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Autore: martaparrilla    19/04/2016    13 recensioni
Henry ha 8 anni e non parla più da diciotto mesi. Sua madre, Regina, è convinta che quella sia la giusta condanna per non essere riuscita a proteggerlo dal dolore per la perdita del padre. Un giorno, le loro vite incrociano quelle di Emma che, cauta e silenziosa, riuscirà a conquistare la fiducia del piccolo Henry.
E forse, anche quella di sua madre.
Basterà questo a farlo parlare di nuovo? Henry odia davvero sua madre come essa afferma?
Anche stavolta ho dovuto alternare il punto di vista dell'una e dell'altra, è una cosa che non riesco a evitare per riuscire a spiegare al meglio le decisioni prese da entrambe e come queste influenzino positivamente la crescita del rapporto dei tre protagonisti.
La storia è puramente frutto della mia fantasia, nonostante si tocchino argomenti che troppo spesso le donne sono costrette ad affrontare da sole e in silenzio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La porta della sua camera ormai è chiusa.

I giochi sono fatti, la decisione è stata presa, e non da me.

Mi ha baciata, mi ha trascinata a casa sua. Ho sentito il suo desiderio lungo tutto il tragitto in macchina e anche mentre è indietreggiata verso le scale, quasi come a volere scappare da me o da quello che stavamo per fare.

Il suo profumo inonda ogni centimetro di quella stanza. Vorrei fare a modo mio, vorrei stringerla, baciarla, farle dimenticare chi è, spogliarla, fare l'amore con lei senza nemmeno lasciarle il tempo di capire in quale dimensione ci troviamo.

Ma lei cammina adagio e io sto al suo gioco. Un gioco di movimenti controllati, di respiri ansimanti e di infinite parole non dette.

«Chiudi gli occhi» finalmente mi faccio coraggio e pronuncio le prime parole dopo più di un'ora.

Ubbidisce. Sento il calore del suo corpo superare i suoi abiti. Impacciata, tocco le sue mani e seguo la lunghezza delle sue braccia, fino ad arrivare a quel collo meraviglioso che avrei voluto già avere tra le mie labbra. Poi passo alla schiena, e la sua maglia cade accanto a noi, silenziosa. Molto più silenziosa del suo respiro, seguito da un fremito.

«Non voglio che tremi quando sei con me. Ora guardami» la parola perfezione è un insulto verso i suoi fianchi. Li avvicino a me mentre lei ancora con gli occhi chiusi, tende il suo viso verso il mio. Il suo caldo respiro mi fa rabbrividire.

La supplico di nuovo di guardarmi. E apre gli occhi.

Paura.

Desiderio.

Bellezza.

In quegli occhi vedo riflesso il mio viso e le mie emozioni. Candide, cristalline.

Il suo corpo emana un calore estremo. La mia mente ormai ha perso qualunque tipo di autocontrollo.

Pelle di seta, liscia, candida. La camera è in quasi totale oscurità. Un po' di luce filtra dalla finestra, ma quella luce non è nulla rispetto al brillare dei suoi occhi.

«Sei così incantevole che non so come toccarti senza rendere bello quello che faccio almeno la metà di quanto sei bella tu. Ma sei vera?».

Solo la biancheria a coprire il suo corpo eppure lei non se ne preoccupa. Mi prega anzi di togliermi i pantaloni prima di accomodarmi sopra di lei. Le sue mani su di me fanno piccoli cerchi sulla schiena. Mi sembra di stare in paradiso nel toccare le sue labbra con le mie, non posso pensare di chiedere di più. Ma quel corpo così perfetto va amato, va amato nel modo migliore possibile, ed è quello che ho intenzione di fare.

