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Autore: Claire Penny    17/04/2016    2 recensioni
[REVISIONATA]
C'era una volta una principessa.
Ora non più.
A sostituire la dolce, graziosa e bellissima fanciulla di sangue blu, adesso c'è un'anonima, goffa ed ingenua adolescente, con un'incredibile propensione a ficcarsi nei guai e desiderosa di darsi alla ribellione tipica della gioventù.
C'era una volta il principe azzurro.
Un nobile rampollo, alto, gnocco e affascinante, sempre pronto a salvare la vita alla bella di turno in sella al fedele destriero? Seh, una volta, forse.
Al suo posto ora c'è un misterioso, solitario ed asociale studente dal fascino tenebroso, circondato da un'aura che emana pericolo.
Ah, dimenticavo di aggiungere che è perennemente assetato di sangue, preferibilmente quello della sopracitata giovane donna. Contemporaneamente però, scopre di esserne innamorato.
Ora, chi di voi ragazze non ha mai sognato di vivere in una "fiaba moderna" con questi presupposti? Sembra tutto incredibilmente romantico, non è vero? Bene, vi posso assicurare che di romantico qui c'è ben poco.
Come lo so? Beh, perchè io, Serena Dale, e le mie amiche, ci siamo passate.
E credetemi, le nostre storie vi faranno sicuramente cambiare idea sui moderni principi azzurri.
Genere: Satirico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serena non pensava a nulla. La sua mente si limitava a registrare quanto le succedeva intorno, senza formulare alcun pensiero al riguardo.
Sentiva la musica, il cui volume sembrava alzarsi sempre di più, fino a coprire quasi del tutto le voci intorno a lei. Si muoveva seguendo il ritmo, imitando i passi degli altri ragazzi che si scatenavano in pista, come se si trovasse lì semplicemente per la loro stessa ragione: divertirsi. Guardava le sue vecchie compagne di squadra che ballavano e ridevano con lei come se facesse ancora parte del loro gruppo. Come se l’ultimo anno e mezzo non fosse mai esistito.
Serena aveva deciso di concedersi il tempo di quella canzone per fingere di essere ancora la vecchia sé stessa un’ultima volta e dimenticare tutto il resto.
Certo, la Serena di una volta non si sarebbe mai presentata al ballo senza un vestito accuratamente scelto e, soprattutto, senza un cavaliere, ma di questo non sembrava importare minimamente a qualcuna delle altre, nonostante loro fossero tutte provviste di accompagnatore. Quando Sophie e Becky l’avevano notata ai bordi della pista mentre sorseggiava un bicchiere di quello che aveva ufficialmente eletto come il peggior punch della Storia e l’avevano raggiunta, non le avevano chiesto nulla, se non di unirsi a loro. E lei, nonostante fino a quel momento si fosse ripetuta che l’unica ragione per cui si trovava lì era salvare la vita a Kelly, non aveva saputo dire di no alla prospettiva di avere un ultimo assaggio della vita che aveva vissuto per buona parte dei suoi anni alle superiori.
Perché nonostante tutto ciò che aveva vissuto in quell’assurdo ultimo periodo, nonostante quello che aveva suo malgrado imparato, nonostante tutte le persone più o meno simpatiche che aveva avuto modo di conoscere, aveva amato quella vita. Ragion per cui aveva deciso che le avrebbe dato l’addio definitivo solo dopo quella canzone, un’orecchiabile pezzo pop che negli ultimi tempi aveva sentito spesso passare alla radio e di cui molto probabilmente nel giro di qualche mese quasi tutti avrebbero dimenticato.
Verso la fine del brano, Sophie prese una mano a Serena e le fece fare un’impeccabile piroetta con tanto di casquè, gesto che fece guadagnare loro applausi e gridolini da parte delle altre cheerleader e dei loro ragazzi.
