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Autore: Ninfea Blu    22/04/2016    2 recensioni
Storia che nasce da una costola di "Carlisle. L'anima di un vampiro", (riferimento cap. 5, se volete saperne di più) ma potete leggerla anche senza aver letto la storia originale.
Volterra inizio '800. Haidi, la pericolosa vampira dei Volturi, incontra qualcuno, un giovane mortale che la riporta indietro nel passato.
"I suoi occhi... sono ancora qui, in questa stanza. Sono ancora qui, posati su di me. Non sono mai andati via."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Heidi, Volturi
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
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4 capitolo

4 – Ambrosia

 

 

 

Ho perso il conto dei giorni di sole, astro molesto che non vuole tramontare. La primavera rinasce ed è vita che si rinnova; ci costringe a restare più a lungo dentro il perimetro delle nostre mura, che osiamo abbandonare solo nell’ora più tarda, quando le ombre del crepuscolo scendono come cortine dal cielo. Non resisto in questo tetro palazzo un altro giorno ancora.

La compagnia dei miei simili non mi dà alcun piacere; sono esseri senza emozioni, spenti a qualsiasi interesse che riguardi la vita, sbiadita memoria di qualcosa che fu.

 

-         La nostra eternità è un simulacro vuoto di sostanza. Una perenne attesa di nulla.

 

Le sue parole sono rimaste incise come morsi sulla mia pelle fredda e bianca. Mi hai segnata, Carlisle. Come nessuno mai. Ma non sei riuscito a cambiarmi.

 

Forse Aro ha sempre avuto ragione: siamo demoni senz’anima, incapaci di cambiare. I miei fratelli immortali attendono null’altro che l’arrivo delle mie prede, senza ricercare altre passioni, senza manifestare alcun desiderio diverso. Hanno cuori più morti del mio, una sete smisurata di sangue che non si placa mai; paiono vivi e godono solo quando uccidono. E il mio biasimo è falso e immotivato, perché non sono tanto diversa da loro. Eppure, guardarli mi deprime come non credevo fosse possibile.

Avverto con prepotenza, e non mi era mai successo nei secoli che mi porto sulle spalle, la miseria dell’esistenza che siamo obbligati a condurre; mi dà un disgusto tale, che perfino l’oscurità che ho dentro si ribella a questo tedio.

Il sangue non basta a colmare il vuoto abissale che ho dentro.

Conosco il desiderio sensuale della carne, che si mantiene forte e oscuro in me, ma ad alcuni tra noi fa poco effetto la passione carnale. La vivono come una distrazione, ma non ne traggono lo stesso piacere estatico che raggiungono bevendo il sangue.

Tempo fa, dopo la sua partenza da Volterra, mi scelsi un nuovo amante; fu un gioco necessario per riempire la sua assenza. Era una delle guardie di Marcus, un vampiro letale, ferino e bello come Apollo. Era perverso e crudele con le sue vittime che tormentava fino allo stremo, con un godimento spropositato e allucinante; dunque, io mi aspettavo che vivesse il sesso altrettanto intensamente, invece si rivelò una pratica monotona, a tratti furiosa, che dava pochi e fugaci brividi, e si esauriva in fretta. Nulla di simile a quello che era stato con te, Carlisle.

 

Con il vampiro dagli occhi dorati, io mi sentivo viva.

 

Dove sono le nuvole?

Perché non vengono a nascondere questo sole nemico che mi tiene lontana dall’oggetto dei miei desideri?

Aspetto che scendano le tenebre più fitte per strisciare lungo i muri di Volterra e seguire l’impulso che mi spinge sotto le finestre dove lui vive.

Un debole chiarore proviene da esse, e dietro le tende a volte scorgo la sagoma della sua figura; so che è lui, ma non posso colmare questa breve distanza che ci divide. Non ancora.

Lui non sa che vengo qui, da giorni, all’ora del crepuscolo e che non ho altra speranza che vederlo anche per un breve attimo. Non so per quanto ancora potrò accontentarmi d’istanti rubati alla notte, di un’ombra sfuggente dietro una tenda che si muove appena.

La sera scende e la mia sagoma scusa si confonde nel buio che inghiotte ogni cosa, e avvolge tutto col suo silenzio inquietante.

Passa l’omino che accende gli stoppini di lampioni e lanterne appese agli angoli delle strade, e io mi nascondo dentro l’arco nero di un portone, mentre aspetto che si allontani per la sua strada. Sento il profumo del suo sangue, ma è uno del luogo, dunque intoccabile. I miei occhi rossi brillano come brace nel buio, per l’eccitazione.

