*terzo tassello
One.
La
prima volta in cui si era effettivamente accorto di
quella faccenda era stato un paio di mesi prima.
Aveva avuto anche in altri momenti, in realtà, la percezione
che ci fosse qualcosa di strano, ma non ci aveva mai fatto troppo caso:
erano
cose piccole, frasi mezze taciute, sguardi un po’ spenti, ma
solo dopo quella
volta iniziarono a collegarsi tutte insieme a prendere la forma di un
qualcosa
di vagamente inquietante.
Era stato una mattina, piuttosto sul tardi in realtà, e Sans
se ne stava spalmato sul tavolo in soggiorno come uno dei tanti mucchi
di
biancheria sporca che giacevano in agonia in giro per la sua camera,
tanto che
Papyrus uscendo dalla cucina ebbe per un orribile istante il terrore
che uno di
quei cosi maledetti avesse finalmente preso vita e stesse cercando di
conquistare la loro casa e rivendicarla come suo nuovo regno. In
realtà era
solo uno scheletro in pigiama molto assonnato, ma Papyrus ne rimase
ugualmente
urtato. Appoggiò il vassoio con la teiera e le tazze per la
colazione con un
po’ troppa stizza e suo fratello si prese un colpo
– non aveva preparato
spaghetti semplicemente perché allora aveva ricevuto solo la
prima lezione di
cucina da Undyne, ed avevano appena imparato a distinguere tra pomodori
per il
sugo e palle da tennis dipinte di rosso.
“Per la miseria Sans! – aveva esclamato il grande
Papyrus –
Sono le dieci di mattina e già ti riaddormenti!? Abbi almeno
la decenza di
raggiungere la tua stazione prima di fare pausa!”
Sans aveva mugugnato qualcosa di abbastanza sarcastico e
impastato in risposta, e poi aveva allungato la mano per prendere la
sua tazza
di tè, con la stessa energia di un ghiro svegliatosi di
soprassalto nel bel
mezzo dell’inverno.
Papyrus non capì bene il perché, forse fu lo
spavento appena
preso, forse il sonno o forse addirittura lo fece apposta per ripicca
mentre
lui era distratto, ma di fatto la tazza traballò tra le mani
di Sans e in
qualche modo quel pasticcione fu capace di rovesciare tutto quello che
stava in
equilibrio sul vassoio, comprese scatola di biscotti, tazze e teiera,
la quale
non contenta si infranse pure in mille pezzi inondando con suo bollente
contenuto tutta la tovaglia e il suo povero fratellone.
Papyrus scattò in avanti e tentò di porre rimedio
a quel
disastro ancora prima che avesse finito di compiersi, salvando al pelo
la sua
tazza personale da una fine simile a quella tragica della teiera, e poi
si
volse verso il colpevole per constatare i danni che aveva riportato
lui: di
fatto, le maniche della maglia del pigiama erano completamente zuppe.
“Eh. – sorrise Sans, in mezzo ad un ampio sbadiglio
–
Guarda, mi sono inzuppato nel tè. Chissà se ora
sono più gustosso.”
“Dio dei fratelli minori, SALVAMI!”
Declamò Papyrus infastidito
dalla battuta, e prese una mano di suo fratello per asciugargliela
almeno un
po’ con lo straccio.
E fu lì che se ne accorse per la prima volta.
La mano di suo fratello era gelida.
Forse esitò per mezzo secondo, forse dagli occhi gli
scappò
un lampo di confusione, di fatto guardò Sans e lui gli
rispose con un’occhiata
stranissima. Durò meno di un attimo, ma gli restò
impressa nella memoria.
Un istante dopo Sans parve riprendere all’improvviso tutta
la vitalità mattiniera che aveva tenuta nascosta fino a quel
momento, ritirò
velocissimo la mano e si alzò in piedi.
“Meglio che vada a cambiarmi. Non importa per la colazione,
se vuoi ti offro qualcosa dopo Paps. Non vorrei mai arrivare in ritardo
e perdermi
la mia meritata pausa.”
Era
una sciocchezza, ma Papyrus ne rimase comunque
sconvolto.
