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Autore: Bad A p p l e    19/04/2016    2 recensioni
[FMA!AU] [Seguito di "The End Is Where We Begin"]
Il cielo piange, il vento urla e Tetsuya non può fare a meno di sentirsi almeno in parte capito; si sente più leggero e, con un balzo, è appollaiato sulla balaustra come un gatto, a meno di un passo dal vuoto.
Inspira profondamente, fino a che i suoi polmoni non supplicano per una tregua, poi espira ed il suo fiato subito si cristallizza in una nebbiolina argentata che viene spazzata via dalle raffiche.
Chiude gli occhi, ma non può evitarsi di storcere appena il naso quando, attutite dalle urla strazianti del vento, sente una voce chiamarlo con più preoccupazione del dovuto, come se temesse che Kuroko potesse buttarsi giù.
L’Alchimista di ghiaccio si lascia sfuggire un lieve sospiro che suona quasi come un sibilo; stacca le mani dalla balaustra e allarga appena le braccia, in modo che le sferzate d’aria lo sbalzino all’indietro, verso l’interno della fortezza. I suoi piedi ritoccano il suolo ad un metro di distanza dalla balaustra, in perfetto equilibrio; si volta e finalmente raggiunge il soldato semplice che l’ha chiamato.
«Il Generale Aida vuole vederla».

[KagaKuro] [MidoTaka] [KasaKise] [AoMomo]
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Seirin, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko, Yukio Kasamatsu
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The End Is Where We Begin'
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Capitolo 01: Almost Is Never Enough.

 

 

Momoi Satsuki non può che provare un vago senso di déjà-vu nel trovarsi davanti al locale in cui, due anni prima, Daiki si è rifugiato prima della partenza per Ishval.

Di nuovo, come allora, Aomine è irrintracciabile e il sesto senso della ragazza continua a sussurrarle che dev’essere di nuovo lì, tuttavia dubita che questa volta si limiterà a trovarlo a sonnecchiare sul bancone.

“E questa volta non ci sarà neanche Tetsu-kun ad aiutarmi a trascinarlo” si dice con una densa nota di malinconia nel pensare al ragazzo, che viene subito rimpiazzata da un accenno di irritazione per tutte le lettere ignorate.

Di tanto in tanto, qualche spiritosone ipotizza che probabilmente l’Alchimista non dà segni di vita perché morto congelato da qualche parte a Briggs. Inutile dire che le battutine del genere sono state, se non interrotte, almeno molto limitate dopo che un genio ha dato troppo fiato alla bocca davanti a Kagami e quindi ritrovato con la mascella fratturata prima ancora di poter finire di parlare.

Satsuki sospira e scuote appena a testa, per poi poggiare una mano sulla porta del locale, aprendola con una lieve pressione.

In due anni, le condizioni in cui versa quella sottospecie di bar sono notevolmente peggiorate. I pannelli di legno di cui sono rivestite le pareti sono in parte divorate dalla muffa; probabilmente il proprietario deve aver provato a rimediare con della carta da parati, finendo solo per peggiorare la situazione nel momento in cui la muffa è uscita nuovamente in superficie, spiccando molto di più sul bianco a motivi rossi della carta che sul legno.

Il parquet è appiccicoso al punto da quasi bloccare Momoi sulla soglia; davvero, non vuole sapere da quanto tempo non viene lavato. Abbassa lo sguardo solo per scoprire che se due anni prima è stata in grado di vedere le assi di legno sul pavimento, adesso è così nero che l’unico indizio che si tratti effettivamente di un parquet è dato dagli scricchiolii che accompagnano ogni passo.

Sul fondo del locale, abbandonato in un angolo, c’è quel che resta di un pianoforte a cui mancano diversi tasti, completamente bucherellato dalle termiti; in basso, sul lato sinistro, c’è un buco di grandezza tale da far pensare alla tana di uno o più topi.

Le pale al soffitto dovrebbero far circolare l’aria, rendendola meno sgradevole, ma di fatto si limitano a diffondere per tutto il locale il fumo dall’odore acre di qualche sigaro di bassa categoria, in bocca alla maggior parte della clientela.

Vede una divisa blu identica alla sua vicino al bancone, quindi si affretta ad avvicinarsi, stando attenta a non sfiorare nulla.

