Salve a tutti!Ecco il penultimo capitolo della mia prima (ma non ultima) fanfiction. Grazie per i complimenti come sempre a stelly sisley e alla mia nuova lettrice summerbest. Spero di non deludervi con questo cap, a presto!
Capitolo 7: L'arrembaggio
-
Siamo tutti? - domandò Barbossa sentendo dei passi che si
avvicinavano.
-
Sì – rispose Tia Dalma rilasciando finalmente il
braccio di
Elizabeth che aveva trascinato dalla cabina fino al ponte.
-
Volete spiegarmi? - chiese la ragazza, ripresasi da quel brusco
risveglio.
-
Stiamo per lasciare questa nave per quella –
spiegò semplicemente
il pirata. Il cielo stava rischiarandosi così scorse a prua
un
grande vascello con quattro alberi nel più alto dei quali
svettava
una bandiera che non si distingueva bene.
-
È roba tranquilla, miss – la rassicurò
mastro Gibbs.
-
È un mercantile – specificò Will
passando un fucile a Pintel.
-
Avevate già organizzato tutto! - protestò la
giovane notando che
gli altri avevano caricato funi, rampini, armi su una scialuppa e che
c'erano quattro marinai francesi storditi e legati come salami. - E
quando pensavate di dircelo?
-
Bé: ora lo sapete! - asserì Barbossa sorridendo e
aggiustandosi la
cinghia cui era appesa la spada
-
E come faremo? - continuò quella rivolgendosi ancora al
capitano.
-
Come fanno i pirati, miss: con un arrembaggio. Ma forse voi preferite
restare a bordo con monsier Dumont... - la stuzzicò lui.
-
Certo che no! - rispose risentita.
-
Allora... - pronunciò sospingendola verso la scialuppa.
-
Ma...il capitano? - chiese ancora la fanciulla dopo aver preso posto
a bordo.
-
Dormirà ancora qualche ora – affermò
Tia Dalma con sicurezza.
-
Credo gli abbia dato qualcosa lei – le confidò
Will che stava
seduto al suo fianco con un'aria insolitamente divertita, mutando poi
espressione quando la vide abbassare lo sguardo.
Non
c'era molto vento e il mercantile viaggiava ad una velocità
moderata, tuttavia fu solo dopo tre tentativi che, con un rampino
lanciato da Gibbs, riuscirono ad agganciarsi alla scaletta che
pendeva dalla fiancata sinistra della nave. Per assicurare la tenuta
Cotton e Marty provvidero a fissare altre due funi. A quel punto
Barbossa ordinò a Ragetti di salire per controllare se ci
fossero
uomini sul ponte. Il pirata rivelò che erano in tre: un
timoniere e
due marinai di guardia che passeggiavano.
-
Ci serve qualcosa per farli distrarre – commentò
Will.
-
Cantate! - si pronunciò Barbossa dopo qualche secondo
rivolgendosi a
Gibbs.
-
Che?! - esclamò incredulo l'uomo mentre gli altri lo
guardavano in
attesa che desse una risposta.
-
Su, forza – lo incitò Elizabeth poggiandogli una
mano sul braccio
– Noi intanto andiamo dall'altra parte e proviamo a fermarli
in
modo che non ci scoprano.
-
Noi? - domandò Will non capendo a chi alludesse la fidanzata.
-
Sì – dichiarò questa – Io e
te – aggiunse con fermezza
guardandolo con occhi carichi di ardimento e dolcezza al tempo
stesso, una miscela che sin da subito lo aveva fatto perdutamente
innamorare di lei, al punto che l'avrebbe seguita ovunque, anche
nella più folle e pericolosa delle circostanze.
-
D'accordo – disse vedendo le labbra di lei incresparsi in un
lieve
sorriso. - Come intendi agire?
-
Barbossa – cominciò allora, volgendosi verso il
capitano che aveva
assistito alla presa di posizione della ragazza senza intromettersi
ma pronto a risponderle per le rime – Avevo pensato che,
mentre voi
passate dall'altro lato e attirate la loro attenzione, io e Will
potremo sorprenderli alle spalle, stordirli e così
permettervi di
salire – concluse con la speranza di fare colpo sul
filibustiere.
-
Idea arguta, miss, ci avevo pensato anch'io. E vi
accompagnerò al
posto del signor Turner.
-
Come?!Perché? - protestò Will.
-
Chi mi garantisce che una volta che siete riusciti ad infiltrarvi a
bordo non ci ignoriate e proseguiate per la vostra strada? -
sbottò
il capitano manifestando ancora una volta la sua poca fiducia nei
confronti di quei due.
