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Autore: Ilune Willowleaf    19/04/2016    2 recensioni
In una puntata della serie tv viene accennato il fatto che c'è stata una "dea Coccinella" nell'Antico Egitto.
E poi una fanart mi fa accendere la miccia.
Asenmut è il figlio di uno de generali del Faraone. Mefrure la sorella del Faraone e di sua moglie, e anche essa futura sposa regale. Legati ai loro doveri e ai loro destini, possono essere sé stessi solo quando i poteri divini fanno di loro la Dea Coccinella e il Figlio della Dea Bastet, il Gatto Nero, per proteggere la città e l'Egitto intero da un misterioso evocatore di demoni. Forse i sogni di una adolescente possono diventare realtà. Forse i sogni di un ragazzo investito del potere di Bastet possono avverarsi. Forse. Se l'Egitto non sprofonderà in un incubo senza fine.
Dedicata agli utenti della pagina FB Amour chassé-croisé che pubblicano sempre fanart che mi fan salire il fangirlismo =)
Genere: Avventura, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3 – bacio sul palmo

Dopo poche ore di sonno, Mefrure si alzò, stanca ma con uno strano senso di ansia addosso. Si sentiva la nuca pesante, ma attribuì la cosa allo scarso sonno. Non servì a calmarla né una buona colazione, né un bagno. Era ormai mezzodì, quando decise di fare qualcosa di costruttivo in vista della nottata.
"Non esiste solo il pendolo, per divinare", pensò, mentre si faceva portare diversi scrigni, che Sepsuth le apriva di fronte.
Mandarono via le ancelle, restando da sole nella stanza.
Sepsuth non sapeva fare le divinazioni, cosa in cui invece Mefrure era stata istruita, in quanto, tecnicamente, sacerdotessa e tramite divino. Però l'amica le aveva insegnato cosa fare per esserle d'aiuto.
-Cosa è successo ieri?- chiese la ragazza alla principessa, aprendo lo scrigno in osso con gli astragali di gazzella e quello in madreperla con i dadi di avorio numida.
-Sono riuscita a ottenere una proroga. -
-Cosa?-
-Nefertari e Tutankamon pensano che sia giunto il tempo che io mi unisca in matrimonio, ma non mi sento pronta. Non ancora. Mia sorella ha capito e mi ha promesso che tenterà di convincere Tutankamon ad attendere ancora un anno. Se il bambino che mia sorella porta in grembo sarà sano e forte, forse Tutankamon prenderà delle regine secondarie per avere una discendenza da unire al bambino. Non voglio essere semplicemente la riserva di mia sorella per dare eredi alla dinastia!-
Sepsuth si tirò distrattamente una delle treccine, quella con il grano d'avorio intrecciato, il suo preferito. Nefertari tentava invano da anni di portare a termine una gravidanza, e temeva che la sua amica e principessa si sarebbe dovuta rassegnare all'idea di dover sposare il faraone solo per motivi dinaastici.
-E quindi, ora? Insomma, cosa vuoi divinare?-
-Non lo so. Voglio solo... leggere l'atmosfera. Mi sono svegliata con l'ansia addosso. -
Sepsuth si guardò attorno, accostandosi all'amica e sussurrandole -Magari, se non passassi tutta la notte fuori nelle sembianze della Dea Coccinella, al mattino saresti più reattiva!-
Mefrure ammutolì.
-Tu... cosa?-
-Ti sei scordata che un anno fa mi hai fatto avere le stanze accanto ai tuoi appartamenti, dato che sono la tua dama di compagnia? Un po' di tempo fa ti ho visto parlare con il piccolo spirito divino, e trasformarti nella Dea Coccinella. -
-Non lo hai detto a qualcuno, vero?- la principessa sudava freddo.
-Tranquilla. Labbra cucite. Ti ho coperta in un paio di occasioni. -
-Sepsuth, sei la migliore amica che gli dei potessero mai mandarmi!-
Sepsuth si lucidò le unghie sulla tunica, con falsa modestia -Lo so. Ma, credimi, è un onore anche per me essere amica, oltre che della principessa, anche della Dea Coccinella. Allora, vuoi divinare qualcosa che ha a che fare con i demoni che compaiono ogni quattordici notti?-
-Si. No. Forse. Farò una divinazione generica. - Mefrure si accosò a un piccolo scrigno che teneva sul tavolo accanto al letto.
-Tikki, Sepsuth ha scoperto tutto. Credo che possa farti vedere da lei. Anche perché avrò bisogno del tuo potere, per divinare. -
Lo spirito coccinella emerse dalla scatola, che era arredata come una minuscola, comoda camera. -Non è un bene, che qualcuno sappia del tuo potere. - la rimproverò, ma senza troppa convinzione.
-Lo so, ma l'ha scoperto, e ha tenuto il segreto per mesi. E' la mia migiore amica, e mi fido di lei. Andiamo, ho bisogno del tuo aiuto. Per favore... -
Tikki svolazzò sulla spalla della principessa, sospirando. Non le piaceva quando qualche estraneo scopriva la vera identità della portatrice del poteri della Coccinella. Si chiese se anche lo spirito del gatto, Plagg, avesse simili problemi col suo umano.
-Sepsuth, lei è Tikki, lo Spirito sacro che mi dà i poteri divini. Tikki, Sepsuth, la mia migliore amica. -
-La gioia riempie il mio cuore nel fare la tua conoscenza, oh antico spirito!- Sepsuth si inchinò leggermente. Tikki le svolazzò un attimo attorno, tornando poi ad accomodarsi sulla spalla di Mefrure.
-Immagino che ormai la frittata è fatta. Va bene, vediamo se riusciamo a scoprire qualcosa con le divinazioni. -