A quel punto, il dj annunciò che la traccia successiva era dedicata a tutte le coppie ed invitò quindi tutti i presenti a portare il proprio partner in pista. Mentre le note di “the only exeption” dei Paramore si diffondevano nella sala, Serena decise di approfittare di quel momento per andare in bagno a darsi una rinfrescata ed evitare di doversene stare da sola in un angolo ad assistere al momento più melenso della serata.
Mentre lasciava la pista, con sua grande sorpresa notò che tra le coppie che si erano formate, ce n’era una composta da Em e David Turner, entrambi tanto imbarazzati quanto impacciati a ballare. Lui in particolare, cingeva la vita di Em in modo adorabilmente goffo, come se avesse paura di farle male. Davanti quella scena, Serena non poté fare a meno di sorridere tra sé per la tenerezza che suscitava.
Curiosamente, il bagno delle ragazze era quasi vuoto. Nessun gruppetto di studentesse riunito a scambiarsi i pettegolezzi dell’ultim’ora, nessuna ragazza dal cuore infranto che piangeva standosene chiusa in uno dei cubicoli o che veniva consolata da qualche sua amica, nessuna paranoica del make-up che, davanti allo specchio, controllava lo stato del proprio eyeliner per la quattrocentesima volta. Oltre a lei c’era solo una ragazzina impegnata a lavarsi le mani.
Avvicinandosi però, la giovane si accorse che quell’anonima ragazzina, che indossava con un semplice vestito nero senza maniche di una taglia di troppo che le arrivava fino a sotto le ginocchia ed un paio di scarpe con il tacco basso, altri non era che Mary Annabelle. La sola ragione per cui Serena non l’aveva riconosciuta subito era che i suoi capelli castani erano sciolti e acconciati in tanti morbidi boccoli, anziché raccolti nella solita coda di cavallo.
La ragazza non poté fare a meno di notare come persino il lato “elegante” della sua ex-rivale in amore fosse incredibilmente sciatto e privo di personalità, esattamente come tutto il resto che la riguardava.
Serena, facendo finta di niente, si piazzò davanti allo specchio per controllare la situazione del leggero strato di trucco che aveva messo al posto dello spesso strato di fondotinta, delle ciglia finte, dal rossetto dalla tonalità esagerata e da tutto quello che in passato era stata abituata a spalmarsi in faccia nelle occasioni come quella.
Ad un certo punto però, con la coda dell’occhio, notò che Mary Annabelle la stava osservando di sottecchi.
Quest’ultima, quando si accorse di essere stata notata, si affrettò a distogliere lo sguardo, chiaramente imbarazzata, e a dirigersi verso l’asciugamani elettrico, riempendo il pesante e gelido silenzio di quella stanza con il pesante e fastidioso rumore prodotto dal dispositivo. Di certo, una volta finito, non si sarebbe mai aspettata di voltarsi e trovarsi faccia a faccia con Serena che, a meno di un metro da lei, la fissava indecifrabile e in modo decisamente più diretto della breve occhiata che le aveva rivolto poco  prima. Quando se ne accorse, Mary Annabelle sussultò e Serena vide la paura impossessarsi del suo sguardo. Per uscire dal bagno avrebbe necessariamente dovuto passare accanto alla ex del suo ragazzo, la quale le bloccava il passaggio mentre continuava a guardarla in silenzio, come in attesa di qualcosa.
Dallo sguardo della ragazzina, Serena intuì che probabilmente stava cercando di scegliere tra le uniche due opzioni a sua disposizione: mettersi a urlare per attirare l’attenzione di qualcuno – come ad esempio Tristan – o affrontarla apertamente. Osservandola mentre cercava di mantenere un atteggiamento dignitoso nonostante le si leggesse chiaramente la paura, anzi, il terrrore negli occhi, la ragazza non poté fare a meno di notare quanto in quel momento Mary Annabelle sembrasse più piccola ed indifesa che mai.
-Stai tranquilla, non ti mangio- esordì Serena.
