Fanfic su attori
Segui la storia  |       
Autore: Yami_x_Dark    06/04/2009    0 recensioni
“Sento la tua mancanza ogni giorno.
Ogni giorno, ogni notte.
Ogni volta che mi sveglio.
Ogni volta che mi addormento.
Quattro anni di lettere mai lette.
E tu non sei ancora qui.”
Un vampiro ed un umano. Jensen Ackles, sopravvisuto ad un'attacco effettuato alla propria famiglia; e Jared Padalecki, un vampiro dallo stile misterioso. Una notte di neve. Ed un'esistenza greve, nascosta per secoli.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Innocence (Avril Lavigne©)

Titolo: Innocence (Avril Lavigne©)

Autrici: yami_x_dark

Parte: 4/4

Rating: nc17, AU

Paring: J-squared ( Jensen Ross Ackles x Jared Tristan Padalecki)

Disclaimers: i personaggi qui presentati sono maggiorenni ed ogni riferimento a cose, persone o fatti è puramente casuale.

 

 

INNOCENCE

 

Spesso mi ero ritrovato ad udire discorsi ingannevoli sullo “passare del tempo”, sul “significato della vita” e sull’ “ingiustizia della morte”.

E con altrettanta frequenza coglievo frasi come:

Vivere è soltanto una truffa, se poi si perisce”.

Quelli erano i pochi concetti che riuscivo a captare nei miei rari momenti di lucidità contemplativa:

sempre seduto presso quella finestra, sempre immobile, sempre perso a fissare l’orizzonte più lontano in attesa di un qualcosa di cui nemmeno ero consapevole.

Un orizzonte invisibile ad altri occhi, se non ai miei.

E solo allora mi scoprii di pensare:

 

Possederla, cotal ventura ”…

 

(Jared Tristan Padalecki, 1825)

 

Capitolo quarto

Future

 

Ritornava allora novembre, portando i primi, veri, acquazzoni autunnali; deciso a lasciarsi alle spalle gli ultimi tanto sospirati caldi.

Nelle vie intrinseche di Norimberga v’era sempre il solito via vai di mercanti e fattorini, pronti al prossimo giorno di mercato che avrebbe portato buoni frutti ai venditori, e meno soldi agli acquirenti che si lasciavano abbindolare con troppa semplicità.

Un giorno come tanti altri, a dirla breve, che nulla pareva avere di diverso da quelli precedenti.

Il cielo era limpido, chiazzato solamente da piccoli batuffoli bianchi che nulla sembravano voler preavvisare.

Nonostante il sole fosse alto da un pezzo, l’aria non s’era riscaldata per nulla, ricordando a tutti il gelido velo notturno che la mezzanotte si portava appresso.

(si noti, che mentre la Darkina scriveva tutto ciò…la Yami faceva un incidente…ndYami)

Sotto quei raggi, un giovane scese dal treno appena giunto in stazione, portando con sé due borse evidentemente ricolme. Alzò il capo alle vie di Norimberga, cercando di ricordare dove portasse ogni strada, ogni ponte, ogni vicolo buio.

Si diresse verso una locanda, entrandovi con passo deciso, sedendo al banco.

Posò le borse ai piedi dello sgabello, guardandosi intorno, ritrovando un lembo del suo passato. E pensare che gli era parso così lontano, fino a pochi giorni prima.

« Desidera qualcosa, Mr.Barbetta? » chiese allora una voce a lui conosciuta alla sua destra. Sorrise, voltandosi verso Jo con aria divertita: « Oh, ciao, tavola. » ironizzò, tranquillo, colpendola con l’indice sotto il naso.

« Di sicuro sono molto più ben messa di tante altre » disse lei sorridendo di sbieco, roteando la penna fra le dita affusolate della sua mano destra « o, per meglio dire, di quelle povere cagne che possono esserti arrivate a tiro…» il suo sorriso si allargò.

« Qual parlata scortese, la tua. Devo forse avvisarti che finora ho vissuto in casa di una nobile famiglia, la cui nobiltà traspariva da ogni petto a me vicino? » propose sardonico il biondo, tornando a guardarsi intorno.

« Nessuno ti ha obbligato a tornare in questa topaia » ribattè lei a tono,posando lo sguardo al blocchetto che teneva in mano « desidera qualcosa, messere?» aggiunse allora, ironica, tentando di imitare a malavoglia quei nobili aristocratici che tanto odiava.

« Jo, fai cagare come attrice. » rise Jensen, passandosi una mano ai capelli con aria plateale « Guarda che nessuno ti sposa se fai così…anzi…rischi di ricevere proposte indecenti! » aggiunse, dandole una pacca sul sedere.

« Quello è l’intento » rispose lei ammiccando « ma non entrerai mai nelle mie mutande! » ghignò battendo appena la penna sul blocchetto,in attesa delle ordinazioni « Bentornato, comunque…».

Lui la guardò divertito, reclinando appena il capo: « Sì, sono bello e sono tornato…e a me non piace il tuo buco nelle mutande…Ellen dov’è? » chiese falsamente innocente.

Jo si fece quasi subito seria guardando altrove, tentando di far finta di nulla «…credo sia a pulire ancora quella…casa…» disse sul vago, osservando un cliente entrare dalla porta del locale con fare spavaldo. Sorrise divertita, cercando distrazioni.

Jensen si alzò immediatamente, prendendo rapido le borse: « Allora io vado, ci si vede ragazzina. » disse calmo, andando senza troppe complicazioni fino alla porta.

« Non credo… sarai il benvenuto…» avvertì lei tornando al bancone rapidamente « e comunque sono pochi anni più giovane di te. Non secoli.».

Lui fece spallucce ed uscì, senza dare risposte. Si guardò attorno, attento ad ogni particolare. Una volta certo di non essere seguito, si diresse tranquillo verso la sua meta, cercando d’ignorare la stretta allo stomaco che voleva bloccarlo ad ogni passo.

Davvero non l’avrebbe considerato il benvenuto?

Sospirò, senza trovare risposta.

Non poteva negare che Jared avrebbe avuto tutte le ragioni per rifiutarsi di vederlo.

Temeva che tutte le lettere da lui scritte non gli fossero mai pervenute, il che era strano, ma forse non impossibile.