Insomma. È vero che gli scheletri sono composti da un 20% di
fantastico midollo e tessuto osseo, ma il resto 80% è fatto
di magia, vitale,
forte, calda energia che viene dalla loro anima di mostri. I
mostri-scheletri
non dovrebbero essere gelidi, sono gli scheletri-scheletri ad essere
gelidi.
Quelli morti.
Inoltre, mentre stava finendo di ripulire il tavolo, con
crescente disagio a Papyrus venne in mente che era davvero molto strano
anche
che Sans si fosse fatto sfuggire di mano una tazza. Certo, era Papyrus
quello
più attivo e intraprendente fra i due, ma era anche vero che
in quanto a lavori
manuali era sicuramente il meno dotato. Se c’era una cosa che
invidiava a Sans,
e che lo faceva sempre arrabbiare dato che non la sfruttava mai a
dovere, era
la sua eccezionale mano ferma: tutte le cose che Papyrus faticava a
costruire
(puzzle, vestiti, quiche, biscotti, giocattoli, lampade, letti, tetti,
action
figures…) lui era capace di farle benissimo in un terzo del
tempo. Poi appunto,
con tutta la sua potenziale abilità alla fine non ci
combinava mai nulla perché
era troppo pigro, ma questo era un altro discorso.
Suo fratello non avrebbe mai rovesciato una tazza così, a
caso.
Ecco qual’era il discorso.
Fu
da quella volta che Papyrus si fece più intuitivo su
certe cose che prima gli passavano inosservate.
Si rese conto, per esempio, che Sans aveva preso l’abitudine
di scendere dalla sua camera da letto molto più tardi del
solito, anche dopo
parecchio tempo che lui l’aveva chiamato. Certo, anche prima
faceva tardi, ma
ora dalla sua faccia pesta sembrava quasi che si svegliasse molto
più stanco di
quando era andato a letto, e lui evitava accuratamente di fare
qualsivoglia
attività che comportasse fatica durante tutta la giornata.
Papyrus si ritrovò
con l’assurdo pensiero che di notte non dormisse
più, ma se ne stesse
semplicemente steso a occhi chiusi senza fare nulla.
Aveva poi iniziato ad andare in giro in pantofole. Cioè, in
pantofole. Papyrus capiva che la prima volta era stato parecchio
divertente,
quando tutti i mostri di Snowdin che aveva incrociato lo avevano
tempestato di
domande sulla sua inusuale scelta stilistica e lui si era sbizzarrito a
fare
battutacce sul fatto che aveva caldo ai piedi e che era già
pronto per
tornarsene a dormire, ma poi la cosa era diventata
un’abitudine. Papyrus aveva
avuto la sottile impressione che semplicemente suo fratello non avesse
più
voglia di infilarsi le scarpe.
Stranissimo.
Aveva anche smesso di dare da mangiare al suo sasso da
compagnia, cosa che una volta lo divertiva un mondo.
Ora nulla sembrava più divertirlo per davvero, anche se
continuava a infastidire suo fratello minore con le sue battute
stupidissime e con
quel suo sorrisetto idiota che nemmeno una doccia di candeggina gli
avrebbe mai
lavato via dalla faccia.
Capitò a volte, quando tutto questo strano complesso di
piccoli dettagli gli veniva in mente, che Papyrus facesse apposta ad
avvicinarsi a lui per toccagli le ossa con una scusa, e il risultato
era sempre
il solito: gelo.
Papyrus allora si toccava un braccio e capiva che c’era
davvero qualcosa di molto sbagliato: lui era in grado di rimanere
piacevolmente
tiepido anche dopo ore in piedi sotto una nevicata.
Anche
Undyne si era accorta che qualcosa non andava. La sua
reazione però era stata parecchio più pratica e
subitanea di quella di Papyrus.
“È evidente che tuo fratello è uno
SCANSAFATICHE della
PEGGIOR SPECIE, Papyrus! – aveva esclamato convinta mentre
prendevano a
padellate gli spaghetti crudi per farli entrare completamente nella
pentola –
Mi sembra normale che sia un po’ FUORI FORMA! Capita se passi
tutto il giorno a
fare finta di lavorare come fa lui. Credo che il suo problema sia
principalmente di INERZIA.”
“Inerzia?” aveva chiesto Papyrus confuso, schivando
al
centimetro un passaggio di padella che gli avrebbe portato via mezza
mascella.