Le mie mani interrompono il loro gioco quando qualche lacrima sporca il suo viso. Conosco alla perfezione il motivo di quelle lacrime. Non è mai stata toccata in questo modo da nessuno prima, nemmeno da quello che lei considerava il suo vero amore. Perché di sicuro aveva messo in secondo piano l'obiettivo di far sentire quella creatura come la più bella dell'universo. Così bacio e asciugo le sue lacrime, una ad una, come se fossero linfa vitale, come se da esse avrei tratto l'energia necessaria per sopportare il distacco che inevitabilmente ci sarebbe stato. Mi sarei nutrita delle sue lacrime, del suo sudore, della sua più intima essenza, dei graffi sulla mia schiena, dei morsi sul mio collo. Avrei custodito tutto quello nel cofanetto più prezioso dei ricordi, insieme al sapore delle sue labbra e alla purezza del suo cuore, come se fosse la mia prima vera volta. Sì, perché ho tra le mani un cuore delicato quanto il cristallo... e sfrutterò questa consapevolezza per farla sentire come merita.

«Ti meriti questo e molto di più... non piangere Regina, vivi ora. Vivi insieme a me» voglio che senta queste parole come assoluta verità. Solo così potrà concedersi a me senza alcun tipo di pregiudizio o rimpianto.

«Questo che senti adesso è quello che devi sentire sempre, perché ti rende bella come non mai... e anche se ne hai paura perché sei con me, un giorno smetterai di averne con chi tu vorrai. Perché c'è qualcuno a questo mondo che non aspetta che di baciare le tue labbra, incantarsi col tuo sorriso, morire tra le tue braccia nella più delirante passione».

La bacio lentamente, prima che lei possa avere il tempo di replicare. La mia mano si avvicina agli slip, ma senza darle l'impressione di andare oltre. Ma ciò che ho sentito non mi permette di aspettare ancora. Sposto quell'ultimo piccolo indumento che mi separa da Lei.

Dice il mio nome in tono supplicante. Le imprigiono una mano sopra la sua testa e le concedo quello che lei desidera.

«Mi stai facendo perdere la ragione».

Lei perde la ragione. E io allora? I miei movimenti si fanno più rapidi e ciò che compare ai miei occhi non è nemmeno lontanamente paragonabile alle mie migliori aspettative.

«Oh credimi, stiamo superando l'Acheronte insieme verso l'altra riva del fiume. Sei la tentatrice più terribile che abbia mai incontrato».

La faccio mia molte volte. Le bacio qualunque parte del corpo riesca a raggiungere con la bocca. Anche con i miei seni poggiati sulla sua schiena riesco a vedere quanto non abbia inibizione alcuna. Di nuovo supina, scendo tra le sue gambe, avendo cura di non sbattere le ginocchia sul pavimento. Poi la attiro verso di me così che possa guardarla di nuovo negli occhi. Con i capelli totalmente sfatti, le labbra arrossate e gonfie e gli occhi lucidi, è più bella che mai. Ma in quel momento, al mio tentativo, mi blocca.

«Non devi avere paura. Fidati di me...»

Per un attimo i suoi occhi si piantano nei miei come a cercare una risposta a quello che sta succedendo. Non ho risposte. Ho solo molte domande che sono certa rimarranno lì per tanto tempo. Ora voglio solo avere l'ultimo pezzetto di Regina, il più prezioso. Quello che è stato preso con la forza e senza consenso. Quello che è stato tradito ingiustamente.

Mi afferra le labbra con urgenza e solo allora la spingo di nuovo verso il letto, a suon di baci.

E quando sento che è arrivata al limite la raggiungo di nuovo per guardarla negli occhi e godermi in prima fila il suo piacere scorrermi sulla mano, reso più bello dal mio nome pronunciato, quasi urlato, dalle sue labbra.

Allora la bacio.

Mia Regina, è questo che vuol dire lasciarsi andare.

Si accoccola a me.

Consapevole dell'eccezionalità dell'avvenimento, cerco di imprimere ogni particolare di quel momento. Il suo battito accelerato, i capelli sfatti e sudati, le gote rosse. La pelle bruciante e tremante. Il suo abbraccio, il suo tocco sull'addome. La totale pace che ci avvolge. Impossibile replicare tutto questo.

Non voglio distruggere quello che ha provato con le mie parole, così cerchiamo invano di ricordare come siamo passate dal mare al suo letto. Non ricordo nemmeno come ho ritrovato la strada del ritorno. Ricordo solo la sua stretta sulla mia mano e il mio cuore che perdeva la ragione.

Si addormenta per un po', tra le mie braccia, e un brutto sogno la fa svegliare di soprassalto.