Dopo il rapido pasto del mezzogiorno, Asenmut pensò a come poteva permettersi di saltare, con qualche scusa, la battuta di caccia in programma per quel pomeriggio. Lui e i tre figli degli altri due generali venivano educati assieme, e facevano quasi tutto assieme, ma data la nottata in bianco, le un'altra notte da sveglio che si prospettava all'orizzonte, avrebbe gradito un po' di riposo, invece di stare tutto il pomeriggio su una barchetta di papiro a tentare di infilzare anatre e aironi.
Sdraiato nella penombra fresca della sua camera, faceva ruotare attorno al dito medio l'Anello del Gatto, tentando meditando sui fatti dela notte.
-Plagg? Senti, tu conosci lo Spirito della Coccinella?-
-Ma naturalmente!- Plagg era pigramente spaparanzato su un cuscino, posto su uno sgabello accanto al letto. La sua "camera" era in uno scrigno di legno nascosto sotto al letto, ma preferiva starsene sui cuscini. -Anche se non la vedo molto spesso. In effetti, l'ultima volta è stato qualche secolo fa. -
-Non avresti voglia di rivederla?-
-Uh? Non saprei. Perché questa domanda?-
-Ecco, mi chiedevo se... Mi aiuteresti a scoprire chi è davvero la dea Coccinella?-
-Non te ne verrà nulla di buono, se non sarà lei a dirtelo, credi a me. Alle donne non piace che si scoprano i loro segreti. -
Asenmut sospirò -La donna della mia vita è da qualche parte, lì fuori. E io non posso sopportare l'idea di sposare la figlia del visir, e rinunciare agli occhi azzurri come il mare della mia splendida dea. -
-E se dietro quella maschera non fosse bella come credi?-
-Che m'importerebbe? La bellezza di questo mondo è un fiore effimero. Ma è il suo coraggio e la sua audacia che mi hanno rubato il cuore!-
Plagg scosse la testa.
-Se proprio vuoi fare indagini, cerca di pensare al nostro nemico. -
-Giusto, hai ragione! Se stasera arrivo con qualche informazione interessante, Coccinella ne sarà felice, e magari mi darà un'altro bacio!- il ragazzo si levò a sedere, entusiasta.
-Secondo la sua divinazione, il nostro stregone si nasconde nella cittadella sacra. Che però è un'area dannatamente grande, e con un numero enorme di persone che probabilmente sanno usare la magia.-
-Fai un elenco delle persone che conosci che potrebbero usare la magia, divisi per zone. - suggerì Plagg.
-Buona idea!- afferrò la tavoletta cerata e lo stilo, iniziando metodico a incidere i nomi del vari templi e la lista di coloro che, tra i sacerdoti e i maghi, erano rinomati per i grandi poteri.