Mary Annabelle continuò a guardarsi intorno con discrezione, probabilmente valutando le possibili vie di fuga.
-Volevo solo scambiare due parole con te, visto che se n’è presentata l’occasione- continuò la ragazza. –Poi ti lascerò tornare a vivere la tua serata da sogno con il tuo solo e grande amore, non preoccuparti-.
-Sinceramente, non credo che noi due abbiamo niente da dirci. Non ti conosco nemmeno- rispose Mary Annabelle, tentando di rendere il suo tono risoluto. Tentativo reso però vano dal suo sguardo, che tradiva la sua agitazione. Non riusciva infatti a sostenere quello di Serena per più di un paio di secondi.
-Oh, andiamo, sappiamo tutte e due che non è vero. Sai benissimo chi sono, così come io so chi sei tu, Mary Annabelle-
-Anna, per favore- la corresse la ragazzina. Con il tono piatto e quasi rassegnato di chi è ormai abituato a puntualizzare quella correzione. –Chiamami solo Anna. Odio il mio nome-
-Curioso- commentò Serena. –Per quanto ne so, a Tristan invece piace molto. Una volta l’ha definito…-
-“Meravigliosamente melodioso”- completarono le due ragazze, all’unisono.
-Lo so, me lo ripete ogni volta che tocchiamo l’argomento. È un po’ irritante- ammise Anna.
-Oh, lui ama ripetersi. Ogni volta in cui commettevo l’errore di proporgli di fare qualcosa di diverso, di uscire un po’ dalla routine, di provare cose nuove, mi propinava il suo famoso discorso sulla fragilità umana, sull’incoscienza dei mortali, sul fatto che i giovani come noi tendono a non riflettere mai sulle conseguenze, esponendosi così ad innumerevoli rischi, eccetera. Sempre le stesse parole. Non cambiava nemmeno un avverbio-.
Dall’occhiata che le rivolse Anna, Serena capì due cose molto importanti: che stava iniziando ad abbandonare la convinzione che fosse lì per ucciderla e che molto probabilmente Tristan non aveva perso l’abitudine di demolire l’autostima delle sue ragazze tramite i suoi pallosi monologhi sulle sostanziali differenze tra umani e vampiri, mettendo bene in chiaro quale secondo lui fosse la specie superiore.
-Senti, lo so che probabilmente sono l’ultima persona che dovrebbe parlarti a questo proposito; ovviamente sarai liberissima di non ascoltarmi ma mi sono trovata nei tuoi panni e, che tu ci creda o no, non ci tornerei nemmeno in cambio dell’immortalità. Beh, ovviamente mentirei spudoratamente se ti dicessi che non ti ho mai odiato, o invidiato, o che non ho fantasticato sui modi più disparati per ammazzarti, o scritto il tuo nome accompagnandolo ad una serie di aggettivi poco gratificanti sul muro del bagno del primo piano. A proposito, di quello mi sono pentita, ero in un brutto momento. Ti chiedo scusa-.
La ragazzina poteva anche aver capito che Serena non aveva intenzione di farle del male, tuttavia, osservando la sua espressione era facile intuire quanto fosse perplessa e confusa dalle parole della ex del suo ragazzo.
-Ehm, okay- rispose, incerta.
-Lo so, sto usando troppi giri di parole ma non mi aspettavo di avere la possibilità di parlarti e quindi non mi ero preparata un discorso. In breve, il punto è questo: sin dalla prima volta che ti ho visto – che ti ho visto in compagnia di Tristan, altrimenti non credo che ti avrei mai notata – mi sei sembrata la ragazzina più patetica di tutto il pianeta Terra. Anonima, insignificante, scialba sia nell’aspetto che nel carattere, la perfetta rappresentazione della mediocrità. E sai qual è la cosa che più tra queste ti rende tremendamente irritante? Il fatto che in tutto ciò tu sembri tentare a tutti i costi di sentirti a tuo agio, di farti andare bene questa insipida realtà a prescindere-.
