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Autore: Pandora_2_Vertigo    13/04/2016    1 recensioni
La storia di Kristina non è terminata. Seguito di Sangue Misto. Caldamente consigliato leggere la prima parte per poter capire Chiaro di Luna e i suoi personaggi.
Dal capitolo III
"...
Quel profumo ha risvegliato in me una catasta di emozioni.
Gioia, so a chi appartiene, lo riconosco ancora nonostante sia passato un secolo dall’ultima volta che l’ho sentito;
Rabbia, per come quella persona è svanita dalla mia vita, all’improvviso;
Preoccupazione, non so come si sia salvato, se stava bene, se era ferito…se è ancora come lo ricordo;
Curiosità, è davvero lui? O mi sto sognando tutto?
Paura, se mi sto sbagliando? Se non è lui, ma un volgare vampiro affamato? E se anche è lui, se è cambiato?
..."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kristina'
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6.
Il cielo si è oscurato, le nuvole hanno raggiunto la città velocemente.
La vede da lontano che attende il suo nemico sul tetto del palazzo.
Non le si avvicina, rimane distante, nell’ombra. L’osserva camminare avanti e indietro, nervosa. Ogni tanto tira fuori il coltello, ci gioca un po’ per passare il tempo e poi lo ritira nuovamente. Si sistema la pistola dietro la schiena.
Lui sa che non verrà nessuno ad infastidirla.
Tira fuori il cellulare dalla tasca e rilegge per l’ennesima volta il messaggio ricevuto poco prima.
“Eliminato. Ti aspetto coi soldi per il pagamento.”
La guarda camminare un ultima volta. Sorride tra se e con un balzo atterra in strada, di fianco alla sua auto nera. Con il bottone sulla chiave, la apre, sale a bordo e accende rombando il motore. Parte in direzione dell’albergo, guidando tranquillo, non ha nessuna fretta, è rilassato e pacifico ora. Sa che lei è al sicuro, che non corre particolari rischi. È riuscito a risolvere la situazione senza sporcarsi le mani, o almeno non direttamente.
Parcheggia davanti all’hotel, scende dall’auto portando con se una valigetta nera, di quelle che si vedono nei film. Ancora canticchia la canzone che ha sentito alla radio, mentre si aprono le porte dell’ascensore e si immette nel corridoio color panna col tappeto rosso. Non guarda più i numeri sulle porte, ricorda dove si trova la stanza.
Nessuno però gli viene ad aprire questa volta. Strano, pensa.
Prova a forzare la porta, ma la trova aperta. Ancora più strano.
La spinge, in modo che si apra e si sposta sul lato. Silenzio. Si affaccia lentamente, nessuno in vista.
Entra furtivo nella stanza, chiudendo la porta e guarda in giro. Il pavimento è cosparso di ogni genere di oggetto: vestiti, scarpe, fogli, accessori per il make-up.
Tutto ciò non gli piace.
Tutti i cassetti sono stati svuotati, come l’armadio. Perfino l’armadietto dello specchio in bagno.
La finestra della camera è spalancata, il vento penetra gelido. Gli si avvicina e la chiude.
Nel farlo si accosta al mobile col telefono, che proprio in quel momento squilla.
Lo guarda per qualche secondo, poi afferra la cornetta e risponde.
- Pronto?
- Hai trovato un po’ di confusione, immagino, ma la tua amichetta non c’è. Ora è un mucchietto di polvere che svolazza, sospinta dal vento.
Non risponde, ma stringe un pugno per la rabbia.
- Hai voluto intrometterti coi nostri affari. Potevi assolvere il compito che ti era stato assegnato, invece hai preferito far eliminare il tuo complice. Beh questo non ci fermerà. D’ora in poi i panni sporchi ce li laveremo da soli.
- Chi siete? – urla nella cornetta.
- Ti conviene sbrigarti, la tua umana non è più tutta sola su quel tetto.
Attaccano all’altro capo. Posa il ricevitore. Esce a passo deciso dalla stanza, raggiunge la sua auto, vi deposita la valigetta e la chiude.
È pervaso dalla rabbia e dalla preoccupazione.
Chi c’è dietro a tutto questo?
Corre, tra i palazzi nell’ombra, più veloce che può, ogni attimo è prezioso.
Lei è in pericolo. Un pericolo molto più serio di quello da cui aveva cercato di proteggerla togliendo di mezzo Lucio.