-I casi sono due: o a divinare faccio più schifo di quel che non ricordassi, o c'è una grave minaccia sopra tutti noi. - decretò Mefrure, seduta in mezzo a un caos di oggetti.
Astragali, dadi, ambre incise dalle terre del gelo, tazze colme d'acqua e cera rappresa, vassoi con braci e ceneri, sacchetti di pietre preziose e di perle abbandonati su vassoi d'oro. Aveva tentato tutte le divinazioni per le quali aveva i materiali: con dadi, ossa, rune dal lontano nord, perle da far rimbalzare, pietre preziose, fuoco, ceneri e cera.
Tutte davano responsi diversi, ma ugualmente cupi.
-Non c'entra il non essere bravi, Mefrure: hai usato il Potere della Creazione e della Fortuna, attraverso di me, quindi le divinazioni sono corrette. - commentò Tikki, seria.
Sepsuth, che aveva metodicamente annotato tutto ciò che la principessa le dettava durante le divinazioni, osservò con aria critica la tavoletta coperta d'argilla, e fittamente incisa nella sua bella grafia. Suo padre l'aveva mandata a lezione dai migliori scribi mica per nulla!
-Ricapitoliamo: gli astragali dicono "pericolo vicino" e formano la sagoma di un serpente; i dadi indicano un tempo breve, mentre le rune delle terre dei ghiacci danno i segni di morte e pericolo. -
-E tutto questo mentre pensavo a mia sorella!- nella voce di Mefrure c'era il panico.
-E anche la cera e le ceneri danno segni di pericolo, ma su tutta la tua stirpe...-
-Sepsuth, devo andare da mia sorella. Tikki, vieni con me: forse dovreò trasformarmi!-
Il piccolo spirito si infilò rapida tra le pieghe dell'abito di Mefrure, che già si stava scaraventando fuori dale sue stanze, con Sepsuth che tentava invano di tenere il passo.
Mefrure abbandonò il passo posato che le era stato inculcato fin da bambina, correndo lungo i corridoi e ignorando le ancelle e i servi stupefatti che si gettavano ai suoi piedi al passaggio.

La sera stava ormai scendendo, e Asenmut contemplò soddisfatto la sua lista. Niente male davvero!Un bussare secco lo fece sobbalzare, che chiuse la tavoletta con aria quasi colpevole. Un attimo dopo, suo padre entrò nella stanza.
-Si?-
-Figlio, devo parlarti. -
Il ragazzo sospirò: quando suo padre aveva quel tono, non c'erano buone notizie in vista.
-Mi spiace doverti dare questa notizia, ma... il fidanzamento è saltato. -
-Cosa?- per poco Asenmut non si mise a saltare di gioia.
-Era tutto quasi pronto, stamattina volevo andare a parlare col Gran Visir per prendeer gli ultimi accordi, ma lui mi ha anticipato, e ha detto che ha altri piani per sua figlia. Mi spiace, era il miglior partito a cui potessi aspirare in tutto l'Egitto...-
-Non ha importanza, padre. Anzi, meglio così. -
-Affatto! Per la tua carriera, devi avere una moglie che ti garantisca dei buoni agganci. Hai quasi diciassette anni, ed è ora che tu pensi seriamente a prendere moglie e a dare una discendenza alla nostra stirpe. -
-Padre, voi amavate mia madre, vero?-
Il generale si ammutolì. Perché tale domanda?
-Certo che l'amavo. Era la luce della mia vita. -
-Ecco, io vorrei sposare una donna che amo. Non una ragazza che ho visto a tre feste di numero e di cui conosco a malapena il nome!-
-L'amore viene anche dopo il matrimonio. - tentò di obiettare l'uomo.
-Ma voi mi avete raccontato che avete fatto delle vere e proprie follie, per convincere il padre di mia madre a darvela in sposa!-
-Punto a tuo favore. Ero giovane e incosciente...-
-E non sono anche io giovane? Beh, magari spero non troppo incosciente, ma vorrei almeno avere la possibilità di trovare il mio grande amore!-
Il generale non poté non sorridere all'entusiasmo giovanile del figlio.
-Va bene, figlio mio. Cerca da solo una fanciulla che ti faccia fare follie. Solo, ti autorizzo a chiederla in moglie come sposa solo se sarà di una estrazione sociale abbastanza alta. Altrimenti, dovrai accontentarti di avere l'amore della tua vita come concubina, e prendere come moglie una fanciulla la cui famiglia possa garantirci le giuste amicizie e appoggi. -
-Certamente, padre! - garantì Asenmut. Da quel poco che aveva scoperto della Coccinella, non doveva certo essere una popolana. Non con quelle mani, con quei piedi delicati e aggraziati, e quella pelle dal lieve profumo di loto e di essenze.
Tutto quello che doveva fare, ora, era conquistarla col suo amore. O con la sua intelligenza. O la sua arguzia. Insomma, conquistarne il cuore, convincerla a rivelargli la sua identità e sposarlo. Una passeggiata, insomma.


