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Autore: writermey    24/04/2016    1 recensioni
Una breve raccolta di mini storie d'amore e di passione riguardanti alcuni personaggi di Skyrim. Intrecci inventati da me, cogliendo le situazioni nel videogioco.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altri, Elisif la Bella, Ulfric Manto della Tempesta, Un po' tutti, Vilkas
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The passion of thought




Bolund



I litigi in piazza tra Bolund e Valga Vinicia erano all'ordine del giorno a Farkreath. Tutti conoscevano il pensiero del nord nei confronti degli stranieri a Skyrim ma solo Valga aveva il coraggio di affrontarlo apertamente, facendo valere le sue idee senza vergognarsi di essere un'imperiale.

L'uomo era arrivato a voler pagare Valga perché se ne tornasse a Cyrodiil, un gesto simbolico ma carico di odio ed estremamente significativo; offensivo non solo per lei ma anche per gli altri abitanti della città, stranieri e non.

Valga non si era fatta intimidire nemmeno quella volta e, preso il sacchetto di septim, lo portò direttamente da Lod, il fabbro, per forgiarne una bellissima collana ed indossarla ad ogni occasione pubblica per deridere Bolund.

Era così da anni, i due si punzecchiavano e si facevano scherzi di ogni tipo, entrambi convinti di avere ragione sulle proprie idee riguardo al diritto di vivere a Skyrim.

Finchè una sera Bolund finì alla locanda della Goccia Fatale completamente ubriaco e si riversò sul pavimento dopo aver bofonchiato i soliti commenti spregevoli su Valga.

La donna, senza batter ciglio, si fece aiutare da un paio di clienti e portò Bolund in una delle stanze, lasciandolo riposare per quasi tutta la notte.

All'alba l'uomo si riprese abbastanza da reggersi in piedi ed uscire dalla stanza. Nessuna traccia di clientela, era troppo presto e Valga stava spazzando il pavimento. Si avvicinò al bancone e occupò uno sgabello cercando di non pensare al mal di testa. Valga gli preparò un intruglio per fargli passare i postumi e glielo piazzò sotto al naso.
- Che diavolo è?! Mi vuoi forse uccidere? - si lamentò lui.
- Se avessi voluto ucciderti, l'avrei già fatto - rispose l'altra con un sorriso.
Valga tornò alle sue mansioni e Bolund la guardò in silenzio fare avanti e indietro per la locanda. Prese un sorso dell'intruglio contro la sbornia e fece una smorfia contraria prima di mandarlo giù tutto d'un fiato.

Quando sentì Valga avvicinarsi canticchiando per prendere il boccale vuoto lui la fermò, afferrandola per un braccio. Lei reagì bruscamente, strattonando per liberarsi ma lui non mollò la presa. Allarmata per il suo comportamento, non poteva far altro che pensare che volesse farle del male, visti i loro precedenti ma le intenzioni di Bolund furono diverse.

Si alzò prendendola di forza e avvicinandola al bancone, le teneva ferme le mani intanto che lei tentava di ribellarsi e la baciò con forza.

- Sei ubriaco?! - chiese lei.
- Non più...
La risposta di Bolund fu incisiva e rivelatrice. Da quel momento i due non si odiarono più.




Vex



Ci pensava da giorni, la cosa iniziava ad ossessionarla ed incideva sulle sue prestazioni professionali di ladra nelle missioni indette dalla gilda. Il suo orgoglio non le permetteva di ammettere a sé stessa che i suoi sentimenti per Brynjolf erano cambiati e si erano intensificati.

Sin da quando era entrata a far parte della gilda dei ladri si era distinta per il suo talento ma fallire la missione alla Tenuta Goldenglow le aveva causato un brutto colpo.

Quando poi Karliah si era rifatta viva, spiegando le ragioni per cui si era accollata la responsabilità di essere una traditrice solo per incastrare Mercer Frey, le cose andarono anche peggio. La pelle grigia passava fin troppo tempo con Brynjolf e la gelosia prese il sopravvento.

Quella notte, Vex prese la sua decisione, lasciò il suo giaciglio per raggiungere la stanza di Brynjolf indossando solo una veste leggera color avorio.

Volutamente provocante, era intenzionata a sedurlo.

Lui era lì, disteso. Le dava le spalle ma sapeva che non era prudente avvicinarsi di soppiatto, rischiava la vita. L'uomo era fin troppo allerta, anche quando riposava. Vivere quella vita significava prepararsi a combattere e a morire in ogni momento.

