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Autore: Ilune Willowleaf    20/04/2016    4 recensioni
In una puntata della serie tv viene accennato il fatto che c'è stata una "dea Coccinella" nell'Antico Egitto.
E poi una fanart mi fa accendere la miccia.
Asenmut è il figlio di uno de generali del Faraone. Mefrure la sorella del Faraone e di sua moglie, e anche essa futura sposa regale. Legati ai loro doveri e ai loro destini, possono essere sé stessi solo quando i poteri divini fanno di loro la Dea Coccinella e il Figlio della Dea Bastet, il Gatto Nero, per proteggere la città e l'Egitto intero da un misterioso evocatore di demoni. Forse i sogni di una adolescente possono diventare realtà. Forse i sogni di un ragazzo investito del potere di Bastet possono avverarsi. Forse. Se l'Egitto non sprofonderà in un incubo senza fine.
Dedicata agli utenti della pagina FB Amour chassé-croisé che pubblicano sempre fanart che mi fan salire il fangirlismo =)
Genere: Avventura, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4 - bacio sulla veste

-Cosa faremo, adesso, mia dea?-
C'era un che di affettuoso, non solo riverente, in quell'appellativo. Il rispetto di Asenmut, l'amore adorante di Gatto Nero.
-Quello che avevamo pianificato: trovare lo stregone, ed eliminarlo. Prima dei funerali di Nefertari. Glie lo devo, deve andare nelle terre della Vita Eterna sapendo che il suo assassino non esiste più. - Mefrure era decisa e implacabile come la piena del Nilo.
-Giusto. -
-E poi... Mefrure sparirà. -
-Cosa?- Asenmut era perplesso.
-Se resto, dovrò sposare Tutankamon. Gli voglio bene, ma non voglio doverlo sposare. E' stato praticamente un padre per me, e... so che non potrei mai prendere il posto di Nefertari. - Mefrure tacque un istante -E poi, ora ci sei tu. - in poche sillabe, un intero mondo di sottintesi: lo avrei sposato accettando il mio destino, e cercando di amarlo come una moglie, se non fosse che amo te e tu mi ami e insieme potremmo essere davvero felici.
-Giusto. Sicuramente si scateneranno le tue ricerche, e mi sarà facile far credere a tutti che sono sparito in un incidente mentre prendevo parte al frugare tutto l'Egitto per trovarti: che so, i coccodrilli o gli ippopotami lungo la riva del Nilo, o vai a sapere. Poi, ci procuriamo delle cavalcature, e arriviamo nelle terre dei Fenici, via terra o via mare. A quel punto, l'intero Mare Mediterraneo sarà a nostra disposizione! - Asenmut già faceva sogni e castelli in aria -Dove vuoi andare, mia dea?- le sussurrò -Il Peloponneso? Potremmo sistemarci ad Atene. Oppure l'Etruria, nella penisola? Hanno riti bizzarri ma ho sentito dire da un mercante che la vita è dolce e le terre verdi e rigogliose. Oppure Cartagine, dicono che sia meravigliosa, e non è troppo lontana dal deserto, così non ci sentiremo troppo spaesati. Sono stato addestrato come soldato e ufficiale, ma posso diventare un mercante. Non posso offrirti una vita da dea in terra come qui, ma giuro che farò il possibile e l'impossibile per offrirti la felicità. -
Mefrure sorrise di quell'entusiasmo carico d'amore. -Ovunque sia, sarò felice, con te. -
Rimasero in silenzio, abbracciati nelle ombre, per diversi minuti.
-Ma prima... dobbiamo occuparci del nostro nemico. - disse decisa Mefrure, voltandosi per chiamare Tikki e Plagg che, da dietro l'angolo, stavano disperatamente facendo finta di non essere lì, imbarazzati come non mai.

-Sicura che funzionerà?- Gatto Nero era ancora nervoso al pensiero che la Dea Coccinella, con cui spesso aveva scherzato e flirtato, fosse la principessa reale.
Erano di nuovo trasformati, e Coccinella stava facendo passare lo yo-yo, come un pendolino, sulla lista di nomi stilata da Gatto Nero.