«Va tutto bene?» le chiedo preoccupata.

«Sì, solo un brutto sogno... che ore sono?» si guarda intorno alla ricerca di un orologio.

La sveglia sul comodino segna le 7 pm.

«Ho dormito davvero tanto».

«Evidentemente ne avevi bisogno...» faccio spallucce prima di sfiorarle la spalla con un bacio.

Abbassa la testa. Per la prima volta nei suoi occhi leggo preoccupazione.

Così le dico che ci avremmo dormito sopra. Lentamente mi rivesto, ma la speranza che lei mi chieda di restare sta facendo prepotentemente capolino nella mia testa.

Non lo fa. Ma quando la stringo prima di uscire di casa, il suo cuore al galoppo risponde alla mia domanda: non vuole che me ne vada.

Le stampo un lieve bacio sulle labbra e allungo una mano verso la sua, sorridendo.

Domenica, al ritorno di Henry, avrei avuto un verdetto sulla sua vera reazione.

Percorro il vialetto verso la mia macchina. Solo quando mi siedo in macchina mi accorgo che una donna sulla sessantina sta di fronte alla porta di Regina. Forse una collega è andata a vedere come stava vista la sua balla sullo stato di salute.

Due giorni e mezzo. Devo stare lontana da lei due giorni e mezzo. Emma, puoi farcela.

 

Sono stati i due giorni e mezzo più lunghi della mia vita.

Due giorni e mezzo che ho passato a ripercorrere momento dopo momento, gesto dopo gesto, tutto ciò che è accaduto tra me e Regina.

Mi aveva baciata e mi sembrava talmente inverosimile che credevo di essere ubriaca. O solo addormentata e sognante.

Ha tremato per tutto il tempo, come un gattino bagnato dalla pioggia.

Sento anche ora i suoi occhi addosso, quegli occhi che mi hanno spogliata e incatenata a lei.

Chiudo i miei, sdraiata sul letto, ripensando e come si era totalmente concessa a me. Si era fidata. E io speravo di non averla delusa. Quel corpo divino era stato solo mio per lunghe, lunghissime ore e ne avrei conservato il ricordo per il resto della vita. Sì, perché ero quasi certa che sarebbe stata l'unica volta di totale mancanza di controllo da parte sua. Lo sapevo io e anche lei.

Fa un po' male ripensare alle sue labbra sulle mie.

Le sfioro, quasi a rendere di nuovo palpabile quel momento.

Allargo le braccia sul letto e stringo forte le coperte, immaginando di avere lei tra le mani.

Ogni centimetro del suo corpo era stato mio, totalmente e irrimediabilmente mio.

Ogni volta che ci ripensavo il cuore doleva dentro al petto. Voleva uscire, voleva tornare dalla donna che l'aveva riempito di linfa vitale quando mi ero praticamente ripromessa di non concederlo più a nessuno. Ma lei me lo aveva preso con la forza di uno sguardo.

 

La vedo arrivare, ha lo sguardo serio di chi deve portare notizie nefaste. Voglio illudermi che sia solo preoccupata per il rientro di Henry.

«Ciao, Regina» dico in tono cordiale e affettuoso. Le sfioro delicatamente la spalla e lei sembra subito irrigidirsi.

«Ciao, Emma». Nessun sorriso accompagna il saluto. Si fissa le scarpe come se nemmeno mi conoscesse. Non so se proporle ciò che ho pensato per Henry possa essere una buona cosa al momento, ma mi ha lasciato carta bianca e non ho intenzione di fermarmi.

«Regina dovrei parlarti di una cosa a cui ho pensato...»

«Emma non c'è nulla di cui parlare» inizia ancora prima che io finisca il mio discorso «Quello dell'altro giorno è stato un momento di estrema debolezza da parte mia ma di certo non si ripeterà di nuovo. Non voglio parlarne, non ho nulla da dire e mi dispiace che ti sia fatta chissà quale film a proposito, non c'è nulla e non ci sarà mai nulla tra noi. Ho ceduto ai tuoi sguardi solo perché tu non abbandonassi Henry e il progetto che abbiamo creato».