Vex si sciolse i capelli biondi e si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. Era impacciata ed intimidita, priva di esperienza di quel tipo. Aveva sempre rifiutato gli uomini che le facevano la corte, li considerava tutti dei deboli che non riuscivano a controllarsi alla vista di una donna ma al tempo stesso, lei non era in grado di sedurre nessuno.

Brynjolf si rigirò nel letto e socchiuse gli occhi. Ci mise qualche momento per capire che lei era lì. Si mise seduto grattandosi la nuca e sbadigliando vigorosamente.

- Che ci fai qui, Vex? È successo qualcosa? - Chiese nella più totale confusione.
Vex agì d'impulso e prima di cedere all'imbarazzo, si infilò nel letto mettendosi a cavalcioni su di lui. I due si fissarono e lei non riuscì a fare nulla, il suo sguardo illuminato dalla debole luce delle candele la rendeva ancora più bella e Brynjolf anche se sorpreso, non si tirò indietro.
La baciò con veemenza facendole scivolare la veste lungo le sue forme. La sua piccola Vex, letale e silenziosa mai si sarebbe aspettato di trovarsi in una situazione simile. Lei rispose ai baci e alle carezze e si lusingò delle sue attenzioni.

La notte di passione fu appagante e piena di quesiti ma fu la più bella per Vex. Il mattino seguente si risvegliò sola, in quel letto freddo, in quella stanza umida, col viso coperto dai capelli arruffati, si avvolse la ruvida coperta attorno al corpo e si affacciò. La Cisterna era ancora deserta.
In lontananza riconobbe Brynjolf, in piedi vicino alla scala le conduceva fuori.
Con lui, Karliah.
Stavano parlando. Si stavano scambiando informazioni, probabilmente sulla posizione di Mercer.

Si allontanarono insieme, sotto lo sguardo umido di Vex.




Onmund



L'accademia di Winterold, da sempre la massima aspirazione per molti maghi, si ergeva maestosa e solitaria al di sopra dell'omonima cittadina.

Il giovane Onmund ci studiava da tempo ma sin dal primo giorno aveva provato attrazione per la sua insegnante Mirabelle Ervine. L'affascinante quanto preparata maga gli aveva catturato il cuore con la sua forza d'animo e il suo carattere gentile ma determinato.

Ovviamente, quell'attrazione non era ricambiata dalla donna che lo vedeva come un giovane allievo e nient'altro. Più di una volta si era anche dimenticata il suo nome ma ciò non servì a fermare le intenzioni dell'ammiratore.

L'attrazione che crebbe col passare dei giorni, delle settimane, dei mesi, si trasformò in ossessione. All'inizio fu una cosa innocua e nemmeno Mirabelle se la sentì di denunciarlo al corpo insegnanti ma quando Onmund venne sorpreso ad utilizzare alcuni incantesimi proibiti per controllarla e costringerla a fare ciò che voleva, venne espulso dall'accademia.

Nemmeno con l'espulsione Onmund si arrese, anzi, divenne sempre più pericoloso.

Si stabilì alla locanda del Focolare Ghiacciato, in città, come un semplice viandante, non fece sapere a nessuno di essere un mago men che meno di comunicare che era stato espulso.

Tenne in allenamento i suoi poteri ed era arrivato a dormire pochissime ore a notte per non perdere l'occasione della sua vita. Attendeva, spiava, controllava. La paranoia crebbe e il giorno in cui Mirabelle passò in città, finalmente il mago ebbe l'occasione di mettere in atto i suoi piani.

La guardò a lungo dalla finestra della sua stanza e quando la donna si incamminò lungo il sentiero che portava fuori da Winterold, lui la seguì senza perdere altro tempo.

Utilizzò tutte le sue abilità per pedinarla senza farsi vedere. Giocò con lei per settimane, di giorno nascosto e di sera avvicinandosi talmente tanto da sentire il suo respiro sul viso, mentre dormiva. Era diventato bravo, aveva affinato i suoi poteri ma Mirabelle non era una sprovveduta e si era resa conto che c'era qualcosa di strano.

Una sera, la maga decise di porre fine a quella situazione e finse di dormire attendendo il momento giusto per affrontare colui che la tormentava da così tanto tempo. Fu piuttosto sorpresa di trovarselo davanti dopo tanto tempo ma le intenzioni di Onmund furono chiare. Tentò di colpirla con un incantesimo di paralisi e ci riuscì al secondo tentativo, Mirabelle cadde nella neve come una statua, gli occhi fissi e vitrei. Il mago le si avvicinò con un pugnale in mano e dopo essersi chinato su di lei, annusando il suo profumo, prese ad affondare la lama nel petto per un'infinità di volte. Non ci fu nessun rumore, nessun grido, nessuna colluttazione.
- Avresti dovuto amarmi.