Dannazione. È forte e veloce, molto più della media dei vampiri che ho affrontato. Forse anche più di Julian, ma di questo non posso esserne certa. Ma che importa, ormai è partito, me la devo cavare in qualche modo, con le mie sole forze. Non posso permettere che arrivino a Fred.
Eppure sono di nuovo a terra, mi fa male un pò dappertutto, mi ha colpita un pò dappertutto. Si avvicina e mi guarda dall’alto.
Vestito completamente di nero, con capelli scuri, occhi rosso cupo, spaventosi. Non so perché, ma non me lo immaginavo così, il collega di Julian.
Mi tira un calcio nel fianco, mi piego a terra e rotolo di lato. Apro appena gli occhi, stretti per il dolore e vedo la mia pistola non troppo lontana. Mi ha disarmato, anche il pugnale è finito chissà dove. Faccio per allungare il braccio, ma con un piede me lo schiaccia a terra. Lancio un urlo soffocato.
Lui ride, diabolico.
Si abbassa e mi solleva prendendomi per la maglia. Cerco di essere il più rapida possibile per approfittare di questa vicinanza, estraggo il piccolo coltello dalla tasca, faccio scattare la lama e lo ferisco al braccio. Ringhia e poi mi lancia a terra poco distante, come se fossi leggera come una piuma.
Vedo che si lecca la ferita superficiale che gli ho provocato, sorride e me la mostra, mentre si rimargina molto rapidamente. In pochi secondi non rimane nemmeno un piccolo segno.
- Cosa credi di fare? – mi sibila addosso. – Tu non puoi nulla.
Con la coda dell’occhio cerco la pistola a terra. Eccola la vedo, a poco più di tre metri da me. Con un salto posso raggiungerla. Ci provo.
A malapena mi stacco da terra che mi si para davanti e mi impedisce ogni movimento.
- No no no. – mi dice sempre con un sorriso sarcastico in volto.
Mi solleva nuovamente, questa volta sono disarmata. Cerco di divincolarmi ma sua presa è ferrea.
Mi lancia nuovamente a terra, come se fossi un moscerino che lo infastidisce.
Sollevo la schiena lenta e dolorante facendo leva sui gomiti. Sento dei passi e me lo ritrovo davanti, gli fisso i piedi, posti davanti al mio volto. Si inginocchia, mi solleva il volto con un dito.
- E’ davvero un peccato doverti eliminare, ma ti sei messa in mezzo. Tranquilla, non ti farò soffrire, e non rovinerò neppure il tuo bel faccino. Solo ti prosciugherò di ogni goccia di sangue, lentamente cadrai nell’oblio, sarà come dormire, credimi.
Mi dice tutto questo con molta tranquillità.
Lo fisso seriamente, annuisco. Poi chiudo gli occhi e gli sputo in faccia.
Mi afferra.
- Stupida, credi che il tuo amico verrà a salvarti? Beh che venga pure, sono pronto anche per lui. Peccato che per quel momento tu sarai già morta, non potrai assistere alla sua fine e nemmeno quella del cacciatore.
Lo guardo con disprezzo. Il viso contratto per l’ira, il collo teso dalla rabbia.
Rimango fissa su quel particolare, il collo bianco e liscio.
Uno squarcio tra le nuvole, permette alla luna di fare capolino in cielo e illuminare i nostri corpi.
La mente si azzera. Vedo solo la sua gola, nemmeno mi rendo conto che lui si sta avvicinando alla mia, nulla mi importa se non quella superficie pallida che risplende, man mano meno distante.
Ho un nodo in gola, una stretta allo stomaco. Ho sete.
Appena mi è possibile mi aggrappo a lui e insinuo la testa nell’incavo del suo collo. Apro la bocca e mordo. Lui non riesce a fare altrettanto con me, è sorpreso.
Intanto, non so come ho fatto, sono riuscita a ferirlo anche coi miei denti da umana, sento il sapore salato del sangue sulla lingua e comincio a succhiare.
Assaporo quel liquido caldo scorrermi in gola e poi giù, lasciando una scia salata e metallica. Sono sempre più assetata e affamata. Odo delle urla, ma non ci faccio caso.
Ad un certo punto mi sento strappare con forza e di nuovo vengo lanciata a terra.
Assorbo il colpo, mi rigiro, mi lecco le labbra e sento di nuovo quel sapore. Rinsavisco, capisco quello che ho fatto.
Orribile.
Che mi è preso?
Guardo il mio nemico, in piedi di fronte a me, si tiene la ferita sul collo, mi guarda stranito.
Quando sposta la mano, la sua pelle è come rigenerata, nessun segno del mio passaggio.
Mi studia. Non capisce, ma nemmeno io.
La luna è dietro di lui, la sua luce pallida mi illumina, mentre il suo volto rimane in ombra. Lentamente l’astro viene rinchiuso dalla stretta delle nubi e tutto ritorna buio.
 