Si guardò attorno, finchè non riconobbe l’edificio che stava cercando.

Sembrava vecchio.

Nei suoi ricordi non era così grigio.

Sospirò per l’ennesima volta, entrando nel giardino. L’erba era cresciuta in modo disordinato, la polvere ricopriva le statue in pietra, le rose s’arrampicavano l’una sull’altra, come nel tentativo di sopravvivere. Andò a suonare al campanello, evidentemente nervoso.

Sentì un passo  disordinato, leggermente strascicato dalla gamba destra, e il vociare basso di una voce femminile. Ellen, si disse all’istante.

Jared non si sarebbe nemmeno fatto sentire. Anzi…

Si voltò, guardando nuovamente la flora attorno a lui.

Jared non avrebbe mai permesso uno scempio del genere nel suo giardino.

« Cazzo…»

La porta si aprì, facendolo sobbalzare.

« Che belle parole…Jensen?» chiese un’Ellen chiaramente invecchiata, mettendolo a fuoco con la vista come se non l’avesse mai visto prima.

Lui sorrise teso, annuendo: « Posso entrare? » chiese esitante, cercando di guardare al di là della porta.

Lei rimase un attimo ferma, poi reclinò appena il capo: « Credi di poter entrare? »

La domanda lo colse in fallo, facendolo sbilanciare su una gamba: « …Boh..?»

Ellen scosse il capo, facendosi da parte: « Davanti alla solita finestra…» annunciò, dileguandosi in una delle stanze della casa.

Jensen esitò, bloccando con una mano la porta che tentava di chiudersi.

Già…

Poteva entrare?

Rise sottovoce, teso, la spavalderia prima dimostrata che andava a farsi friggere.

Entrò senza farsi troppe domande, consapevole che, in caso contrario, avrebbe subito la pressione dei sensi di colpa e sarebbe fuggito, tornando dove non aveva niente.

Niente d’importante quantomeno.

Si chiuse la porta alle spalle, sentendola cigolare in modo indecente. Guardò i cardini, chiedendosi se Jo avesse intuito bene. Cioè…davvero Ellen teneva in ordine la casa?

Sbirciò fuori della finestrella di fianco la porta, lasciandosi sfuggire una risata ben poco convinta: « Sé, va là…» commentò, diretto verso il salotto.

Giunto alla porta di questo, esitò, bloccandosi per l’ennesima volta.

Posò le borse a terra, rendendosi conto che Ellen non gli aveva neanche dato il bentornato.

Si voltò a guardare verso dov’era sparita, un indice davanti le labbra, i lacrimoni da bamboccio che gli cadevano dagli occhi: « Quella vecchia bagascia…» piagnucolò.

“ Smettila e affronta questa dannata porta.” S’impose, tornado serio.

Quasi con timore, abbassò la maniglia, spalancando la porta con un leggero spintone.

Non ebbe bisogno di cercarlo con lo sguardo.

I suoi sospetti erano più che fondati.

Lui stava ancora la.

Stessa posizione, stessa espressione, stessi vestiti.

Oh beh, un po’ più sciupati in effetti.

“Smettila di cazzeggiare Jensen.” Disse la voce nella sua testa.

La pelle era più scura, come abbronzata.

La luce del sole lo stava colpendo direttamente in viso, ma lui non sembrava nemmeno rendersene conto. I suoi occhi erano vacui. O meglio… come se fossero stati ricoperti da una patina biancastra.

I capelli ricadevano malamente davanti al viso. La lunghezza era sempre la stessa.

Sembrava morto.

Jensen si passò una mano ai capelli, chinandosi appena a prendere una cosa dalla borsa di sinistra. Mise le mani in tasca, camminando con calma verso il suo passato.

Quello non si mosse nemmeno.

Tristemente, il biondo gli si mise davanti, in ginocchio, osservandolo con attenzione.

Era, nel complesso, proprio come lo ricordava.

«…ciao…» gli uscì dalla bocca, senza nemmeno riflettere.

Jared non accennò nemmeno un movimento. Né del capo, né degli arti, tanto meno delle labbra. Nemmeno un sussurro.

Immobile come una statua.

Una statua da stupro.

Jensen si lasciò scappare una risata idiota, bloccandosi di botto rendendosene conto.

Corrucciò lo sguardo, distogliendolo per un attimo da Jared.

Ma…stava bene?

“ Mi sa che l’aria è troppo viziata. Sì,probabilmente è quello…” sollevò di nuovo lo sguardo sul moro immobile davanti a lui “…Tuuu viziiiiii l’ariaaaaa….!” Pensò, con l’intensità di chi tenta un contatto telepatico.

Lo stava facendo di nuovo.

Sbuffò, passandosi una mano ai capelli.

« Sono pazzo…» si disse, alzandosi bene in ginocchio, iniziando a studiare meglio il vampiro davanti a lui.

Corrucciò lo sguardo su quello assente di Jared, andando a frugarsi nelle tasche.

Estrasse una piccola ampolla, di quelle che si usano in laboratorio, e si avvicinò leggermente, versando alcune gocce in quegli occhi: « Un po’ di estratto di rosa canina dovrebbe rimediare…» disse sospirando platealmente.

L’altro scattò in piedi,malfermo,ringhiandogli qualcosa d’incomprensibile contro.

La voce bassa e roca, mentre si dirigeva come poteva verso quello che, ricordava, doveva essere il bagno.

Aprì il rubinetto, sciacquando gli occhi nervosamente.

L’equilibrio che minacciava di venir meno da un momento all’altro.

« Che credulone…» ridacchiò Jensen, posato tranquillamente allo stipite della porta: « Me lo ricordo che i vampiri non vanno d’accordo con quella pianta, sai?» accennò, guardandolo attentamente, molto più rilassato di prima.

« Vattene » disse l’altro allora, traballando pericolosamente indietro di alcuni passi, reggendosi con una mano al muro di quello che, una volta, era stato un bagno.

Alzò lo sguardo su Jensen, ancora vuoto, le zanne in bella vista.

« Anch’io sono felice di vederti. » rispose il biondo, incrociando le braccia al petto, ritornando serio all’istante.

« Parla per te » disse con voce spenta Jared, tornando con passo malfermo verso quella che era stata la sua sedia per quattro lunghi anni.

