N/A:
oh bene, eccoci di nuovo qua. Chiedo scusa per il ritardo. Come replicherà
Mycroft al tiro mancino giocatogli da Sherlock? Prima di scoprirlo, tuttavia,
dato che ormai siamo al terzo capitolo, vorrei ringraziare anche a nome della
mia collega tutti coloro che stanno leggendo e mostrando di apprezzare questa
storia. L’idea era folle, come abbiamo più volte ripetuto, e nata un po’ per noi
stesse. Vedere che stiamo riuscendo a farvi ridere anche in situazioni molto
serie (come i seminari universitari) ci dà un immenso piacere e ci sta spronando
a continuare. Quindi grazie di cuore. Ora, senza ulteriori indugi, vediamo un
po’ cosa avrà deciso di combinare il maggiore degli Holmes.
TANTO
FUMO…..
"
Mycroft, ti prego, calmati !"
"No,
Gregory, non mi calmo! Sherlock deve rendersi conto che non può fare certe cose
e sperare di passarla sempre liscia"
"Sì,
ma dubito fortemente che rispondere con un altro scherzo sia il modo giusto per
farlo smettere. Sai com’è fatto, la prenderà come una sfida e risponderà
un’altra volta"
"Dovrei
dunque lasciar correre?"
"Sarebbe
probabilmente la scelta più saggia. Gli daresti l’impressione che non valga la
pena assecondarlo"
"Oppure
gli darei l’impressione che mi sono arreso. Beh, non questa volta! Mi ha persino
costretto a privarmi del mio pasticcere di fiducia!"
Gregory
Lestrade si passò le mani sul volto, in un gesto di esasperazione, mentre
Mycroft continuava a percorrere il salotto avanti e indietro con passi lunghi e
lenti. John aveva proprio ragione: i due fratelli Holmes sapevano essere delle
vere e proprie teste dure quando ci si mettevano. Era tuttavia strano che
Mycroft reagisse in quel modo, impuntandosi per uno scherzo da parte di
Sherlock, per quanto pesante fosse stato. Di solito, infatti, si limitava a
classificare il fratello come infantile e concludeva il discorso. In
quell’occasione, invece, sembrava deciso a prenderla sul personale e a
vendicarsi. Alzando lo sguardo, l’Ispettore posò gli occhi sul compagno, che non
aveva ancora smesso di camminare per il salotto, una luce battagliera nelle
iridi grigie. Gregory la conosceva bene, l’aveva vista tante volte ed aveva
imparato ad associarla a qualche provvedimento che il suo compagno stava per
prendere nei confronti di qualche politico, o all’attuazione di un piano
particolarmente machiavellico. Fu allora e solo allora che realizzò cosa stava
davvero spingendo Mycroft a proseguire per la sua strada. Con un ghigno, si alzò
dal divano su cui era seduto e raggiunse il compagno per abbracciarlo da dietro,
fermando i suoi movimenti e posandogli il mento su una spalla per potergli
sussurrare all’orecchio:
"Tanto
io ti ho capito, sai?" gli disse con una mezza risata, sentendo che Mycroft
posava le mani sulle sue braccia e che si voltava appena verso di
lui.
"In
che senso mi hai capito?" domandò il politico, guardandolo con la coda
dell’occhio e guadagnandosi una risatina da parte dell’Ispettore.
"Tu
stai recitando la parte dell’uomo che deve replicare per vendicare l’onta
subita, ma in realtà, anche se non lo ammetterai mai, questo gioco tra voi ti
sta divertendo". Gli rispose quest’ultimo, lasciandogli un bacio sul collo per
frenare le proteste e le giustificazioni che avevano minacciato di cominciare a
fluire dalla sua bocca. Mycroft si irrigidì, poi sospirò: da buon diplomatico,
sapeva benissimo che, quando le maschere venivano calate, era inutile ostinarsi
a tenerle sul volto. Sapeva che avrebbe dovuto trovare comunque qualcosa da
dire, ma Gregory lo precedette.
"Promettimi
solo che non ci saranno coinvolgimenti esterni e che resterà tra di voi: non
vorrei essere costretto ad arrestarti" gli disse infatti, con una mezza risata,
ben conscio del fatto che sarebbe stato impossibile, data la posizione che il
suo compagno ricopriva. Mycroft gli strinse appena il
braccio.