Fu semplice, pulito e veloce, il sangue caldo macchiò il candido manto sotto Mirabelle e una lacrima le rigò il viso, prima di spegnersi per sempre.




Elisif



Si sentiva sola Elisif, la bellissima e giovane Elisif, diventata jarl dopo la morte del marito. Accettò quell'impegno gravoso e si fece influenzare dalla potenza imperiale, dando così vita alla Solitude che tutti conoscono come capitale dell'impero.

Furono in molti ad essere in disaccordo con le sue scelte e c'era chi non si tirava indietro dal dimostrare la frustrazione di vedere la propria terra in mano agli invasori. Avevano tentato di ucciderla molte volte ma grazie al suo consigliere, amico e guardia del corpo Falk Firebeard, nulla di male le era mai capitato.

Ma era sola, chiusa dentro al Palazzo blu, circondata da un sacco di gente ma pur sempre sola.

Durante una festa in suo onore decise di dimenticarsi per qualche ora di essere lo Jarl e di essere semplicemente Elisif. Bevve a sproposito fino a stare male e Falk dovette riportarla in camera in braccio.

Provava ammirazione sia per lei che per il marito defunto e capiva perchè stava iniziando ad agire così sconsideratamente, senza riflettere sulle voci che poi avrebbero messo in giro gli invitati. Sentiva la sua tristezza ma non osava commentare, men che meno abusare di lei o sedurla, le stava vicino sperando che lei si sarebbe accorta un giorno dei suoi sentimenti.

Sdraiata comodamente a letto, Elisif gli accarezzò il viso e sorrise dolcemente, anche se l'alcool poteva forviarla era ancora in grado di capire che, in quanto Jarl, non poteva cedere alla tentazione e dimostrarsi lasciva nei confronti del suo consigliere.

Ma il suo cuore le esplodeva nel petto. Lo amava, lo desiderava da così tanto tempo da arrivare a credere che il suo defunto marito non era mai esistito.

Falk sorrise dolcemente ma si allontanò prima che la situazione potesse degenerare, era pur sempre un uomo ed Elisif era così bella da togliere il fiato.

La giovane lo inseguì fermandolo prima che potesse lasciare le sue stanze e lo baciò con passione.

Pur dimostrandosi in uomo dagli alti valori morali, Falk cedette e quel dolce gesto venne ricambiato subito. L'avvolse tra le sue braccia possenti riconducendola a letto senza però abbandonarla ad una notte solitaria.

Elisif aveva un corpo tanto perfetto quanto immacolato e ciò la rendeva un oggetto del desiderio anche maggiore per Falk. Con i muscoli tirati dal piacere, non perse tempo a cogliere quel frutto proibito ponendo entrambi in una situazione pericolosa ed eccitante.

Fu la notte in cui Elisif si sentì rinascere, desiderata, appagata e amata ancora una volta, non voleva rinunciare a quella bellissima sensazione, al tocco gentile e lussurioso di Falk, ai suoi baci e al suo amore.

Il tempo scivolò tra le dita come acqua e l'alba arrivò senza preavviso. I due amanti dovettero separarsi per tornare ai loro ruoli e con amarezza decisero di rinunciare ad una vita d'amore alla luce del sole per nascondersi dietro alla facciata che la società imponeva.



Borkul



Aveva perso il conto di quanti anni aveva passato nelle miniere di detenzione di Markhart, per il puro e semplice crimine di essere la guardia del corpo di Madanach, capo dei rinnegati.

Stava marcendo là sotto, come tutti gli altri e le promesse di Madanach di evadere si stavano facendo sempre più inconsistenti, creando del malcontento tra i prigionieri.

Lo stesso Borkul, conosciuto ormai come “la bestia” si era rassegnato a non rivedere più la luce del sole e doveva trovare un modo per passare le giornate in quel buco.

L'occasione gli si presentò quando vide alla miniera un'affascinante, quanto rude orchessa. Aveva portato le nuove armi per le guardie ed era conosciuta da tutti come il fabbro di Markhart. Quale visione per Borkul che non solo la vedeva come una dolce distrazione dalla vita da minatore ma anche come un bellissimo esemplare della sua specie. In seguito scoprì che si chiamava Ghorza Gra-Bagol e corrompendo un paio di guardie, riuscì ad instaurare una corrispondenza in lettere con lei.