Se non osasse farlo di persona - cosa di cui dubito - Aro mi farebbe uccidere, se sfiorassi anche solo l’idea di aggredire un abitante di qui. Il pensiero stesso è un terrificante delitto punibile con la morte. Le sentenze di Aro sono implacabili, senza appello o giustificazione; maestro e giudice infernale ostenta cordialità perfetta, ma non ammette trasgressioni alle sue leggi, non concede perdono, né concepisce debolezza.

 

È un’altra la sete che devo placare questa notte.

È un desiderio morboso che annebbia la mia ragione, cui non riesco a sottrarmi.

Devo vederlo.

Devo sentirlo.

Devo averlo.

I miei occhi iniettati di sangue devono riempirsi della sua bellezza quasi soprannaturale, androgina e ambigua, specchio meraviglioso di un’anima pura che mi è estranea, eppure mi affascina; i miei sensi maledetti si scalderanno al fuoco del suo profumo che mi turba.

Un balzo e raggiungo la sua finestra.

Lasciami entrare.

Nella tua stanza.

Nella tua vita, perché tu possa entrare nella mia, ed essere un tutt’uno con me. Essere eterno con me. Saremo allora una cosa sola. Un solo sangue, linfa che si confonde e si fonde in un solo fiume che scorrerà per tutta l’esistenza. Così ti amerò per sempre. Così sarai mio per sempre.

Complice l’aria della notte, la finestra cede alla mia forza, i vetri vibrano con un rumore che pare assordante, e le tende si arrendono al vento che le investe e le gonfia.

L’oscurità non ha segreti, ma avvolge tutto, gli oggetti, il mobilio essenziale dell’alloggio, tranne il suo respiro che percepisco come un suono lieve. Dorme il mio angelo perduto, lo scorgo nel letto, la camicia aperta sul petto glabro, che si solleva. Il miele dei suoi capelli si sparge sul cuscino, le ciglia abbassate come un velo segreto sugli occhi di cielo, in cui potrei annegare, se fossero aperti. Mi avvicino al letto, attratta da tanta grazia di cui sono indegna, e sento il calore seducente che proviene dal suo corpo, il cuore che pulsa; è come un richiamo.

È irresistibile.

Il mio braccio sinistro striscia sotto le sue spalle, e Carlos, pur nell’incoscienza del sonno, percepisce il freddo del mio tocco; un debole gemito esce dalle sue labbra ma arriva potente alle mie orecchie, mentre sollevo il suo corpo e me lo stringo al petto. Avverto il calore bollente della sua pelle anche attraverso il tessuto impalpabile della camicia; chiudo gli occhi e un ghigno immondo mi deturpa il viso, eccitazione e piacere mi devastano, e m’inducono ad osare l’estremo. Lui è corpo inerte e indifeso nel sonno, le braccia abbandonate sulle lenzuola, la testa gettata all’indietro, il collo bianco esposto alla mia bocca che si schiude assetata. È feroce la brama di mordere.

Lo voglio… ansimo.

La mia gola è arsa dalla febbre; sangue e lussuria gridano attraverso i miei occhi che lo trovano nel buio.

Il vampiro lo vuole.

Voglio il suo sangue, voglio la sua pelle, il suo corpo, il suo sesso, il piacere che posso prendermi senza sforzo.

Poso le labbra sulla gola come se volessi baciarlo, e m’impongo di controllare la voglia nera che vorrebbe lacerare la carne tenera, dove il sangue dolce corre veloce sotto la pelle.

Quale lascivo piacere mi prende appena avverto il calore che si diffonde in me come un’andata prepotente e violenta, e comprendo che non mi accontenterò di carezze lievi questa notte. La mia lingua saggia la sua pelle, sale dal petto sulle spalle e arriva alle labbra che schiudo e unisco alle mie. La sua bocca morbida è un anfratto umido, caldo ed eccitante, troppo perché io possa controllare l’impulso che accende il fuoco della mia depravazione. Lo abbandono solo un istante e mi alzo per togliermi i vestiti, e l’urgenza di tornare da lui rende i miei gesti febbrili; in pochi secondi, il mio mantello scuro come la notte, la camicia preziosa di trine e merletti, il bustino rigido, la gonna di raso non sono altro che un mucchio di stoffa scomposta sul pavimento di questa camera.

Sono nudo biancore lunare nell’oscurità, quando torno verso il letto e con un balzo agile sono a cavalcioni sui suoi fianchi; il mio angelo continua placido a dormire, ignaro che un vampiro si sta approfittando della sua innocenza e del suo corpo perfetto creato apposta per soddisfare la mia lussuria.