-Non ne ho idea, ma con l'aiuto di Tikki, ero riuscita a fare divinazioni abbastanza precise. - sospirò -Se solo fossi stata più veloce a mettere assieme tutti i pezzi...-
-Non ricominciare a tormentarti, adesso. Concentrati. - la incoraggiò lui.
-Niente. Nessuna reazione. - depose lo yo-yo -I casi sono due: o questo sistema non funziona, o la persona che stiamo cercando non è tra questi. -
-Non mi sono venute in mente altre persone che sappiano usare la magia, che vivano all'interno della Cittadella Sacra. -
-Non ci sono persone che si sa che sappiano usare la magia, ma... e se il nostro stregone tenesse la sua abilità nascosta?- fu l'intuizione di Coccinella.
-Siamo fregati, allora. - Gatto si grattò la zazzera.
-No, forse no. Ascolta, voglio che tu faccia una cosa per me, oggi. -
-Ogni tuo desiderio è un ordine, mia dea!- sorrise il ragazzo, lieto di poter essere d'aiuto in quell'indagine mistica di cui, sinceramente, non capiva una fava.
-Ho spezzato il tramite della maledizione, anche se troppo tardi. Era una lamina di piombo incisa con strani segni. Scopri dove è stata portata, o chi ce l'ha. Se potessi esaminarla con calma, potrei risalire a chi l'ha creata. -
-Non sarà facile, ma farò il possibile. - le strinse la mano. Era ancora incredulo, incerto: Coccinella non aveva mai accettato i suoi flirt, in passato, respingendoli con ferma gentilezza, e ovviamente non si era mai neanche sognato di levare lo sguardo sulla Principessa reale. E invece, lei lo aveva sempre contemplato da lontano, lo amava. Era come se i pezzi di uno strano rompicapo, apparentemente estranei tra loro, si fossero improvvisamente incastrati in una sagoma bellissima.
-Ma come giustificherò il fatto che eseguo gli ordini della principessa reale, con cui ufficialmente non ho mai scambiato una parola, e con cui sono stato solo casualmente nello stesso spazio per più di qualche ora?-
Coccinella riflettè.
-Convocherò te e gli altri tre figli dei generali. Avete avuto l'incarico di fare da guardie d'onore nella stanza dove è stato deposto il...- la voce le si ruppe. Finché parlava, finché faceva qualcosa, riusciva a fingere di poter dimenticare che la sua amata sorella era morta. Poi, bastava un dettaglio, una parola di troppo che le usciva, e la voce si incrinava e le lacrime riempivano gli occhi.
-Shhh... si, ho capito. Non piangere, ora. - Gatto Nero le asciugò le lacrime col dorso delle dita -Verrà il tempo di piangere ancora, ma non adesso. Trattieni il dolore e usalo per renderti forte. -
Coccinella annuì. -Vi farò chiamare e darò degli incarichi a te e agli altri. Prima, parlerò con Tutankamon e mi prenderò l'incarico di indagare sulla magia che... hai capito. -
-E' una buona idea. Nyunya, Butha e Hawasu sono intelligenti e fidati.  -
Coccinella annuì, ma in realtà, in quel momento, si fidava solo di sé stessa, di Gatto Nero- Asenmut, e di Sepsuth.
-E' tardi, mia dea, le stelle hanno già percorso oltre metà del loro cammino in cielo, e non abbiamo mai avuto attacchi di demoni così tardi. Tu sei stremata, e domattina i servi non verranno a svegliarmi più tardi, anzi. Credo che per stanotte non accadrà nulla. Cerca di riposare, e di raccogliere le forze per domani. -
Coccinella annuì, indugiando però accovacciata a terra accanto alla tavoletta cerata.
Gatto Nero le porse una mano, per aiutarla a rialzarsi, e qando lei glie la prese, lui la strinse a sé. Mefrure si diede della sciocca per non aver mai notato prima quanto fosse, effettivamente, attraente e magnetico il suo compagno di destino. Lo aveva osservato da lontano, Asenmut, e aveva ammirato il fisico modellato dall'addestramento e il sorriso luminoso come il sole dell'alba. Ma per la prima volta, ora, si permetteva di indugiare nella sua stretta nei panni di Gatto Nero, e non poté frenare le sue mani dal correre lungo il torace e la schiena del ragazzo.