"Da
parte mia, cercherò di fare il possibile. Spero che Sherlock sia altrettanto
assennato, anche se ho i miei seri dubbi al riguardo."
Gregory
sorrise a quella risposta. " Sapevo che avresti accettato, ora…. Qual è il
piano?"
Mycroft
si voltò tra le sue braccia per guardarlo, un misto di sorpresa e incredulità
sui lineamenti.
"Oh,
andiamo Myc, pensavi davvero che me ne sarei rimasto in disparte e ti avrei
lasciato tutto lo spasso? Voglio collaborare, ammesso che questo possa tornarti
utile" aggiunse l’Ispettore, mentre il viso di Mycroft, passato lo stupore, si
allargava in un ghigno.
"In
effetti, potresti appena avermi fornito il mezzo perfetto per portare a
compimento la mia idea. Vieni, sediamoci e lascia che ti
spieghi"
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Qualche
settimana dopo, l’Ispettore si trovava ancora una volta tranquillamente seduto
nel suo ufficio a Scotland Yard. Erano stati giorni molto impegnati, avevano
avuto parecchi casi per le mani ed erano riusciti a risolverli quasi tutti.
L’intero dipartimento era stato pervaso da una discreta euforia, dal momento che
Gregory, per qualche ragione a tutti ignota, aveva deciso di non chiamare più
Sherlock e di far vedere che Scotland Yard era perfettamente in grado di
cavarsela senza aiuti esterni. L’Ispettore aveva anche insistito per concedere
conferenze stampa, che di solito odiava, e interviste varie durante le quali
elogiava con enorme soddisfazione il lavoro dei suoi colleghi e le loro
capacità.
Il
clima a Scotland Yard era tranquillo e spensierato: con il plauso dell’opinione
pubblica era salito anche il morale dell’intero dipartimento. Certo, ogni tanto
c’era un po’ di incredulità di fronte all’ostinazione di Gregory di non chiamare
“il geniaccio”, ma nessuno si lamentava più di tanto: finché i casi venivano
risolti così rapidamente, di fatto non c’era bisogno di
lui.
Lestrade,
frattanto, attendeva pazientemente, ben sapendo che era solo una questione di
tempo, prima che la fase 1 del piano di Mycroft fosse completa. Certo, Sherlock
stava dimostrando di avere una discreta dose di resistenza, ma a tutto c’era un
limite e la noia era una brutta nemica per il consulente.
Nel
frattempo, aveva anche deciso di riprendere un piccolo vizio, ovvero il fumo.
Non consumava tante sigarette al giorno, giusta una o due, così che sarebbe
stato più facile smettere alla fine del gioco. Non che sapesse molti dettagli:
Mycroft gli aveva spiegato solo alcuni piccoli dettagli, per “limitare le
possibilità che Sherlock capisse qualcosa”, così aveva detto. Sospettava
tuttavia che anche il maggiore degli Holmes amasse la teatralità quasi quanto il
fratellino, ma la cosa non gli importava più di tanto.
Alla
fine, dopo quasi tre settimane, cappotto svolazzante, colletto tirato all’insù,
un blogger al seguito (ma John non visitava mai nessuno?) e un’aria di
strafottenza sul viso spigoloso, Sherlock era arrivato nel suo ufficio a
chiedergli un caso. Lui, con totale nonchalance, aveva risposto che al momento
non aveva niente che gli potesse interessare e lo aveva liquidato, ignorando la
frecciatina del consulente sull’odore di fumo nella stanza e tornando a
lavorare.
Sherlock
era poi tornato tre giorni dopo ed aveva ricevuto la stessa identica risposta.
Erano andati avanti così per quasi due settimane, quando alla fine il consulente
aveva sbottato, sbattendo i palmi delle mani sulla sua
scrivania.
"Accidenti
Lestrade, non pensavo che mio fratello si abbassasse a tanto!" gli gridò in
faccia, mentre John cercava di calmarlo, mettendogli una mano sulla spalla.
Gregory lo guardò, aggrottando la fronte.
"Cosa
c’entra Mycroft, adesso?" chiese infatti.
"Sappiamo
entrambi che c’entra in qualche modo! Dimmi, è lui che ti risolve i casi al
posto mio?"
