Morse un angolo del tramezzino, senza sentire poi tutta questa fame, senza che il sapore salato del tonno e della maoinese lo tentasse poi così tanto.
Aveva sempre preferito di gran lunga le cose che si cucinava da solo rispetto a quelle che gli preparava la madre, sebbene le sue doti culinarie fossero nella media di qualunque ragazzo della sua età. Non era certamente un cuoco. Solo che mangiare i piatti che sua madre preparava con tanta cura in cucina lo aveva tempo addietro illuso che un po' di bene glielo volessero. E quando lei gli metteva davanti il piatto pieno come se avesse a che fare con un cane che si avventa sugli avanzi allora capiva quanto di falso c'era in quei sapori che gustava sulla lingua.
Di malavoglia aveva portato con se quei tramezzini, mettendoli nello zaino solo perchè glieli avevano preparati. Si era chiesto, quando era in taxi, se dandogli il pranzo gli avesero fatto semplicemente il regalo d'addio con un biglietto di sola andata e gli auguri di non ritonare annessi.
«No» disse, guardando la merenda che mangiava lentamente. «No, non penso che la rivedrò» concluse, tagliando il discorso con un profondo silenzio che nascondeva un vecchio rancore, un'antica tristezza.
«Sì, ho sistemato tutto quanto» gli rispose, mentre buttava giù gli ultimi bocconi del morbido tramezzino. Gli occhi verdi scivolarono piano sulla camera, vedendo come già la loro identità sembrava essersi fusa con quei mobili. Come le poche volte che era andato in vacanza, in diciassette anni, faticava a sentire proprio l'ambiente nuovo in cui avrebbe dormito, mangiato, aspettato. Solo che ora la differenza stava nel fatto che lì avrebbe dovuti viverci.
Ci avrebbe vissuto, tra quei muri. Sarebbero diventati la culla della sua vita, forse una vita finalmente come la desiderava, anche se quel suo desiderio era ormai sfocato, disilluso.
Pian piano avrebbe cominciato a sentire l'essenza sua in quelle pareti, avrebbe cominciato a sentirsi al sicuro guardando quei mobili. Ci avrebbe sentito qualcosa di sé, e forse non solo di sé, forse non solo di un'unica persona, ma avrebbe cominciato ad avvertirlo suo e di Juugo. Di due persone, non una sola.
Di fianco all'altro, si lasciò cadere all'indietro sui due letti accostatia formarne uno. Sentì il materasso morbido, piacevole.
Le braccia erano tirate all'indietro e le sue pupille verdi e sempre perse e disinteressate fissavano il soffitto bianco; e lì a fianco c'era Juugo, ancora in jeans. Non sapeva che avrebbe pensato guardandolo abbandonato così sul letto, come se, stanco, avesse abbandonato le forze, senza guardarlo e semplicemente respirando.
«Non c'è molto da fare fino a cena» commentò con un'aria atona, quasi disinteressata, annoiata.
Aveva solo voglia di stare lì e rilassarsi, ambientarsi. Di scambiare tutte quelle parole che all'ospedale non avevano mai accennato per la presenza dei medici, degli psicologi, delle infermiere. Solo di scambiare delle parole.


Juugo Tendou



«Su un articolo ho letto che “ci sono posti che ti cambiano la vita" sembrerà anche ovvia come cosa, ma certe volte mi chiedo cosa sarebbe successo se tu non fossi stato in quel corridoio e in quel preciso istante.» Juugo torturò il fazzoletto tra le mani e lanciò uno sguardo sopra la spalla al ragazzo ancora disteso sul letto «Forse anche questa stanza ci cambierà»

Abbassò il capo leggermente imbarazzato ripetendosi mentalmente che quella frase trovata su un giornale di seconda mano era anche stupida.
Non avevano molto da fare per occupare il tempo, lui la noia la conosceva perfettamente, di solito in ospedale leggeva, dormiva, osservava le persone passare tra i corridoi. Una volta aveva anche tentato di giocare a scacchi da solo, ma alla fine aveva fatto vincere i neri, muovendo volontariamente in modo errato le pedine bianche.
Tutti i modi che conosceva per combatterla, la noia, si servivano solo di un giocatore.

Si gettò anche lui sul materasso morbido, facendo sollevare appena il corpo di Kimimaro, che era ancora in silenzio, per il contraccolpo.
«Ci pensi mai a una vita diversa?»


