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Autore: Iaiasdream    13/04/2016    1 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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44° Capitolo: FA MALE… FA DAVVERO MALE
 



I miei occhi sono puntati su quelle fiamme minacciose, che rompono i vetri per affacciarsi alle finestre e salutare con strafottenza chi si trova all’esterno, quasi a voler dire: “Siamo noi le padrone di tutto”.
Il pensiero che si trovino Etienne e Kim lì dentro mi sta repentinamente distruggendo. Ho gettato un urlo, e mi sono fatta avanti, intenta a trovare qualche soluzione, ma non riesco a capire davvero cosa voglio fare. Mi sento in ansia, smarrita, ma soprattutto: dannatamente impaurita.  Stringo le sbarre del cancello chiuso, e di sfuggito guardo la porta d’entrata, non ci sono ancora fiamme. Mi blocco, il mio respiro è l’unico punto focale in cui i miei sensi sono concentrati.
Devo entrare, devo salvare il mio bambino e la mia amica, fosse l’ultima cosa che faccio nella mia vita, ma non appena mi accingo a scavalcare il ferro battuto, mi sento afferrare per i fianchi e distaccare forzatamente dal cancello.
<< Ma che vuoi fare?! >> spicca una voce fra le altre urlanti.
<< Lasciatemi! >> urlo impazzita, stringendo la presa.
<< Rea, calmati! >> insiste lo sconosciuto, dandomi un ultimo strattone. Sento un forte dolore alle dita, e dopo aver mollato il ferro, mi ritrovo con le ginocchia e gli occhi piantati sull’asfalto.
Vedo tutto sfocato; sto piangendo. La persona che mi ha allontanato mi sta scuotendo dalle spalle e mi dice qualcosa che non riesco a comprendere, talmente, sono agitata, poi alzo la testa.
Armin!
<< Rea, parlami! Che diavolo e successo?! >> sembra alquanto agitato. I suoi occhi, color del ghiaccio, sono puntati su di me, come a voler fuoriuscire dalle orbite.
<< E- Etienne… K-Kim… >> balbetto smarrita.
<< Cosa vuoi dire?... oh, no! >> urla angosciato guardando la casa sovrastata dal fumo. << Sono lì! >>. Si alza, e fissa ancora le fiamme. Mi accorgo che sta stringendo i pugni e trema come una foglia, mentre sul suo viso si è disegnata un’espressione decisa.
<< Resta qui! >> ordina dopo qualche secondo di esitazione.
Non ho il tempo di capire cosa vuole fare, perché tra il suono della sirena dei pompieri e le urla delle persone raggruppate sulla strada che riecheggiano nell’aria, ma soprattutto per la paura che sta aumentando nel mio cuore, sento quasi di svenire.
Lo vedo scavalcare il cancello, correre verso una finestra aperta e sparire nel fumo nero.
<< No… >> sibilo sconcertata. << No! >> urlo poi, avvicinandomi ancora una volta al cancello. << Armin! >> strillo come una forsennata, scuotendo violentemente le sbarre.
<< Rea! >>, mi giro e vedo Castiel farsi avanti; notando il modo con cui mi guarda, sono sicura che debba avere un’espressione davvero terrificante.
<< Cosa… >>
<< Castiel! >> esclamo precipitandomi verso di lui, il quale mi accoglie fra le sue braccia << C’è la macchina di Kim… >>
<< Cosa?! >> urla, distaccandomi bruscamente e guardandomi negli occhi. La sua carnagione tramuta colore all’istante. Diventa cerea.
<< Armin… Armin è… >>, non mi lascia il tempo di terminare la frase, lo vedo correre verso il cancello e scatenare violentemente la serratura. Lo sento imprecare; dà calci, spallate e urla come un ossesso. Dopo qualche istante gli si avvicina un pompiere, che cerca inutilmente di fermarlo.
<< Aprite questo cazzo di cancello! >> urla Castiel completamente fuori di sé.
<< Si calmi signore, stiamo spegnendo le fiamme al piano di sopra… >> cerca di spiegare l’agente.
<< Me ne fotto! >> lo interrompe il rosso, strattonandolo bruscamente. << Lì dentro c’è mio figlio! >>
<< E’ tutto sotto controllo… >>, a fermare quella rassicurazione, è un forte boato che proviene dalla casa e fuoriesce dalla porta di entrata, scoppiando come una bomba a orologeria.
Urlo portandomi le mani alla testa e inginocchiandomi disperata, mentre vedo la porta frantumarsi in mille pezzi e l’entrata vomitare fiamme e fumo.
Non riesco a sentire più nulla, sembra che le orecchie si siano riempite di solida cera. I miei occhi bruciano e non solo di lacrime, ma è come se il fuoco mi avesse raggiunto.
La voce mi manca e la saliva si pietrifica in gola, quando a un tratto un caldo tocco, si poggia sulla mia spalla. Trasalisco sentendomi mancare un battito, poi lentamente, come fossi un automa, mi volto. Tremo e succede tutto in un battito di ciglia. Le mani che tenevano la testa cadono di peso sulle gambe piegate, il respiro si fa più veloce e il cuore lo accompagna.