La vede a terra, sovrastata da un ombra corpulenta.
Non ragiona, agisce e basta. Gli arriva dietro silenzioso. Si stanno studiando e non si accorgono di lui, troppo presi dai loro pensieri. Quel corpo è grosso, molto più di lui, gli sarebbe piaciuto sfidarlo, ma non è il momento.
Si concentra un secondo e poi affonda il braccio in quella carne morta. Sa che il colpo deve essere preciso, trapassare il cuore ormai morto, strapparglielo dal petto.
Lo trafigge da una parte all’altra, prima a mano aperta, poi stretta a pugno. Sente il vampiro cercare di respirare, ma non vi riesce. Si accascia a terra, e si sgretola in mille frammenti di polvere.
Si raddrizza, soddisfatto. Si sbatte la giacca, in parte ricoperta di pulviscolo.
Si rivolge a lei, ha lo sguardo sconvolto, il volto macchiato.
Le tende la mano. Lei la fissa per qualche secondo poi lentamente l’afferra. La aiuta a sollevarsi e l’avvicina a se. È strana.
La annusa, odora di sangue. Innaturalmente silenziosa.
Con un dito le pulisce il volto dalla macchia scura, e se lo lecca.
Anche il sapore è quello. Corruga la fronte, non capisce.
Lei lo vede turbarsi, svelta si pulisce il volto con le mani.
- Tutto bene? – lui chiede.
- Si certo. – risponde distogliendo lo sguardo.
- Sei ferita?
- No.
Riflette. Eppure quel sangue, da qualche parte deve pur essere arrivato.
Le sposta la testa a destra e a sinistra, per esaminarle il collo, ma la pelle è intatta, non è stata morsa. Non capisce.
- Julian, mollami. Ti ho detto che sto bene.
Si distoglie dalla sua presa e dalle sue attenzioni.
- Piuttosto tu che ci fai ancora qui? Non eri partito? – riprende lei.
- Un contrattempo.
Si studiano in silenzio. Lei semi-voltata, come a proteggersi dai suoi sguardi, lui sempre corrucciato, qualcosa non torna. Le afferra il polso.
- Andiamo, ti riporto a casa.
Lei si libera dalla presa.
- No grazie, ho la moto, non ho bisogno di un passaggio.
- Insisto.
Sbuffa.
- Ho detto no. Non posso lasciare qua la moto, Fred si insospettirebbe.
- Forse è il caso che lo informi che la sua vita è in serio pericolo.
- E perché? Il tuo collega è morto, il pericolo è passato.
- Non era il mio collega. Lui è morto, sì. Ma questo era qualcun altro, mandato dai miei stessi emissari.
- Ah…. Allora le cose si complicano.
- Già. Non credo che sia finita qui. Resterò, alla fine in questa storia ci sono in mezzo anche io.
- Allora domani parlerò a mio fratello.
- Mi sembra giusto.
Silenzio.
- Ora mi dici come hai fatto a sporcarti di sangue? – riprende lui.
- Non lo so, no me n’ero nemmeno accorta.
Risposta troppo rapida e vaga. Nasconde qualcosa.
La vede cercare qualcosa a terra, raccogliere le sue armi. Questo significa che si era trovata in difficoltà, disarmata. Eppure non è ferita e non ha perso sangue. Quindi quelle macchie scure sono del vampiro. Ma come? Se un vampiro è ferito dall’argento non perde sangue.
La raggiunge e la afferra, questa volta più deciso. La guarda duro, lei gli rimanda uno sguardo sconvolto.
- Spiegami cosa è successo qui! Cosa mi nascondi.
Le vede riempirsi gli occhi di lacrime, lasciar cadere gli oggetti raccolti e fiondarsi tra le sue braccia. Piange silenziosa stretta a lui, che rimane immobile. La stringe di rimando.
Lei si scioglie, tra i singhiozzi pronuncia delle parole, farfugliandole.
Lui la allontana un pochino, gli pone le mani sulle spalle, si abbassa un poco per appoggiare la fronte alla sua.
- Dimmi tutto – le sussurra.
- Sono un mostro.
Riprende a piangere più forte, disperata quasi, la stringe di nuovo a se
 