Abbandoniamo per un poco i nostri due protagonisti, l'una preoccupata e l'altro innamorato, ma restiamo nella cittadella, circondata da alte mura che tengono fuori le casette popolari, camminiamo per i larghi viali dove sfingi solenni osservano con occhi di pietra il fluire dell'eternità, passiamo all'ombra ormai lunga di obelischi che narrano le gesta di faraoni e dei. Oltre il tempio di Osiride, oltre le vasche per le abluzioni sacre, in quella che pare una piccola depandance della grande residenza del faraone e della sua famiglia, c'è alloggiata un'altra famiglia appena meno importante, quella del Visir. Primo ministro, consigliere del faraone, suo braccio destro. Il secondo uomo più importnte dell'Egitto, civile che può parlare alla pari coi sacerdoti degli dei maggiori.
Superiamo il cortile dove gorgoglia una fontana, le sale e le camere, e inoltriamoci in un corridoio, ove si affacciano le lussuose camere dei padroni. Nello studio, colmo di rotoli di papiro ma deserto, e esaminiamo un fregio in un punto specifico del muro.
Una mano femminile, di adolescente, lo spinge, e una sezione di muro si ritrae, rivelando una scala che scende nelle tenebre.
I gradini sono puliti, piccoli lumi a olio illuminano la discesa.
La mano tocca una leva all'interno, e la porta segreta si chiude alle sue spalle.
Il locale sotterraneo è immerso nella penombra. Un uomo di mezza età siede a terra, su una stuoia, con alcuni oggetti di fronte a sé, illuminati dalla fiamma di lucerne che guizzano attorno a lui.
Nella stanza, in mezzo a tutto il necessario per la magia nera, c'è il Visir. E quella dinnanzi a lui, dritta e altera nella veste coperta di gioielli, è la sua figlia prediletta, e sua allieva.

-Padre, vi ho portato quanto avete chiesto. - disse Tuat-e-nab, posando a terra un cesto di vimini.
-Bene, bene, figlia cara. Vieni. Oggi ti ho mostrato come scagliare un maleficio di mala salute, sulla principessa. Dovrai lanciarlo molto spesso, in futuro: dovrà essere fragile e cagionevole come la regina.
Ma stasera dovremo occuparci della regina: è di nuovo gravida, e noi non vogliamo che dia un erede al faraone, vero, mio fiore del Nilo?-
-Assolutamente no, padre. Altrimenti, come potrebbe il faraone pensare di prendere la principessa in sposa? E quando anche ella si rivelerà sterile, arriverà il mio momento, e allora sarò Regina!-
-No, mia cara bambina. I piani sono cambiati. Faraone, regina... no. Noi diventeremo dei. -
-Cosa? Padre, ma...-
-Col sacrificio di diecimila anime, e con un patto aperto dal sangue divino del Faraone, noi riceveremo poteri maggiori di quelli di qualunque mortale. A quel punto, sarà facile dare la caccia alla Coccinella e al Gatto Nero. E quando avremo i loro Talismani Sacri, ci eleveremo col loro potere, e diventeremo dei!-
Gli occhi del padre e della figlia scintillavano di bramosia di potere.
Il visir prese dal cesto l'uovo, ancora tiepido della cova, che la figlia gli aveva portato. Lo esaminò in controluce, approvando: dentro, si intuiva la sagoma di un minuscolo embrione di pulcino che cresceva.
Lo inserì nel ventre di una bambola di paglia, al cui collo erano legati frammenti di papiro con enigmatici simboli.
-Osserva, figlia, come ho fatto in questi anni a impedire a Nefertari di partorire. L'uovo, inserito nel feticcio, rappresenta il bambino. Stanotte, la regina non perderà solo il bambino. Questa volta morirà: il tramite del maleficio è già sotto al suo letto. Stanotte, inizia la nostra ascesa al potere. -
Poi, prese un lungo spiego di ferro nero, che pareva assorbire la luce delle tremule fiammelle, e, senza esitare, lo affondò nel ventre della bambola, spaccando l'uovo e impalando l'embrione di pulcino.