Si rese conto che, da anni, lui era stato l'unico ad averla abbracciata. Da quando era stata tolta alla nutrice, nessuno l'aveva più stretta a sé, neanche sua sorella.
Solo Gatto Nero l'aveva abbracciata, in quelle notti vorticose di combattimenti ai demoni, quando la prendeva al volo dopo un salto vertiginoso o provava ad accorciare le distanze tra loro due, nelle lunghe nottate di veglia e attesa.
Sospirò, poggiandogli la testa sul petto: non voleva sciogliere quell'abbraccio. Aveva la sensazione che, stando con lui, in un modo o nell'altro, tutto si sarebbe sistemato.
Gatto Nero la strinse a sé. Così fragile, così vulnerabile, eppure così forte e coraggiosa! Le baciò i capelli, giurando a sé stesso e a tutti gli dei che avrebbe fatto ogni cosa in suo potere per darle la felicità.

L'alba.
L'alba veniva sempre troppo presto, rifletté Asenmut, nel suo letto, schermandosi gli occhi con una mano.
Avrebbe voluto che quella notte di novilunio avesse potuto durare per sempre.
La sconcertante rivelazione lo aveva lasciato scombussolato, felice, e terrorizzato al tempo stesso. Si guardò il livido sul braccio. La sera prima, aveva detto, prima di lasciare la sua dea Coccinella per tornare ciascuno alla sua camera, "ho timore che questo sia un sogno, bizzarro, bellissimo, ma solo un sogno.", e lei, per confermargli che era tutta realtà, gli aveva dato un pizzico fortissimo al braccio. Un male simile non poteva appartenere al mondo dei sogni!
Sorrise e ridacchiò. Era questo che amava in Coccinella: era capace di essere fragile e forte allo stesso tempo, mortalmente seria, ma ironica per un istante.
-Ehy, Plagg... non è stato un sogno, quello di stanotte, vero?-
-Se ti riferisci al fatto che ti sei innamorato della donna più inaccessibile dell'Egitto, che avete un piano per scovare uno stregone che lancia maledizioni, e che che mi hai lasciato tutta la notte di guardia alla finestra mentre tu russavi come una sega su un tronco, no, non è stato un sogno. - rispose acido lo spirito, rintanadosi offeso nella sua scatola-stanza.
-Oh, avanti, non sapevamo se dei demoni potessero comparire anche stanotte, ed ero stanchissimo. -
in quel momento, un bussare lieve fece nascondere Plagg nel suo nascondiglio. Un servo aveva portato la colazione ad Asenmut, e tale colazione, da diversi mesi a questa parte, includeva anche le disgustose olive ripiene che il kwami prediligeva.
Asenmut mandò giù rapidamente la sua colazione da soldato (abitudine che il padre gli aveva inculcato fin da bambino): pane di grano, datteri, e una scodella della corposa birra dolciastra che preferiva, prima di recarsi alla sua routine mattutina con gli altri suoi tre coetanei.

Nota dell'autrice: birra. Si, gli egizi ne andavano matti, ne producevano molti tipi, ma non avendo il luppolo, le loro birre erano chiarificate e aromatizzate con spezie come il coriandolo, e birre a bassa gradazione, mescolate col miele, erano usate come latte sostitutivo e alimento per lo svezzamento. A diciassette anni si era abbondantemente adulti, quindi no, non meravigliatevi si Asenmut beve la birra dolciastra, energetica, aromatica e a bassa gradazione alcolica che gli egizi bevevano spesso. Figuratevi che era distribuita come parte della paga dei manovali!

Mefrure si alzò appena dopo l'alba. Mal di testa martellante, di nuovo, e senso di spossatezza. Sicuramente la notte in bianco, pensò, mentre le ancelle la lavavano, pettinavano e acconciavano.
Le mandò via tutte, per parlare con Sepsuth mentre facevano colazione.