“Massì, inerzia! Sai, quando sei fiacco riprendere
ad
allenarsi è molto più difficile rispetto a quando
sei abituato a farlo tutti i
giorni. Inoltre, più tempo lasci passare prima di
ricominciare a muoverti, più
diventa faticoso farlo! Insomma, tuo fratello è TALMENTE
INERTE che per lui
riprendere gli allenamenti è diventato QUASI
IMPOSSIBILE!”
“…e cosa proponi di fare Undyne!?” aveva
chiesto lo
scheletro sinceramente preoccupato.
“Gli daremo un piccolo incentivo!!! IAAAAAA AH!!!”
La Comandante delle Guardie Reali affondò un ultimo colpo ai
poveri spaghetti, e fu così violento e rabbioso che quei
pochi stiletti di
pasta che non erano completamente in frantumi volarono direttamente via
dalla
pentola. Ora finalmente i superstiti potevano cuocere in pace.
Il mattino dopo Sans si era ritrovato un tapis
roulant di fronte alla porta della
sua camera, con suo fratello e
il suo capo lì in piedi che aspettavano la sua reazione. Lui
guardò prima
Papyrus, poi Undyne, poi di nuovo Papyrus. Poi sollevò le
spalle.
“Eh. – sospirò, sghignazzando
– Non corriamo troppo
ragazzi. Mi lasciate senza fiato.”
“Sans di tutte le battute che hai detto negli ultimi tre
giorni questa è sicuramente quella che fa meno
ridere.”
“Oh dai. – si intromise Undyne, appoggiandosi alla
ringhiera
del soppalco e facendo l’occhiolino – Se non mi
dimostri che almeno ci provi,
va a finire che ti licenzio.”
“Oh non potresti mai licenziarmi.” Rispose il
piccolo
scheletro appoggiando una mano sul suo attrezzo ginnico nuovo di zecca,
e
lanciando a Papyrus un’occhiata estremamente divertita:
“…senza di me, i cani e
mio fratello morirebbero di noia!”
Dopodiché sparì, probabilmente dietro la porta
della sua
camera chiusa a chiave.
Uscendo per andare alle sua postazione, Papyrus tirò un
profondo sospiro che si teneva dentro da un po’:
“Dici che l’ha apprezzato? Servirà a
qualcosa?” chiese,
facendo trasparire tutta la sua preoccupazione.
“Ma sì. – rispose dolcemente Undyne,
tirandogli una pacca
sulle spalle ossute – Anche se non se ne farà
nulla, saprà che ci stiamo
preoccupando per lui. Questo non può fargli che bene,
no?”
“Sans.”
Sans chiuse il libro. La luce bassa e calda della bajour lo
illuminava da un lato, lasciando la sua figura piccola e rassicurante
avvolta
dalla penombra: i suoi vispi occhi luminosi brillavano nel cavo delle
sue
orbite buie, ma le ombre che li circondavano sembravano ancora
più pesanti di
quello che in realtà erano alla luce del giorno magnificata
dalla neve candida.
Papyrus pensò che suo fratello gli sembrava stanco.
Stanchissimo.
“…vai a dormire per favore. Lasciamo perdere per
stasera.”
“Oh. – Sans sembrò sorpreso e
dispiaciuto – Niente Coniglietto
Batuffolo stasera?”
“No.”
Papyrus allungò una mano e gli afferrò il polso,
appoggiandosi alle lenzuola che già lo ricoprivano morbide e
pulite. Non ce la
faceva più a fare finta di niente.
Le ossa di suo fratello erano fredde, gelide, e con un vago
senso d’angoscia Papyrus ebbe quasi l’impressione
che fossero scosse da un lieve
tremito, ma preferì autoconvincersi che fosse tutta una
sensazione nata dalla sua
testa sconvolta dall’apprensione.
“Ehi. – gli chiese Sans, con un sospiro, e gli
sorrise – Mi
vuoi dire cosa c’è?”
“Sei freddo.” Rispose Papyrus, a disagio. Non gli
era mai
piaciuto parlare di certe cose. Strinse le dita attorno a quel polso
inerte.
“Beh, ovvio. Come potrebbe non esserlo un asso nelle freddure?”