 

-Lui cosa ci fa ancora qui con te? Non è il benvenuto.- esordisce Fred, da dietro il bancone del bar.
Per fortuna il locale è deserto. A metà mattina sono tutti al lavoro ed è un momento di tranquillità.
Vedo Erika al suo fianco che gli mette una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, mentre mi sorride benevola e con l’altra mano accarezza lenta la sua pancia tonda e gonfia.
Julian al mio fianco rimane impassibile, lo sguardo serio a penetrare quello di mio fratello.
- Calmati Fred, se mi lasci parlare ti spiego tutto.
Avanzo verso di lui, e gli indico la porta sul retro. Lui annuisce, poi guarda di nuovo storto il vampiro, poi la sua compagna.
Lei gli fa un piccolo cenno per tranquillizzarlo, sempre sorridente, Fred si lascia convincere e mi segue lasciando soli Erika e Julian.
 
Si accomoda al bancone, si guarda in giro, ma non osserva nulla in particolare. Pensa pensa e ripensa. Da chi è stato mandato quel vampiro? Chi sono i suoi nemici? Cosa fare?
- Ciao, io sono Erika.
Un voce lo distrae dai suoi pensieri. La ragazza bionda, dietro al bancone gli sta parlando. Gli concede la sua attenzione, ma senza rispondergli.
- tu sei Julian, gusto? Ho sentito parlare di te, ma non ho mai avuto il piacere di incontrarti.
Gli sorride, per educazione.
- Beh capisco molte cose ora – continua lei.
La guarda perplesso.
- Cosa capisci?
- I comportamenti di Kristina, il fatto che non abbia mai abbandonato le speranze, che non si sia trovata uno straccio di ragazzo che possa esser chiamato tale, in questi anni.
- Ora sono io che non capisco.
- È naturale, in fondo sei un maschio.
Si gira e si mette a lavare qualche tazzina, lasciandolo perplesso.
Sentendo suonare il campanello della porta rialza lo sguardo e sorride.
- Buongiorno. – dice sempre gentile
 

- Qualcuno vuole eliminarti – esordisco.
- Qualcuno chi?
- Non lo sappiamo esattamente.
- Sappiamo?
- All’inizio doveva essere Julian… - inizio con voce tremante, lo vedo incupirsi, quindi continuo rapida – ma ti ho difeso e ha cambiato idea. Hanno mandato qualcun altro però. Stanotte è stato eliminato. Ma non è finita, temo.
- Per quello avevi la mia pistola? Per difendermi?
- Si.
Si avvicina e mi abbraccia.
- Avresti dovuto dirmelo subito. Ti avrei aiutato.
- No. Non devi metterti in mezzo. Tra poco sarai padre, non devi correre rischi inutili.
- Perché invece stando con le mani in mano non rischio niente? – dice sarcastico.
- Ma almeno non sei esposto direttamente! – rispondo secca.
- Ok. Ma voglio aiutarti.
- Non puoi.
- Ma ti farai aiutare da lui…
Non rispondo.
- Lo immaginavo – continua sospirando.- le persone non cambiano Kris, i vampiri ancora meno.
- Lo so, cosa credi. Solo che una mano fa sempre piacere, soprattutto se è una mano forte. – gli rispondo staccandomi da lui, indispettita da quelle parole.
- Come preferisci, ma non dire che non ti ho avvisata. Qual è il piano?
- Tu devi solo pensare a non far preoccupare Erika e a non fare sciocchezze avventate.
- Mi tratti come se non fossi capace di difendermi.
- Lo sai che non è vero, voglio solo che non ti accada nulla.
- Va bene. Ora torniamo di la, non mi piace lasciare Erika da sola con …quello.
- Aspetta Fred… non ho finito…
- Beh in effetti era una situazione troppo facile. Spara.
 
