Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: SabrinaSala    14/04/2016    7 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 22 – Brame
 
 
Justus si rivestì. Lentamente.
La stoffa ruvida del saio gli graffiò la pelle, trascinandosi impietosa sulle ferite aperte e strappandogli una smorfia di dolore che stentò ad abbandonare il suo volto pallido e madido di sudore.
Soffriva. E per questo provò un’intima soddisfazione, mitigata dall’amara consapevolezza di quanto fosse inutile quella stessa sofferenza. Inutile! Si disse, perché il ricordo di quel corpo morbido non lo abbandonava. Il profumo di quei capelli scuri lo inebriava. Ancora e ancora. Facendolo sentire preda di un sortilegio, un incantesimo che la sua volontà non era riuscita a spezzare.
E niente di tutto questo era giusto.
Era consapevole delle proprie debolezze. Della propria vulnerabilità in quanto uomo. E lo accettava. Così come gli avevano insegnato i suoi maestri. Riconoscere per evitare…
Ma non era il desiderio a impensierirlo, nonostante fiaccasse la sua forza, la sua mente, la sua Fede… Poteva accettarlo, sì. Poteva concedersi di amare… fino a quando fosse rimasta un’innocente distrazione. Fino a quando si fosse posto dei limiti e li avesse rispettati. Certo. Ma non poteva permettersi di desiderare quella donna…
Tutte. Ma non quella.
Eppure, ogni fibra del suo corpo reclamava e bramava  il tepore di quell’abbraccio peccaminoso, nei meandri umidi e freddi di una desolante prigione. Un corpo pronto ad accendersi come non lo era mai stato. Più le sue braccia indugiavano in quella stretta, più il suo corpo reagiva, chiedeva, pretendeva. E allora aveva pregato intensamente perché entrambi  dimenticassero Johannes. Perché il tempo si fermasse mentre erano esattamente lì… insieme.
Quella che seguì, fu invece una dolorosa consapevolezza. La necessità di allontanarsi da quella figura sensuale che non rispondeva alle sue richieste…
Deglutì.  Un movimento e la stoffa del saio gli strappò di nuovo sussulto.
Un sospiro flebile, un moto di disgusto e lo sguardo cercò il flagello, abbandonato sul letto.  Si disprezzò, vergognandosi per il modo in cui aveva deprecato Johannes quando era ricorso allo stesso rimedio. Quando, nella stessa cella e nella stessa complice penombra, ne aveva medicato le ferite del corpo e dell’anima.
Johannes…  pensò, e uno spasmo violento gli strinse lo stomaco.
Abbassò le palpebre. Espirò.
Il senso di colpa lo divorava. Lo consumava più del desiderio che nutriva per quella giovane donna bruna dagli occhi di brace.
Serrò le labbra riarse e afferrò da una mensola due vasetti che si nascondevano dietro un prima fila di bricchi e di ampolle. Sbriciolò un pizzico del loro contenuto in un piccolo mortaio di marmo e iniziò a pestare e a mescolare. Dosando, mano a mano, gli ingredienti con dell’acqua. Una stilla di sudore gli percorse la guancia, partendo dalla tempia, alla base dei sottili capelli biondi.
Albeggiava.
Guardò cupamente il composto ottenuto, poi si preparò per uscire.
 