“Dico sul serio Sans. Sei strano ultimamente, e il tuo
responsabile fratello è preoccupato per te.”
Sans chiuse gli occhi, e sospirò di nuovo. Papyrus ebbe
l’impressione
che dietro quelle palpebre eburnee stesse elaborando qualcosa da dire
per
spiegarsi, giustificarsi, tranquillizzare il suo fratellino magari, ma
quando
poi decise di rispondere non fece altro che peggiorare drasticamente la
situazione, stirandosi un sorriso più ampio del solito sulla
faccia rotonda:
“Non è niente, Papy. Davvero. Sono solo molto
preso dal lavoro.”
Papyrus era stanco di quelle idiozie. Agì
d’impulso. Non
stette a pensare se fosse una buona idea oppure no, ma in quel momento
era
talmente in ansia che sarebbe andata bene qualsiasi cosa.
Tirò con energia il polso di suo fratello trascinandolo
ancora di più vicino al suo capezzale, gli
appoggiò una mano contro le costole
e attivò i suoi poteri magici, come se volesse sfidarlo a
duello proprio lì,
sul suo letto-automobile: si concentrò e
ispezionò la sua anima, racchiusa
nella sua cassa toracica.
Inorridì.
“Certo che Undyne ti sta addestrando proprio bene,
eh.”
“SANS.”
“Che c’è?”
“SANS.”
“Cosa?”
“SANS, HAI UN SOLO HP.”
“Sì?”
“SANS, UN SOLO…”
“E quindi…?”
“SANS!”
“Eh!”
Papyrus gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte,
spaventato come poche volte lo era stato nella sua vita, e sentire quel
mucchio
di ossa fredde premere contro di lui sotto al pigiama gli
ferì il cuore.
“NEMMENO I NEONATI
HANNO UN HP! NEMMENO I VECCHI HANNO UN HP! SONO QUELLI CHE STANNO PER
MORIRE
CHE HANNO UN HP, SANS! QUELLI CHE MUOIONO! COSA TI È
SUCCESSO FRATELLO!? TI SEI
FERITO? CHI TI HA…”
“Non è successo nulla Papy. Stai
tranquillo.”
Sans si era fatto prendere e sballottare senza opporre
nessuna resistenza, e anche in quel momento si stava facendo
abbracciare
abbandonandosi inerte. Anche quello non era normale, Sans era sempre
stato un
abbracciatore coi fiocchi.
“…ma perché
sei così
debole, fratello?” chiese Papyrus, finalmente,
cercando di non piangere
come quando aveva dieci anni e affondando la testa fra le clavicole
dell’altro.
“Purtroppo è così e basta, Papy. Ma io
sto bene, sul serio.
Basta che sto attento a non inciampare sulle sca…”
“…ma io non voglio
perderti. Sei l’unico fratello che ho, Sans.”
Erano soli al mondo, loro due.
Allora accadde un mezzo miracolo: Sans per un attimo tornò
quello di sempre. Allargò le braccia e circondò
il suo fratellino in una
stretta forte e salda, premendo il viso contro la testa di Papyrus,
come
facevano sempre quando erano più piccoli e Papyrus correva
da lui in lacrime in
cerca di consolazione e affetto dopo aver assistito a qualcosa di
triste o
essersi graffiato una rotula. Non disse nulla per molto tempo,
stingendolo
forte, ma andava benissimo così.
“Ti voglio bene Papy. Ti prometto che non mi
succederà
nulla, okay? Lo sai che il tuo fratellone è il mostro
più imbattibile di tutta
la galassia.”
“Okay.”
“Okay.”
Non furono tanto quelle parole a consolare Papyrus, quanto
l’ondata di calore che aveva iniziato a propagarsi dal centro
del petto di suo
fratello, pulsando lievemente, e aveva infuso calore nella loro
stretta.
Finalmente quell’abbraccio tornò a trasmettere
quella sensazione meravigliosa,
di sicurezza e calma forza, che il più giovane aveva
impressa così bene nella
memoria. Quello sì che era Sans, il vero Sans, quello capace
di farlo
addormentare anche nei momenti più bui.