Serena esaminò il volto della ragazzina, cercando di leggervi le emozioni che stava provando di fronte alle sue parole. Vi trovò l’indecisione. Anna era talmente impreparata a ricevere critiche così pesanti e per di più da parte sua, da ritrovarsi confusa davanti alla scelta sulla reazione da tenere a seguito di quelle parole, ossia: mettersi semplicemente a piangere o arrabbiarsi ed insultarla a sua volta.
-So che sei relativamente nuova, qui- continuò imperterrita Serena. –Ti sei trasferita la scorsa primavera. Fortunatamente non mi sono mai trovata in una situazione del genere ma sono certa che non dev’essere stata un’esperienza piacevole. Voglio dire, essere costretti lasciare i propri amici a metà dell’anno scolastico e ritrovarsi di punto in bianco in una nuova scuola piena di sconosciuti, specialmente se non hai un carattere particolarmente estroverso, non dev’essere affatto semplice. Se mi fossi trovata al tuo posto, l’ultima cosa che avrei desiderato accadesse fosse diventare l’invisibile succube di un ragazzo, a prescindere dalla specie di appartenenza di quest’ultimo, e onestamente credo nemmeno tu abbia mai aspirato ad un ruolo simile. Scommetto invece che la mattina del tuo primo giorno in questa scuola tu ti sia alzata un’ora prima solo per scegliere con cura i vestiti da mettere e prepararti a dovere e magari anche per fare qualche prova allo specchio su come ti presentarsi agli altri. Sono certa che tu sia entrata in questo edificio in ansia, spaventata, col cuore a mille, ma nonostante tutto decisa a mostrarti affabile, sorridente e sicura di te perché, si sa, di prima impressione ce n’è una sola e nessuno vuole trascorrere gli anni del liceo a pranzare da solo nel tavolo vuoto vicino ai bidoni della spazzatura. Per quanto certa gente cerchi in ogni modo di mostrarsi cinica, insofferente verso chiunque, a suo agio nella solitudine, la verità è che ognuno di noi ha disperatamente bisogno di qualcuno al suo fianco-
-Ma io ho qualcuno- intervenne Anna, rianimata dalle ultime parole di Serena. –Ho Tristan, che ti piaccia o meno. Ed è stato proprio lui, all’inizio della nostra storia, a mettermi in guardia su di te. Mi aveva detto che, semmai avessi provato a parlarmi o a metterti in contatto con me in qualche modo, non avrei dovuto credere ad una sola parola di quello che avresti detto perché non riuscivi ad accettare la fine della vostra relazione ed eri completamente fuori…-
-Sto parlando di qualcuno che ti faccia stare bene, che sia lì per te quando hai bisogno senza secondi fini, qualcuno che non si ritiene migliore di te, ma allo stesso livello e che non s’impegni costantemente a distruggere la tua autostima, ma che ti apprezzi semplicemente per come sei- la interruppe Serena. –E comunque, come ti ho detto prima, sei libera di non ascoltarmi e dimenticare tutto quello che ti sto dicendo non appena sarai uscita da quella porta. Ad essere sincera, non m’importa molto di cosa deciderai di fare, una volta che sarai tornata da Tristan. La sola ragione per cui ti sto dicendo tutto questo è che guardandoti mi sembra di rivedere me stessa ai tempi in cui ero io l’ombra di quel disgraziato e guardandoti  mi rendo finalmente conto di quanto fossi caduta in basso. Io però mi sono dovuta risollevare da sola. Nel mio caso nessuno è venuto a sbattermi la verità in faccia, almeno all’inizio. Ora, tu puoi scappare e cercare in ogni modo di dimenticare quello che ti ho detto, magari rifugiandoti subito tra le braccia di Tristan, così da poterti ancora illudere che lui sia il grande amore della tua vita e che io sia solo una povera pazza in pieno esaurimento nervoso, ma quando ti renderai conto di quello che stai facendo a te stessa – e succederà prima o poi – non potrai dire che nessuno ti aveva avvisata. Non avrai il diritto a rifugiarti in questa scusa, tienilo a mente-.