<< Mamma… >>, è la sua voce a sbloccarmi del tutto. Sollevo pesantemente una mano porgendola sul suo volto, e inizio a toccarlo: affondo le dita fra i suoi capelli corvini, scendo sulle guance e con il pollice accarezzo l’epidermide, le labbra, il piccolo nasino; angosciata e con il pensiero che possa essere solo un miraggio, che possa scomparire da un momento all’altro. Lo guardo attentamente negli occhi. Quelle perle grigie sembrano impaurite, ma allo stesso tempo sollevate nel vedermi. Mi afferra una mano e il suo calore è la prova che non lo sto immaginando.
<< E-Etienne… sei tu? >> chiedo ancora smarrita.
<< Mamma >> piange.
<< Oh, mio Dio! >> esclamo stringendolo alle mie braccia e piangendo disperatamente. << Sei salvo… sei salvo… >> continuo a ripetere premendolo contro il mio petto.
<< Mamma, mi soffochi! >> si ribella cercando di farmi mollare la presa.
<< Rea! >>, alzo lo sguardo, e finalmente posso sospirare di sollievo. È Kim. Mi alzo, prendendo il bambino in braccio.
<< Kim, sia ringraziato il Cielo! >> esclamo abbracciando anche lei.
<< Ma cosa è successo? >>
<< Io… io non lo so… non lo so… >> balbetto ancora in preda al panico. << Pensavo foste dentro… >>
<< Fortunatamente siamo usciti a comprarci una pizza… ma non abbiamo lasciato nulla acceso! >> spiega lei.
<< Oh, mio Dio! Armin! >> esclamo dopo un po’ ricordandomi ciò ch’è successo minuti fa.
<< Cosa dici? >>
<< Armin è entrato! >>. La bruna ed io ci guardiamo per qualche istante, poi volgiamo gli occhi sulla casa che lentamente sta crollando a pezzi. Con il bambino fra le braccia e senza che me ne renda conto, mi avvicino a Castiel, che sta ancora gesticolando nervosamente con il pompiere.
<< Castiel! >> lo chiamo per attirare la sua attenzione. Mi guarda, e i suoi occhi s’illuminano non appena vede Etienne fra le mie braccia, sano e salvo.
<< Ma cosa… >> è smarrito, si legge negli occhi.
<< Castiel, Armin è bloccato lì dentro! >> urlo angosciata.
<< Che stai dicendo? >> chiede allibito.
<< Pensavamo che Kim e il bambino fossero bloccati… è entrato lì! >>
<< Maledizione! >> esclama pestando i piedi infuriato.
Esita, guarda Etienne, e accarezzandogli dolcemente la testa, gli dà un bacio sulla fronte, poi ritorna dal pompiere. Li vedo parlare e a un tratto l’agente si allontana dal rosso, si reca al camioncino, prende una coperta, la inzuppa di acqua dalla pompa, se l’avvolge addosso e si precipita all’interno della casa.
Castiel ritorna vicino a me abbracciandomi.
<< Sta tranquilla… >> sussurra baciandomi i capelli << …andrà tutto bene >>
<< E’ colpa mia, Castiel. È tutta colpa mia. >> piango disperatamente, stringendo il mio bambino.
Etienne non parla, sembra non capire quello che sta succedendo. Guarda la casa bruciare inespressivo, poi poggia la sua testa sulle mie spalle e chiude gli occhi. Io, invece, rimango a fissare l’intera scena, pregando Iddio che Armin e quel pompiere escano da quell’inferno, sani e salvi.
Dopo interminabili minuti, ormai, il piano di sopra è spento, e giù i bagliori minacciosi stanno smorzandosi lentamente.
Nell’aria c’è solo il rumore dei vocii, il crepitio di qualche trave logorata, la pompa dell’acqua dei pompieri, ma di Armin e del suo soccorritore neanche l’ombra.
<< Castiel ho paura >> dico a un tratto sfinita.
Lui non risponde, i suoi occhi sono fissi sulla scena, ma dal suo tremolio e dalla mascella irrigidita, sono sicura che stia provando i miei stessi sentimenti.
<< Avanti, idiota, esci! >> lo sento sibilare.
I vigili del fuoco si precipitano all’interno, forse, preoccupati per il loro collega.
Castiel vuole seguirli, e voglio farlo anch’io, ma un agente ci ferma.
<< Cosa è successo al vostro collega? >> chiede ansioso il rosso.
<< Vi prego di stare calmi >>
<< C’è un mio amico! >>
<< Lo so >>
Dopo qualche istante vediamo un vigile uscire velocemente. << Chiama un’ambulanza! >> urla verso di noi.
Il pompiere che ci stava trattenendo, si precipita verso il camion e afferra la ricetrasmittente.
<< Che cosa è successo lì dentro? >> chiede Castiel raggiungendo l’uomo che ci ha avvisato.
<< Il ragazzo che si trova all’interno, è ferito gravemente! Non sappiamo se ce la farà. >> rivela quest’ultimo.
Basta solo quell’ultima parola, per farmi rivivere tutto in un istante. Barcollo, sento di allentare la presa su Etienne, mentre vedo di sfuggito qualcuno togliermelo dalle braccia. Piango, credo di urlare, ma non riesco a sentire la mia voce. Sento solo un forte dolore in petto, e fa male… fa davvero male.
 