-
Come potete pensare che potremmo abbandonarvi?Solo voi potete
condurci a Singapore! - sostenne la ragazza tentando di convincerlo
della sua buona fede.
-
Loro sono giovani e agili, Barbossa – gli intimò
Tia Dalma con
tono neanche troppo velatamente derisorio. In effetti, da quando era
tornato ad essere un normale mortale, aveva constatato con rammarico
che le sue forze non erano più quelle di un tempo; per dieci
anni
era rimasto sospeso tra la vita e la morte, aveva dimenticato cosa
fossero il sonno, la stanchezza, il dolore fisico, il caldo, il
freddo, la pioggia. Solo la fame e la sete lo avevano tormentato, non
un raggio di sole lo aveva riscaldato, il vento non aveva
piacevolmente ristorato le sue membra dopo una dura battaglia, i
pranzi e le cene non facevano più parte della sua
quotidianità. Ma
ora cominciava ad avvertire le conseguenze e gli effetti delle
innumerevoli ore trascorse alla mercé dell'aria salmastra,
ora umida
e calda, ora gelida e secca, insieme al riacutizzarsi di ferite che
non si era mai preoccupato di curare a dovere.
-
Sta albeggiando, ormai – le parole di Gibbs lo riscossero dai
suoi
pensieri e si accorse che tutti lo stavano fissando.
-
Va bene. Andate – disse ai due ragazzi esortandoli ad
arrampicarsi
sulla scaletta.
-
Sganciamoci – ordinò poi alla ciurma che
iniziò anche a vogare
per spingersi dal lato opposto.
-
Bé: io non mi sento vecchio! - asserì Pintel
ripensando alle parole
di Tia Dalma.
-
Neanche io!E poi quelli non hanno mai fatto un arrembaggio! - lo
assecondò Ragetti, anche lui offeso perché il
capitano non aveva
affidato loro quel compito.
-
Proprio così – proruppe Barbossa che li aveva
sentiti. - Dunque,
se si faranno scoprire, gli uomini a bordo saranno troppo impegnati
per occuparsi di noi – sostenne con faccia furba e gli altri
risero, mente Gibbs capì che il maturo bucaniere non aveva
perduto
la sua cattiveria o forse la ostentava per far presa su quei
disgraziati.
In
attesa di un segnale che permettesse loro di capire quando entrare in
azione, Will ed Elizabeth erano rimasti aggrappati alla scaletta che
pendeva dal lato sinistro, una posizione rischiosa e difficile da
mantenere. Will non poteva fare a meno di osservare l'amata,
così
vicina eppure persa in chissà quali pensieri. Fu
più forte di lui
rivolgerle la parola: - Elizabeth...io... - la sua voce era appena un
sussurro e si spezzò non appena i loro occhi si incontrarono.
-
Non è il momento!Vuoi farci scoprire prima del tempo? - lo
interruppe lei usando lo stesso volume di voce ma con un timbro
autoritario.
-
Hai ragione – ammise il ragazzo; voleva sperare che ci
sarebbero
stati altri momenti in cui dirle che l'amava, al di là di
tutto.
Trascorsi una manciata di minuti udirono la solita canzone intonata
da Gibbs e le voci di quelli sul ponte.
-
Hey, Ted: hai sentito? - chiedeva uno con apprensione.
-
Sentito cosa? - rispondeva un altro seccamente.
-
Una voce – tornò a dire il primo.
-
Hai bevuto, amico! - lo derise il compagno.
-
Dico sul serio! - affermò quello arrabbiato.
-
Noo!È inutile che provi a mettermi paura , Sid! -
dichiarò con
convinzione l'altro, scettico – Io non ci credo alle storie
dei
velieri fantasma!
-
Era un canto! - specificò il primo.
-
Oh!Allora si trattava di una sirena, magari! - lo derise ancora il
compagno.
-
No!Era una voce brutta...da uomo! - lo informò.
-
Una sirena stonata! - continuò quello ridendo divertito.
-
Smettila! - lo riproverò il compare, risentito. - Ecco: di
nuovo!Lo
hai sentito adesso?
Will
si sporse dal parapetto tanto quanto bastava a poter vedere cosa
stesse accadendo sul ponte. Vide due uomini di spalle che si
avvicinavano furtivi al parapetto del lato opposto, mentre un altro
stava al timone, posto su un ponte più in alto a poppa,
impegnato a
consultare carte e strumenti.
-
Ora! - affermò Elizabeth che aveva copiato il fidanzato
mettendosi
anche lei ad osservare la situazione, e così dicendo
scavalcò
velocemente la ringhiera seguita dal ragazzo.
