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Autore: _Kurai_    13/04/2016    2 recensioni
"... Non vuoi stare qui, vero?" il bambino-gatto scosse la testa timidamente due volte, asciugandosi gli occhi arrossati con il dorso della mano. Poi leccò via la lacrima dalla sua pelle lattea, facendo una smorfia per il gusto salato, e si avvicinò di qualche passo alla finestra dalla quale Kuroo gli stava parlando.
Tetsurou esitò per un istante, poi gli rivolse il sorriso più grande che riusciva a fare e allungò una mano verso Kenma, attraverso la finestra.
"Se non vuoi restare qui, ti prometto che ti aiuterò a scappare. Te lo prometto!" disse con tono deciso, sollevando il mignolo e invitando il suo nuovo amico a fare la stessa cosa.
Kenma si avvicinò timidamente e intrecciò il mignolo con il suo, senza guardarlo negli occhi.
Stava ancora piangendo, ma le sue labbra si incresparono per un istante in un piccolo, dolcissimo sorriso.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO


/Promise/

Nella sua mente, il profumo dei fiori di ciliegio sarebbe sempre stato associato con il suono delicato di quello shamisen e con il giallo caldo di quegli occhi come i suoi che avevano incontrato il suo sguardo in una notte d'aprile.

 

* * *

 

La luna si specchiava nel piccolo stagno del tempio che Tetsurou aveva scelto come rifugio per quella notte. Una carpa rossa e bianca nuotava stancamente increspandone il riflesso, mentre i petali rosa turbinavano dolcemente tutt'intorno.

Tetsurou non apprezzava particolarmente la bellezza di quella visione, ma doveva ammettere che dopo tutti quei giorni in fuga l'atmosfera di quel tempio gli donava finalmente un barlume di calma interiore, anche se non poteva riempire il vuoto enorme che portava dentro.

 

Kuroo Tetsurou aveva solo dieci anni, ma era stato costretto a crescere molto in fretta.

Era nato diverso, e per questo era sempre stato considerato sbagliato.

Le orecchie feline che spuntavano tra i suoi capelli color dell'ebano erano bastate a relegarlo ai margini di una società che non voleva accettarlo.

I suoi genitori, che erano dei normali esseri umani, avevano cercato di nascondere quelle fastidiose orecchie per qualche tempo, ma man mano che Tetsurou cresceva si erano resi conto delle strane e terribili casualità che tendevano ad accadere quando lui era nei paraggi.

Erano sorte le malelingue, i racconti di leggende perse nei tempi antichi sussurrati a mezza voce al suo passaggio. Era solo un bambino come tutti gli altri, che guardava il mondo attraverso i suoi curiosi occhi color ambra e che avrebbe desiderato solo una vita normale, un'infanzia spensierata insieme ai suoi coetanei.

Invece era cresciuto totalmente solo e stigmatizzato da tutti, in base a superstizioni e paure prive di fondamento.

 

Non era passato nemmeno un anno da quando era stato costretto a scappare, e da allora non aveva più avuto un posto da chiamare casa. Di punto in bianco la madre si era ammalata di una brutta forma di tubercolosi, e la colpa era stata attribuita totalmente a lui e alla maledizione sconosciuta che gravava sulle sue spalle ancora troppo piccole e deboli per sostenerla.

Il padre, fuori di sè, era andato al tempio a chiedere consiglio, spaventato per la sorte della moglie.

Era tornato dopo diverse ore, con una strana luce negli occhi.

Al calar della notte, l'uomo era entrato in punta di piedi nella sua stanza, e il bagliore impietoso della luna si era riflesso sulla lama del suo pugnale, che avrebbe dovuto portar via la vita di quel figlio sbagliato che attirava le peggiori disgrazie. Il fruscìo dei suoi passi sui tatami aveva svegliato il piccolo Tetsurou, che era riuscito a fuggire in tempo da quell'uomo che non avrebbe più potuto chiamare padre.

Da allora era stato solo al mondo, e non aveva più saputo nulla di coloro che lo avevano cresciuto.

Vagava di città in città, come una foglia trascinata dal vento, volubile e inquieto come un gatto.

Amava la notte ma camminava instancabilmente anche di giorno, nascondendo le vistose orecchie tra i capelli indomabili e avvolgendosi sulla testa una sciarpa di tessuto cremisi, donatagli da una vecchia cieca all'inizio del suo viaggio.

Non aveva mai incontrato un suo simile, fino a quel momento.

Aveva cercato a lungo degli occhi dorati come i suoi tra la folla, aveva pianto la sua solitudine soffocando i singhiozzi nell'unico dono che avesse mai ricevuto, nascondendosi nei boschi e nei templi abbandonati.

 

Era stato attratto in quel luogo dalle dolci e timide note di uno shamisen, che si inseguivano nella notte lasciando impronte dai contorni confusi che lo invitavano a seguirle.