A seguito di queste parole, Serena fissò per alcuni secondi il volto offeso e confuso della ragazzina, dopodiché si voltò verso lo specchio e continuò ad esaminare lo stato del proprio trucco come se niente fosse accaduto. Accanto a lei, Anna fissava un punto imprecisato davanti a sé, incapace di reagire, esattamente come aveva previsto Serena. La ragazza aveva appena espresso i suoi pensieri senza censure, andandoci giù in modo davvero pesante e ammettendo anche di averla insultata pubblicamente tramite la scritta sul muro del bagno che tutta la parte femminile dell’istituto aveva avuto modo di leggere…e Anna non aveva minimamente provato a difendere quel che rimaneva della sua dignità – sempre ammesso che gliene fosse rimasta. Certo, aveva tentato di dire qualcosa non appena Serena aveva alluso alla relazione con Tristan, ma quest’ultima era sicura che, più che un goffo tentativo di tenerle testa, quelle parole fossero una risposta pronta a cui il vampiro l’aveva preventivamente preparata tramite lavaggio del cervello, nel caso in cui la sua bella si fosse trovata in una situazione come quella che avevano appena vissuto.
Dopo qualche secondo di indecisione, Anna si diresse verso la porta senza dire una parola, probabilmente decisa a tornare il più presto possibile dal suo cavaliere e di dimenticare quell’incontro, proprio come aveva previsto Serena.
-Ah, dimenticavo- aggiunse quest’ultima, senza distogliere lo sguardo dallo specchio. –Ho sentito che stavate pensando di celebrare il matrimonio dei vampiri, stasera dopo la festa. Non so se sia effettivamente vero, considerata l’attendibilità della fonte da cui ho avuto la notizia, ma ti consiglio di riflettere con calma prima di accettare il morso che ti trasformerà in una pallida principessina immortale. Non crescerai mai più né fisicamente, né emotivamente, ciò significa che resterai una ragazzina immatura per l’eternità; inoltre, per il Vincolo del Creatore, sarai costretta ad obbedire per sempre ad ogni ordine che t’impartirà Tristan, a prescindere dal fatto che stiate insieme o meno. Fossi in te ci penserei un po’ su. Buona serata-.
Anna, che si era fermata mentre era già sulla soglia, aprì e richiuse la bocca un paio di volte, cercando invano una frase d’effetto con cui controbattere. Come prevedibile, non la trovò e alla fine si limitò ad uscire dal bagno in silenzio.

***

Kelly sembrava un fantoccio. Una marionetta i cui fili venivano tirati da Elijah che, elegantissimo nel suo completo nero, non la perdeva di vista un attimo e non si allontanava mai da lei per più di un metro.
Dopo averli osservati attentamente per un po’, Aly ebbe la conferma definitiva del timore che aveva espresso agli altri quando, poco dopo il suo inaspettato arrivo al ballo, l’avevano messa al corrente del piano: Eli era troppo sveglio per farsi fregare da un branco di ragazzine che potevano contare sul solo aiuto di un vampiro ed un sicario.
La giovane distolse per un attimo lo sguardo dalla “coppietta felice” e lanciò un’occhiata a Violet, la quale stava portando avanti una conversazione con due ragazze che frequentava abitualmente prima di incontrare James.
James. Quel nome riecheggiò di nuovo nella sua mente assieme a buona parte dei ricordi che lo riguardavano, in particolare quelli di poco prima, nonostante i continui tentativi di Aly per riuscire a tenere i suoi pensieri lontani da lui, da quello che ormai era ufficialmente e definitivamente diventato il suo ex.