Fu sorpreso e felice quando ricevette la sua prima lettera, come un bambino che vede la prima neve della sua vita e fu anche più felice quando capì che per lui c'erano speranze di poterla conoscere meglio. Quelle lettere racchiudevano un mondo, tra le righe scritte nella loro lingua, la forgiatrice e la bestia ricordavano i tempi in cui erano dei cuccioli e vivevano la loro vita spensierati negli avamposti della loro gente.

Più si approfondiva la conoscenza e più il loro amore cresceva e arrivò anche il momento in cui le lettere non bastavano più. Avevano voglia di vedersi di persona, di stare insieme ma ogni volta che Ghorza si presentava alle prigioni le veniva negato l'accesso, i detenuti erano traditori e criminali e non meritavano nessun privilegio.

La sofferenza fu grande ma, quando tutto sembrava perduto, Madanach annunciò finalmente che il fatidico giorno dell'evasione era arrivato. Per Borkul fu un tuffo al cuore e la speranza di vedere la sua amata si rafforzò maggiormente. Decise di rischiare tutto scrivendole un'ultima lettera, usando non solo la sua lingua ma anche dei messaggi in codice, nella speranza che lei capisse.

L'evasione avvenne ma le guardie erano preparate, in qualche modo erano venuti a sapere del piano. A Borkul venne il sospetto che fosse stata colpa della sua lettera ma non c'era tempo per pensarci, i prigionieri combatterono e tentarono di fuggire dalla città. Molti morirono ma non tutti fallirono. L'orco, assieme a pochi altri, passarono le porte principali e continuarono a correre in aperta campagna. Le frecce fischiavano vicino alle orecchie e alle loro spalle, guardie e cani li braccavano come prede di caccia.

Borkul si fermò d'improvviso non credendo ai suoi occhi. Ghorza alla guida di un carro, era ferma in mezzo al nulla ad aspettarli. Gridava con tutte le sue forze di raggiungerla, diceva di avere armi e armature con sé.

L'orco sorrise e le corse incontro.



Muiri



Il tradimento del suo amato le aveva permesso di aprire gli occhi. Alain Dufont doveva morire.

Colui di cui si fidava ciecamente l'aveva usata e tradita con quella sciacquetta di Nilsine e più tempo passava, più la sua collera cresceva, sapendo che entrambi stavano vivendo la loro vita senza preoccuparsi di quanta sofferenza le avessero causato.

La vendetta la stava consumando e doveva metterla in atto il prima possibile. Pronunciò il sacramento nero per ottenere i favori della Confraternita Oscura ma l'assassino non soddisfò completamente le sue richieste.

Alain era morto ma Nilsine non ancora e fu in quel momento che Lisbet entrò a far parte della sua vita.

Era affascinante, sicura di sé e si presentò a Muiri con il sorriso più dolce che avesse mai visto. Rimase spiazzata ed inaspettatamente attratta da quella donna che, pur spaccandosi la schiena per tirare avanti, restava così meravigliosamente bella.

Le due iniziarono a costruire una forte amicizia che ben presto lasciò il passo ad un affetto anche più profondo. Muiri era confusa e non comprendeva a fondo Lisbet ma quando era in sua compagnia si sentiva qualcuno, era amata, desiderata e non aveva nessuna intenzione di rinunciare a lei.

- Perché sei ancora così turbata? - chiese Lisbet mentre le accarezzava teneramente la schiena.
Muiri si sistemò i capelli dietro alle orecchie e sorrise imbarazzata.

- L'assassino che avevo ingaggiato non ha portato a termine tutte le mie richieste. Non posso fare a meno di pensare che è stata una vendetta a metà e non riesco a fare a meno di soffrirci ancora.
- Beh dovresti trovare un modo per riuscire a passare oltre e ad andare avanti.
Lisbet le baciò il collo, facendo scivolare la mano sui glutei sodi dell'altra.
- E tu cosa proponi? - chiese Muiri chiudendo gli occhi.
- Soddisfare la tua vendetta fino in fondo - sussurrò l'altra.
La coppia finì in un vortice di passione e l'idea di portare a termine quell'omicidio insieme rendeva la cosa pericolosamente eccitante. Lisbet le rivelò il suo segreto, venerare Namira non si poteva gridare di quattro venti e convinse Muiri che sacrificare Nilsine alla daedra era la cosa giusta da fare.