I corridoi del palazzo non le erano mai sembrati così lunghi. Mefrure si afferrò a un muro per piegare in corsa l'angolo retto, e spalancò da se le porte dell'appartamento della coppia regale, senza attendere che i servi l'annunciassero.
L'orrore le riempì lo sguardo: sua sorella, la sua amatissima sorella Nefertari, giaceva a terra, sorretta da un terrorizzato Tutankamon, con la parte inferiore della veste inzuppata di sangue.
-Mefrure... Nefertari ha... il bambino...-
La ragazza si accasciò sulle ginocchia. -Sono arrivata tardi!- singhiozzò. Le divinazioni l'avevano avvertita per tutto il pomeriggio, ma lei era stata troppo lenta nell'interpretarle.
Sepsuth arrivò qualche istante dopo, ansimando per la corsa, e con una sola occhiata capì il dramma.
-Un maleficio! Qualcuno ha lanciato un maleficio sulla Regina!- Esclamò, tra viavai concitato e le strida di terrore e angoscia delle ancelle -Mefrure, dobbiamo trovare il feticcio!-
-Cosa?-
-Me l'avevi detto tu, no? C'è sempre un feticcio, per una maledizione! Qualcosa che deve essere qui!- prese la principessa per un braccio, obbligandola a rialzarsi. Non avrebbe mai dovuto osare, ma era un caso di emergenza, e l'unica che avrebbe potuto riconoscere un feticcio, cioè Mefrure, era a terra annichilita.
-Avanti, dimmi cosa cercare. Cerchiamolo!-
Mefrure si guardò attorno, spaesata. -Non lo so. Qualcosa. Qualcosa che non dovrebbe essere qui...-
Tutankamon volgeva lo sguardo dalle due ragazze alla amata sposa, che giaceva esanime tra le sue braccia. Le ancesse si stringevano attorno e si allontanavano, timorose.
-Mettetela sul letto, voi! Deve esserci una emorragia, tamponatela! Muovetevi, oche!- urlò Sepsuth alle ancelle che, confortate dal fatto che c'era qualcuno che sapesse cosa fare, obbedirono all'istante.
In realtà Sepsuth era sull'orlo del panico, ma capiva che non doveva cedere, o tutto sarebbe andato perduto.
Il caos non calò quando i medici di palazzo arrivarono, chiamati da una ancella con più buonsenso delle altre. Mefrure iniziò a buttare all'aria la stanza, in cerca di qualcosa. Tikki si era infilata tra i suoi capelli, e le sussurrava indicazioni: sentiva il male, ma riusciva solo vagamente a capirne la direzione. Infine, lo trovò: una lamina di piombo con incisi strani segni, tra cui un serprente, come quello della sua divinazione.
-Eccola!- esclamò, afferrandola. Si sentì quasi male: l'oggetto pareva emanare malvagità, tanto da farle venire la nausea, ed era freddissimo al tocco. Afferrò la lamina con entrambe le mani, e la spaccò sull'orlo della finestra.
Fu come se una cappa di cristallo nero si fosse schiantata in minutissimi pezzi, e, così come era iniziata, l'emorragia cessò.
Ma era troppo tardi.
Terrea, esangue, Nefertari giaceva sul letto, tra lenzuola impregnate di sangue, troppo sangue.
Mefrure scacciò in malo modo le ancelle, stringendo la mano della sorella, stretta tra le braccia di Tutankamon.
Di colpo, il silenzio, pesante come una cappa di piombo, scese nella stanza.
Nefertari ruotò lo sguardo sull'amata sorella minore. Poi, lentamente, lo sguardo sempre più velato, sul volto dell'amato sposo.
-Proteggila...- sussurrò -Ti amo. - in un soffio, prima che le lunghe ciglia fossero percorse da un fremito. Il petto si alzò ancora una volta, spasmodicamente, poi il corpo rimase immobile, tra le braccia di un uomo che aveva visto la sua vita spezzarsi in un istante.
Mefrure quasi non si rese conto del lamento di dolore, straziante, che le si levava dal petto. Le ancelle raccolsero tale lamento, unendosi nel pianto disperato.
Come una marea di dolore, la notizia corse rapida per i corridoi di palazzo, fino a uscire per le strade. La regina morta! La regina uccisa da un maleficio!
Le luci delle torce illuminarono la città, mentre la gente usciva per strada, udiva la notizia, la ripeteva, piangeva e si disperava! La bella e dolce regina, l'amata e compassionevole regina, morta!