“Avanti… rapido e indolore…” pensa, nell’osservare oltre al bancone una nutrita schiera di bottiglie di alcolici vari, poggiate su delle mensole che versano nelle stesse condizioni del resto del locale. Al centro esatto spicca la testa impagliata di un alce, priva di una delle due corna e completamente ingrigito dalla polvere.

Daiki, come la volta scorsa, è completamente collassato sul bancone scuro, ma questa volta Satsuki dubita che si sia limitato a dormire, teoria più che convalidata dalla puzza di birra scadente che arriva dall’alchimista.

Sente con assoluta certezza che potrebbe prendere a schiaffi quel bambino troppo cresciuto, se non fosse che la situazione ha completamente destabilizzato anche lei; sa fin troppo bene che ognuno reagisce al dolore in modo diverso, però è la prima volta che è costretta ad andare a recuperare l’altro, ubriaco fradicio.

«Mi aiuti a portarlo fuori» dice con rassegnazione al proprietario del locale, conscia del fatto che da sola non riuscirà mai a sostenere la mole dell’amico.

L’uomo la guarda, inarcando un sopracciglio e per un secondo sembra quasi tentato di riderle in faccia. Se la ricorda e probabilmente non l’ha ancora perdonata per i commenti poco carini sul suo locale, quindi decide di fargliela pagare almeno un po’.

«Mi spiace, ma non rientra nelle mie mansioni».

Satsuki gli rivolge un sorriso di circostanza, mentre dentro di sé impreca contro l’uomo con termini che una ragazza come lei non dovrebbe neanche conoscere, «Lei lo sa che lavoro per il Comandante Supremo e che posso fare una lista pressoché infinita di validi motivi per far radere al suolo questo posto, vero?» domanda, senza smettere di sorridere, decidendo che non ha né il tempo né la pazienza per andarci per il sottile. Vuole uscire di lì il prima possibile.

Il proprietario brontola qualcosa, Satsuki non riesce a distinguere le parole ma non ha dubbi sul fatto che devono essere insulti molto pesanti rivolti a lei. Non se ne cura, dal momento che l’uomo fa il giro del bancone, molto più bendisposto ad aiutarla.

Solleva Daiki per un braccio e lo trascina fuori, per poi mollarlo con malagrazia sulla gradinata all’esterno del locale.

A contatto con l’aria fresca della sera, Daiki finalmente apre gli occhi, stordito dall’alcol; sbatte un paio di volte le palpebre, poi riesce a mettere a fuoco l’immagine dell’amica e sa di essere spacciato nel notare il cipiglio severo con cui lo guarda.

«Non c’era bisogno–» esordisce, subito interrotto dalla ragazza.

«Non c’era bisogno che ti venissi a prendere per evitarti il coma etilico?»

Aomine sbuffa, infastidito dal tono polemico di Momoi. Si passa una mano tra i capelli, per poi scuotere con forza la testa, nella speranza di snebbiarsi almeno un po’ la mente, in parte funziona e lui si sente abbastanza sicuro di poter parlare senza che le parole gli si incollino al palato, «Senti, ho bevuto un paio di birre, adesso non esagerare, eh?» propone, cercando di suonare ragionevole.

A questo punto Momoi deve davvero usare ogni grammo del suo autocontrollo per non schiaffeggiarlo con tutta la forza di cui è provvista.

“Però l’altra volta Tetsu-kun l’ha preso a pugni ed ha abbastanza funzionato” la tenta il suo lato meno razionale, che zittisce prontamente.

Si siede accanto a lui sulla gradinata, conscia del fatto che se ne pentirà nel momento di fare il bucato, tuttavia al momento decide che non gliene importa più di tanto, «Sei sconvolto» esordisce con calma, «Ma sei arrivato subito alle tue conclusioni, potresti anche esserti sbagliato. Quello che hai visto dev’essere solo un ragazzo che somiglia a Ki-chan» dice, per quanto anche lei vorrebbe con tutta se stessa convincersi che Ryouta sia ancora vivo.