In un certo senso tutto ciò aveva un che di ridicolo: lui l’aveva usata come surrogata della donna che veramente amava, si era preso gioco dei suoi sentimenti, aveva sfruttato ogni suo punto debole e ogni momento in cui si era sentita vulnerabile a suo vantaggio, l’aveva irrimediabilmente plagiata per poi abbandonarla e tornare solo dietro richiesta, o meglio, ordine di Xavier e, nonostante questo, lei aveva smesso di considerarlo il suo ragazzo solo quando non aveva avuto altra scelta se non quella di realizzare una volta per tutte che James non l’amava.
La cosa che più si rimproverava Aly però, era quella di essere dovuta arrivare al limite, prima di riuscire finalmente a rendersi conto che per tutto quel tempo aveva preferito inventare e credere alle storie più assurde pur di rifiutarsi di vedere come stavano davvero le cose.
-Strana serata, non è vero?- esordì una voce familiare accanto a lei.
Aly si voltò verso la voce, trovandosi faccia a faccia con l’ultima delle persone che si sarebbe aspettata di incontrare quella sera.
-Ciao, Rachel- la salutò, incerta.
Sia lei che le altre non avevano più parlato con Rachel ed Elise, in seguito al memorabile ceffone che Clare aveva rifilato alla migliore amica della ragazza che le stava accanto. Non che avessero lasciato qualche questione in sospeso: durante l’ultimo incontro a cui avevano partecipato, proprio a casa di Aly,  Elise era stata estremamente chiara riguardo a ciò che pensava del club e dopo quel giorno aveva anche tolto il saluto a tutte loro, imponendo quella decisione anche a Rachel.
-Ciao Alyssa- ricambiò la ragazza. –Scusami se compaio così all’improvviso, ma potrei parlarti un momento? Si tratta di una questione piuttosto urgente-.
Aly lanciò prima un’occhiata a Violet, la quale sembrava ancora presa dalla conversazione con le altre sue compagne, e poi un’altra alle spalle di Rachel, cercando Elise nei paraggi. Contrariamente a quanto immaginava, non la trovò. Da quando aveva conosciuto le due ragazze, era la prima volta che non le vedeva insieme e, cosa ancora più strana, era la prima volta che la remissiva, timida ed insicura Rachel veniva a parlarle di sua spontanea volontà. Davanti a quell’insolita circostanza Aly si insospettì, ma cercò di non dare a vedere i suoi dubbi e decise di assecondare la ragazza.
-Certo- acconsentì. –Di che si tratta?-
Rachel, per tutta risposta, si guardò intorno con circospezione, gesto che contribuì ad alimentare i sospetti di Aly.
-Non qui- rispose infine. –Vieni con me-.
Le due ragazze uscirono dalla sala ed imboccarono il corridoio che dalla palestra portava all’atrio principale della scuola. Immerso nella semi-oscurità e nel silenzio, l’ambiente in cui erano abituate a trascorrere sei ore quasi ogni giorno assumeva un aspetto alquanto tetro e Aly si ritrovò a pensare che quel corridoio così grande e vuoto che sembrava perdersi nel buio sembrava il luogo perfetto in cui ambientare l’inquietante scena che nei film horror precedeva l’apparizione del serial killer. Inoltre, due normali ragazze che avevano lasciato la sala della festa isolandosi dal resto dei loro compagni proprio durante la notte di Halloween, assomigliavano fin troppo allo stereotipo delle vittime predilette nei film di quel genere.
La schiena di Aly venne attraversata da un brivido che non aveva niente a che fare con il freddo, ma che tentò di ignorare.
-Ti confesso che è stata dura raccogliere il coraggio necessario per venire qui stasera- iniziò Rachel, distraendo l’altra ragazza dai suoi pensieri. –Ma dovevo farlo. È il minimo, dopo quello che ho combinato-.
A quelle criptiche parole, l’attenzione e la curiosità di Aly si acuirono ulteriormente.