Che diamine stava succedendo? Cosa erano quelle grida, tutte quelle luci? Asenmut guardava fuori della finestra, perplesso, quando suo padre spalancò la porta.
-La regina è morta! Qualcuno ha lanciato un maleficio su di lei! Sto andando a dare ordini all'esercito, faremo setacciare la città, tutto il regno, e trascineremo in catene ogni maledetto mago finché non verrà fuori il colpevole!-
L'uomo stringeva nuna spada in mano. Il suo volto era chaizzato d'ira e di dolore. Era stato al servizio del padre del faraone Tutankamon, e aveva visto crescere la bellissima e amatissima regina. Il dolore del faraone, il dolore di perdere la sposa amata, lui lo conosceva bene, e soffriva per il suo re e per quel dolore.
-Padre, lasciami venire con te!-
-Sono venuto apposta. Sekhesh ha mandato i suoi uomini a setacciare la città, i miei setacceranno il palazzo. -
Asenmut afferrò la leggera corazza di cuoio e la spada da soldato, allacciandosele sulla tunica di lino da casa mentre correva dietro al padre.

Le luci delle torce che si inseguivano per i viali della Cittadella Sacra barluginavano fuori della finestra.
Alla fine, lui era stato lasciato, assieme agli altri tre figli dei generali, a un incarico importante, ma di fatto inutile: di guardia d'onore nei quattro angoli della sala su cui, su un tavolo, era stato deposto il corpo della regina.
Le ancelle piangevano e si lamentavano a qualche metro di distanza. Accanto all'amato corpo, solo la principessa Mefrure, prostrata dal dolore, si lamentava piano.
Dalla sua posizione, Asenmut poteva vedere tutta la scena, se solo piegava un po' il capo.
La dama di compagnia della principessa, la ragazza nubiana con cui Nyunya pareva avere un'intesa, si avvicinò alla principessa. Anche lei aveva il volto rigato dalle lacrime, ma sulla sua pelle scura, il trucco colato si notava meno che su quella chiara di Mefrure.
Asenmut la vide inginocchiarsi accando alla principessa, e prenderle le mani, spalmandole con qualcosa e bendandole.

-Lascia che tu curi le mani, amica mia. Non ho mai visto niente del genere. Ti fanno male?-
-Il dolore alle mani è nulla in confronto al dolore del mio cuore. Oh, se solo fossi stata più veloce! Perché, perché sono così stupida? Perché non ho capito subito cosa ogni singola divinazione mi stava urlando?-
Le mani di Mefrure erano ustionate, ma non dal calore. La pelle era rossa e pareva bruciata, ma era stato il contatto con il gelido feticcio di piombo a ferirla.
Sepsuth le spalmò di unguento e le fasciò con cura, restando accando all'amica.
Asenmut non poté non osservare il volto della principessa, e qualcosa in quei lineamenti gli parve familiare.
La sua mente tentò di scacciare l'idea. Era troppo assurda, troppo... dolorosa. Doveva essere una coincidenza. Se non fosse stato così...
Nella stanza accanto, il faraone non poteva abbandonarsi al lusso del pianto, ma nella sfortuna, pensò che era una fortuna avere accanto un Visir che lo sorreggeva e lo confortava in quella che era, sicuramente, l'ora più buia della sua vita.
Un Visir che sussurrò che a tutto c'era rimedio, per il figlio degli dei, dio in terra del popolo d'Egitto.