Avanzando
l'uno accanto all'altra raggiunsero il timoniere mentre gli altri due
marinai erano ancora distratti a cercare chi stesse cantando. I due
lentamente si avvicinarono alle spalle dell'uomo: Elizabeth
sguainò
la spada e gli pose un braccio attorno al collo, Will estrasse
rapidamente la pistola dalla cintura e gliela piantò dritta
in mezzo
alla schiena facendolo sobbalzare.
-
Non una parola e avrete salva la vita – lo ammonì
Turner.
-
Chi siete?Che volete? - sussurrò il marinaio tentando di
voltarsi.
-
Provate ad indovinarlo da voi – rispose la ragazza
mascherando la
voce.
-
Bisognerà legarlo e imbavagliarlo –
constatò Will.
-
E poi penseremo a quei due – aggiunse la giovane dopo aver
dato un
rapido sguardo al ponte.
-
Ma come? - si chiese il ragazzo vedendo comparire sul volto della
fidanzata un sorriso arguto.
-
Toglietevi i calzoni – ordinò la fanciulla
all'uomo.
-
Perché?!No! - protestò quello. Will non colse
immediatamente le
intenzioni della ragazza ma, fidandosi di lei, minacciò il
timoniere
facendo scattare il caricatore della pistola: - Fate come ha detto e
presto! - lo esortò spostando l'arma alla tempia del
malcapitato. Al
contempo questo fu tirato indietro dalla balconata e spinto verso la
parete di legno su cui si aprivano le porte che conducevano nelle
cabine di comando, di modo che gli altri non si accorgessero di
quanto stava accadendo.
Mentre
l'uomo sotto minaccia stava eseguendo quell'ordine che gli appariva
bizzarro e umiliante, Elizabeth osservando il pugnale di Will
domandò
a questo: - Me lo presteresti?
Lui
annuì consegnandoglielo: - Va bene – quindi la
ragazza strappò
dalle mani del marinaio i pantaloni che questo si era appena tolti e
li fece a brandelli con la lama ottenendo delle strisce per poi
usarne una come bavaglio e un'altra, con l'aiuto del ragazzo, per
legare i polsi dell'ostaggio.
-
Certo che ne hai letti di libri sui pirati! - esclamò Will
stupito e
ammirato.
-
Abbastanza – rispose lei stringendo un'altra striscia di
tessuto
attorno alle caviglie di quello che continuava a farfugliare
inutilmente e a muoversi al punto da cadere a terra su un fianco.
-
Maledetti!Ma tanto fra qualche minuto dovrete vedervela con i miei
colleghi!sta per iniziare il nuovo turno di guardia! -
riuscì a dire
essendosi spostato il laccio che gli bloccava la bocca.
-
Dobbiamo sbrigarci allora – dichiarò Will
rimettendo a posto il
bavaglio. D'un tratto gli altri due marinai, che fino ad allora erano
stati distratti a scoprire la provenienza di quella voce che intonava
la canzone, si accorsero dei due intrusi e li fermarono sulle
scalette della balconata del timone.
-
Hey, voi chi siete?! - sbraitò uno al loro indirizzo.
-
Che cosa avete fatto a Mark?! - lo seguì l'altro
più impaurito.
I
giovani estrassero prontamente le sciabole e nello stesso momento
videro alle spalle dei marinai del mercantile i loro compagni di
viaggio che erano nel frattempo saliti a bordo: - Non vi spaventate
signori: vogliamo soltanto invitarvi a cambiare imbarcazione! -
pronunciò Barbossa. I due malcapitati si voltarono e,
trovandosi
circondati dai pirati e disarmati, alzarono le mani terrorizzati
dalle pistole e dalle spade puntate contro di loro.
-
Stanno per arrivare quelli del nuovo turno di guardia – disse
Will.
Il capitano fece un cenno e subito Pintel e Ragetti afferrarono i due
ostaggi legandoli e imbavagliandoli con quel che restava dei
pantaloni del timoniere che porse loro Elizabeth: - Lì ce
n'è un
altro – li avvertì poi la ragazza. Allora capirono
da dove avesse
preso quegli insoliti lacci.
-
Mettiamoli su quella scialuppa! - ordinò Barbossa, ricevendo
l'aiuto
di tutti gli uomini. I marinai, impossibilitati a muoversi, furono
caricati di peso su una scialuppa che venne calata in mare con
l'utilizzo delle apposite funi.
-
Entriamo, adesso – suggerì Tia Dalma che durante
il tempo
dell'operazione era rimasta ad origliare sulla porta della cabina,
affiancata da Elizabeth. Con circospezione i pirati si incamminarono
dietro la donna che venne immediatamente superata da Barbossa, e
proseguirono uno dietro l'altro; a chiudere la fila era Will.