-Hai un'aria distrutta. Non è soltanto il lutto o la notte in bianco: non ti vedo così da quando a sette anni ti ha colpito la malattia al ventre. -
-Allora devo essere veramente uno straccio. - commentò la principessa. A sette anni era stata malissimo, per giorni aveva vomitato ed era stata attaccata al vaso per i bisogni, e si era sentita in bocca un sapore come se avesse fatto colazione col bitume.
-Non ammalarti ora. Non è il caso. - la ammonì l'amica, offrendole una ciotola di uva.
-Lo terrò a mente. - sorrise appena Mefrure, prendendo un grappolino -Ascolta, avrò bisogno della tua intelligenza ancora una volta. Lo sappiamo tutte e due che tu sei più sveglia di me. Tra poco andrò da Tutankamon a chiedergli di permettermi di indagare, per tentare di capire chi ha lanciato la maledizione che ha ucciso mia sorella. -
Stavolta riuscì a dirlo senza scoppiare a piangere.
Sepsuth annuì. -Non credo che farà storie. Anche se ci sono già gli stregoni di palazzo a lavorarci su. -
-E' questo il punto: non mi fido di nessuno, a parte di te e di Gatto Nero. - sussurrò all'amica.
-L'altro emissario divino che combatte i demoni assieme a te?- replicò la ragazza sempre sussurrando. Mefrure annuì. -E la cosa incredibile è che è vicino. Più vicino di quel che non sperassi. - sorrise appena -La mia piccola oasi di gioia nel deserto di questi giorni. Ascolta, dopo aver avuto il permesso da mio fratello, convocherò i figli dei generali: darò loro da svolgere parte delle indagini. -
Gli occhi di Sepsuth si allargarono -No... è uno di loro?- bisbigliò. Mefrure annuì in maniera impercettibile. -Labbra cucite, amica mia. Farò cose che non dovrei fare in maniera assoluta. -
-Muta come una pietra nel deserto. - giurò la ragazza -Ma dimmi chi è, ti prego!-
Mefrure scosse la testa. -Non voglio rivelare i segreti degli altri. Ma tranquilla, non è il tuo amato Nyunya. -
Sepsuth arrossì. Poi si illuminò. -Nooo... ho capito chi è. Deve essere la volontà degli dei, non c'è altra spiegazione. -
-Ecco, l'ho sempre detto che tu sei più sveglia di me. Forza, finiamo la colazione e andiamo. Anche se mi sento lo stomaco rovesciato, e vorrei solo vomitare. -

Lunghissimi. Quei corridoi le parevano smisurati ogni volta. Mefrure si era preparata il discorso da fare a Tutankamon e se lo ripeteva per tutti quei corridoi interminabili, percorsi col passo solenne e ieratico che si accordava al suo rango.
Attese che il servo annunciasse, prostrato ai piedi di Tutankamon, che la Principessa desiderava conferire con il faraone, e quando fu introdotta nella stanza che fungeva da studio, notò infastidita che era presente il Visir.
Non aveva mai legato con quell'uomo, e forse alla sua antipatia contribuiva il fatto che la figlia prediletta dell'alto funzionario, Tuat-e-nab, le era insopportabile. Un tempo, quando erano bambine, Tuat-e-nab era stata ammessa tra le nobili fanciulle compagne di giochi e di lezioni della principessa,  ma aveva subito assunto un'aria di superiorità nei confronti di tuttte le altre bambine, e il suo rispetto nei confronti della principessa era, Mefrure lo aveva percepito subito, solo una facciata. In realtà la bambina si sentiva, intimamente, superiore persino a lei! Non si erano mai sopportate, ed era stata allontanata poco tempo dopo dalla corte. Quel giorno, Mefrure si era fatta una nemica, ma se n'era resa conto solo anni dopo.
L'antipatia nei confronti della figlia era fluita poi anche nei confronti del padre: né a Mefrure, né a Nefertari era mai piaciuto l'uomo, e Nefertari una volta aveva confidato alla sorella che quell'uomo, le pareva, aveva lo sguardo di un serpente a sonagli.
-Amatissimo e venerato fratello, posso parlarti?- chiese, inchinandosi leggermente.