«So quello che ho visto!» si altera subito Aomine. Ormai ha perso il conto delle volte in cui ha ripetuto quelle parole al comandante Supremo; ovviamente anche lui, come Satsuki, non gli crede. «Mi ha visto mentre lo osservavo, dalla parte opposta della strada, e mi ha sorriso! Poi si è infilato in un vicolo ed è sparito nel nulla. Ti dico che era lui, non posso sbagliarmi!»

«Va bene, ti credo» si affetta a dire la ragazza. Daiki non sembra notare la condiscendenza nella sua voce e subito si calma.

Satsuki sospira, «Hai detto quello che hai visto a Kasamatsu-san?» domanda, preoccupata.

Aomine storce il naso in una smorfia infastidita, «Scemohyuuga ha minacciato di farmi passare un mese in prigione se glielo avessi detto.» Satsuki non ha il tempo di concedersi un sospiro di sollievo che l’altro continua: «Però l’ho scritto a Tetsu».

Adesso Momoi è più che sicura che un ceffone sia d’obbligo.

 

 

[…]

 

 

Il viaggio in treno verso Central City è stato più duro del previsto, un’ansia senza controllo ha iniziato subito a montare dentro di lui, aumentando di chilometro in chilometro senza lasciargli scampo.

Una volta in citta, i piedi di Tetsuya lo hanno guidato, contro la sua volontà, dinanzi alla lunga scalinata che conduce al Quartier Generale; ogni gradino che sale ha un sapore amaro e fin troppo in fretta varca la soglia della cinta di mura, trovandosi davanti il curatissimo giardino.

Inspira l’aria decisamente più calda di quella di North City, tranquillizzandosi appena nel sentire l’odore di erba tagliata di fresco. Ha sempre amato quell’odore, gli ricorda Resenbool, ma adesso assieme alla pace quello stesso profumo porta con sé l’ennesimo brutto ricordo.

Se pensa a Resenbool, il luogo in cui è nato, come può non pensare anche ad Ogiwara, il suo amico d’infanzia?

Alza lo sguardo sullo stendardo verde con al centro una chimera argentata e, intimamente, non riesce a far a meno di odiarlo, nonostante la divisa che indossa serve quello stesso simbolo.

“Quanto sangue ha dentro sé questo stemma?” si domanda, per poi scuotere con forza a testa per scacciare quel pensiero. Non può addossare ad Amestris i suoi errori e quelli di Akashi.

Con un sospiro avanza fino alla porta del Quartier Generale, stupendosi di quanto gli sembri tutto così famigliare nonostante gli anni di lontananza.

Si concede ancora un secondo per osservare l’edificio. Non è neanche lontanamente imponente quanto la fortezza di Briggs, eppure c’è qualcosa di intimidatorio nella sottile eleganza del Quartier Generale; perfettamente simmetrico e curato in ogni dettaglio, non è nulla di eccessivo ma allo stesso tempo rappresenta la perfezione che l’esercito vorrebbe incarnare.

Entra e non si stupisce nel constatare che è tutto esattamente come ricorda, i pavimenti in marmo perlaceo sono percorsi da stretti tappeti verdi che attraversano il centro dei corridoi. I battiscopa in legno sono così alti da arrivare a sfiorare l’inizio delle lunghe finestre, ai cui lati sono raccolte le tende della stessa tonalità dei tappeti.

Tetsuya avanza senza esitazioni, ignorando le scrivanie bianche quanto le pareti della reception; non vuole far altro che raggiungere in fretta l’ufficio di Hyuuga, farsi dire che quello di Aomine dev’essere stato solo uno stupidissimo scherzo e tornarsene a Briggs in un lasso di tempo ragionevole.

Si blocca completamente nell’atto di compiere l’ennesimo passo quando, svoltando un corridoio, si trova davanti una delle persone che ha intensamente pregato di non incontrare.

Kagami è cambiato dall’ultima volta che l’ha visto, due anni prima; non è tanto l’aspetto ad essere diverso, ma la piega delle sue labbra tende verso il basso e i suoi occhi sono più duri.

Per un secondo quegli stessi occhi perdono tutta la loro durezza per spalancarsi dalla sorpresa, permane un solo istante, poi le palpebre tornano ad assottigliarsi.

«Sei tornato» dice Kagami, con un tono di voce che, per quanto impegno ci metta, Kuroko non è in grado di decifrare.

