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Autore: Kary91    18/04/2016    9 recensioni
[Pre-saga | Malec | Magnus&Child!Alec | Missing Moment episodio 1x04]
Il bambino rivolse un’occhiata nervosa alla freccia, che ancora volteggiava grazie al gioco di mani di Magnus.
“Mi scusi…” mormorò allo stregone, senza tuttavia ricambiare il suo sguardo.
Tese poi il braccio per riavere indietro la freccia, ma Magnus si limitò a sorridere. Tenne d’occhio la reazione del bambino, divertito e affascinato al tempo stesso. C’era qualcosa di contraddittorio in lui: i suoi occhi gli trasmettevano candore e l’innocenza tipica della sua giovane età, ma la serietà del bambino e la sua compostezza sciupavano un po’ quell’impressione.
“Nessun problema…” rispose infine, smettendo di giocare con la freccia per restituirgliela. “… Alexander.”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Twice I have lived forever in a smile;'
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Premessa. La prima scena è ambientata una decina di anni prima rispetto alla serie TV; la seconda scena è un missing moment dell’episodio 1x04 e si colloca nel momento in cui Alec scocca la freccia al membro del Conclave che stava per attaccare Magnus.

 

 

What’s in a smile?

 

 

“From the world outside, you're hiding your face

But I can see you shine, I can see you shine.”

I can see you shine. Gabe Dixon

 

 

 

Magnus stava percorrendo con andatura rilassata uno dei corridoi dell’Istituto, quando incappò nella freccia. Anche se, ripensandoci, convenne che il termine incappare non esprimeva al meglio le dinamiche di quell’incontro tutt’altro che piacevole: l’aggeggio aveva trafitto l’aria a qualche metro di distanza da lui, facendolo trasalire.

Lo stregone si guardò attorno perplesso;  per un attimo si sorprese perfino a domandarsi, indignato, se qualcuno non avesse cercato di tendergli un agguato. Era stato invitato all’Istituto perché desse una mano ad amplificarne le difese e stava incominciando a pentirsene, nonostante la proficua ricompensa che Maryse e Robert Lightwood  gli avevano promesso in cambio dei suoi servigi.

Era già sul punto di entrare nel salone di addestramento da cui era partita la freccia, quando il responsabile di quel tiro mancino saltò fuori.

Magnus, che si era aspettato di trovarsi di fronte a uno Shadowhunter adolescente, si sorprese nel vedersi venire incontro un cosino minuscolo – nove, dieci anni al massimo.

 

Il ragazzino si avvicinò con aria cauta, l’arco in mano e l’andatura composta di un adulto, tradita dai tratti infantili del suo volto e dal paio di occhi blu più grandi – e ingenui –che lo stregone avesse mai visto.

Il candore della sua giovane età si confondeva con il portamento serio, da guerriero, tipico della maggior parte degli Shadowhunter.

Magnus fece roteare la freccia, avviluppandola con uno sbuffo di fumo.

“… Non sei concentrato, Alec…”  una voce maschile li raggiunse, attraverso i muri del salone di addestramento. “… Non capisco che ti prenda oggi.”

Il bambino sembrò arrossire a quelle parole e la sua espressione s’indurì.

Rivolse un’occhiata nervosa alla freccia, che ancora volteggiava grazie al gioco di mani di Magnus.

“Mi scusi…” mormorò allo stregone, senza tuttavia ricambiare il suo sguardo.

Tese poi il braccio per riavere indietro la freccia, ma Magnus si limitò a sorridere. Tenne d’occhio la reazione del bambino, divertito e affascinato al tempo stesso. C’era qualcosa di contraddittorio in lui: i suoi occhi gli trasmettevano candore e l’innocenza tipica della sua giovane età, ma la serietà del bambino e la sua compostezza sciupavano un po’ quell’impressione.

“Nessun problema…” rispose infine, smettendo di giocare con la freccia per restituirgliela. “… Alexander.”

Non faticò ad attribuire un’identità a quel ragazzino: sapeva che Maryse e Robert Lightwood avevano dei figli piccoli e non dovevano esserci molti bambini all’Istituto.

Alec ringraziò a mezza voce, senza tuttavia ricambiare il sorriso di Magnus. Mise la freccia nella faretra e tornò in palestra, non prima di aver rivolto un’ultima occhiata fugace allo sconosciuto: era palese che non fosse un tipetto socievole, ma la presenza di uno stregone nell’Istituto sembrava averlo incuriosito.

Magnus si avvicinò alle pareti della palestra per sbirciare attraverso i vetri. Il bambino era già tornato ad esercitarsi, una freccia incoccata e la testa che annuiva in risposta alla pacata ramanzina dell’istruttore.