Nove giorni erano passati da quando la regina era morta.
Le cerimonie funebri erano iniziate, e l'amato corpo era stato consegnato agli imbalsamatori, affinché lo preparassero a raggiungere l'aldilà.
Da quando l'ultima cerimonia dell'inizio dei riti funebri era stata conclusa, Mefrure si era rinchiusa nei suoi appartamenti. Tra poco più di un mese, il corpo di Nefertari sarebbe stato pronto ad affrontare il viaggio verso l'ultima dimora, perfettamente composto per essere preservato per l'eternità.
Nefertari avrebbe atteso, come una dea tra le dee, il suo amato sposo e la sua cara sorella nell'aldià. Ma adesso, c'era solo dolore, per chi restava tra i vivi.
La luna era stata una falce spessa come un'unghia, la notte prima. Luna nuova, stanotte.
Mefrure doveva andare. Voleva andare. Indossare la maschera e la veste scarlatta, sperando che alleviassero per qualche ora il dolore del suo cuore.
-Sepsuth, io... per favore, non far entrare nessuno nelle mie stanze. -
-E' luna nuova, vero?- la mano scura della ragazza sistemò una ciocca del capelli della principessa -Vai. E' una grande responsabilità, ma forse ti farà bene uscire e... beh, non essere te per qualche ora. -
Come sempre, Sepsuth ci aveva preso in pieno. Mefrure osservò per un attimo l'amica, che lasciava le stanze e chiudeva accuratamente le porte dietro di sè.
-Sei sicura di voler andare? Hai un'aria esausta. - le chiese Tikki. Aveva assistito preoccupata a quei giorni di dolore e prostrazione. La principessa appariva smagrita, e pesanti occhiaie le cerchiavano gli occhi.
-Si. Ho bisogno di lasciare la m stessa principessa qui per qualche ora. Tikki, trasformami!-