«Devo solo verificare una cosa per il Generale, poi tornerò a Briggs» sussurra, sentendosi quasi in obbligo di dargli spiegazioni.

Si guardano per un lungo istante, poi per la seconda volta lo sguardo di Taiga si ammorbidisce, tornando quello che Tetsuya conosce e ama; l’Alchimista di Fuoco si avvicina di un passo, ma si immobilizza subito nel vederlo arretrare, percependo chiaramente il muro invisibile che l’altro ha messo tra loro.

«Kuroko…»

Quella di Kagami suona quasi come una supplica e Tetsuya non può davvero reggerla, sente che deve allontanarsi, oppure finirà per cedere alla presenza dell’altro. Non può permetterselo, l’altro Alchimista rappresenta tutto ciò che si è lasciato alle spalle, tutto ciò che sente di non meritare.

Lo guarda un’ultima volta, poi si muove appena per attirare l’attenzione di Kagami alla sua sinistra, per poi dileguarsi, invisibile, nella direzione opposta.

Appena fuori dalla portata di Kagami, deve appoggiare la schiena alla parete per non crollare. Respira profondamente più volte, nel tentativo di recuperare il controllo di se stesso. Difficile, si dice, se finisce per ritrovarsi davanti la luce che lui stesso ha deciso di abbandonare per permettere all’oscurità di divorare tutto ciò che si è salvato da Ishval.

Porta una mano a stringere la divisa, all’altezza del cuore, mentre continua ad ingollare più aria di quanta i suoi polmoni possano davvero contenere. Ci vuole un minuto buono, ma alla fine riesce a ricomporsi e a fingere che nulla sia successo.

Bussa piano alla porta di Hyuuga e quest’ultimo deve concedergli per due volte il permesso di entrare, prima che l’Alchimista si decida infine a farsi avanti.

Hyuuga sgrana appena gli occhi nel vederlo, poi gli rivolge un sorriso amaro, intuendo il motivo di quella visita, «Sei qui per ciò che Aomine crede di aver visto?»

«”Crede”?»

Il Comandante Supremo si permette un sospiro, «Nessuno oltre a lui ha visto questo fantomatico ragazzo uguale a Kise. Personalmente, sono propenso a credere che abbia avuto una specie di allucinazione» spiega, aggiustandosi meglio gli occhiali sul naso.

«Capisco» esordisce Tetsuya, esitante, «Tuttavia il Generale Aida mi ha chiesto di indagare. Ho visto Kise-kun morire, se Aomine-kun ha visto davvero ciò che crede, potremmo trovarci davanti ad un caso di Trasmutazione Umana».

«Sai quanto me che non è possibile».

«Il Generale vuole essere sicuro».

Junpei apre bocca per replicare qualcosa, tuttavia si ritrova a chiuderla senza che un solo suono abbandoni le sue labbra. Per quanto sia il Comandante Supremo, lui stesso non se la sente proprio di negare qualcosa al Generale in carica a Briggs, quindi non gli resta che sospirare, per poi far crollare appena le spalle verso il basso, in chiaro segno di sconfitta.

«Un’indagine discreta» intima, «Non voglio che entro domani tutta Amestris sappia di questa storia assurda».

 

 

[…]

 

 

Aomine scoppia a ridere, una risata che non ha assolutamente nulla di allegro e che suona quasi come un latrato.

Una volta superato il limite di tempo accettabile, Taiga si vede costretto a tirargli una gomitata in mezzo alle costole per farlo smettere, anche se deve ammettere con se stesso che, tutto sommato, non gli è dispiaciuto neanche un po’.

Il latrato-barra-risata di Aomine si trasforma in un ringhio di dolore, ma all’occhiataccia del collega si costringe a non obiettare nulla per quanto riguarda la botta appena ricevuta.

«Sei noioso» ci tiene comunque a fargli notare, massaggiandosi il fianco, «Come fai a non notare dell’ironia? Io vedo Kise e mi date tutti del pazzo, poi tu te ne esci con il fatto di aver visto Tetsu, quando è evidentemente ancora a Briggs a congelarsi il culo» borbotta, indignato.