Il tempio sembrava vuoto e solo alcune lanterne erano accese per illuminare la via, ma i suoi occhi felini vedevano perfettamente nel buio.

Kuroo girò lentamente intorno all'edificio, seguendo il suono e perdendosi ad annusare il profumo dei fiori rosa che lo circondavano.

Finalmente la vide: una luce fioca dietro le finestre di carta di riso, uno shoji socchiuso che lasciava uscire quelle note fuggiasche.

Si avvicinò allo spiraglio, e quello che vide lo lasciò senza fiato.

 

* * *

Indossava un kimono bianco candido, simbolo della sua purezza.

Le sue dita sottili stringevano un plettro di legno, bianco anch'esso, che pizzicava le corde generando una melodia triste ma intensa.

Gli occhi del bambino erano socchiusi, concentrati sulla vibrazione trasmessa allo strumento tra le sue mani e parzialmente nascosti da una ciocca dorata, che gli ricadeva sul viso dai tratti delicati.

 

Due orecchie feline dal pelo chiaro spuntavano tra i suoi capelli, come due piccole isole in un mare di splendore. Vibravano impercettibilmente, stimolate dalla musica e dalla melodia del vento, che rispondeva alle sue timide note.

 

"Tu sei... come me?"

La musica cessò, lasciandoli galleggiare in un silenzio assordante.

Il bambino dal kimono bianco alzò lo sguardo e lasciò cadere il plettro sul pavimento di legno, poi strinse forte al petto lo strumento e indietreggiò fino al lato opposto della stanza, impaurito.

 

"...Scusa, non volevo spaventarti" disse piano Tetsurou, con un tono colpevole "ero solo stupito perchè non avevo mai visto nessuno con le orecchie come le mie..." rimase un po' in silenzio, aspettandosi una risposta dal bambino-gatto che si abbracciava le ginocchia nell'angolo più remoto della stanza, tremando.

I grandi occhi dorati lo fissavano, ma quelle labbra sottili e rosate rimanevano serrate, rinchiudendo entrambi in una prigione di silenzio.

Tetsurou riprese coraggio "Io mi chiamo Kuroo Tetsurou , sono un bambino come te e non devi avere paura di me... tu come ti chiami?"

"Ku-ro..." sussurrò il bambino, come a volerne saggiare il suono.

"Io sono Kuroo! Tu chi sei?" ripetè Tetsurou, con un sospiro.

"Sono Kenma..." rispose dopo interminabili minuti, con una voce così flebile da essere quasi coperta dal rumore del vento.

"Vivi qui?"

"Non posso uscire dal tempio" rispose Kenma, abbassando gli occhi.

Tetsurou si soffermò sullo sguardo del piccolo Kenma, perdendosi in due dorati abissi di tristezza. Dorati come le pareti di quella stanza, decorate con meravigliosi dipinti di animali e piante, ma insignificanti se trasformate nelle mura di una prigione.

"Oh..." non riuscì subito a trovare le parole, e rimase a cercare di catturare lo sguardo del bambino, che al contrario tentava di evitare il suo. "Perchè non puoi uscire?" insistette Kuroo, alzandosi sulle punte dei piedi per sporgersi di più.

Non poteva lasciar perdere, ora che aveva finalmente trovato qualcuno come lui.

Capì però di aver detto qualcosa di sbagliato quando vide due grossi lacrimoni scivolare sulle guance pallide di Kenma.

"No, non piangere..." si agitò subito Tetsurou, senza sapere come fare a rimediare al suo errore.

"... Non vuoi stare qui, vero?" il bambino-gatto scosse la testa timidamente due volte, asciugandosi gli occhi arrossati con il dorso della mano. Poi leccò via la lacrima dalla sua pelle lattea, facendo una smorfia per il gusto salato, e si avvicinò di qualche passo alla finestra dalla quale Kuroo gli stava parlando.

Tetsurou esitò per un istante, poi gli rivolse il sorriso più grande che riusciva a fare e allungò una mano verso Kenma, attraverso la finestra.

"Se non vuoi restare qui, ti prometto che ti aiuterò a scappare. Te lo prometto!" disse con tono deciso, sollevando il mignolo e invitando il suo nuovo amico a fare la stessa cosa.

Kenma si avvicinò timidamente e intrecciò il mignolo con il suo, senza guardarlo negli occhi.

Stava ancora piangendo, ma le sue labbra si incresparono per un istante in un piccolo, dolcissimo sorriso.
 


Rieccomi qui, stavolta con un AU sulla mia adorata KuroKen, ideata a partire da un concept nato per caso da un piccolo photoset improvvisato con il mio Kenma ❤ Spero di avervi incuriosito abbastanza con questo prologo~

_Kurai_

 

   
 
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