E così fu.

Venne preparato un banchetto in onore di Nilsine che cadde nella trappola ideata dalle due donne. Muiri non nascose un senso di disgusto vedendo cosa ne fecero successivamente del sacrificio ma finalmente poteva dormire sonni tranquilli accanto alla sua Lisbet.



Farkas



Quei due fratelli sono una gioia per gli occhi”

Era questo che le donne di Whiterun dicevano di Farkas e Vilkas di Jorrvaskr, due guerrieri nord con l'onore nel sangue e i muscoli al punto giusto. Erano entrambi estremamente affascinanti ma molto diversi tra loro. Vilkas era considerato quello intelligente, sveglio e ruba cuori; un donnaiolo di prima categoria che aveva “assaggiato” quasi tutte le giovani donzelle avvenenti della città ma Farkas non era così quotato come il fratello, pur essendo prestante allo stesso modo. Il guerriero conosceva solo la lotta, il combattimento, la lealtà verso i compagni ma non aveva mai avuto il coraggio di avvicinare una donna. Tutti a Jorrvaskr pensavano che sarebbe rimasto solo oppure che, prima o poi, una donna con un po' più di coraggio avesse preso in mano la situazione per portarselo a casa.

Seduto al lungo tavolo posto al centro del salone principale di Dragonsreach, Farkas era intento a sorseggiare del buon idromele dopo aver passato la mattinata a caccia di banditi nei dintorni della città. Aveva ancora indosso la sua armatura grondante sangue e lo spadone nel fodero appoggiato accanto a sé. Era in compagnia dei suoi compagni di scudo e dallo Jarl che presiedeva a capotavola. Vilkas aveva portato con sé la sua bambina, la piccola Onna ed era occupato a raccontarle della battaglia mentre gli altri si gustavano il pranzo preparato da Fianna, cameriera, cuoca e governante dello Jarl.

La donna era bella e giovane ma al tempo stesso aveva un temperamento forte e risoluto. Sapeva tener testa persino allo Jarl che la apprezzava proprio per la sua audacia. Farkas era da sempre attratto da lei ma Fianna lo intimoriva e lui non aveva il coraggio di corteggiarla propriamente. Nonostante la sua giovane età, Onna se n'era resa conto e all'ennesimo fallimento da parte di zio Farkas di attirare l'attenzione della donna, decise di intervenire.

Si infilò nelle cucine e si avvicinò a lei con fare dolce e gentile.

- Lo sai che piaci a mio zio Farkas?
Fianna venne presa alla sprovvista e arrossì visibilmente. La bambina continuò imperterrita a parlare senza peli sulla lingua.

- Vorrebbe parlare con te ma non ha il coraggio, sai, lui è timido. Puoi parlarci tu?
- Non so se sia il caso, piccola... - rispose con imbarazzo.
- Zio Farkas ne sarebbe davvero felice.
Onna sfoderò tutta la sua tenerezza che solitamente convinceva Vilkas a concederle qualsiasi cosa e Fianna si schiarì la voce tornando dai commensali con la seconda portata. La bambina rimase a guardare dalle cucine e riuscì ad intravedere Fianna che sorrideva a Farkas dopo avergli servito un trancio di proboscide di mammuth. Il guerriero rispose timidamente a quel sorriso e per tutta la durata del banchetto i due si rubarono sguardi e sorrisi.

Al termine del pranzo in onore dei guerrieri di Jorrvaskr, Farkas raggiunse Fianna in cucina ma non riuscì a dire nulla. La donna prese uno strofinaccio e iniziò a ripulire il suo viso dal sangue del combattimento.




Roggvir



Fu l'ultima notte tra i vivi per Roggvir prima di essere giustiziato e raggiungere con fierezza Sovngarde. L'aver aiutato Ulfric Manto della tempesta a fuggire da Solitude l'aveva messo in guai seri ma il suo onore rimase intatto, non si sarebbe mai perdonato un tradimento simile.

In quella cella fredda, senza nemmeno una finestra per contemplare i cieli di Skyrim, ripensava al passato e alla sua Vivienne che ora giaceva nel letto di un altro.

Si incolpava di non averla conquistata prima, di non averle fatto la corte e di aver lasciato che il suo peggior nemico, Sorex Vinius, gliela portasse via. Quel maledetto imperiale fu il primo a puntare il dito contro di lui, nonostante fossero cresciuti insieme, tuttavia, covare rancore in quel momento era inutile, sarebbe morto in ogni caso e Sorex avrebbe vinto per l'ennesima volta.