Momoi, decidendo saggiamente di sedersi tra i due per evitare che la discussione degeneri nell’ennesima rissa, si passa una mano tra i capelli, chiedendosi chi gliel’ha fatto fare di diventare la babysitter di entrambi gli alchimisti.

Si trovano nella biblioteca del Quartier Generale che, a poche ore dalla fine del turno della maggior parte degli impiegati, non può che essere deserta.

Solo loro tre, un paio di tavoli e molti più libri di quanti possano essere umanamente stipati su quegli scaffali – motivo per cui tre quarti del pavimento lucido è sommerso da pile di tomi pericolosamente alte.

«Dai-chan, non puoi paragonare quello che hai visto tu con quello che ha visto Kagamin» dice la ragazza, ragionevole, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita, non sentendosi del tutto a suo agio nel continuare a sentir parlare dell’incontro di Daiki.

L’alchimista scudo inarca un sopracciglio, «Perché Kise è morto e Tetsu invece no?» domanda, con una sorta di amara ironia che risuona nella voce, «Chissà, forse quell’idiota di Imayoshi ha ragione quando dice che probabilmente Tetsu è diventato un surgelato».

«Questo non è molto carino, Aomine-kun».

Tutti e tre sobbalzano con tanta violenza da rischiare di cadere dalle loro sedie, al suono di quella voce. In sincrono, come se fossero una persona sola, si voltano in direzione della porta, per trovare la figura di Tetsuya, appoggiato allo stipite e con le braccia incrociate tanto strette sullo sterno da sembrare quasi che non potranno mai sciogliere la presa.

È sulla difensiva, esattamente come quando ha incontrato Taiga per i corridoi, eppure questa volta è leggermente diverso: non è stato sorpreso in un luogo dove non dovrebbe trovarsi, ma è lui che è andato a cercarli di sua spontanea volontà, quindi in un certo senso sente di avere un po’ più di controllo nelle sue mani.

«Due parole, se non vi dispiace, su ciò che Aomine-kun ha o non ha visto» dice con distacco, andando ad occupare l’ultima sedia libera al tavolo attorno a cui sono seduti gli altri tre.

Taiga, avendo in parte già superato il trauma del vederlo aggirarsi per Central, è il primo a riprendersi, «Non sembravi così ben disposto a parlare, qualche ora fa» borbotta, incapace di celare il risentimento.

«E parlando di cose non molto carine, anche non rispondere alle lettere non è esattamente un esempio di cortesia» lo spalleggia Aomine, sbuffando appena.

«Per favore», esordisce. Il tono è pacato, ma al tempo stesse fa intendere che non accetterà repliche, «Sono qui solo per lavoro. Aomine-kun, dovresti farmi la cortesia di fornirmi un resoconto completo di ciò che hai visto».

Taiga inarca un sopracciglio, «Questo farebbe parte del tuo lavoro?»

L’occhiataccia che riceve in risposte è comunque meglio della distanza quasi ostile che Kuroko ha messo tra loro, quindi se ne sente quasi rassicurato, poi il più piccolo parla.

«Sì, perché o Aomine-kun si è clamorosamente sbagliato oppure potremmo essere davanti ad un caso di Trasmutazione Umana».

A quelle parole cala il silenzio, perché la Trasmutazione Umana è un tabù radicato così in profondità in tutti loro che nessuno ha preso in considerazione quell’ipotesi neanche per un secondo, prima di adesso.

Tetsuya guarda Aomine, esortandolo con lo sguardo a cominciare il suo racconto, ma devono passare ancora un paio di secondi prima che l’altro si decida ad aprire bocca.

«Non aspettarti chissà cosa, Tetsu» mette le mani avanti, con l’aria vagamente sconfitti di chi sa già in partenza che non verrà creduto, «Avevo finito il mio turno e stavo tornando a casa, percorrendo la via principale. Sul lato opposto della strada, che camminava in direzione opposta alla mia, ho visto Kise; l’ho osservato per parecchi secondi prima che si accorgesse di me. Mi ha guardato, mi ha sorriso e poi è entrato in un vicolo. L’ho inseguito solo per scoprire che il vicolo era cieco e lui scomparso nel nulla» racconta per l’ennesima volta. Non si aspetta di sentirsi consigliare un buono psichiatra solo perché sa che Kuroko è troppo educato per suggerirgli una cosa simile.