"Ascoltami
bene, Sherlock: un’altra insinuazione del genere e giuro che da me non riceverai
più alcun caso, mi sono spiegato?" sbottò a sua volta l’Ispettore, alzandosi in
piedi per fronteggiare il consulente. Era vero che Mycroft era coinvolto, ma
solo perché gli aveva chiesto di non cercare di evitare di fornire a Sherlock
dei casi interessanti e lui non se l’era fatto ripetere due volte. "Non
chiederei mai il suo aiuto per una cosa del genere. Stiamo riuscendo a risolvere
qualcosa da soli perché, guarda caso, non siamo degli idioti, quindi vedi di
farla subito finita."
Il
consulente era rimasto basito di fronte a quella risposta, ma dopo alcuni
istanti, incrociò le braccia al petto, guardando Lestrade dall’alto in
basso.
"È
per lo scherzo dei pasticcini, vero? Ti ha chiesto di non darmi casi per farmela
pagare. Che colpo da dilettante" commentò sardonico. "Bene, lo scherzo è
svelato. Forza, cos’hai per me?"
"Niente
di niente, te l’ho detto. Giusto ieri abbiamo risolto un omicidio piuttosto
curioso a Camden. Credo che il cronista lo abbia denominato “il caso del pittore
blu” o roba del genere. Ci sono tutti i dettagli sul Times di oggi." gli rispose
Gregory, tornando a sedersi e guardando Sherlock non senza una certa
soddisfazione. Il consulente stava giusto per replicare, quando la porta si aprì
e nell’ufficio fece il suo ingresso niente altri che
Mycroft.
"Gregory,
una riunione è appena stata rimandata e mi chiedevo se…. Oh, salve fratellino"
esordì il politico andando a sedersi alla sedia di fronte alla scrivania di
Gregory, posando il suo ombrello e la sua ventiquattrore. Sherlock lo
fulminò.
"Ci
sei tu dietro questa storia, vero Mycroft?" gli chiese, guardandolo negli occhi.
Mycroft ricambiò in tutta tranquillità, accavallando le
gambe.
"Ho
soltanto suggerito a Gregory di provare a lavorare senza di te per un po’,
giusto per rinvigorire la squadra. Non si tratta di uno scherzo nei tuoi
confronti, ma di pura strategia." gli rispose con calma, guadagnandosi uno
sbuffo stizzito. " Oh, Sherlock, piantala di fare il bambino. Se tu accettassi
anche casi più banali, ti impegneresti il tempo. Non puoi sperare che ci sia
sempre originalità in questo mondo. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, tutto
è già stato fatto."
"Finiscila
con la filosofia" sibilò Sherlock, stringendo i pugni. " Sei davvero subdolo,
tirare in mezzo Scotland Yard per la tua vendetta."
Mycroft
sospirò. " Scotland Yard non c’entra niente, te l’ho già detto. Ora vuoi
calmarti, per favore?"
"Non
ho un caso decente da più di un mese e tu mi chiedi di calmarmi? Non ne posso
più di attendere!" replicò il detective, alzando le mani al cielo,
esasperato.
Mycroft
lo guardò per un momento, poi sospirò di nuovo e rovistò nella tasca interna
della sua giacca, estraendone un porta sigarette ed aprendolo per poi porgerlo
al fratello.
"Prendine
una."
"Mycroft,
ti pare saggio?" chiese John, un po’ titubante.
"Mi
pare preferibile a quella orrida soluzione al sette percento." gli ripose
Mycroft mentre Sherlock, dopo un attimo di esitazione, allungava la mano per
prendere una sigaretta, mettersela tra le labbra e accenderla, tirando una
boccata piuttosto profonda. Mycroft chiuse il portasigarette e se lo mise in
tasca, uno strano ghigno sul viso, come qualcosa che stava disperatamente
cercando di trattenere. Questo fu quanto notò John, ormai troppo tardi per poter
avvertire il suo amico. Non poté fare altro, dunque, che passarsi una mano sugli
occhi e attendere l’inevitabile.
"Ah"
esalò Sherlock, soffiando fuori dalla bocca una densa nuvola di fumo. " Va molto
meglio. Sapete una cosa? Posso anche trovare i miei casi da solo, senza bisogno
di…. COSA È SUCCESSO ALLA MIA VOCE?!"
Il
tono del detective si era alzato gradatamente non solo di volume, ma anche di
timbro, arrivando fino a far sembrare che avesse appena inspirato aria da un
palloncino di elio. Sherlock si portò una mano alla gola, mentre Mycroft
cominciava a ridacchiare, seguito a ruota da Gregory.