-Cos’avresti fatto?- chiese allora.
Rachel abbassò lo sguardo sul pavimento di linoleum, prima di ricominciare a parlare.
-Vi ho tradito- disse, con voce appena udibile. –Ho fatto il doppio gioco. Ho preso in giro voi quattro e anche Elise-.
Davanti a quell’inaspettata confessione, Aly restò basita. Non ebbe però il tempo di chiedere a Rachel di cosa stesse parlando, perché la ragazza continuò a parlare senza alzare lo sguardo di un solo centimetro, proprio per evitare di dover affrontare direttamente la reazione scaturita dalla sua amissione.
-Non l’ho fatto di proposito o, per meglio dire, non l’ho fatto di mia volontà. All’inizio dell’anno scolastico Will mi ha costretta a dire in giro che ci eravamo lasciati e a fingermi profondamente turbata e depressa per questo. Dopo che la notizia ha cominciato a diffondersi, lui ha preteso che ne andassi a parlare con Serena perché mi invitasse alle sedute del club e così è stato. Quello che non aveva programmato Will era che Xavier lasciasse Elise proprio in quegli stessi giorni e che lei mi chiedesse di potersi unire a sua volta al gruppo. Non credevo che la sua presenza sarebbe stata un problema, anzi, ero convinta che avrebbe aumentato la mia credibilità, invece, come al solito, ho fatto male i conti e non mi sono minimamente preoccupata del fatto che Elise si è sempre dimostrata molto più sveglia di me. Dopo qualche tempo ha cominciato ad accorgersi che qualcosa non andava ed ha quindi ha cominciato a sorvegliarmi fino al giorno in cui mi ha sorpresa a parlare con Will. Ovviamente non mi ha affrontata subito, probabilmente aveva intuito che se mi avesse rivelato di aver scoperto il mio segreto, io sarei stata obbligata a dire tutto a Will, quindi ha organizzato quella scenata davanti a voi per riuscire ad allontanarmi dal gruppo ed essere certa che non mi avreste più cercata. Sono venuta a sapere tutto questo solo qualche giorno dopo quella famosa discussione e la ragione per cui non ve ne ho mai parlato fino ad ora è, ovviamente, Will. Lui mi ha soggiogata per costringermi a fare tutto questo e perché non rivelassi niente nel caso in cui mi fossi pentita, cosa che è successa poco dopo avervi conosciute. Con la morte di Will il vincolo del soggiogamento è stato spezzato, tuttavia non riuscivo a trovare il coraggio di affrontarvi, dopo il modo in cui ci eravamo lasciate. Ero certa che non mi sareste mai state a sentire-.
Dopo essersi tolta finalmente il peso del segreto che si era portata appresso per troppo tempo, Rachel si appoggiò contro gli armadietti accanto a cui si trovava e si lasciò andare ad un lungo sospiro liberatorio, alla fine del quale trovò finalmente la forza per alzare lo sguardo verso Aly. Quest’ultima notò subito che gli occhi della ragazza erano arrossati e acquosi, come se stesse per piangere.
-Ma perché? Perché a Will interessavano gli affari del gruppo?- chiese Aly. Tra tutti i vampiri invischiati in quella sempre più complessa vicenda, aveva sempre visto Will come quello che ricopriva il ruolo più marginale, almeno fino ad un’ora prima, quando le altre le avevano detto che era stata Violet ad ucciderlo per difendersi dal suo tentativo di eliminarla. A quel punto, il quesito sorgeva spontaneo: chi era davvero William McKellen?