Kuroko si passa una mano tra i capelli con aria stanca, finendo inevitabilmente per spettinarli più del solito, «Sei assolutamente certo che non si sia trattato solo di un ragazzo simile a lui?» domanda, nonostante il sospetto che abbiano già fatto fin troppe volte quella domanda all’amico.

«Tetsu, ti dico che era lui. Mi ha sorriso. Te lo ricordi il sorriso di Kise, no?»

Annuisce. Certo che se lo ricorda, è tormentato da quel sorriso e dalla consapevolezza che mai lo rivedrà. Per quanto suoni in modo frivolo, c’era qualcosa di unico nella naturalezza con cui Kise indossava quell’espressione, sbocciava in modo naturale e contagioso.

Faceva risplendere anche le situazioni più buie ed era caldo, di una calore che sperimentato una volta non si scorda più e si riconosce tra mille, al punto che adesso, al solo ricordo di esso, tutti nella stanza si sentono molto più inclini a credere a quanto raccontato da Aomine.

«Abbiamo un problema…» ammette Kuroko, dando voce ai pensieri di tutti.

 

[…]

 

Il cristallo è trasparente, è solido, è preciso. Il cristallo è fragile.

Takao ha sempre pensato che il nome da alchimista di Midorima sia più che appropriato, ma non ha mai espresso a voce quest’idea, perché il suo cristallo tra le altre cose è anche molto suscettibile e stargli accanto diventerebbe ancora più difficile se questo dovesse rifiutare di parlargli per i prossimi duemila anni.

Ovviamente Midorima ha abbandonato il nome di “Alchimista di Cristallo” nel momento stesso in cui ha dato le sue dimissioni, subito dopo la guerra di Ishval, tuttavia Kazunari continua a temere di vederlo cadere a pezzi da un momento all’altro.

È vero, di giorno in giorno l’ha visto con i suoi occhi rasserenarsi sempre di più, ma non riesce ad abbassare la guardia neanche per un secondo perché sa fin troppo bene che è quando tutto sembra andare per il meglio che le cose precipitano.

Di tanto in tanto nella sua mente si forma l’immagine di loro due che camminano su un filo, sospesi nel nulla; loro continuano ad avanzare, pur non sapendo se quel filo li porterà mai da qualche parte, pur non sapendo per quanto tempo ancora esso reggerà entrambi. In quei casi, gli ci vuole un po’ per riuscire a mettere da parte quei pensieri e a convincersi che tutto continuerà ad andare bene come adesso.

Dopo le dimissioni di Shintarou – subito seguite dalle sue –, Kuroko si è offerto di prestare loro la sua casa a Resenbool e per entrambi non è stato difficile capire per quale motivo l’Alchimista fosse così ansioso di liberarsi di quel luogo: la famiglia del suo amico, quello ucciso da Hanamiya, vive lì.

Takao ricorda di aver dovuto piantare una seria gomitata tra le costole dell’altro per impedirgli di rifiutare su due piedi: Kuroko doveva liberarsi della casa e Midorima aveva bisogno di un posto tranquillo e pacifico, ma quest’ultimo non lo avrebbe mai ammesso.

“È stata la decisione giusta”, si dice Takao, entrando nell’ampia e luminosa cucina per concedersi un bicchiere d’acqua e finendo, invece, per appoggiarsi sullo stipite della porta ed osservare con aria soddisfatta Midorima, seduto al tavolo, immerso in un fitta spiegazione sull’alchimia a beneficio di due ragazzini.

«Hey, prof, ogni tanto ricordati di respirare» lo prende in giro, bloccando l’altro proprio nell’atto di riprendere fiato.

«Bakao, sparisci» lo saluta Midorima, aggiustandosi gli occhiali sul naso per tenere le mani occupate e seppellire l’irrefrenabile istinto di strozzarlo. «E voi due non distraetevi» borbotta in direzione dei due ragazzi che già si sono girati in direzione dell’altro per salutarlo con entusiasmo.