Gatto Nero attendeva sul tetto.
Aveva atteso quasi ogni notte, ascoltando i lamenti che notte e giorno si levavano dal palazzo, dai templi e dalla città.
-Coccinella? Ti stavo aspettando. - lo sguardo di Gatto Nero corse alle amni della ragazza.
Bende.
Bende di lino.
Ne guardò il volto, e gli occhi, dietro la maschera, apparivano stanchi e cerchiati, spenti.
-Hai avvistato qualcosa?-
-No. Io... ho provato a stilare una lista di persone che potrebbero saper usare la magia a palazzo, ma-
-Dammela. -
-Cos?-
-Il nostro nemico. Colui che evoca i demoni. Sono sicura che è stato lui a lanciare il maleficio sulla regina. -
-Oh. Si. Si, mi sembra possibile. -
Gatto Nero tese la tavoletta cerata alla Coccinella, ma, prima che lei potesse prenderla, le afferrò la mano.
-Cosa hai fatto?- le chiese.
-Non è niente. E' solo la punizione per la mia stupidità. - replicò Coccinella sottovoce.
-Tu non sei stupida. Sei la persona più intelligente e meravigliosa che io conosca. -
-No. Sono solo una stupida sciocca che ha ignorato i segni degli Dei, fino al disastro. Le mie mani sono solo una piccola parte della punizione per la mia stupidità. Se non fossi stata così stupida, la regina ora...-
Gatto Nero impallidì. Ora riconosceva la voce. Ora vedeva davvero i lineamenti sotto la maschera di metallo scarlatto. Svolse la fasciatura, rivelando le ustioni da freddo che ancora segnavano la pelle.
Lasciò la mano, ritraendosi, e prostrandosi ai piedi.
-Mia dea, ti chiedo perdono per ogni mia parola irrispettosa passata. Figlia del Cielo, Sposa divina, perdona la mia insolenza. -
Coccinella si rese conto che ora lui sapeva. Non sapeva come, ma aveva capito chi si nascondeva dietro la maschera.
Aveva perso l'unica persona che non la trattava come una intoccabile dea in terra.
Credeva di aver finito tutte le sue lacrime, ma gli occhi le si riempirono di nuovo.
-Non... non chiamarmi così. Non trattarmi così, Gatto Nero! Alzati!-
-Come la mia signora ordina. -
-No! Gatto, guardami!-
 Ubbidiente, Gatto Nero alzò lo sguardo. Il suo cuore era sprofondato: certo che si era innamorato di una dea, lo aveva sempre saputo, in fondo. Solo che questa dea, nello specifico, era per lui davvero irraggiungibile. La figlia del Faraone, sorella e futura sposa di Tutankamon. Lontana come i confini del mondo.
-Gatto Nero, tu... tu sei l'unico che mi ha mai parlato come a una ragazza normale. A me piaceva quando mi prendevi in giro. -
-Non avrei dovuto. -
-Si, invece! Gatto, ho solo due amici al mondo, solo due persone che non mi trattano come una statua vivente, ma come una ragazza, e uno dei due sei tu! Ti prego, non ti allontanare... Non adesso...-
Il sacro rispetto era ancora troppo fresco, e non era riuscito a coprire il tenero sentimento che era cresciuto nel cuore del ragazzo per tanti mesi. Lentamente, esitante, allungò le braccia, accogliendo in un abbraccio la ragazza singhiozzante.
Quell'abbraccio voleva dire molte cose, un dialogo senza parole che poteva essere riassunto in "sono qui, per te".
Molti minuti dopo, i singhiozzi cessarono. Accasciati sul tetto del tempio più alto, nelle tenebre della notte senza luna, invisibili ai soldati che pattugliavano, inutili, i confini della Cittadella.
Gatto Nero prese la mano di Coccinella.
-Qualunque cosa accada, qualunque pericolo dovremo affrontare, io sarò al tuo fianco, perché il mio cuore ti appartiene. - le sussurrò baciandole il palmo, prima di ricomporre la fasciatura -Di notte, con queste maschere, e di giorno, nei corridoi del palazzo. Se tu me lo permetterai, mia Dea, i miei artigli e la mia spada saranno al tuo servizio. Per vendicare la Regina, e per proteggere l'Egitto. -
Coccinella annuì.
-Chi sei davvero, Gatto? Come potrai starmi accanto? Adesso sai chi sono, e sai quale sarà il mio destino, non appena Nefertari avrà raggiunto la dimora eterna nella Valle delle Regine. -
La consapevolezza che Mefrure, la sua Dea Coccinella, avrebbe ora dovuto sposare Tutankamon, per amore o per forza, quasi schiacciò Gatto Nero.
-Sono sempre stato a un passo da te. Anzi, forse spesso mi hai anche osservato. O quantomeno, avrai guardato la tua amica osservare il mio amico. - sorrise col suo sorriso candido e un po' malandrino, venato però di tristezza.
-Plagg, detrasformami!- comandò. Lo scintilio nero e oro abbandonò il suo corpo, mentre il piccolo spirito Gatto si staccava dal suo corpo. Asenmut sorrise di nuovo, più timidamente, alla dea Coccinella.
-Tu! Sei sempre stato tu!-
-Ehm, si. Ed ero veramente a pochi passi da te. C'è un tiro di freccia dalle stanze di mio padre, dove vivo, e le tue. -
Se il dolore non avesse macerato per giorni il cuore di Mefrure, la ragazza avrebbe riso di gioia.
Nell'oscurità, cercò la mano di Asenmut.
-Ti ho osservato, è vero. Eri il mio sogno impossibile. - sospirò -E temo lo rimarrai, anche se... ti amo. -
-Scusate, voi due. Se a quanto pare avete deciso di rivelarvi le vostre identità e stare quassù rintanati nelle ombre, potrei avere il piacere di rivedere Tikki?-
-Uh? E' il tuo Spirito Sacro?-
-Si. Si chiama Plagg. E quando vuole, sa essere davvero una piaga. -
Il gioco di parole, così simile a quelli di Gatto Nero, ma sulla bocca di Asenmut, fece sorridere Coccinella.
-Tikki, detrasformami!- mormorò, lasciando che il sacro potere defluisse e la tunica rossa a bolli neri si dissolvesse in uno scintillio, lasciandola con la fine veste di lino candido.
Tikki guardò i due, guardò Plagg, e poi disse -Non sei cambiato neanche un po' nei tuoi modi discreti come un rinoceronte, Plagg!- poi si voltò vero Mefrure -Noi siamo qui dietro l'angolo. -
Il resto era sottinteso: quando avete finito di parlare tra voi e avete terminato le sdolcinerie, chiamateci.




note dell'autrice: sto battendo tutti i miei record di produttività! Spero che ciò smuova la mia ispirazione anche per altre storie, e non me la bruci del tutto invece!
Questo capitolo è tanto lungo (otto pagine di word, in times new roman 12, il mio standard di riferimento), e a tratti drammatico. Beh, già conoscendo la famosa puntata del faraone e leggendo un po' di nomi, dovevate capire che ci sarebbe stata una tragedia in famiglia, no?
Non garantisco un lieto lieto lieto fine per tutti, ma posso giurarvi che lo sarà almeno per la nostra coppia OTP =)

 
  
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