- Oh ciao Will, accomodati.
- Ciao Erika, ti va di farmi un caffè?
- Subito.
Un ragazzo in divisa da poliziotto si accomoda di fianco a lui. Si scrutano e si studiano.
- Ci conosciamo? – gli chiede il nuovo arrivato.
- Non credo proprio.
Torna a guardare avanti a se.
- Lui è Julian, un amico di Kris – dice Erika, sempre gentile.
- Piacere, io sono William. Un amico di famiglia.
Si volta verso il poliziotto, osserva la mano tesa verso di lui. Senza dire nulla distoglie lo sguardo.


 
Posso farcela, basta dirlo. Veloce, senza pause. Chiudo gli occhi, prendo un bel respiro.
- Ho morso un vampiro e ne ho bevuto il sangue.
Respiro ancora. Studio la sua reazione.
Silenzio.
Fred mi guarda, è rimasto impassibile. Non si muove.
Sempre con sguardo duro, gli occhi semichiusi.
Che fa? Non parla? Non risponde? Che gli prende? Aiuto.
- Fred…
- Perchè?
- Perché l’ho fatto? Non lo so, l’ho fatto e basta, non me ne rendevo conto. – dico abbassando lo sguardo sui miei piedi.
- Perché me lo stai dicendo?
- Sento che devo dirtelo.
- Sbagli, io non voglio saperlo. Non voglio conoscere questo lato di te.
Rimango spiazzata. Come?
È la prima volta che mi fa sentire così, come estranea a lui. Non sua sorella.
Un mostro.
La mia mente ritorna subito alla sera prima, quando Julian dopo avermi riportato a casa mi è stato accanto, vegliando il mio sonno agitato sul divano.
Un comportamento opposto da quello di mio fratello. Lui avrebbe dovuto starmi vicino, consolarmi, invece mi tratta come se mi stesse rifiutando, escludendo dalla sua famiglia.
Mi sento spezzare il cuore, una lacrima mi riga il viso.
Ancora non si muove
Rinnegata dal proprio fratello, dall’unico punto di riferimento, colui che mi ha reso ciò che sono. Una cacciatrice.
- Torniamo da Erika… - dice allontanandosi da me.
Lo seguo a testa bassa, verso il locale.
Mi asciugo il viso con la manica del giubbotto e mi stampo un finto sorriso di circostanza addosso.
Non sono pronta alla scena che mi si presenta davanti.
Julian seduto al bancone che rigira tra le mani una tazza di caffè, con affianco William, anche lui concentrato sulla sua bevanda; davanti a loro un Erika imbarazzatissima che cerca di imbastire uno straccio di conversazione.
Quando entro nel locale gli sguardi dei due uomini si illumino ed entrambi alzano la testa nel vedermi.
Io arrossisco al volo.
Loro due assieme, uno affianco all’altro, che mi scrutano dai loro sgabelli. Come non paragonarli.
Cerco di non pensarci, mi dirigo verso di loro afferrando il grembiule e indossandolo.
Silenziosa ritiro le loro tazzine, quella di julian ancora piena, ma il caffè ormai si è freddato.
- Ciao Kris.
- Ciao will – rispondo senza guardarlo – tutto bene?
- Si e tu? È un po’ che non ci vediamo…
E’ un allusione?
- Qualche giorno.
- Già… - risponde circospetto.
Che stupida che sono. Ufficialmente è da più di qualche giorno! Mi mordo il labbro per il nervosismo.
- Torno al lavoro. Una saluto a tutti.
Paga, si alza e fa per andarsene. Gli altri lo salutano, tranne Julian. Proprio a lui William rivolge un ultimo sguardo prima di aprire la porta e uscire.
Tiro un sospiro di sollievo.
Julian si volta a guardarmi. Arrossisco ancora.
- Che caro ragazzo, vero Kris? – dice Erika – Pensare che ha sempre avuto un debole per te. Peccato che tra di voi non abbia funzionato.
Paonazza.
- Ma che dici! – cerco di zittirla.
- È la verità. Ma ormai è tardi, off limits ragazza.
Ho le scalmane e mi sento avvampare.
Chino la testa dopo aver annuito e passo uno straccio sul bancone.
Julian non ha smesso di osservarmi un secondo, lo vedo sorridere sarcastico sollevando solo un angolo della bocca. Tira fuori una banconota dal giubbotto.
- Questo è per il caffè, tieni il resto.- fa per alzarsi. – Devo andare a controllare una cosa, ci vediamo dopo.
Non rispondo, ritiro i soldi in cassa e lo vedo oltrepassare la porta.
 