Misaki e Kaoru Ogiwara sono i due fratelli più piccoli di Shigehiro che, dopo aver capito che Midorima brontola ma non morde, lo hanno tormentato tutti i giorni affinché lui accettasse di insegnare loro le basi dell’alchimia, riuscendo a convincerlo solo dopo aver spiegato che quello era il loro modo per superare il lutto. Diventare Alchimisti di Stato e accertarsi di persona che non accadesse mai più una cosa del genere.

«Però Takao-san ha ragione, ogni tanto dovresti respirare».

Kaoru non perde occasione di unirsi alle prese in giro, è il più piccolo tra i due con i suoi sedici anni ed è anche quello che si mette spesso nei guai con Takao.

«Ma non avevamo detto di togliere il “-san”? Mi fa sentire vecchio!» Kazunari fa finta di rimbrottarlo, imitando alla perfezione il tono di voce di Midorima e causando una risata sguaiata da parte di Kaoru e una molto più sottile e contenuta da parte di Misaki, molto più riflessivo del fratello, dall’alto dei suoi diciotto anni.

«Takao-san» esordisce il più grande, calcando l’onorifico con una lieve ironia, «Non è un po’ presto per la crisi di mezza età?»

«Lo prendo come un complimento» motteggia, riempiendosi un bicchiere d’acqua, «ma ora vado, o la crisi di mezza età l’avrò nella tomba» ridacchia, scoccando un’occhiata significativa a Midorima, la cui carnagione sta assumendo una gradazione rossastra parecchio inquietante.

Mi stavo preoccupando per niente” decide, nell’uscire dalla stanza con un sorriso stampato sulle labbra.

Shintarou ci mette poco a tornare di un colorito accettabile e si lascia sfuggire dalle labbra un lieve sospiro; guarda fuori dall’ampia finestra appena sopra il piano cottura e il lavello.

«Si sta facendo buio» nota, cominciando a riordinare i libri che ha usato per la lezione, «Dovreste tornare a casa».

Misaki esita qualche istante, «Prima di andare, avrei una domanda».

«Dimmi».

«Perché la Trasmutazione Umana è tabù?»

In quel momento, anche se fatica molto ad ammetterlo, Midorima si pente di aver cacciato Kazunari fuori dalla cucina, tuttavia si impone di restare calmo nonostante la domanda scomoda che può facilmente sfociare in argomenti vicini alla Pietra Filosofale. «Lo Scambio Equivalente è la base dell’Alchimia, ma non basta imparare il concetto a memoria, bisogna capirlo in tutte le sue sfaccettature. Si basa su un equilibrio sottilissimo e creare dal nulla un altro essere umano lo sovvertirebbe».

«Ma se fosse solo una questione di equilibri, la trasmutazione umana avrebbe penalmente lo stesso peso della trasmutazione dell’oro» obietta il ragazzo, perplesso.

Shintarou si concede un secondo sospiro, «Trasmutare un corpo umano, in linea puramente teorica, non è affatto difficile; tutti i materiali che servono si trovano con una facilità disarmante, ma una volta effettuata la trasmutazione troveresti solo un corpo inanimato. Dimmi, secondo te, parlando in termini di Scambio Equivalente, qual è il costo di un’anima?»

Misaki tace, capendo subito dove vuole andare a parare quel discorso. Il costo di un’anima è un’altra anima, quindi la trasmutazione umana richiederebbe una vittima sacrificale e non ci sarebbe comunque l’assicurazione di avere successo, non essendo mai stata davvero tentata.

Shintarou finisce di riordinare i libri, sperando che la conversazione possa chiudersi con il silenzio del suo allievo; il sangue gli si ghiaccia nelle vene quando, invece, l’altro parla ancora.

«Ma se ci fosse un modo per evitare lo Scambio Equivalente?»

 

Death Note: Ed eccoci al primo effettivo capitolo!

Abbiamo un Aomine sconvolto, un Kuroko che cerca di mettere quanta più distanza tra sé e Kagami, un pizzico di Midorima in versione professore e un possibile esperimento di Trasmutazione Umana.

E Kasamatsu in tutto questo dov’è?

… Chissà~ ci si vede al prossimo capitolo! :3

(Non ci credo, sono riuscita a fare un aggiornamento settimanale, adesso mi commuovo) (<--Sì, meglio non commuoversi troppo, c’è da vedere che riesco a mantenere la media-).

   
 
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