Attenti
ad ogni minimo rumore o bisbiglio proveniente dagli alloggi,
continuarono a scendere verso la stiva; dentro era buio pesto, le
poche torce si erano del tutto consumate o emanavano una luce
più
che flebile, aumentando il nervosismo di tutti che a stento
riuscivano ad intravedere le proprie ombre, le pareti e le scalette
che di tanto in tanto si aprivano sotto i loro piedi. Dopo pochi
minuti ai loro passi, appena accennati sulle assi di legno, se ne
aggiunsero altri, più decisi e svelti che avanzavano
avvicinandosi
pericolosamente.
-
C'è qualcuno! - sussurrò Ragetti.
-
Appoggiatevi alla parete – mormorò Barbossa.
L'incedere di quello
sconosciuto si arrestò di colpo: - Chi c'è? -
chiese con un filo di
inquietudine. Senza pensarci due volte il maturo filibustiere lo
stordì con il calcio della pistola: - Muovetevi! - disse
quindi agli
altri sospingendoli a correre verso la stiva e richiudendo la porta
quando furono tutti dentro.
La
ciurma del mercantile stava lentamente risvegliandosi e, man mano che
ogni marinaio usciva dalla propria cabina, il brusio aumentava
propagandosi fino al fondo della nave. Così alle orecchie
dei
passeggeri clandestini giunsero le parole degli uomini di bordo: -
Che cosa è successo qui? - urlava uno.
-
Qualcuno mi ha colpito! - gridava un uomo. Quindi passi veloci che
salivano sul ponte e voci sempre più confuse e lontane. Il
comandante, constatata la mancanza di una scialuppa e di tre marinai,
concluse che c'era stato un ammutinamento, cosa che succedeva
abbastanza spesso su quelle navi. Poi, pian piano, tutto
tornò alla
normalità fra i marinai del mercantile, ma gli animi dei
pirati, che
si erano nascosti nella stiva restando immobili sul pavimento umido, erano piuttosto agitati.
-
Così ce ne staremo qui, come topi! - sbottò
Pintel d'un tratto. -
Non è un gran miglioramento!
-
Neanche io sono contento! - gli fece eco Ragetti – Stavo
imparando
un po' di francese... - aggiunse con rammarico.
-
Quello ci avrebbe venduti! - intervenne Gibbs, piuttosto seccato
dallo strano modo di ragionare di quei due che spesso sembrava non
capissero la precarietà della loro situazione.
- Aveva
dato la sua parola... - tornò a parlare Ragetti dopo qualche
secondo.
Ma
prima che Gibbs si intromettesse di nuovo ci pensò Pintel ad
ammonire il compare: - Dumont non è un pirata!Non ci si
poteva
fidare! - a quell'ultimo rimproverò seguì un
silenzio rotto questa
volta da Tia Dalma: – Barbossa, quanto pensi che possiamo
restare
qui, al buio, tutti insieme? - domandò con insofferenza.
-
In effetti stavamo per arrivare; ormai potevamo restare sulla Tempete
– asserì Elizabeth.
-
Donne! - commentò Barbossa – Vi siete lasciate
abbindolare da quel
ridicolo cialtrone!
-
Avevamo una cabina, almeno – gli fece notare la veggente.
-
E aria e luce! - la assecondò la giovane aristocratica.
-
Sentite … - cominciò allora il pirata alzando la
voce accompagnato
dalla scimmietta.
-
Non mi sembra il caso di gridare, signore – si fece avanti
Gibbs ma
tutti vennero interrotti dal rumore di colpi battuti sul legno dello
scafo.
-
Chi è? - si lamentò il pappagallo di Cotton.
-
Siamo sott'acqua – proferì Will e i battiti
cessarono.
-
Ah, eravate voi, allora – sentenziò Barbossa
adirato –
Complimenti!Volete farci scoprire?
-
Mi pareva che anche voi vi stavate impegnando a fare lo stesso
–
sostenne quello.
Il
filibustiere detestava ammetterlo ma quel giovane fabbro aveva
ragione: si era fatto trascinare ancora una volta dalla sua vena
irascibile.
- Che
proponete di fare? - gli chiese con tono sarcastico, tanto che non si
aspettava una risposta tanto seria come invece fu quella di Turner: -
Per prima cosa bisogna trovare una lampada così da poter
vedere
esattamente dove siamo.
-
Molto bene – affermò il pirata - Mastri Pintel e
Ragetti a questo
penserete voi.