"Non
è divertente! Capito? È una cosa davvero stupida! Voi siete stupidi! Tutti
quanti sono stupidi!" continuava nel frattempo a gridare il detective, ormai
viola in faccia, e con una voce che lo faceva assomigliare sempre di più ad un
Chipmunk arrabbiato - questo era
quanto pensava Gregory, almeno: aveva visto decine di cartoni con quegli
esserini nelle occasioni in cui aveva badato ai suoi
nipoti.
Mycroft
nel frattempo aveva cominciato a ridere di gusto e anche John stava faticando a
trattenersi. Sherlock sembrava ormai sul punto di uccidere
qualcuno.
"Ti
sembra uno scherzo intelligente, Mycroft? Sigarette all’elio? Bravo,
complimenti, anche tu sai usare il piccolo chimico, meriti proprio un
bell’applauso" disse in un tentativo di canzonare il fratello che, a onor del
vero, cercò di replicare in qualche modo, senza tuttavia riuscirci, per quanto
rideva.
"Sappi
che non finisce qui, Mycroft! Questo scherzo ti costerà molto caro, è una
promessa! John, andiamoce… John, anche tu ?"
Il
dottore, malgrado tutti i suoi sforzi, aveva cominciato a ridere insieme agli
altri due uomini, ma riuscì a riprendere un minimo di controllo, quando vide che
Sherlock usciva dalla stanza. Si schiarì la voce e guardò Mycroft con quello
che, lo sapeva benissimo, era un pessimo tentativo di occhiata di rimprovero,
quando fuori dall’ufficio ci fu il rumore di una colluttazione, seguita da una
serie di improperi che, dati i toni, uscivano indubbiamente dalla bocca di
Sherlock. I tre uomini andarono velocemente alla porta dell’ufficio e si
trovarono davanti una scena che si sarebbe potuta descrivere soltanto con il
termine ‘tragicomica’: nella fretta di andarsene, Sherlock doveva essere entrato
in collisione con un agente che aveva tra le mani una tazza di caffè, il cui
contenuto, nello scontro, si era riversato sul cappotto del detective.
Quest’ultimo, suo malgrado in quanto umano, aveva ovviamente cominciato a
sbraitare come un ossesso, per un momento dimentico della sua condizione. La sua
voce aveva suscitato l’ilarità dell’intera stanza e Gregory avrebbe potuto
giurare di aver visto qualcuno fare un video: più tardi avrebbe sicuramente
indagato. Il momento fu spezzato da John il quale, dopo aver recuperato il suo
contegno con un enorme sforzo di volontà, aveva raggiunto Sherlock, mentre
questi continuava ad inveire contro l’agente, che era ormai piegato in due dalle
risate. Preso l’amico per il cappotto, lo trascinò fuori finché le sue urla
acutissime non furono che un’eco.
Mycroft
e Gregory si guardarono, ancora ridendo, e rientrarono nell’ufficio, riuscendo
dopo poco a smettere di ridere.
"Ah,
è stato splendido Myc." commentò l’Ispettore, asciugandosi le lacrime. " Non
pensavo che avrebbe accettato la sigaretta da te, credevo sarebbe stato più
sospettoso."
"Come
ho detto a lui, si tratta di pura e semplice strategia" gli rispose Mycroft,
schiarendosi la voce. " È bastato distogliere la sua attenzione dall’obiettivo e
ci è cascato con tutte le scarpe. Pura e semplice
psicologia."
Lestrade
rise di nuovo. " Non che mi preoccupi, ma quanto dura l’effetto di una sigaretta
del genere?"
Il
politico ci pensò un po’ su, poi gli disse: " Calcolando che non l’ha fumata
tutta, durerà comunque minimo otto ore"
"Otto
ore?! Sarà ancora più infuriato quando avrà finito. Fossi in te mi prenderei una
guardia del corpo"
"Non
credo che mi farebbe seriamente del male, Gregory."
L’Ispettore
annuì, prendendosi poi il mento con una mano. "Sigarette all’elio… le pensi di
notte queste cose?"
"No,
ho cose migliori da fare in quel momento della giornata" gli rispose Mycroft,
guardandolo e facendo apparire un ghigno sul viso dell’Ispettore. " Comunque ero
sincero quando ho detto che la riunione è saltata. Ti andrebbe se pranzassimo
insieme?"
FINE
DEL CAPITOLO