Chissà perché poi stava sprecando tutto quel fiato per…lui…dopo non aver aperto bocca per anni.

Il biondo lo seguì, senza fare commenti finché non lo vide seduto.

Prese una sedia e gli si sedette davanti, facendogli vedere la scritta sull’ampolla:

« Collirio alla camomilla, malfidente…» spiegò con un mezzo sorriso, prendendo con due dita una goccia che gli percorreva la guancia.

Jared si limitò a ringhiare per l’ennesima volta, senza mai posare lo sguardo sul biondo, timoroso della sua stessa reazione. Il solo sentire tutto quel profumo attorno lo stava inesorabilmente mandando via di testa…la fantasia che viaggiava frenetica davanti a sé. Era dunque meglio evitare ulteriori complicazioni.

O avrebbe realmente rischiato di ammazzarlo.

Jensen si guardò intorno, passando in rassegna gli oggetti presenti nella stanza. Poi allungò una mano ai capelli di Jared, tranquillo, togliendogli un po' di polvere di dosso:

« Dovresti cambiarti, sai...? » accennò, reclinando il capo verso sinistra, per niente toccato dai ringhi che l'altro gli rivolgeva.

«Affari miei quello che devo e non devo fare» ribatté gelido asciugandosi il volto con la propria mano stornando poi lo sguardo alla finestra al suo fianco, in attesa del tramonto.

“Che parlata.” si ritrovò quindi a pensare.

Il biondo sospirò, poi s'inginocchiò davanti a lui, in silenzio, alzando leggermente lo sguardo su Jared: « Parla ancora, angelo luminoso...» sussurrò in una leggera supplica.

Jared finì per fissarlo con un moto di rabbia che cercava sempre e comunque di contenere. Gli occhi che tornavano man mano ad assumere la loro tipica tonalità smeraldo, nonostante la furia che li soverchiava.

Il ragazzo davanti a lui si strinse nelle spalle, sfoggiando un sorriso disperato: « E' un male voler sentire la tua voce, dopo tutto questo tempo..?» chiese flebile, chinando il capo a terra.

«Si» rispose soltanto il moro, serrando la mandibola.

Gli arti rigidi che stavano ad indicare tutta l'inflessibilità che in quel momento lo caratterizzava più di ogni altra cosa.

Era sempre stato così.

Testardo fino al midollo.

« Parla ancora...» lo pregò l'altro, sfregandosi le mani. Si sentiva felice e ferito al contempo. Chiuse gli occhi, sospirando nel tornare a fissarlo: «...Ti prego...»

Jared serrò la mano destra in un pugno sopra la sua gamba, gli occhi rivolti ora al soffitto, come se la parole da lui pronunciate non lo toccassero minimamente. Si sentiva un estraneo in quel frangente. Completamente tagliato fuori:

« Comincio ad essere stanco dei tuoi capricci... vai...vieni quando ti fa più comodo... poi vai un'altra volta...ed infine torni...con la pretesa che tutto sia uguale a prima» si passò una mano ai capelli con aria ora disperata «comincio ad essere stanco...» ripeté. Rise disperatamente: «no…non comincio ad esserlo…lo sono di già…» si corresse.

Il ragazzo davanti a lui sorrise, lasciandosi sfuggire un colpo di tosse, la mano davanti alla bocca. Alzò una mano ad accarezzargli il viso, calmo:

« Sono qui per restare, Jared. »

«A me non interessa per quale motivo tu sia qui » disse mentre del sangue andava a solcargli il viso «così come sei entrato da quella porta, puoi uscire» terminò sempre più seccato, nonostante le lacrime che andavano a ricadere sui suoi pantaloni.

Jensen si fece silenzioso, sedendosi a terra più comodamente, una mano ai capelli. Guardò il sole svanire all'orizzonte, senza sapere bene che dire. Scosse il capo, un nodo alla gola: « Non voglio uscire.» disse amaro.

Jared rise, una risata che rischiava di oltrepassare il confine dell'isteria: « Io, invece, desidero che tu esca da casa mia. » terminò alzando nuovamente gli occhi al soffitto, le braccia abbandonate ai fianchi, in una posa afflitta.

Sentì le mani del biondo prendere le sue, un leggero tremito che le percorreva: « Temevo fossi morto, davvero...»

« Ci ho provato » rispose di rimando il vampiro, osservando gli ultimi raggi di sole posarsi sulla sua mano abbronzata « ma il mio desiderio non è stato esaudito » terminò amaramente, irrigidendosi al tocco del ragazzo davanti a lui.

Jensen fece un sorrisetto, più disperato che altro, il viso a pochi centimetri da lui « Non sai quanto il tuo fallimento mi renda felice, Jared... ».

« Non hai idea di quanto faccia soffrire il sottoscritto, la tua felicità » spiegò con una smorfia socchiudendo gli occhi, portandosi una mano dietro al collo. I muscoli tesi.

Distrattamente, il biondo gli sfiorò le labbra col pollice della mano destra, gli occhi fissi su quella bocca dal colorito diafano. Inspirò a fondo, serio in volto: « Sono qui per rimediare...» cercò di spiegare, tranquillo nel tono.

« Non devi rimediare a nulla » gli fece notare Jared scostando il viso di lato, in modo tale che la mano del ragazzo cadesse a vuoto.

Socchiuse gli occhi, esausto.

Non aveva più tenuto alcuna parvenza di discussione, e questa era la più lunga degli ultimi quattro anni. Ciò l'aveva stancato.

Sentì le mani di lui posarsi sulle sue guance, come se Jensen non l'avesse minimamente ascoltato. Era una presa salda, quella del biondo. Non più una presa da ragazzo, ma da uomo. Il tempo era passato anche per Jensen.

Poi sentì le labbra di lui premere sulle proprie, senza nemmeno chiedere il permesso.

Jared ringhiò prendendolo per le spalle.

Una parte di sé desiderava allontanarlo a tutti i costi. Ma un'altra, quella più insistente, quella più perversa, quella più malata, quella che più lo faceva soffrire, intendeva tenerlo tutto per sé e non lasciarlo più andare.

Voleva perdonarlo, lasciare che si ricongiungesse a lui, che non se ne andasse mai più.