                                                                                                       ***
 
Un nuovo colpo di tosse. Un dolore forte al petto. Un brivido.
Maddalena Aicardo ravviò i capelli, passandosi poi una mano sulla fronte gelata.
Fratello Justus ritirò il piccolo boccale dalle sue mani. Finalmente vuoto.
«Tornerò tra qualche ora» disse accennando l’ombra di un sorriso. «Voi cercate di riposare, nel frattempo».
Lo sguardo di Lena, febbricitante, si accese per un attimo di scherno.
«Non ho molto altro da fare, quaggiù» asserì allargando un braccio ad indicare lo spazio messo a sua disposizione.
Ad un paio di giorni dalla partenza del convoglio che le aveva portato via Johannes, forse per sempre,  e dall’incarcerazione, niente sembrava essere cambiato.  Nessuna notizia dell’uomo che amava e nessun passo indietro da parte del vescovo.
E nonostante l’impegno del nuovo comandante a rendere sopportabile il suo inaspettato soggiorno nelle carceri cittadine, la desolazione delle segrete apparì disarmante.
«Riposate» ripeté Justus adombrandosi e voltandole le spalle senza aggiungere altro.
E mentre il chierico lasciava la cella, un nuovo colpo di tosse ruppe il silenzio umido.
Colto  da un attimo di esitazione, Justus si fermò. Poi, lottando contro un opprimente senso di nausea e il desiderio di voltarsi e stringerla ancora tra le braccia, finalmente si allontanò lasciandola sola.
Lena ne seguì la figura, fino a quando una volta di pietra ruvida non la nascose al suo sguardo.
Arretrando, cercò con una mano il sedile di legno su cui uno scrupoloso Heinrich aveva fatto adagiare un pagliericcio perché ne mitigasse la durezza.  Sedette senza smettere di guardare verso le scale che la separavano dalla luce del giorno nascente.
Le visite di fratello Justus, sempre più frequenti, erano di contro sempre più brevi. Pensò allora al suo distogliere lo sguardo quando lei lo cercava.  Ricordò il suo abbraccio. Impulsivo e forte.  E i suoi occhi nocciola, arrossati e lucidi, si adombrarono.  Sollevò il mento. Si passò una mano sul collo indolenzito e teso. Era stanca. Stanca anche di perdersi in quei fastidiosi pensieri. Stanca di ipotesi e di complotti. Desiderò di svuotare la mente. Bramò il silenzio dell’anima. Si addossò con la schiena al muro, avvertendone la ruvida e fredda consistenza. Socchiuse le palpebre ricavandone un immediato sollievo. Non voleva pensare. Non desiderava sapere. Non ora. Non in quel momento.
Stanca, il petto scosso da brevi singulti, scivolò in un sonno profondo.
 
                                                                                                         ***
 
«Hai qualcosa da dirmi?» esortò il vescovo, esortando Erasmus con un’occhiata severa. .
Il segretario finse di non cogliere la nota aspra della sua voce.
«Vi vedo affaticato, se me lo permettete» rispose zelante, sistemando le pergamene sparse sulla scrivania.
Il vescovo si concesse un mezzo sorriso sprezzante e tornò a fissare lo sguardo lontano.
«Qualcuno che si preoccupa per me! » si schernì. «Sembra che ultimamente tutti facciano a gara per deludermi… » brontolò, stizzito. Poi ridacchiò tra sé. «Non tu, segretario. Fedele come una sguattera»
«Non io» confermò l’ecclesiastico, deciso a ignorare ogni provocazione del vescovo. «E nemmeno il Boemo… » azzardò, desiderando maggiori informazioni su quella misteriosa e inquietante figura.  
Konstantin Winkel voltò appena la testa e lo sguardo in direzione del giovane e sfacciato segretario.
«Non parlare di cose che non conosci e che non ti riguardano» lo redarguì con un ringhio sordo, prima di tornare a scrutare il cielo oltre il vetro della trifora.
Sfacciato ma non completamente stolto, pensò. Perché in effetti, Ludwig si stava rivelando un complice più fedele di quanto avesse immaginato. Quali che fossero le sue reali intenzioni…


-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
IL CONFESSIONALE (ovvero, l'angolo dell'autrice):

Leggendo le mie storie (qui o sul fandom "oscariano"), vi starete sicuramente chiedendo se sono una fan sfegata di docce o bagni gelati e di auto-flagellazione, eheheheh. Diciamo che... "non sono cattiva. Mi disegnano così!"
Scherzi a parte, credo che in questo momento tutti i personaggi di questa storia abbiamo qualche problema da risolvere. Anche più di uno... Volete aiutarmi a dar loro una mano, raccogliendo gli indizi, i segnali e i nuovi tasselli disseminati tra queste righe? Aspetto le vostre supposizioni, come sempre!
E come sempre, un GRAZIE ENORME a tutti i lettori - recensori o silenti - che sono giunti fino a qui. Voglio rassicurarvi!  Ancora un pizzico di pazienza, una manciata di capitoli e tutti i tasselli saranno al loro posto... o quasi.

A presto,
Sabrina 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: SabrinaSala