Si reca all’albergo. Ormai conosce bene i muri color bianco-panna e il tappeto rosso.
Arriva davanti alla stanza 666. se è fortunato la cameriera non è ancora passata a rifare la stanza e nessuno si è accorto di nulla.
Bussa, ovviamente silenzio.
Fa ruotare la maniglia, la serratura scatta, compare un ghigno sul suo volto ed entra.
Tutto è ancora in disordine, nulla è stato toccato.
Controlla ogni cosa, ogni foglio, se la buona sorte continua ad assisterlo troverà qualcosa di utile.
L’agendina di Lucio, dove lui segnava ogni particolare dei suoi incarichi, sarebbe anche troppo.
Eppure si era raccomandato con la sua amica, prendigliela e nascondila accuratamente, le aveva detto. Poi quando ti pagherò me la consegnerai.
Dove può averla nascosta?
Fruga ovunque, ma tra le cose sparse ovviamente non c’è. Come la sera prima i cassetti sono ribaltati per terra e l’armadio è aperto.
Si guarda in torno. Non nota nulla di particolare o qualcosa che sia stato tralasciato. Poi scorge un mazzo di chiavi sulla scrivania. Sono di una macchina. Una Porsche.
Esce dalla stanza e si precipita nel garage dell’hotel.
Clicca sul telecomando delle chiavi, per far scattare le frecce dell’auto. Vede una luce nel piano buio e individua la macchina. Una 911 rossa fiammante. Non male.
Apre la portiera e si accomoda al posto di guida. Confortevole. Apre il cassetto porta oggetti. Niente di particolare. Sotto i tappetini, nulla.
Posa lo sguardo sul sedile del passeggero, è di un colore leggermente diverso da quello su ci si trova lui.
Solo un occhio attento può notare questa particolarità.
Incuriosito comincia a tastarlo, schiacciando dove dovrebbero trovarsi le molle per renderlo confortevole…stranamente non si comprime.
Di nuovo solleva un labbro, ghignando.
Senza troppa gentilezza infila le dita tra le cuciture del sedile e le strappa, scoperchiandolo.
Ha fatto centro.
All’interno trova uno scomparto contenente un piccolo libricino nero, lo apre.
Riconosce la calligrafia minuta e precisa di Lucio.
Se lo intasca, scende dalla macchina e la chiude.

La sera è calata, di nuovo. Un altro giorno è passato.
Parcheggia proprio sotto la grande vetrata, fa scattare la serratura dell’auto e si appresta a salire le scale che conducono all’appartamento. Nota una volante della polizia parcheggiata poco distante.
Bussa alla porta, che lentamente viene aperta. Lei si affaccia, vestita solo di un paio di pantaloni blu di stoffa e un reggiseno blu, ricamato ai bordi. Si sposta per farlo entrare e lui silenzioso si infila tra le quattro mura.
Scorge una figura alzarsi dal divano, riconosce il poliziotto incontrato al bar quella mattina, si sta infilando la giacca.
- Forse sono arrivato nel momento sbagliato – le dice.
- No tranquillo, Will se ne stava giusto andando, vero? – gli risponde, voltandosi verso il suo amico.
Lui cupo annuisce e si defila.
La vede allontanarsi, raccogliere una maglia e infilarsela. Ha un’espressione preoccupata.
Senza dire niente chiude la porta dietro di se, si avvicina al tavolo e vi appoggi velocemente l’agendina.
- Chissà cosa starai pensando di me, ora – inizia lei, torturandosi le mani nervosa.
- Ma non è come credi – si affretta a dire - Si è venuto qua con uno scopo, ma…
- Kris non mi devi spiegazioni. – distoglie lo sguardo.
- Sì ho sbagliato, ma ora se ne stava andando, non è successo niente prima del tuo arrivo.
- Sei libera di gestirti come preferisci. – la vede rattristarsi - Piuttosto, ho trovato qualcosa.
- In quel libro? – una scintilla di vitalità si riaccende sul suo volto.
- È l’agenda del mio socio. Vi appuntava su di tutto. So chi sono gli emissari.

Ecco un altro capitolo per voi. Grazie a chi segue, legge e recensisce. Buona notte! Pandora
  
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