Quello che ne risultò fu un ringhio basso, tremante, ma che non aveva più nulla di terrifico. Pura espressione dei suoi sentimenti contrastanti.

Jensen non si fermò, insistendo con quel bacio, gli occhi serrati per vietarsi di esitare, di fermarsi, di allontanarsi da tutto quello che aveva desiderato per tutto quel tempo. Aveva ormai perso il conto delle notti passate a ricordare quelle labbra, quel viso, quella pelle gelida.

Gli accarezzò il volto, silenzioso, poi una mano passò alla nuca, imperterrita.

«... Basta...per favore...» disse allora Jared, completamente abbattuto, mentre l'ira nei suoi occhi andava a trasformarsi in mera desolazione. Lo guardò in volto, cercando di mettere fine a quella lenta tortura per poi passarsi una mano ai capelli castano chiaro.

Jensen si allontanò appena, contrariato, posando le mani alle ginocchia del vampiro, senza nemmeno rispondere. Storse il naso, borbottando qualcosa d'incomprensibile nell'umettarsi le labbra.

Jared respirò a fondo, posando una mano a quella di lui:

« tutto questo è solo un martirio... per me...» cercò di spiegare, con voce ricolma di sofferenza, gli occhi che tornarono a vagare alla finestra al suo fianco. Fuori il sole che lasciava spazio alla luna.

« Io ho passato quattro anni sotto tortura.» ribatté l'altro, stringendo convulsamente quella mano, lo sguardo fisso al pavimento, cercando di non  cedere alle lacrime. Lo avevano minacciato fin da quand'era entrato in casa. L'avevano accompagnato ogni mattina, al suo risveglio, quand'aveva trovato solo estranei attorno a . Né Zanzi, né Ellen, né tanto meno Jared.

Il biondo lasciò cadere la testa alle ginocchia del vampiro, sbuffando tra le lacrime. Avevano vinto di nuovo loro. Rise amaro, serrando ancor più la presa sulla mano di Jared.

Il moro, accarezzò debolmente la mano di lui con il pollice, lo sguardo ora al capo del biondo, vago ed incerto.

Non parlò, come in attesa che proseguisse.

La sua tacita richiesta venne accolta, e Jensen si ritrovò a dire ad alta voce i suoi pensieri, senza nemmeno filtrarli per renderli meno infantili:

« Io ti ho sempre scritto, praticamente ogni giorno. Sono sempre stato in attesa del postino, nella speranza di ricevere una tua risposta. Anche banale, chissenefrega. Un sì, un no. Avrebbe significato che c'eri, che mi pensavi, che non mi avevi dimenticato! Per quattro anni ti ho supplicato di venirmi a prendere, di portarmi a casa...e ora cosa me ne faccio io di una vita senza di te? Non puoi dirmi che soffri a vedermi! Non è vero!».

Jared si lasciò andare all'ennesima risata mesta, gli occhi posati al arteria pulsante del collo di lui, incapace di mettere insieme delle parole a senso compiuto:

« ...no...questa...fame...» la mano ai capelli ricadde al capo di lui, ringhiando ancora, basso e desolato.

Jensen alzò il capo su di lui, senza dire nulla. Gli occhi non esprimevano chiaramente i suoi pensieri, troppo concentrati a controllare se le parole sconnesse del vampiro fossero reali o meno. Corrucciò la fronte, per niente soddisfatto di ciò che vide. Alzò una mano a sfiorare quel viso distorto dal bisogno, sorridendo mestamente: « Ti amo, qualsiasi cosa succeda. Qualsiasi cosa tu faccia o voglia fare. » spiegò, senza dire nulla più.

Jared chinò leggermente il capo, tentando di togliere l'attenzione da tutto ciò che, sapeva, in quel momento lo stava facendo ribollire.

Solo il bisogno della carne.

Bisogno fisico.

E questo lo disturbava alquanto.

« Sei troppo smielato per i miei gusti » ribatté improvvisamente, cercando distrazione, dichiarando il falso.

« Se hai fame, ci sono qui io...Non dev'essere il massimo starsene seduto per anni senza neanche bere un sorsetto. » commentò l'altro, ridendo appena nel ritrarre la mano.

Il moro rise nuovamente all'udire quell'epiteto, irrigidendo appena le spalle, tentando in ogni modo di darsi del contegno.

Si passò una mano ai capelli, quasi a rallentatore, la lingua che andava ad accarezzarsi le labbra, affamata.

Non rispose a quell'offerta, conscio dell'incapacità di rifiuto che gli era propria, spostando lo sguardo sul biondo davanti a lui. Contraddittorio.

Jensen sollevò gl'indici di entrambe le mani, come per proporre due alternative, come difatti intendeva fare:

« O ciucci dal mio splendido collo, o ti porto in camera e ti faccio patire le pene dell'inferno pur di convincerti a farlo... - abbassò le mani – Ma c'è sempre la terza opzione...».

Jared rise quasi isterico:

« che consiste nell'ammazzarmi seduta stante. » concluse, sicuro di sé dopo anni di dubbi ed incertezze travagliati in quell'angolo buio della propria casa.

 « Che consiste nell'andarmene e tornare da dove sono venuto, come volevi fino a pochi minuti fa. » chiarì invece il biondo, a discapito di ogni supposizione di Jared.

« benissimo, allora è deciso » terminò osservando la propria mano tremare. Sorrise divertito nel notarlo, senza proferir nulla.

Jensen si alzò in piedi, silenzioso, porgendogli una mano, senza dire altro. Non un movimento ulteriore, non un singolo accenno.

Il moro fissò quella mano iniziando a calcolare mentalmente tutte le opzioni e le varie possibilità a cui avrebbe portato la sua decisione.

Serrò la mascella, tentando veramente di essere il più oggettivo possibile.

Ma non gli riuscì.

E rise di questa sua debolezza mentre la propria mano andava a stringere quella del biondo.

Un sospiro e la mano libera di Jensen andò al collo, massaggiandoselo appena. L'altra, pur reticente, iniziò a ritrarsi dalla stretta del vampiro.

«...quindi...addio...?» chiese, senza riuscire a trovare l'aria necessaria a respirare.