I suoi pensieri furono interrotti da una visita inaspettata, nel cuore della notte.

La guardia aprì la porta della cella e la figura esile incappucciata si avvicinò a Roggvir.

- Lasciaci soli.
La guardia si allontanò e l'ospite si scoprì il viso, rivelando la sua identità.

- Vivienne...
Roggvir riuscì solo a sussurrare il suo nome, sorpreso di vederla.
I due si abbracciarono e Viviene gli fece compagnia in quell'ultima notte.

Non ci fu bisogno di dire nulla, entrambi sapevano che era la loro ultima occasione.

Parlarono a lungo del passato, di quando erano solo dei ragazzini e giocavano insieme e Sorex Vinius era loro amico. Di quando non c'erano tutti i problemi del mondo, di quando erano solo loro tre e il resto non importava.

- Ho sempre preferito te a lui. - Ammise Vivienne improvvisamente.
Roggvir la guardò. Quella frase, detta in maniera così semplice, spontanea, fu una pugnalata. Si ammutolì e non ebbe il coraggio di guardarla.
- Roggvir...
- Esci da qui, ho bisogno di stare solo. Ti prego di rispettare le mie ultime volontà.

- Ma che dici, pensavo di facesse piacere avermi qui.
- Ora non più.
Vivienne non aggiunse altro. Confusa e triste lasciò la cella e Roggvir tirò un pugno al muro, rompendosi la mano.
All'alba fu condotto dal boia, con le mani legate dietro alla schiena venne presentato al popolo e furono elencate le sue colpe. Quando fu sentenziata la pena di morte per alto tradimento, lui volse un ultimo sguardo a Vivienne prima di inginocchiarsi davanti al ceppo e chinarsi attendendo la scure del boia sul suo collo.
Potevano accusarlo di qualunque cosa ma non di aver sbagliato con la donna che amava. Lo sbaglio l'aveva commesso lei, scegliendo Sorex Vinius molto tempo prima.




Hermir



Jarl Ulfric aveva la consuetudine di passare la notte con una fanciulla nord di Windhelm. Si chiamava Hermir ed era l'apprendista del fabbro. L'aveva scovata lo Jarleif su richiesta dello stesso Jarl per scaricare la tensione che la guerra in corso gli stava causando.
Trovava quella ragazza appagante e al tempo stesso non invadente e mentre lui la utilizzava come valvola di sfogo, quella ragazza forte e determinata non poteva che subire quella situazione pur di far felice di suo Jarl.

Gli era vicina negli ideali, lo vedeva come un condottiero valoroso e un capo di stato degno di governare su tutta Skyrim. Così di giorno era semplicemente Hermir della forgia e di notte diventava la prostituta numero uno di Ulfric. Non l'avrebbe mai ammesso ma era quello che tutti pensavano.

Una notte, Ulfric era particolarmente preoccupato per aver perso uomini e risorse in una missione suicida che aveva approvato e si incolpava per quel grave errore. Non esternava mai i suoi sentimenti e le sue paure, nemmeno con il suo comandante in seconda e caro amico, Galmar ma senza nemmeno rendersene conto, iniziò a parlare della questione con Hermir che giaceva accanto a lui.
La fanciulla lo ascoltò in silenzio, non osò interrompere. Egli lasciò il letto, camminando avanti e indietro ed esternando quei pensieri che rasentavano la follia. Pronunciava nomi e faceva riferimento a situazioni di cui lei era allo scuro ma lo lasciò finire prima di permettersi di aprire bocca.

- Di cosa avete bisogno, mio Jarl?
Una domanda delicata, priva di giudizio e affettuosa. Ulfric per la prima volta guardò Hermir con occhi diversi, fu come se finalmente la considerò come una persona e non come un oggetto. In quel momento Ulfric capì che desiderava solo essere ascoltato e compreso e l'unica che gli aveva dato quel che realmente voleva fu proprio lei.
Al mattino, come di consueto, Hermir lasciò il suo posto accanto allo Jarl e si rivestì in fretta per tornare alla forgia ma Ulfric la fermò prima che possa andarsene.
- I miei ringraziamenti per questa notte, Hermir. Volevo farti sapere che potrei riconsiderare la tua posizione a Windhelm, una volta vinta la guerra contro gli imperiali.
La fanciulla rimase senza parole, abbozzò un sorriso timido e con un breve inchino, si allontanò col cuore leggero, pieno di felicità.




Fine.

  
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