La mia risata bassa e profonda ha un suono sinistro, che per fortuna lui non può sentire. Osservo il suo torace che si abbassa e si solleva al ritmo del respiro che ora è lento e regolare; anche al buio intravedo il bianco rosato della sua pelle sotto i lembi aperti della camicia. Poso la mano all’altezza del cuore per sentire il tumulto del suo sangue che lo fa battere di vita, e le mie pupille si dilatano. Con un’unghia affilata come un rasoio, lacero il tessuto di lino che lo copre, e nel silenzio ovattato dell’ambiente percepisco il suono debole dello strappo; apro i lembi sfrangiati per ammirare le forme sensuali dei muscoli definiti e snelli, ed esito solo un istante, prima di fare a brandelli quello che resta dell’indumento.

Lo voglio senza nulla addosso.

Mi abbasso su di lui e lascio che la mia pelle fredda aderisca alla sua, striscio col mio seno arido contro il suo torace che si solleva al ritmo del respiro; l’eccitazione mi sconvolge follemente, quando mi accorgo che pur nel sonno, Carlos reagisce immediatamente allo stimolo. Si agita e geme tra dolorosi sospiri, preda di terrore e desiderio confusi nelle nebbie rossastre di un sogno erotico che lo investe, a cui si abbandona privo di forze e volontà. Il suo inconscio percepisce la mia presenza minacciosa, e il suo istinto risponde alla provocazione facendo accelerare il suo respiro; quando avida, percorro la pelle tenera e calda con la mia bocca gelida, dalla gola pulsante scendendo giù, fino all’addome e oltre l’ombelico, sento il suo respiro accelerare fino a trasformarsi in un ansito, ed è un suono simile all’angoscia. Ebbra di quel contatto che eccita tutti i miei sensi fino al parossismo, continuo a strusciarmi e tormentare me stessa e lui, fino a quando sento sotto i miei lombi lo stelo della sua virilità risvegliarsi prepotente.

La voglia di farlo mio, mi rende folle, e l’egoismo della mia natura che prende senza chiedere, fa il resto. Non resisterei, neppure se volessi.

E non voglio.

Desidero furiosamente il calore della sua carne dentro le viscere fredde e morte del mio corpo, unione scandalosa e immonda tra vita e morte, tra il vampiro e l’umano.

Potrei fargli male quasi da ucciderlo, ma in questo momento non m’importa; l’estasi mi possiede e mi governa e non penso ad altro che a questo calore che mi fa vibrare.

Mi muovo svelta, lo guido con la mano e lo lascio scivolare in me, e il piacere che provo è così forte e intenso che gemo in un ringhio profondo di bestia, suono sinistro che si perde nell’oscurità della stanza. Lascio che affondi sempre più al centro del mio essere, fino a riempirmi, e danzo perversa su di lui sempre più veloce, con furia selvaggia e violenta senza preoccuparmi che possa svegliarsi.

Sono la strega, l’incubo che monta sopra i suoi lombi, mi piego e gemo senza ritegno, sfibro la sua carne bollente nel dolore che è estasi, e contorce in spasmi l’espressione del suo viso d’angelo.

Non so da quanto non provavo una simile ebbrezza, un rapimento assoluto dei sensi, invasi da un’energia oscura e lucente, che accende ogni più remota fibra del mio essere immortale.

Un vampiro è disposto ad ingannare, mentire, uccidere per quest’esaltazione suprema, che vale il rischio di essere scoperta e fatta a pezzi dai miei compagni.

Al culmine, le mie mani sul suo petto, spalanco la bocca come se cercassi ossigeno nei polmoni, mentre la gola brucia di sete e desiderio, e nel delirio mi getto smaniosa sul suo collo con la voglia di lacerare la carne per sentire il sangue investirmi a fiotti, bagnarmi le labbra e il viso, in un orgasmo potente che investe tutti i miei sensi e quasi mi annichilisce.

Ma un gemito più acuto degli altri, forse un dolore più inteso, mi ferma appena in tempo, prima che commetta l’irreparabile. Sembra si stia svegliando, martoriato dalla pena e da una vaga estasi che il freddo anestetizza.

Non sono sorpresa.

Non potrebbe restare addormentato a lungo, mentre un vampiro abusa senza pietà di lui nell’incoscienza.

In una circostanza qualunque, con chiunque altro che non sia lui, questo sarebbe il momento sublime che precede la morte.

I suoi occhi sono ancora chiusi, sotto effetto del sogno, quando pronuncia il mio nome in un sussurro arrochito che mi scuote.

“Haidi… il suo profumo…”

Mi blocco un istante, e resto ferma sopra di lui, ad un paio di centimetri dalle sue labbra. Le sue palpebre sono ancora pesanti, ma un tremito fra le ciglia mi mette in guardia: sta per tornare dal limbo in cui la sua mente era sprofondata fino ad un attimo fa. Non può accadere.

Non gli permetterò di vedermi adesso.