« Voglio morire...» rispose con voce assente il vampiro, passando a fissarlo negli occhi « ma non di questa morte...»  disse vago abbandonando le braccia lungo ai fianchi, senza più energie, senza più reagire.

Jensen non capì, rimanendo confuso a guardarlo, le mani che si aprivano  e si chiudevano come alla ricerca di certezza. Ma non aveva nulla a cui aggrapparsi, nulla a cui pensare, e la cosa lo metteva a disagio più di quanto avesse mai creduto: « ...Jared, io ti amo, ma guarda che non riesco a seguirti al momento. - prese fiato, senza saper che dire, anche se la sua stessa voce si faceva sempre più sicura e alta – E rischio di andare nel panico se non ti sbrighi a parlare e a dirmi quello che veramente ti passa per la testa!».

« Non puoi lasciarmi solo di nuovo!» esclamò allora il moro, la voce strozzata dal panico e dalla fame che non demordeva, indebolendolo più del necessario.

Il ragazzo davanti a lui s'irrigidì, inizialmente senza parole, incapace di mettere in piedi una frase che tale si potesse definire.

Guardò il salotto, poi la porta, infine la finestra.

Non trovò uscita da quelle parole.

Cadde in ginocchio, le mani sul viso, per coprire la sua debolezza:

« Non ti ho mai lasciato solo...» cercò di spiegare, ma il peso dei suoi torti era via via sempre più evidente al suo cuore, oppresso fin dal primo momento in cui Jared gli aveva rivolto la parola.

« Menti. » rispose secco il vampiro, avvolto dal profumo pressante del biondo « e questo lo sai bene » gli fece notare con voce nuovamente smorta, incapace d’essere altro.

Gli occhi ora stavano fissi alle mura dietro al ragazzo, le mani ancora abbandonate ai corrispettivi fianchi.

Apparentemente una creatura senza vita, così come doveva essere, dimostrando, in quel modo, l'enorme cambiamento subito. Era stato ucciso.

Ucciso dentro.

Non gli riusciva più di reagire, se non con la violenza e la diffidenza…

« Lo so. » due monosillabi che interruppero il flusso dei suoi pensieri.

« Dunque cerca di porre rimedio a questo tuo difetto. »

« Fossi l'unico ad aver cotal difetto.»

« Sei l'unico. »

« Prima dicevi di volermi fuori dai piedi, o meglio, dai tuoi “illustri calzari”.»

« Rinnovo l'invito. » terminò allora il moro mettendosi in piedi, tentando di evitare un eventuale caduta dovuta alla mancanza di “materia prima” all'interno del suo corpo.

Jensen lo prese cautamente sotto i gomiti, avvicinandosi per sorreggerlo « Come posso andarmene, e allo stesso tempo non lasciarti più solo...?» domandò, usando un tono di voce molto più attento e gentile.

Il moro scosse lentamente il capo, posando i suoi occhi spenti al pavimento: « Mi accorgo di star dicendo un sacco di cavolate...» spiegò chinando il capo, con fare più esausto di prima.

« Mi piace questa tua mera stupidità, mi tranquillizza in un qualche modo...»

« Non è stupidità...» spiegò Jared a quel punto « è “via con la testa”».

Ed a quelle ultime parole, posò il capo al petto del biondo non volendo parlar oltre.

Jensen rimase interdetto a quelle parole e, allo stesso tempo, si sentì leggermente imbarazzato, felice ed emozionato.

Si morse il labbro inferiore, vergognandosi di quella sua stessa reazione, tanto palese nel dimostrare i suoi sentimenti da sembrare quasi falsa.

« Tu hai bisogno di mangiare...» borbottò, rosso in volto come un bambinetto qualsiasi.

« Non credo sia peccato essere felici... ogni tanto...» ribatté Jared cambiando discorso all'istante, gli occhi ancora chiusi ed il capo ancora posato al petto di lui. Rimase ad ascoltare ogni suo respiro ed ogni minimo accenno di sussulto percettibile dal suo cuore.

Fu a quel punto che si ritrovò a sorridere di nuovo.

A quel gesto, sentì il cuore di Jensen mancare un battito, la presa sulle sue braccia che divenne un abbraccio privo di esitazioni.

« Jared, io voglio che noi torniamo ad essere felici... Devi aiutarmi! » lo sentì singhiozzare, come avrebbe fatto da bambino, come avrebbe fatto anni prima, quando non c'era ancora nulla di travolgente tra loro « Io...io non voglio vederti triste mai più...mai più...». La presa divenne quasi una morsa, la testa di Jensen che cercava invano di nascondersi tra i capelli di Jared.

Quell'altro rise appena, a stento, riaprendo gli occhi sul petto di lui:

« Non sono un fazzoletto...» gli fece notare, la voce ora roca, in continuo mutamento, a seconda delle sue sensazioni.

La fame che stava prendendo il sopravvento ormai da un pò.

« Stà zitto! » protestò Jensen nel pianto, sprofondò il viso nell'incavo del collo del vampiro, senza nemmeno curarsi del fatto che i capelli di lui erano polverosi e sporchi, che la maglia era lacera, che la pelle era sfibrata e secca. Non vedeva niente. Non sentiva niente. O meglio, non voleva. Gli bastava solo sentire che lui si lasciava abbracciare, quasi nell'illusione di ritornare nel passato, un passato dove solo Jared esisteva nel suo mondo. Solo Jared, senza l'intervento di nessun altro.

« Faccio solo notare...» rispose il vampiro accarezzandogli i capelli con un breve tocco di dita, gli occhi che tornavano a chiudersi per la fatica di compiere anche solo quel semplice gesto.

Sospirò provando ad allontanarlo.

Al contrario delle sue aspettative, l'istante dopo si trovò in braccio a Jensen, che, nascondendo la propria difficoltà nel sorreggerlo, andò rapido verso la camera che da sempre era stata di Jared, facendo il più velocemente possibile. Lo mise, o meglio, quasi lo gettò nel letto in preda a un improvviso fiatone: « Stai qui e rilassati! E mangia! » ordinò, stridulo, prendendo un coltello e tagliandosi il polso, agitandoglielo davanti rapidamente: « Bevi!».

Jared fissò il polso muoversi rapido davanti al suo viso, un brivido di freddo che gli percorreva la schiena al solo osservarlo.