Il colletto della camicetta di seta bianca sotto la giacca blu elettrico si scosta dal suo posto e per un attimo mi rendo conto che la perfezione con cui l'ho dipinta in questi mesi è solo frutto della mia testa. Non è perfetta. È incredibilmente imperfetta e il mio tentativo di farla tornare a risplendere nonostante tutto mi è stato restituito con un sonoro e doloroso pugno in pieno viso. Le sue mani sono strette a pugno, come le mie.

Faccio un passo indietro. In ogni senso possibile.

Una cosa posso dirla: non ha davvero capito chi è Emma Swan.

«Volevo solo chiederti se potevo portare Henry a casa di mia madre, così potrebbe conoscere il mio fratellino Neal e iniziare il nuovo percorso di approccio con i bambini della sua età o simili. Mio fratello ha sei anni, solo due in meno di Henry ma è molto maturo ed espansivo, credo possa fargli bene passare del tempo con lui, questa estate».

Rimane totalmente interdetta dalle mie parole. Che non ho modificato per la sua strafottenza, era davvero questo quello che volevo dirle da principio.

«Comunque è stata una buona cosa sapere cosa pensi, almeno eviterò di chiederti come stai, sai non vorrei che pensassi a una qualche forma di stalking» non riesco a non lanciarle addosso questa manciata di veleno.

«Emma ti prego, mi dispiace, non volevo dire quelle cose...»

Prova a rimediare, facendo un passo verso di me, usando quella voce, ma la blocco.

«Certo, non le volevi dire. Inizierò i miei sms con la parola Henry perché solo a lui mi interesserò d'ora in poi».

Incrocio le braccia al petto mentre la voglia di piangere arriva incontrollabile. Poi scorgo una testolina castana tra la folla di bambini. Alzo una mano e lo saluto.

«Hey, Henry».

È accompagnato dalla maestra che una settimana prima aveva mangiato con gli occhi Regina. Arrivati vicino a noi, mi presento come un'amica di Henry e con la stretta di mano, sento che ci capiamo al volo. Regina cerca nel mio sguardo un aiuto, ma io mi rifugio in macchina con Henry, per cercare di capire quanto e se in quella gita fosse stato bene.

Ma invece di un mini racconto in stile Henry mi ritrovo tra le mani un diario nero. Mi intima di nasconderlo in borsa e ubbidisco. Si volta in continuazione verso sua madre come per controllare che non veda quello strano oggetto che ora è tra le mie mani.

«Io... credo di volere parlare con mia madre. Non so quando e non so come. Ma per farlo devi leggere questo. Ti prego, non dirle nulla... aiutami...»

Per la prima volta nei suoi occhi leggo qualcosa di totalmente diverso dalla rabbia o dalla paura. È in conflitto con se stesso...vuole abbattere i muri che ha costruito con le sue stesse mani e sta chiedendo a me di aiutarlo in questo.

Allungo una mano verso di lui. Non l'ho mai forzato nel contatto fisico, doveva sempre essere lui a fare il primo passo. In questo caso lui stringe subito la mia mano e una lacrima si affaccia nei suoi occhi verdi.

«Andrà tutto bene, ok? Ce la faremo» inizio «e non devi sentirti sotto pressione per questo. Tua madre sa che le vuoi bene. Per cui io leggerò questo e poi ne parleremo insieme... e quando tu sarai pronto ne parlerai con lei, siamo d'accordo? Senza fretta».

Lui annuisce con viso triste e spaventato. Sarebbero stati dei mesi molto lunghi e difficili per lui. E anche per me. Ma ne saremo usciti vincitori.

«Ti va di conoscere il mio fratellino Neal domani dopo la scuola? Ha sei anni ma è un demonietto e sono sicura che ti piacerà da morire!» mi mostro entusiasta e gli contagio il mio sorriso.

«Bene, allora a domani ragazzino. Custodirò questo quaderno come se fosse oro. Puoi scommetterci».

Esco dall'auto e saluto Regina in modo distaccato e formale, dandole del lei e chiedendole se il giorno successivo potevo portare Henry a casa mia a conoscere Neal. Lei acconsente e me ne vado, senza lasciarle il tempo di scusarsi. Stavolta avrebbe dovuto fare i conti con se stessa senza di me.