Afferro il suo viso con le mani e mi avvicino con le labbra al suo orecchio, soffiando in un bisbiglio il mio sospiro ghiacciato.

“Dormi, mio angelo perduto… questo non è altro che un sogno bellissimo e terribile. - Carlos emette un altro gemito e io insisto, con voce sempre più suadente. - Il freddo che ti circonda non è reale… dormi e dimentica questa notte che ti ha rapito i sensi… qui non c’è nessuno che può farti del male…”

Le mie parole non sono altro che un sussurro ipnotico, a cui mortale non può resistere, e Carlos con mio sommo piacere, precipita di nuovo tra le braccia complici di Morfeo, così che io possa continuare ancora a lungo a godere di lui, del suo corpo caldo che colma e riempie il mio.

E ricomincio a muovermi sul suo sesso, affamata e ingorda di questo piacere che mi riporta indietro ad un altro tempo, quando in questi stessi luoghi assolati, un vampiro dagli occhi dorati, scatenava in me quest’identica passione.

 

-         Non so come fai, Carlisle, ma accendi in me qualcosa che credevo morto… nel nostro amplesso ho gridato ‘ti amo’ e per un istante, ti giuro, ho creduto fosse vero. Non mi era mai successo con nessuno…

-         I sentimenti sono quello che ci resta d’umano; non dobbiamo soffocarli, ma lasciarli emergere. Possono renderci migliori.

 

Tra le sue braccia, opposi un sorriso amaro a quelle parole.

 

-         Sono tracce fossili di qualcosa che fu…

 

Mi stupiva e affascinava la sua ferrea convinzione. Quante volte Aro provò a farlo cedere, in ultimo servendosi anche di me; perfino il signore oscuro di Volterra dovette arrendersi agli occhi dorati di chi si dimostrò più forte.

 

Ma il passato è remoto e irraggiungibile, e io devo ritornare in questa stanza pregna d’umori, odore di sesso e sangue vivo, a questa alba che mi tradisce e mi costringe a nascondere la mia nefandezza sotto le mura più antiche della città.

Quando i primi raggi di luce feriscono il buio, capisco che è il momento di lasciarlo. Ho preso tutto il godimento che potevo prendere, e il mio corpo è ancora caldo. E già sento che ne vorrei ancora.

Una volta gustata l’ambrosia, non se ne può fare a meno.

Carlos è la mia ambrosia, nettare prelibato cui non so resistere.

Sarà spossato il mio angelo, stanco dopo una notte tinta di sogni posseduti dall’eros. L’umano non può resistere alle forze inesauribili di un vampiro. Resterà a letto tutto il giorno, stupendosi di quanto il suo fisico sia fiaccato e debole, rammollito da un languore che gli intorpidisce le membra.

Non saprà mai che sono stata io a rubare ogni sua energia.

Non avrà alcun sospetto.

Ma mentre mi rivesto, uno strano rammarico mi pervade e mi rendo conto che non ho avuto niente di quello cui aspiro. Con l’inganno, a tradimento, ho preso il mio piacere, ma voglio ben altro che questo.

Scivolo veloce e invisibile oltre la finestra e sono già per strada.

Osservo un momento la sua finestra, e un sorriso di trionfo stira le mie labbra di creatura egoista; che Carlos lo voglia o meno, vampiro o umano, io ho già deciso che ci saranno altre notti come questa.

Carlos sarà mio.

Che sia morte o eternità.

Riprendo la mia corsa attraverso le stradine ancora addormentate del vecchio borgo, per tornare alla dimora dei Volturi.

Solo quando sono ormai in prossimità del palazzo dei Priori, mi accorgo dell’ombra nera e veloce che segue la mia scia e i miei passi.

Ferma davanti al battente di bronzo del grande portone, osservo con stupore la figura del vampiro che si avvicina, silenzioso e quasi severo. Forse triste.

Dovrei aver paura, ma non ne provo.

“Santiago…” bisbiglio, e solo lui potrebbe sentirmi. Di fronte a me, mi fissa immobile, e i suoi occhi rossi sembrano sanguinare.

Lo guardo e mi chiedo se Aro potrebbe comprendere, senza leggere il pensiero. Io non so decifrare quella strana luce che palpita smarrita in fondo al suo sguardo. Non l’ho mai vista prima.

 

 

 

Continua…

 

 

 

Non ritengo che serva il rosso, ma ho ritenuto opportuno alzare il raiting per i contenuti un po’ forti di questo capitolo che mi hanno preso un po’ la mano, ma spero non disturbino nessuno. Haidi è tormentata, almeno così ho cercato di tratteggiarla, ma è pur sempre una vampira nel senso classico del termine, non esattamente un’anima candida. Al prossimo capitolo.

Ninfea

 

   
 
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