Gli bloccò il braccio, con la forza che gli rimaneva, le labbra socchiuse, già pronte a cogliere tutto il sangue di cui necessitava.

Quando le posò alla ferita sul polso che lo stesso Jensen si era procurato, senza la minima esitazione, chiuse gli occhi, senza preoccuparsi di risultare famelico o, peggio ancora, un cannibale senza pietà. Si staccò più volte, e più volte si leccò labbra e mani come solo un animale avrebbe potuto fare.

L'altro non muoveva un muscolo, lasciandosi avvolgere dal leggero senso di stordimento nel quale Jared lo condusse. Chiuse gli occhi, senza frenarsi dal canticchiare distrattamente. Fissando il vuoto.

Il moro si mordicchiò un labbro, fissandolo con fare distratto, incapace di spiegarsi come Jensen osasse canticchiare in un momento delicato come quello. Digrignò i denti.

« Rischio di fare atti più stupidi se non canto...» spiegò nervosamente, cercando di non lasciar trasparire nulla. Dentro di sé, ben poca chiarezza permaneva, costringendolo a non ricordare eventi passati...Eventi passati ben precisi, ben nitidi, ben in grado di farlo andare definitivamente altrove con la testa.

«Un esempio...?» chiese un Jared falsamente rilassato, leccandosi le labbra sporche di sangue.

« Fare azioni impudiche. » troncò Jensen con un chiaro rossore sul viso, protestando contro il suo stesso corpo, meno controllato di certo della sua mente.

«Oh... ma non aspetto altro» sussurrò il vampiro subdolamente stupito, in prossimità dell'orecchio di lui.

Jensen arricciò le labbra, la mandibola serrata: « Non so se è il caso...» sibilò a denti stretti. La mano destra cadde distrattamente al fianco del moro corrispondente, stringendo in modo compulsivo.

« Perché no? » domandò ancora in un sussurro l'altro, posando la sua attenzione sul movimento delle proprie labbra in corrispondenza del lobo dell'orecchio di Jensen.

« Perchè non so se sei d'accordo? » rise nervoso il biondo, piegandosi inesorabilmente verso le attenzioni del vampiro.

Quest'ultimo prese a ridere sommessamente, iniziando a mordicchiare, sempre attento a contenere i propri istinti di cacciatore.

Jensen si bloccò, stringendo la presa posta al fianco gelido del moro. Le ciglia arcuate in tacito segno di appagamento, distese le gambe per sfogare ivi la sua frustrazione. « Sei...d'accordo...»

«...Forse...» disse il moro quasi divertito, passandogli una mano dietro al collo per attirarlo a , silenziosamente come sempre. Quella la sua risposta.

Jensen piegò il capo verso le labbra del compagno, soffermandosi a pochi centimetri: « Bene... »

«...si...» disse in risposta Jared avvicinando a sua volta le labbra verso quelle del biondo.

Quand'esse s'incontrarono, Jensen si lasciò sfuggire un gemito ben chiaro, spingendosi più in là. La mano libera si ancorò alla spalla del moro, stringendola come unico punto di sfogo.

Jared gli accarezzò teso il braccio che si sosteneva alla sua spalla, socchiudendo gli occhi nel ricambiare quel bacio che tanto a lungo aveva atteso. Quasi con sofferenza lancinante.

« Ti amo...» bisbigliò il biondo, reclinando il capo nel ritornare a baciarlo intensamente, la mano al fianco che si spostava su, verso la schiena, rapito.

Jared si trattenne dal ridere, probabilmente imbarazzato, prendendo ad imitare ogni gesto del suo compagno, fissandolo con crescente intensità.

Con una nota di disappunto, Jensen lo spinse a distendersi completamente sul letto: « Ti amo e ti voglio... » sussurrò al suo orecchio, restituendo il favore di prima.

Il moro lo fissò senza tentare di trattenere un sorrisetto malizioso:

« purtroppo...non sono propriamente... in forze...» spiegò evasivo, massaggiandogli un braccio.

In risposta Jensen sbuffò, brontolando parole in inglese nel dar voce alla sua crescente frustrazione. Affondò la testa al lenzuolo, sopra alla spalla di Jared,  chiaramente contrariato.

Il vampiro assottigliò gli occhi, senza aprir bocca, prima di spostare lo sguardo altrove, di nuovo lontano con i suoi pensieri.

Jensen contemplò Jared con attenzione, distratto.

Si voltò verso la finestra, l’unica della camera, e sorrise stentoreo: « Sono stanco dei preliminari, Jared…Non so te ma sono impaziente…»

« E perché non me lo dici guardandomi negli occhi, mr impazienza…?» chiese il vampiro chinando appena il capo verso il cuscino, una mano dietro alla testa. Del tutto tranquillo.

« Rischio di aggredirti sessualmente…» spiegò piccato il biondo, storcendo il naso all’imbarazzo che cercava di celare.

«Non credo saresti in grado… data la tua incapacità di guardarmi in faccia» fece notare Jared ancora una volta, lo sguardo fisso all’espressione imbarazzata del compagno « o forse sbaglio? ».

A quella provocazione il giovane si voltò a guardarlo senza la minima esitazione, pur mantenendo quel rossore sulle sue guance: « Credo proprio di sì, mr provocazione…» sussurrò, accarezzandogli le labbra con la punta delle dita.

Jared le arricciò appena, ricambiando quello sguardo.

Nei suoi occhi si accese una strana scintilla carica di perversione:

« Allora, non aspetto altro…» concluse il moro, incrociando entrambe le mani dietro la propria testa, fingendo di aver un paio di manette ai polsi. Sorrise malevolo.

Jensen si chinò su di lui, bloccando con una mano sola quelle del vampiro, consapevole che non sarebbe comunque stato necessario…o sufficiente? Tralasciò quel suo ultimo pensiero, diretto alle labbra di Jared. Le stuzzicò con la lingua, con i denti, e l’istante dopo lo baciò con tutto il desiderio che aveva in corpo, gli occhi serrati.

Jared si ritrovò a ridacchiare appena prima di ricambiare con calma fasulla quel bacio che non suggeriva nulla di casto.

Chiuse gli occhi evitandosi, in quel modo, di osservare l’espressione di Jensen.