Si separarono e Papyrus si asciugò in fretta gli occhi per
non fargli capire che aveva pianto, per fortuna l’altro parve
non accorgersene
perché anche lui si strofinò la faccia con le
maniche del pigiama,
probabilmente stropicciandosi per il sonno.
“Credo che tu abbia ragione Paps, sono un po’
stanco, meglio
che ne vada a dormire.”
Sans gli lanciò un’occhiata piena di affetto, e
gli dette
una lieve pacca sulla testa.
“Buonanotte. Domani se vuoi facciamo i pupazzi di
neve.”
“Va bene. Buonanotte Sans.”
E se ne tornò in camera sua.
Papyrus spense la luce e pensò di essere davvero grandioso,
perché era evidente che con un solo abbraccio era stato
capace di far stare
meglio il suo fratellone, qualsiasi accidenti di malanno lo stesse
affliggendo.
Si ripromise di abbracciarlo molto più spesso, per elargire
di più la sua
fantastica aura curativa.
Non si era accorto, in realtà, della profonda tristezza che
covava tra le ombre del sorriso pieno d’amore di suo
fratello. Si sorprese però
di aver macchiato il cuscino con dell’umidità che
aveva sulla testa, della
quale non si era minimamente accorto prima: era ricoperto di una
sostanza calda
e bagnata, apparsa dal nulla come per magia.
La
mattina dopo Papyrus era di ottimo umore.
Stava spadellando in cucina per preparare la scorta mensile
di spaghetti da congelare nel frigo, quando Sans scese da camera sua
– con solo
mezzora di ritardo – per fare colazione dargli il buongiorno.
“Heya! – salutò, infilandosi la felpa
blu – Che profumino!”
“Il fratello migliore del mondo ti augura il buongiorno,
Sans!”
“Eh eh, grazie!”
“Senti, stavo pensando… - Papyurs scolò
la pasta nel
lavello, finendo sommerso da una nube di vapore
–…per la questione che hai un
solo Health Point. Magari in pausa pranzo potremmo provare ad andare a
Hotland,
e incontrare la brillante dottoressa Alphys. Ho capito che per te non
è un
problema, ma preferirei chiarire la questione. Non è proprio
il massimo
rischiare di restarci secchi per una palla di neve in faccia!”
Papyrus ci aveva rimuginato su molto, ed era giunto alla
conclusione di aver avuto decisamente troppa paura per una faccenda che
in
realtà non ne meritava una tale quantità.
Insomma, sarebbe bastato che Sans
gliene avesse parlato subito e avessero chiarito la situazione in modo
razionale e tranquillo, ma quel testone ovviamente non diceva mai nulla
e
nessuno e quindi il povero Papyrus era morto di preoccupazione
arrivando a
prendere ogni sciocchezza come il segno di qualcosa di orribile.
Sans non fece attendere molto la sua reazione alla proposta
di suo fratello e scoppiò in una risatina strana, che
lasciò il grande Papyrus
sorpreso e parecchio perplesso con lo scolapasta in mano, che sembrava
una
sorta di mostro marino molliccio a causa degli spaghetti che erano
rimasti
incollati tutti uno sull’altro come un grumo di tentacoli
appiccicosi.
“Che c’è, ho detto qualcosa di buffo? Non è che ho detto una battutaccia
senza nemmeno rendermene conto,
vero!?”
“Eh eh eh eh no, no! È che oggi temo proprio che
non avremmo
tempo per farlo.”
“Perché!? Che abbiamo da fare di speciale,
oggi?”
“Oh, chi lo sa.”
Sans si infilò le mani in tasca e gli fece un occhiolino,
sorridendo
in quel modo tutto suo ammiccante e vagamente misterioso.
“…magari oggi è la volta buona che
incontreremo un umano.”
“Oh, un umano!
Wowie Sans, magari!”
Ovvio
che, se fosse saltato fuori un umano, il problemino
dell’unico punto vitalità di Sans sarebbe passato
sicuramente in secondo piano.
O almeno, doveva essere così visto che era proprio
l’interessato a pensarlo.
O no?
*Ehi, grazie per aver letto fino a qui.
*Spero che la lettura vi sia piaciuta.
*Anche perché, ehi,
*è un problema avere un male all'anima, quando si
è fatti quasi completamente di anima.
*Al prossimo tassello.
*Un abbraccio a tutti.