 

IL GIORNO DOPO.

«Eccoci arrivati» dico a gran voce entrando a casa.

«Emmaaaaaaaaa!» Neal, come un piccolo furetto, spunta dalla cucina e mi corre incontro saltandomi addosso. A momenti mi fa cadere all'indietro. Scorgo Henry dal lato della testolina di Neal: all'inizio è spaventato, poi sorride divertito.

Poggio il demonietto sul pavimento e cerco di fargli spostare l'attenzione su Henry. Ovviamente l'ho abbondantemente preparato alle particolarità di Henry e spero solo che non lo avrebbe spaventato con strani mostri o toccandolo con le mani unte di sporco, Henry sarebbe impazzito.

«Neal questo è Henry, Henry questo è Neal».

Si guardano di sottecchi per un po', mentre mia madre sbuca dalla cucina e guarda la scena divertita almeno quanto me.

«Ciao Henry, Emma mi ha detto che non parli molto ma va bene lo stesso, tanto io parlo tantissimo! Andiamo a lavarci le mani? Così siamo pronti per abbuffarci e poi possiamo giocare!».

Henry guarda prima me e poi Neal ma decide di seguirlo sulla fiducia. Sulla fiducia in me, immagino.

La vicinanza di Neal fa bene ad Henry. Durante il pranzo risponde a tutte le domande che mia madre gli pone (accuratamente scelte da me: non si doveva nominare suo padre o sua madre, sua nonna sì, i suoi compagni, la maestra, il viaggio a New York... i miei cani) e non sembra nemmeno sudare troppo quando Neal lo schizza accidentalmente con dell'acqua.

Soddisfatti del pranzo, si rifugiano nella cameretta di Neal e io rimango sola con mia madre.

La aiuto a sistemare la cucina e io me ne sto zitta e con lo sguardo basso, ripensando alla conversazione avuta ieri con Regina e da quello che avevo letto sul diario datomi da Henry.

«Hai lo sguardo da cuore infranto» esordisce con un mezzo sorrisino mentre asciuga una pentola e la sistema nel suo ripiano.

Sospiro. Forse parlarne con lei mi avrebbe fatto bene.

«Più o meno... in realtà sono delusa. O meglio, lo ero fino a quando...» sbircio sulla scala per assicurarmi che nessun bambino stia origliando.

«Fino a quando non ho iniziato a leggere una cosa che mi ha dato Henry».

Mia madre mi guarda un pochino confusa, così mi accascio stanca su una sedia e lei si siede di fronte a me.

«Henry non parla con sua madre da quasi due anni, da quando Regina ha sbattuto fuori di casa suo padre dopo aver scoperto che la tradiva e lui è morto quella sera stessa in un incidente stradale».

«Che storia terribilmente triste...» dice mia madre.

«A detta di Regina, io sono l'unica al mondo con cui Henry parli, anche se poco. Così me l'ha affidato, per cercare di capire cosa lo bloccasse così. Non ho mai insistito ma ieri, al ritorno dalla gita, mi ha dato un quaderno, un diario» il cuore comincia ad accelerare, vorrei dire anche il resto ma non posso.

«È il diario di Regina...» mia madre spalanca gli occhi inorridita.

«In mezzo ho trovato un foglio di Henry, mi spiega di averlo trovato qualche giorno dopo la morte del padre e che solo allora aveva capito. Ma ormai il danno era fatto e Henry si sentiva troppo in colpa e troppo... inadeguato per ricevere l'amore di sua madre dopo le brutte parole che le aveva rivolto» continuo a parlare a voce bassa nel timore che Henry compaia da un momento all'altro. Da qualche tempo mia madre ha imparato a non interrompere i miei discorsi e a non trarre conclusioni affrettate senza prima aver sentito tutto il discorso. Per cui con la schiena dritta e le gambe incrociate, mi osserva amorevolmente, aspettando le mie prossime parole.

«Leggendolo mi è sembrato di violare la parte più intima di Regina. Una parte a cui sarei voluta arrivare giocando pulito. Una parte che a lei è sempre mancata e che merita. Se lo merita davvero...» la mia voce trema, si incrina pronunciando quelle parole.