-Ma sicuro, mia amata sorella. Vieni, accomodati al mio fianco, e aprimi il tuo cuore. -
Mefrure occhieggiò il Visir, che non accennava a levarsi dai piedi.
-In privato, solo noi due. E' una cosa... personale. -
-Il Visir è il nostro più saggio consigliere, sorella amata. -
Mefrure assunse un'aria imbarazzata, riuscendo persino a farsi salire un po' di rossore alle guance. -Si tratta di una cosa riservata alle tue orecchie soltanto. - disse, lasciando intendere un argomento che invece non aveva la minima voglia di trattare.
-Capisco. Beh, immagino che in tal caso...- il faraone rivolse uno sguardo al visir, congedandolo con un cenno, come a dire "le donne, cosa ci vuoi fare?".
Appena il Visir e i servi ebbero abbandonato la stanza, Mefrure si andò a sedere sulla panca su cui era seduto il fratello.
Ne scrutò il volto: sotto il trucco nero si vedevano le occhiaie. Il dolore aveva scavato segni anche su quel volto. Le mani che presero le sue parevano invecchiate di molti anni in pochi giorni. Mefrure notò che le unghie erano rosicchiate e le nocche morsicate. Si chiese come dovessero essere le notti per Tutankamon: solitarie e dolorose, preda di uno strazio infinito, nel letto che aveva condiviso con Nefertari. Aveva amato Nefertari tanto quanto lei, e come lei ora macerava nel dolore.
-Indagherò su chi ha lanciato il maleficio. - disse, senza preamboli.
-Immaginavo che avresti voluto fare qualcosa. Apprezzo il tuo sforzo, ma il visir sta già-
-No. Farò di persona. Ho già in mente cosa fare, e troverò chi ha ucciso Nefertari. Colui che ha scagliato quella maledizione è astuto e furbo, e io non mi fido a lasciare le indagini a qualcun'altro. Lasciamelo fare, fratello amato: l'inattività mi sta distruggendo. -
Tutankamon non aveva il cuore di pietra, e vedeva negli occhi della sorella la stessa disperata rabbia  che covava nel suo cuore.
-Ne hai il diritto, Mefrure cara, e so che ne hai il potere e le capacità. Fai ciò che ritieni giusto. Io ora ho... piani. Altri piani, per il futuro nostro e dell'Egitto. -
Mefrure rabbrividì. Già, il matrimonio. Ci voleva tempo per organizzare un matrimonio regale.
Tutankamon la vide rabbrividire. L'ultima conversazione, quasi discussione, che aveva avuto con Nefertari, era stata proprio a riguardo del loro matrimonio sacro. Onestamente, era giunto alla decisione di sposare anche la sua seconda sorella solo per l'apparente sterilità di Nefertari: amava immensamente la sua regina, e si rendeva conto che avrebbe sempre messo al secondo posto la giovane Mefrure, nel suo amore. Era stata più una figlia che una sorella, e sebbene il matrimonio tra consanguinei fosse la norma per i faraoni, in quel momento non se la sentiva di prepararsi a prendere una nuova moglie quando l'amore della sua vita attendeva di incamminarsi per l'aldilà nelle sale degli imbalsamatori.
-Stai serena, sorella amata: tutto andrà per il meglio. Saremo di nuovo felici, vedrai. Saremo di nuovo felici come un tempo, noi tre. - la baciò sulla fronte, il segno del suo affetto. -Adesso vai, fai pure tutto ciò che può recare sollievo al tuo cuore addolorato, e disponi di quanto desideri. - la congedò.

Camminando lentamente nei corridoi, Mefrure ripensava alle parole del fratello, analizzandone nella mente ogni sillaba e ogni espressione. "Di nuovo felici come un tempo"? "Noi tre"?
Non riusciva a capire. E lo sguardo di suo fratello... una sorta di folle luce pareva animarlo.
Rabbrividì, e d'istinto si tastò la fronte. Ammalarsi ora era l'ultima cosa che poteva permettersi di fare.