Poteva mantenere il controllo di sé.

Poteva.

Jensen strinse la presa ai suoi polsi, quasi nel tentativo di bloccargli la circolazione. “ Che idiota, ce l’avesse.” Rammentò il biondo, insistendo con le sue labbra mentre scendeva al collo del moro, la mano libera al fianco corrispondente dell’altro.

Jared si mordicchiò leggermente un labbro cercando di essere il più disinvolto possibile; la voce che suonò terribilmente bassa e sensuale:

«…sbaglio…o avevamo deciso di terminare con i preliminari…signor “sbranatore sessuale”? » chiese riaprendo sofficemente gli occhi.

«Sei tu che ti trattieni come un verginello, Jared. » criticò Jensen, sollevando di ben poco la lingua dal punto in cui stava giocherellando: « …scelta tua…problema tuo…» alluse, umettando quel lembo di pelle ad ogni accenno.

«…ah…va bene…» rispose solamente chiudendo gli occhi per l’ennesima volta, i sensi ora alleggeriti dalla distrazione che stava portando in lui quella sottospecie di conversazione.

Ciò gli diede la possibilità di fermarsi a riflettere su ciò che si stava consumando in quelle quattro mura che lo attorniavano.

Tornò a volgere il capo verso il muro alla sua destra fingendo che nulla, in quel frangente, lo riguardasse. Lui aveva iniziato tutto, e a lui toccava terminare.

Jensen lo ignorò, nascondendo con una certa difficoltà il nervosismo che andava aumentando dentro di lui. Possibile che Jared non lo volesse? Possibile che si stesse trattenendo per qualche stramba etica che mai prima aveva contemplato?

« Insomma, non sarai diventato impotente spero! » si lasciò scappare il biondo, più in un sussurro che in un’effettiva esclamazione.

Il moro riaprì gli occhi ricoperti nuovamente da quella patina grigia che pareva essere scomparsa solamente pochi minuti prima:

«…problema tuo…» concluse con tono quasi acido il vampiro, tentando di mettere fine a quello scempio.

L’altro si sollevò a sedere, lasciando le mani del moro, un’espressione più che astiosa sul volto. Reclinò il capo, come per guardarlo meglio, stampandosi bene in mente quella situazione:

« Dovrò ricorrere di nuovo a quello. »

Un’affermazione più che convinta, la sua.

Jared si massaggiò appena i polsi dove stavano apparendo, fin troppo velocemente, dei lividi viola chiaramente dovuti alla presa di Jensen.

Stava pagando le conseguenze di anni e anni senza nutrimento.

Respirò a fondo tentando di mettersi seduto a sua volta.

Jensen lo fermò, una mano aperta sul suo petto per bloccarlo dall’avanzare.

« Stai lì. » intimò, frugandosi nelle tasche alla ricerca di una cosa. Una volta trovata, lasciò andare il vampiro, aprendo con uno scatto il coltello a serramanico che aveva con sé: « Così impari…» .

Tagliò il polso per tutta la sua larghezza, rapido, senza mostrare il benché minimo dolore nel farlo.

Automaticamente lo sguardo di Jared caddè su quella ferita appena inferta.

Rimase immobile per un brevissimo istante, prima che gli occhi riprendessero colore ed i lineamenti del suo viso s’indurissero dalla rabbia, dal dolore.

, dal dolore.sero dalla rabbia.« E' sleale...» gli riuscì di dire, prendendo fra le proprie labbra il sangue scaturito da quel rapido taglio. Gli occhi ora lucidi.

« E' l'unico sistema, con te...» osservò Jensen nell'accarezzargli il viso, una smorfia di dolore sul volto. Dolore che nulla aveva a che fare con quella ferita da poco.

Chiuse gli occhi, posando la fronte ai capelli del vampiro, frustrato.

Jared sentì nuovamente le proprie membra intorpidirsi, così come la propria ragion d'essere. Capì soltanto che doveva smetterla di bere.

Per certo sapeva solo questo.

Allontanò a grande fatica le labbra dalla ferita di lui, ritrovandosi a tergiversare nello stesso identico stato di poco prima.

Sembrava un dejà :

respiro accelerato, ansia crescente, bisogno ossessivo d'impossessarsi di Jensen all'istante.

Ma era tutta questione di minuti.

Non appena la mente avrebbe avuto nuovamente il controllo del corpo, le fila di quel gioco pericoloso si sarebbero spezzate lì, all'istante.

Ma non in quel momento.

Jensen si scostò come implicitamente richiesto, nascondendo la ferita con l'altra mano. Fissava il moro in silenzio, cercando di comprendere cosa fosse giusto fare da quel momento in poi. L'avrebbe nuovamente rifiutato?

Le labbra si piegarono in una smorfia rassegnata e il biondo distolse lo sguardo nel vedere Jared pulirsi le labbra con nonchalance. Chiuse gli occhi, sdegnato persino da stesso.

Il vampiro tornò a fissare il ragazzo che gli stava davanti, strattonandolo per un braccio.

La coscienza gli ordinava di fermarsi.

Il suo corpo abbisognava di tutt'altro.

Sentì uno strano dolore contrarsi allo stomaco mentre s'avventava sulle labbra di Jensen per quella che, giurò a stesso, sarebbe stata l'ultima volta.

Lo shock che andò a dipingersi sul giovane viso dell'altro rimase presente solo per un istante. L'attimo dopo le mani di Jensen affondarono le loro dita ai capelli del moro, baciandolo con la medesima energia dell'altro. Cercando di rimuovere quel dubbio, quell'ostinato vacillare del suo cuore che temeva solo e sempre il peggio.

Jared non lasciò tempo ad altro.

Fu più rapido di quanto pensasse.

Gli levò di dosso ciò che rimaneva del completo, prima di farlo sdraiare sotto di lui.

Non gli riuscì di fare altro.

Sfogò tutto il bisogno che aveva di lui, emarginando il pensiero costante del"sbagliato", rinunciando così alla sua etica di sempre.

Pochi attimi, interminabili per entrambi.

Poi un dolore lancinante colpì Jensen e tutto tornò al proprio posto.

Tra sospiri e gemiti di piacere.

 

Forse erano passati pochi minuti, o poche ore.

Questo Jared non lo sapeva.