-Elise ha scoperto anche questo- proseguì Rachel. –Ha detto di aver “indagato” personalmente su Will poiché si era posta le stesse domande. In questo modo è venuta a sapere qualcosa che credo nessuno avrebbe mai immaginato: Will era a sua volta obbligato ad eseguire gli ordini di qualcun’altro-
-Fammi indovinare- intervenne a quel punto Aly che, a seguito di quelle parole, fu vittima di un déjà-vu piuttosto recente. –Per caso si trattava di Xavier che cercava di distruggere il nostro gruppo dall’interno? Ho sentito una storia simile, giusto un paio d’ore fa-
Inaspettatamente però, Rachel scosse la testa. –Lo credevo anch’io. Del resto Xavier è il creatore di Will e, in quanto tale, sarebbe dovuto essere l’unico a poter obbligarlo a fare qualcosa. Invece Elise ha scoperto che non si trattava di un semplice ordine di questo genere: Will era a sua volta soggiogato. Da Elijah-.
Quell’informazione scosse Aly più di quanto non avesse fatto tutto il resto. Per quanto ne sapeva, era impossibile per un vampiro soggiogare un suo simile. James le aveva spiegato dettagliatamente il motivo diverso tempo addietro e, anche se in quel momento non riusciva a ricordare a memoria tutti i meccanismi per cui tale azione risultava impossibile, uno lo aveva ben chiaro: la mente degli umani e delle altre creature viventi era più malleabile rispetto a quella dei vampiri che, essendo parzialmente “morti”, non producevano onde cerebrali, o le producevano  in maniera diversa. In parole povere era come se la loro mente fosse criptata e quindi protetta da ogni possibile influenza esterna.
Aly era sul punto di esporre i suoi dubbi a Rachel, quando ricordò quello che le avevano detto le altre poco prima, mentre le riassumevano quant’era accaduto mentre lei era impegnata a calpestare per l’ennesima volta la propria dignità per dedicarsi al culto di James. Violet le aveva rivelato che Elijah era un pericoloso assassino che era sempre riuscito a sfuggire alla cattura da parte degli altri sicari, in modi sorprendenti anche per loro. Aly sapeva inoltre che non era insolito per alcuni vampiri possedere delle doti che normalmente gli altri loro simili non avevano.
E se Elijah fosse stato uno di loro?
-Mi stai dicendo che Eli è in grado di soggiogare anche i vampiri?-
Rachel annuì. –Neanch’io potevo crederci quando l’ho scoperto, ma poi Elise mi ha descritto nel dettaglio gli incontri tra i due a cui aveva assistito. A suo dire, Will si comportava esattamente come me, pendeva completamente dalle sue labbra, tanto da sembrare un fantoccio completamente privo di volontà propria. E dire che quando ero con lui non dava alcun segno di tutto questo. Era spontaneo e, anzi, ogni tanto mi accennava alla all’insofferenza che aveva sempre provato nei confronti di Elijah…-
-Un momento- la interruppe Aly, che ascoltando quella spiegazione aveva avuto un improvviso presentimento. Un presentimento che pregò con tutto il cuore essere sbagliata. –Hai detto che si comportava come al solito?
Nessun segno di indebolimento, o scarsa capacità di attenzione come accade sugli umani?-
-No, assolutamente- rispose Rachel. –Probabilmente la soggiogazione ha effetti diversi sui vampiri-.
-Rach, potresti avere appena salvato più di una vita- disse Aly, dopodiché, prima che l’altra ragazza avesse il tempo di chiederle il motivo di quelle parole, si tolse le decolleté tacco dieci che indossava, le raccolse al volo e si mise a correre più velocemente che poteva verso la palestra.


*NdA: Come sempre, mi scuso per la lentezza dei miei aggiornamenti. Se continuate a seguire questa storia nonostante questo mio difetto, posso solo rendervi grazie e distribuire biscottini virtuali a tutti voi. Tanto per rassicurarvi, sappiate che sono già a metà del prossimo capitolo.
Cambiando leggermente discorso, vi informo che sto lavorando ad un piccolo spin-off della storia dedicato ad uno dei personaggi secondari, spero di poterlo pubblicare al più presto e conto su di voi perchè mi diciate se a vostro parere è una buona idea*
   
 
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