***
 
Per la seconda volta nella mia vita, mi ritrovo con la testa appoggiata al vetro che riflette la camera intensiva dell’ospedale, dove hanno ricoverato Armin.
I medici sono usciti da pochi minuti lasciandolo solo.
La maschera per l’ossigeno, copre le sue labbra, mentre un lato del viso è completamente ustionato.
Quel volto che fino a pochi mesi fa, era un dipinto astratto che rispecchiava allegria e fascino, in questo momento è irriconoscibile, e non posso fare a meno di pensare che la causa di tutto, sia io.
È come se le mie stesse mani gli abbiano procurato quello storpio.
Che cosa ti ho fatto, Armin? Ripeto sotto voce, permettendo alle lacrime di rigarmi il volto.
Dopo qualche istante, mi allontano da quell’inquietante dipinto e cerco, con la mente scossa, Castiel. Si è allontanato dopo che un ispettore l’ha chiamato per fargli delle domande.
Ho lasciato Etienne con Kim; Nathaniel è stato così gentile da ospitarli a casa sua.
Percorro il corridoio e mi accorgo che le infermiere mi scansano, dato che non accenno a farlo io. Arrivata davanti alla sala d’attesa, mi fermo osservano Cass che conversa ancora con l’ufficiale in borghese.
Non riesco a sentire ciò che si stanno dicendo. La verità, è che non ce la faccio; la mia mente è ancora concentrata sull’immagine di Armin e sto pregando con tutta me stessa che riesca a sopravvivere.
A un tratto i miei occhi riprendono la visuale, e mi accorgo che il poliziotto mi sta venendo incontro seguito da Castiel. Trasalisco e mi scosto per farli passare, poi vedo il Rosso guardarmi: ha un’aria cupa.
<< D-dove andate? >> balbetto con voce roca.
<< Nell’obitorio… >> risponde lui frastornato.
<< Obitorio? >> chiedo allibita, << Perché? >>
<< Sembra che Armin non era solo, in casa tua >> risponde angosciato.
<< C-cosa? >> esclamo come se mi avessero gettato un secchio di acqua ghiacciata in pieno volto. << Chi altri..? >>
Prima di rispondermi, Castiel mi fissa intensamente negli occhi << Vieni con me >>, mi afferra la mano e ci incamminiamo insieme al piano interrato dell’ospedale.
 