Si ritrovò a guardare il ragazzo raggomitolato al suo fianco, fissando i segni bluastri che gli aveva lasciato sul collo; il materasso squarciato da segni netti e decisi; la testata del letto spezzata in due.

Sospirò pesantemente passandosi una mano al viso.

«…ho perso tutto il mio controllo…» disse quasi divertito da stesso.

Jensen rise di cuore, soffocandosi automaticamente dopo qualche secondo per non irritare l’altro:

« Alla fine miravo a questo…»

« L’avevo facilmente intuito, Jensen » disse sottolineando con una sorta d’ironia il nome del compagno, lo sguardo ora posato alla porta della camera da letto.

Seguendo il suo sguardo, il biondo rimase in silenzio, contemplando l’espressione che l’altro aveva sul viso. Si chiese se già la solita sete di autopunizione albergava nel vampiro, ma non ne fece parola con lui. Si limitò ad accarezzargli un braccio, vago nel gesto.

« Sarà meglio che vada a “leccarmi le ferite” » disse ambiguo guardandosi gli avambracci nel mettersi seduto su quell’enorme letto a due piazze « lasciami il tempo di lavarmi… e torno da te ».  Lo disse con aria stanca e persa, senza nemmeno rendersene conto.

Jensen annuì, chinandosi verso di lui nell’annusare l’acre odore che permeava quella pelle gelida:« Decisamente, puzzi.» lo canzonò, ironico « Io sarò qui in attesa, come credo sia nel tuo desiderio. O magari no. – ridacchiò- Sta di fatto che da qui non mi muovo.»

In risposta Jared fece un breve movimento delle spalle, sparendo dietro la porta che conduceva al corridoio, nel quale si trovava il bagno. Si rinchiuse dentro a chiave senza più fiatare, desideroso soltanto di una doccia.

 

L’attesa, per Jensen, era stata sempre il suo punto debole. Quand’era ora di mangiare, quand’era ora di combattere…Sempre, non c’era mai stato verso dal tenerlo fermo se voleva qualcosa.

Guardò il soffitto polveroso della casa, denotando che almeno lì Ellen non sembrava aver pulito. Chiusi gli occhi, ripensò a quella cosa che aveva nelle tasche dei pantaloni. Parlarne a Jared sarebbe stato un rischio, ma lo stesso oggetto era un rischio.

Si mise a sedere, indossando velocemente i pantaloni.

Prese tra le mani l’ampolla e se la rigirò tra le dita.

« O così o per sempre…» canticchiò, vago.

« Così cosa? » chiese una voce da dietro la porta, facendo risuonare tutto il suo eco lungo il corridoio appena percorso.

Jensen fermò quel suo  tic nervoso, prendendo la boccettina con tutta la mano: « Invece di fare il curioso dietro una porta, entra e te lo spiego. » disse con una sorta si serietà recondita, nonostante il suo carattere.

« Mi accusi di averti spiato da dietro una porta quando, invece, dietro a codesta porta ci sono appena arrivato? » domandò indulgente, aprendo quella stessa con uno scatto secco della mano. Un espressione accigliata in volto.

« Non è quello, forse sono semplicemente impaziente di farti partecipe del mio crudele piano per ridurti a un ammasso di love-love power…! » trotterellò fino a lui, un sorriso falso sul volto « Voglio che tu mi priva di tutto il sangue che ho nel corpo!»

Jared si portò l’indice alla tempia destra fissandolo sempre più accigliato, nonostante il suo sorrisetto lasciasse intendere solamente il suo divertimento a quella scena che gli si parava davanti: « dimentichi forse qual è la mia capacità recondita? » arricciò le labbra.

« Quale, quella che ti porta a sentirti in colpa ventiquattr’ore al giorno, per caso? » propose il biondo, prendendo tra l’indice e il pollice la soluzione liquida in suo possesso.

Il moro scosse il capo: « quello è un dato di fatto » serrò la mascella « posso anticipare i tuoi pensieri, bambinetto. E in questo momento… non mi trovo propriamente d’accordo » sorrise raggiante.

Jensen gli rivolse un sorriso ancor più solare, gareggiando in “luminosità” contro il vampiro: « Ma dai…che vampiro cattivo…mi toccherà soffrire inutilmente allora.» Stappò la bottiglia, facendo spallucce « Al massimo morirò, niente di grave, no? » sghignazzò, guardandolo con chiaro accenno di sfida.

Jared gli sventolò malamente una mano davanti al naso: « chiederò ad Ellen di prepararti un buon funerale » rispose pacato, nascondendo il manto di serietà dei suoi occhi dietro ad un sorriso glaciale.

Gli diede di spalle, incamminandosi verso l’unica finestra della stanza.

« Voglio delle gerbere come fiori. » sentenziò, andando a bere dall’ampolla con un solo sorso, molto velocemente.

Jared aprì lentamente la finestra saltandovi sopra con una strana agilità ritrovata: « come desidera…principino… » disse quasi sottovoce, abbassando lo sguardo al giardino dove atterrò con un balzo.

Jensen per poco non urlò, andando alla finestra per vedere dove diavolo era finito il vampiro. Si era appena messo in forze che già andava a fare le sue scenate?!

Emise un gemito, forzandosi a guardare di sotto. La fantasia che volava nelle probabilità più nere.

Lo vide inginocchiato davanti a quella sottospecie di tomba che loro stessi avevano creato per Zanzi. L’espressione era nuovamente vacua, persa a fissare qualcosa d’indecifrabile davanti a sé.

Non l’aveva mai visto ridotto così:

passare da uno stato d’indifferenza, ad uno di dolore, ad un altro di annullamento totale del suo essere. Era pressoché irriconoscibile.

L’osservò dondolare appena, come incapace di alzarsi.

Poi si accasciò a terra.

Inerme.

 

 

 

End.

 

 

 

Dark:

Ok, vi chiederete che razza di finale sia.

Ebbene… un emerito finale del… XD

Ovviamente lavoreremo presto ad un seguito.

Non disperate XD

“E con questa frase finale spera di risollevare leggermente il morale dei lettori che le tirano dietro pomodori e carciofi

 

Ci vediamo soon!

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori / Vai alla pagina dell'autore: Yami_x_Dark