Bene, in ogni caso, con le sue parole Tutankamon la autorizzava a ordinare quanto voleva, lasciandole piena autonomia sulle persone da usare per la sua indagine personale.
Accellerò il passo, decisa, lasciando per un attimo sconcertate le ancelle, i flabellieri e tutta la servitù che doveva trascinarsi dietro ogni volta che lasciava le sue stanze.
-Sepsuth, vai a chiamare i figli dei generali. Sai dove trovarli, a quest'ora. Falli venire nel mio salone. - disse. Sepsuth annuì, staccandosi dal gruppo e trotterellando verso un certo cortile. Certo che sapeva dove trovare Nyunya, Asenmut e quegli altri due, a quell'ora del giorno: li andavano a spiare un giorno si e l'altro pure!
Mefrure tornò nelle sue stanze, scrutandosi per un attimo nella grande lastra di metallo lucido, che le restituì l'immagine scurita di sé, con il volto segnato dal poco sonno. Si studiò per qualche istante una espressione seria e decisa. Asenmut sapeva già cosa avrebbe ordinato, ma dovevano recitare bene la parte in favore degli altri tre giovani.
Si andò a sedere sull'alto sedile, arredo principale della sala in cui mangiava, ascoltava musica o si intratteneva. Composta, decisa: doveva dare questa impressione ai tre compagni di studi e camerata di Asenmut. Figlia degli dei, decisa e implacabile come una tempesta di sabbia, saggia e antica come il Nilo. Le lezioni interminabili di etichetta fluirono attraverso lei, e quando i quattro giovani vennero introdotti nel salone, Asenmut quasi non riconobbe nella divina figlia del cielo la ragazza che, solo poche ore prima, si era sciolta in lacrime tra le sue braccia. Ma uno sguardo d'intesa che lei gli lanciò gli fecero ricordare di come lei aveva definito Coccinella il suo vero volto, e questo la maschera.
I servi, i flabellieri, le ancelle, tutti furono allontanati. Solo Sepsuth stava, in piedi, a lato dell'alto seggio della principessa.
- Butha, Hawasu, Asenmut, Nyunya. Vi ho fatti convocare per affidarvi degli incarichi. Saranno incarichi delicati, e che richiederanno la massima discrezione. I vostri padri hanno servito mio padre e servono mio fratello con fedeltà e onore, e la benevolenza e la fiducia nei loro confronti scendono anche su di voi. Confido che mi servirete in quest'incarico con la stessa fedeltà con cui i vostri padri servono mio fratello. -
-La nostra vita è a vostra disposizione, Figlia del Cielo. - disse Butha che, essendo il maggiore, forte dei suoi diciannove anni, si sentiva il capo del quartetto.
-Voglio condurre una indagine di persona. Ma le cose da cercare sono molte, e in luoghi in cui non è mio desiderio recarmi. Vi indicherò cosa cercare e cosa portarmi, e vi vincolo al segreto. Non parlerete con nessuno di ciò che qui udirete o vedrete, né con estranei, né con membri della vostra famiglia, amici o sacerdoti. Risponderete solo a me. Avete capito?-
-Si, oh Prediletta degli Dei. - rispose ancora il maggiore. Mefrure lo studiò per un attimo: Butha e Hawasu si assomigliavano molto, e avevano lineamenti più robusti di Asenmut, che invece aveva i tratti affilati dei clan familiari più antichi. Nyunya era del tutto diverso, essendo discendente di una stirpe che si era guadagnata, generazione dopo generazione, i gradi di comando, partendo dalle lontane province dell'alto Egitto, lì dove il Nilo era rapido e limpido, e la pelle degli uomini è nera come l'ebano.
-Molto bene. Ora, darò a ciascuno di voi un incarico. Non ditelo neppure agli altri: ciò che non si sa, non può essere rivelato, per sbaglio o per magia. Indagherò su persone potenti, e il nostro obiettivo è il più potente di tutti: colui o colei che è stato in grado di scagliare un maleficio su mia sorella, la regina Nefertari. -
L'enormità della rivelazione fece ammutolire i quattro ragazzi: erano appena stati comandati volontari per un affare davvero grosso, e si rendevano conto dell'onore a loro concesso.