Kimimaro Kaguya



Quando si stendeva sui materassi il suo respiro era più regolare, più profondo, più cadenzato. L'imbottitura, nonostante fosse una scuola, era morbida, comoda, e assicurava un buon riposo per la notte.
Non si capacitava di come, nonostante i toni ed il mobilio rassicuranti di quella stanza, si sentisse così estraneo, così sospeso in una situazione confusa. E si ripeteva che "ora sono qui", ma oltre... oltre non riusciva a vedere.
Spostò i suoi occhi smeraldini su quelli di quello strano colore arancione che aveva Juugo incastonati nel suo viso, notando i segni del nervosismo nella sua espressione. Scorse del pudore mentre diceva frasi così inconsuete, frasi che di certo non dovrebbero stare sulla bocca di un diciottenne, frasi adatte ad un malinconico uomo di mezz'età che ha vissuto già troppo o troppo poco.
Loro avevano vissuto poco. Juugo, soprattutto, non poteva forse dire di aver vissuto come ognuno si merita. E a lui... la vita nell'accezione pura e giusta del termine era stata negata e tolta.
«Se io non fossi passato da quel corridoio...» gli rispose, la voce bassa e gli occhi persi «Probabilmente avresti ucciso quell'infermiera e ora saresti ancora là, a vivere chiuso tra quattro mura. Ed io...». Ed io, pensò, io non avrei una vita, perchè quella che avevo non era tale. Era solo trascinarsi avanti tra sguardi di indifferenza e un cuore malato che gli faceva sperare si fermasse per sottrarlo a tutto quanto una volta per tutte. E non completò la frase che stava incominciando. Sempre molto capace di far notare agli altri con una freddezza crudele il punto della situazione, ma reticente a mostrare qualcosa di se stesso.
Si chiese se davvero quella stanza li avrebbe cambiati e ripensò a quei nomi, quegli adesivi, quelle incisioni, quei poster, quelle scritte che infestavano le porte di molte stanze lì su quel piano dell'edificio. Le sopracciglia si corrugarono appena nell'immaginare se, prima o poi, sulla loro porta qualcosa ci sarebbe stato scritto, come testimonianza che qualcosa, nella calma piatta, nell'asettica solitudine, era mutato.
Sentì un sobbalzo delle proprie membra abbandonate quando Juugo si lasciò cadere di fianco a lui, sul materasso, con quell'atteggiamento così libero che la presenza di un dottore o una stanza d'ospedale aveva represso in una maschera di rassegnazione che sfiorava la depressione.
Ruotò il collo nella sua direzione, guardò il punto in cui si sarebbero trovati i suoi occhi, avvertendo una scossa nella propria mente. Una vita diversa era quella che aveva desiderato a lungo ed in cui aveva smesso di sperare da altrettanto. Gli era stata negata per troppo tempo, una vita diversa.
E, infine, era ciò che cercava lì, nella camera 151, era forse ciò che cercavano tutti e due.
«Non penso a niente di diverso» gli rispose, lapidario e probabilmente inaspettato.
Si sollevò sul letto, voltando la schiena verso l'altro e guardando il sole del pomeriggio morente e la lunga ombra della scuola sull'asfalto atraverso la finestra.
E la sua bocca si mosse in un sussurro leggero, impercettibile, quasi pudico. «Prima non avevo niente».
No, non aveva niente con cui fare paragoni.
Da quel che ne sapeva la sua anima così giovane e già così stanca ed affranta non c'era una vita prima, non c'era una base per immaginare. Prima di quel giorno, sì, di quel fortuito giorno che Juugo aveva nominato con tanta enfasi, aveva scordato come si desiderava. Solo allora aveva pensato alla vita e cambiarla.
Per quanto ne sapeva, la sua vita cominciava ora.
Ora, lì con l'altro ragazzo, davanti al quale, dopotutto, la sua di vita poteva apparire quasi piacevole, quantomeno degna di essere vissuta.


Juugo Tendou



Si accigliò leggermente vedendo la schiena del compagno al bordo del letto. Fece uscire tutta l'aria presente nei polmoni in un sonoro sbuffo, non lo capiva per l'ennesima volta.
E come sempre si chiese come facevano a sembrare così simili se in realtà le diversità c'erano. Eccome se erano presenti.
La solitudine era il loro collante.

«No, non ci credo» Juugo incrociò le mani sotto il capo, sempre tenendo quel leggero cipiglio insolito per le sue solite espressioni neutre e caute. «Tutti sperano, o perlomeno immaginano, una vita migliore.
Se non avessi sperato nei medicinali, se non avessi immaginato una via di fuga da quella non vita, se non mi fossi fidato di te, io mi sarei ucciso all'istante.»

Sembrava surreale come situazione: l'ombra più scura di una sera imminente, il materasso che accoglieva quelle parole taglienti, l'espressione di Kimimaro celata dalla sua stessa schiena.
La coscienza di un assassino che trapelava da quelle semplici confessioni.








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Sabato sera e io mi ritrovo senza sigarette e Sky con una caviglia rotta; come ha fatto lo sa solo lei: l'unica cosa da sapere è che si è fatta tutto da sola il che sottolinea la sua idiozia.
Seconda cosa, entrambe siamo pressate tra contest e varie cose quindi ci scusiamo per il ritardo, o meglio mi scuso perchè dovevo postare io.
Terza cosa, 13d08c81, ragazza dal nick impronunciabile ti adoVo.
Grazie della recensione: è sempre bello trovare altri fan di 'sti due complessati *___* E poi i complimenti fan sempre piacere, (però non farne troppi se no Sky si gasa e la perdiamo), speriamo di non averti deluso con questo capitoletto, facci sapere.

Devo perdere sta mania di iniziare a parlare al singolare e poi di finire al plurale, è sneravante come cosa >_<

Un bacio, July.

PS: Ah, se fate confronti tra i pezzi non sono io pigra a scrivere e Kupòcchan che non sa fermarsi XDDDDD
  
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