Il bersaglio con cui si stava allenando era parecchio distante e Magnus non poté fare a meno di inarcare sorpreso un sopracciglio quando Alec lo colpì, trafiggendo il secondo cerchio a partire dall’interno.

Anche l’istruttore si compiacque di quel risultato: il bambino, al contrario, sembrò incupirsi.

I due tiri successivi furono meno precisi del primo, ma comunque decenti. La quarta freccia giunse vicinissima al centro e Magnus non poté fare a meno di sorridere, divertito dalla capacità di concentrazione di quel piccoletto.

Alec, al contrario, continuava ad apparire nervoso. Fu in quel momento che lo stregone capì cosa ci fosse di così contraddittorio in quel visetto serio e controllato: aveva occhi limpidi, Alexander, occhi che avrebbero dovuto concordare con un sorriso timido e solare. Invece quel bambino non aveva sorriso una sola volta da quando aveva incominciato a guardarlo.

Era un dettaglio che non avrebbe dovuto sorprenderlo, si disse mentre lo osservava incoccare di nuovo. Una volta, ricordò, qualcuno  gli aveva detto che i bambini imparano a sorridere per imitazione dei genitori: e aveva senso, se ripensava all’aria austera con cui Maryse aveva accolto il suo ingresso – l’ingresso di un Nascosto, per quanto potente e rinomato Magnus fosse – nell’ Istituto. Il ragazzino non doveva aver avuto tante occasioni per prendere in prestito i sorrisi della madre.

Ed era un peccato, perché un così bel visetto sarebbe risultato ancora più luminoso se accompagnato da un’increspatura di labbra all’insù.

Privo di una motivazione logica che giustificasse ciò che stava per fare, Magnus si concentrò sulla freccia e attese con calma che Alec la scoccasse.

Una volta scagliata, la traiettoria dell’arma venne manipolata da energie invisibili, che la guidarono a infilzare il centro esatto del bersaglio.

Alec sgranò gli occhi sorpreso mentre il suo istruttore si complimentava con lui, stringendogli affettuoso una spalla.

Fu in quel momento che le labbra del bambino s’inarcarono per la prima volta, modellandosi a formare un sorriso genuino.

La contrapposizione nel suo aspetto sfumò tutto a un tratto, scalfita dal candore del suo sguardo.

Anche Magnus sorrise di riflesso: qualcosa dentro di lui si mosse, nell’individuare un barlume di vivacità in quel ragazzino così serio e composto.

Erano momenti come quello che gli ricordavano quanto la magia potesse dimostrarsi utile anche nei più frivoli sprazzi di quotidianità.

“Lieto di essere riuscito a farti sorridere, Alexander” mormorò fra sé indirizzando un’ultima occhiata compiaciuta al giovane Lightwood, prima di dare le spalle alla palestra. “Dubito che quelli in grado di farlo siano molti.”

 

***

 

Uno dei leccapiedi di Valentine si stava  impegnando per rendere il Pandemonium degno del suo nome, quando Magnus vide la freccia. Anche se, ripensandoci più tardi, convenne che il termine vedere non esprimeva al meglio le dinamiche di quell’incontro: l’aggeggio aveva trafitto repentino il suo avversario da parecchi metri di distanza, facendolo trasalire.

Lo stregone si guardò attorno confuso, ammirato dalla precisione di quel tiro. Il suo sguardo rincorse l’andatura decisa di un bel ragazzo con l’arco in mano, che si era appena fatto strada fra lui e il biondino per controllare il membro del Circolo a terra.

“E tu chi sei?” commentò fra sé, studiando con interesse il suo bell’aspetto e la sicurezza ostentata dal ragazzo, mentre privava lo sconfitto della spada angelica.

Il suo sguardo incrociò quello del giovane per un istante: i sui occhi blu– fieri, ma velati di una limpidezza insolita per uno Shadowhunter  –  funsero da interruttore e riaccesero in lui un ricordo.

Lo stregone sorrise, muovendo un passo verso di lui.

Il ragazzo non ricambiò: il suo sguardo rimase cauto, quasi lo stesse a sua volta studiando.

Tuttavia, Magnus Bane non era il genere di persona che si arrende facilmente.

“Lieto che le nostre strade si siano incrociate di nuovo, Alexander” mormorò fra sé, sistemandosi meglio la giacca. “A quanto pare sono ancora in pochi quelli in grado di farti sorridere.”

Un paio di ore più tardi si compiacque nello scoprire che rientrava ancora in quella categoria di pochi eletti.

E questa volta, per far sorridere Alec, non ebbe nemmeno bisogno della magia.

 

 

 

 

 

   
 
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