A Butha, Mefrure affidò l'incarico di stilare una lista di tutti i prigionieri che erano stati portati nelle carceri dopo le retate dei giorni precedenti: tutti gli stregoni e i praticanti di magia della città.
Hawasu ebbe l'incarico di procurarsi la lista di coloro che arrivavano giornalmente, prelevati dai villaggi e dalle città di tutto l'Egitto, e spediti alla capitale per essere interrogati. Poteva anche essere, avevano pensato i generali, che il colpevole avesse tentato la fuga dalla capitale, dopo aver scagliato la maledizione, o che l'avesse lanciata da più lontano, anche se era improbabile: qualunque praticante di magia nera sapeva che tanto più si era vicini al bersaglio, tanto più forte era l'effetto.
Nyunya ebbe il compito di stilare una lista di tutti coloro, residenti a palazzo, che avrebbero potuto saper usare la magia nera, anche se non dichiaratamente. Era una lista difficile, pericolosa da stilare: ci sarebbero entrati molti sacerdoti e sacerdotesse, svariati funzionari, medici e personalità di corte. Ma il ragazzo, aveva assicurato Sepsuth, era discreto e molto sveglio.
Infine, Asenmut.
Nella stanza, loro tre: la principessa, la dama di compagnia, e il giovane.
Mefrure si rilassò: la maschera da dea in terra era così difficile da portare!
-A te, l'incarico più delicato: scopri dove è finito quel maledetto feticcio, la tavoletta di piombo coi segni della maledizione, e portamelo. Per la tua missione, prendi questo. - Mefrure gli porse un sigillo -E' il mio sigillo. Potrai entrare ed esaminare praticamente tutto, con esso. -
Asenmut annuì, inginocchiato dinnanzi al sedile, come prima di lui gli altri tre ragazzi. Non poté non ammirare la perfezione di quei piedi, imprigionati nelle funicelle di lino dei sandali. Li aveva visti guizzare così tante volte, alla luce della luna, scalzi ed agili come pesci balenanti nelle acque di un laghetto.
Sepsuth alzò lo sguardo al cielo.
-Con permesso, credo di avere dimenticato qualcosa da fare di là. - disse, congedandosi e abbandonando la stanza, chiudendo le porte dietro di sé e rintanandosi nella camera di Mefrure, in attesa.
-Umh, credo che la mia perspicace amica abbia capito. - ammise Mefrure -Ma terrà il segreto. Tiene già da tempo il mio. -
-Temo che i nostri sguardi fossero troppo evidenti, mia dea. - concordò Asenmut, restando comunque in ginocchio ai piedi di Mefrure.
-Dovremo essere cauti. Cauti come gatti. - sorrise appena la ragazza. Il sorriso di risposta di lui era più simile a quello malizioso di Gatto Nero che a quello composto di Asenmut.
-Conosco il mio posto, e lo terrò, fino al giorno in cui tutto sarà terminato. Nel frattempo, posso almeno offrirti la mia adorazione. - mormorò, baciandole un lembo della veste, in un gesto rituale di adorazione e sottomissione.


Note dell'autrice parte 2: capitolo più introspettivo che attivo, ma il prossimo sarà una spy-story, promesso =) Questa storia avrà 6-7 capitoli. Mi rendo conto che i personaggi sono solo lontanamente simili a Marinette e Adrien, ma, ehy, non sono loro, sono i precedenti Ladybug e Chat Noir! Non sappiamo neanche se sono reincarnazioni o solo i Miraculous che scelgono persone sempre simili. In ogni caso, spero di essere abbastanza filologica con l'Egitto antico: la sua storia si stende per un periodo immeso, cinquemila anni, una quarantina di dinastie, e spero di non aver fatto un guazzabuglio di dettagli di epoche diverse. In ogni caso, tutti quei bei documentari su La7 su questo o quel faraone e dinastia e complesso di templi finalmente vengono a frutto! Se la storia vi sta piacendo o intrigando lasciatemi un commentino, anche veloce, così saprò di non aver fatto per nulla le 2 di notte quasi ogni notte!
  
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