***
 
<< Signora, voglio avvisarvi che il corpo e il viso della persona sotto questo lenzuolo, sono completamente inguardabili. Pertanto, la prego di rinunciare a guardarla, se… >>
<< No! >> esclamo decisa << Voglio vedere chi è! Mi avete detto che probabilmente, è stata questa persona ad appiccare l’incendio in casa mia. >>
<< Sì, ma è irriconoscibile. >> spiega l’ispettore. << prima di perdere i sensi, il signor Armin ha fatto un nome. >>
<< Quale? >> chiedo ansiosa.
<< Ginevra >> risponde Castiel al mio fianco.
Un brivido di terrore mi percorre inesorabile la schiena. Mi volto come un automa verso di lui e non accenno alcuna parola, ma la mente urla, impreca e piange. È stata quella pazza maledetta!
Ritorno a guardare il corpo coperto dal lenzuolo bianco, e sono sovrastata da un pensiero cattivo.
Se il cadavere è di quella puttana…
Trattengo il respiro e non riesco neppure a sentire il “pronti” del poliziotto che vedo subito la coperta sollevata da quel raccapriccio.
Stringo gli occhi, sentendo un conato di vomito farsi strada nella gola. Porto istintivamente una mano sulla bocca, e poi copro il viso dietro la spalla di Castiel.
<< Allora… >> riprende l’ufficiale, << può riconoscerla dal bracciale? >>
Castiel tace per qualche istante, al suo contatto, lo sento irrigidirsi. Sembra aver trattenuto il respiro e un flebile gemito, gli esce presuntuoso dalla bocca ben chiusa.
<< Sì… >> mormora dopo un po’ << è lei! >>
Il mio cuore manca un battito e mi ritrovo a riaprire gli occhi. Senza preavviso, esco dalla sala e corro verso le scale. Tutt’a un tratto ho sentito quel fetore di morte impregnare l’aria, e nonostante la mia contentezza nel costatare che quella maledetta ha fatto la fine che merita, riesco a sentire nel mio cuore qualcosa d’indescrivibile: la paura che si mescola al dispiacere.
Ma dispiacere per cosa? Ginevra voleva uccidere me e mio figlio. Era solo una pazza da internare. Per colpa dei suoi deliri, Armin è rimasto intrappolato con lei.
Sento il bisogno di vomitare, e non aspetto di trovare un bagno: scorgo un cestino per i rifiuti e rigetto tutto.
Sento Castiel chiamarmi, la sua voce sembra allarmata. Mi appoggio al muro riprendo con fatica a respirare.
<< Rea… ti senti male? >>
<< No, è tutto ok, Castiel… devo solo riprendere fiato… >> ansimo sentendomi la testa scoppiare, dopodiché inizio a piangere e a tremare.
<< Ehi, Rea… >> mormora Castiel accogliendomi fra le sue braccia.
<< Scu… scusami Castiel… i-io… non ce la faccio. >>
Mi stringe forte accarezzandomi i capelli, << Sta tranquilla… è tutto finito, adesso. >>
Quanto vorrei che le sue parole fossero sicure. Ho davvero bisogno di sapere che sia per davvero tutto finito, ma non posso ignorare quello che sta ancora succedendo alla persona che per ben quattro anni mi ha aiutato, anche se ciò che mi ha fatto non è un bene.
<< Scusate… >> è il medico a interromperci. Castiel ed io ci distacchiamo e volgiamo lo sguardo verso di lui. << I-il ragazzo che si trovava nella camera intensiva, era vostro parente? >>
Tremiamo, ed è Castiel a parlare.
<< Era..? >> indietreggia scuotendo il capo << … Che significa, era? >>
 
 
 
 
BAKA TIME: ok… vi do il permesso di dire tutto ciò che volete sulla mia diabolica mente. Penso che nessuno aspettasse un capitolo del genere –per lo meno posso confermare che non è l’ultimo-, sono stata davvero cattiva con Armin, lo so, ma è ciò che la mia mente ha voluto produrre e nonostante il mio diniego, non sono riuscita a comandare i polpastrelli nel momento in cui ho iniziato a scrivere.
Spero di sopravvivere ai vostri giudizi.
Ultimamente è come se stessi giocando ad azzardo. Sembro proprio una sadica, ma vi assicuro che non lo sono.
Alla prossima.
Un bacione :* :*
Iaiasdream
 
   
 
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