«Te ne sei innamorata?» mi chiede sincera.

«Io non lo so, mamma. Lei è incredibilmente bella... e mi ha baciata. E abbiamo fatto l'amore e lei si è lasciata andare in un modo incredibile con me. Non credo si sia mai lasciata andare così con qualcuno. Ma ieri mi ha ferita, ha insinuato che volessi avvicinarmi a lei usando Henry. Non volevo nemmeno parlare dell'accaduto, avrebbe metabolizzato il tutto dopo. E sono certa che provi qualcosa per me, ma ha troppa paura per ammetterlo».

Mia madre mi prende la mano e la stringe forte.

«Perché mi ha allontanato così da lei? Io volevo solo esserle amica...»

È davvero così. Nonostante l'attrazione fisica che si è creata e nonostante le farfalle allo stomaco iniziassero a spostarsi come impazzite in sua presenza, non avrei mai e poi mai fatto un passo simile, baciarla o dirle che mi piaceva. La prima regola di una lesbica è di non andar dietro alle etero, pena l'uscita di scena distrutte.

«Emma cara, so che ora ti offenderai ma tu non sei madre... il suo primo pensiero ora è Henry. E probabilmente quello che ha vissuto con te l'ha sconvolta talmente tanto che crede che questo toglierà energie al loro recupero...»

«Ma se io sto combattendo da mesi per loro due! Passo molto più tempo io con Henry e lo conosco bene... e mai, e sottolineo mai, avrei rallentato il recupero del loro rapporto. Mi ha ferita perché mi ha trattata come una ragazzina, ma è stata lei a baciarmi per prima, non l'avrei mai fatto, anche se mi sarebbe piaciuto».

Si alza e mi avvolge tra le sue calde e morbide braccia.

«Per una volta ascoltami... pensa ad Henry, lascia stare sua madre. Concentrati sul dolore di quel bambino. Quando riuscirai nel tuo intento... lei capirà chi ha allontanato e credimi, se ne pentirà amaramente. Io credo che sia già pentita ora. Ma da quel che dici ha sopportato troppe perdite per combattere ancora. Forse ha bisogno di una cosa bella che le piova dal cielo...»

Mi lascio consolare e cullare da mia madre come non accadeva da tanto tempo. Sì, devo allontanare la follia per Regina e occuparmi solo di Henry. Ne avremmo parlato e tutto sarebbe andato bene.

«Credo sia arrivato il momento di andare a prendere i miei cani. Devo far fare a Henry i compiti prima».

Mi prende sottobraccio e saliamo al piano superiore. Dalla porta della camera di Neal si sentono delle sonore risate e lo spettacolo che compare ai miei occhi mi sconvolge: Henry ha le mani piene, e sottolineo piene, di tempera rossa. Su un enorme cartellone hanno disegnato con le dita tutto quello che veniva loro in mente. Henry ha diviso il cartellone in due parti uguali. In alto a destra un piccolo cuore con una R maiuscola al suo interno. Al centro un grande cuore con un'altra R e una H. E intorno a quel cuore ce n'è un altro, un po' storto, con su scritto “Emma”, che abbraccia quello al suo interno.

Lui alza lo sguardo e mi sorride.

Henry mi vede come una specie di salvatrice della sua famiglia. Il mio cuore circonda amorevolmente quello suo e di Regina, per riempirlo di nuovo. Per farli battere di nuovo.

«Lui sa meglio di Regina cosa stai facendo con lui e con lei... i bambini lo sentono, perché non hanno il cuore corrotto da pregiudizi e preconcetti di alcun genere. Anche Regina lo capirà».

Oh mamma, Henry ha più traumi di quanto pensi.

Due lacrime scendono sul mio viso. Nonostante tutto, mi sento estremamente felice.

 

 

Note dell'autrice: cari lettori, non odiatemi. Questo allontanamento era necessario a entrambe per alcuni motivi. Uno di questi l'avete trovato in questo capitolo, ovvero trovare il modo di muoversi al meglio con la questione del diario datole da Henry. Regina avrà tempo per capire il suo errore con lei...e a quel punto capirete tutto.

Grazie a Nadia e Susan per le correzioni.

A martedì :)

  
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