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Autore: saffyj    24/04/2016    4 recensioni
Bella, una ragazza viziata obbligata a vivere come la gente comune nascondendo la sua vera identità. Edward un ragazzo comune che adora la vita, ma odia i bugiardi!
Come posso due mondi così differenti riuscire ad incontrarsi? ... E come può un ragazzo semplice, senza soldi e molti sogni conquistare il cuore di una ragazza che ha tutto ciò che vuole?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ciao!
Ebbene sì, chi non muore si rivede!
Scusate ancora per il ritardo, ma tra lavoro e influenza non sono più riuscita a postare!
Non dico più che mi farò perdonare postando più assiduamente perchè ogni volta che lo dico succede qualcosa che mi tiene lontana da EFP!
Quindi vi auguro solo Buona Lettura!
 
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FESTA DELLA MAMMA

EDWARD
Devo ammetterlo la Bella imprenditrice mi fa impazzire! Era una parte di lei con il quale non avevo mai avuto a che fare e posso assicurarvi che mi piace! La luce dei suoi occhi, il suo volto leggermente impettito, la sua postura fiera… sì, mi piace!
Anche se sono rimasto senza parole quando si è definita “la mia Bella” … mi piace come suona “La mia Bella” … sì devo ammettere che suona proprio bene!
 
Dopo aver accompagnato Bella al lavoro corro a casa. Alice sarà preoccupata. Sono rimasto fuori tutta la notte e non le ho nemmeno fatto una telefonata. Mi sento già i suoi strilli nelle orecchie.
Apro la porta di casa preparandomi alle urla… ma i rumori che sento sono molto diversi… provengono dalla sua camera e mi mettono in imbarazzo… Forse erano meglio le urla.
“Sììì Jasperrr… Sììì” come non detto, non voglio nemmeno le urla!
Esco di casa rosso in volto e decido di andare sul mio tetto. Il luogo che mi aiuta a pensare.
Scrivo un messaggio a Alice per dirle che sono vivo e che ho chiarito con Bella. Vorrei aggiungere qualche battutina maliziosa per farle pagare ciò che le mie orecchie hanno dovuto sentire… L’ho già pure scritta, ma la cancello prima di premere invio!
 
Arrivo sul tetto e mi sento a casa.
Mi corico al centro del terrazzo con gli occhi puntati sul murales dei miei genitori.
Mio padre ha sempre sognato che diventassi un pittore. Non avevo ancora il mio primo dente che lui mi aveva già regalato in mio primo set di colori. Mi portava alle mostre, mi regalava libri su grandi pittori e sulle opere d’arte. Al posto della taverna avevamo una stanza piena di ogni tipo di colore e tela. Il mio primo murales l’ho fatto a nove anni proprio in quella stanza. Io ed Alice abbiamo immerso le mani nella vernice ed abbiamo colorato un’intera parete. A mia madre è venuto un colpo nel vederla e nel vedere la vernice ovunque su di noi, ne avevamo persino in bocca! Mio padre invece si era complimentato, ed il giorno dopo ci aveva fatto trovare altri colori, insieme ai grembiuli e i teli da mettere sul pavimento…
Mia madre invece ci spingeva a suonare. Mi ha regalato il mio primo pianoforte che non sapevo nemmeno scrivere. Lei si accomodava al pianoforte a coda, ed io mi sedevo per terra, inginocchiato di fronte al mio piccolo pianoforte di plastica. Alice ballava aggraziata e mio padre ci ascoltava con la testa appoggiata alla poltrona e gli occhi chiusi.
Ovviamente mia madre ha portato sia me che Alice a teatro, all’opera o anche solo ai saggi dei ragazzi del quartiere.
“L’arte, in ogni sua forma, è la cosa più bella che il mondo potesse donarci…  Non importa in che modo volete esprimervi, se con la musica o con la pittura… o con il ballo o con il canto… l’importante è che vi esprimiate e sprigionate le vostre emozioni…” ci dicevano sempre i nostri genitori.
Ed io? Cosa ho fatto? Ho mollato i miei sogni per trovare un lavoro! Ok, non che avessi altre scelte, e non mi pento di aver abbandonato tutto per poter stare con mia sorella. Però adesso forse ne ho la possibilità… forse adesso posso esaudire il desiderio dei miei genitori. Alice ci è riuscita. I suoi vestiti sono delle opere d’arte e in ogni singola cucitura si vede la dedizione e l’amore che ha messo nel realizzarlo. Riconoscerei un vestito disegnato da mia sorella in mezzo a mille, perché in ognuno di essi ci ha messo del suo… voglio anche io creare qualcosa che esprima chi sono, che esprima le mie emozioni… se solo non dovessi trattare con i ricconi….
Ma cosa sto pensando? Le bollette non si pagano con i sogni, ed anche accettassi di esporre le mie tele, non è detto che queste vengano comprate e mi aiutino a superare i problemi reali quali, bollette, spesa, benzina…
 
“L’Edward che conosco si alza le maniche e affronta i problemi di petto” la voce di Alice mi fa riemergere da paranoie inutili. Mi alzo con uno scatto e scendo dal tetto sapendo esattamente cosa fare…
 
 
***
 
Ebbene sì! Tra un curriculum ed un lavoretto sono riuscito a dipingere un paio di tele!
Ho utilizzato lo stesso stile del quadro che ho fatto a Esme. Ho sempre utilizzato le bombolette e ho disegnato dei visi, ad essere sincero: un viso in particolare. L’ho raffigurata sorridente, imbronciata e addormentata. Ovviamente ho modificato alcuni tratti distintivi per non farla riconoscere anche se non ho voluto nascondere o alterare le parti che la contraddistinguono. Il suo mordicchiarsi il labbro quando sorride imbarazzata, o la ruga in centro agli occhi quando è arrabbiata o le sue labbra socchiuse quando è serena nel mondo dei sogni… non ho dato importanza al paesaggio, i viso sono ritratti su sfondo colorato che risaltano le emozioni che provo in determinate situazioni… beh! Lo ammetto, sono fiero del mio estro artistico!
 
“Sei pronto?” urla Alice dalla sala mentre rimiro per l’ennesima volta i quadri che ho creato.
“Sì, arrivo!” le rispondo prendendo la giacca e il quadretto che ho dipinto per la mia mamma.
Oggi è la festa della mamma e come ogni anno andiamo a porgere i nostri auguri alla santa donna che ci ha messi al mondo e cresciuti con tanto amore.
Io e mia sorella non siamo assidui frequentatori del cimitero, perché sappiamo che basta rivolgerci alle stelle e i nostri cari sentono le nostre preghiere, però non manchiamo mai ad andare a trovarli per la festa della mamma e del papà e per i loro compleanni.
Il primo anno che Alice ha voluto fare il pic-nic sulla tomba dei nostri cari per festeggiare il compleanno di papà, l’ho reputata una folle macabra, ma mi sono dovuto ricredere… ho sentito la loro presenza e durante il pasto io ed Alice abbiamo raccontato le nostre avventure immaginandoci le loro risposte… sì, forse avete ragione: è macabro e folle, ma io ed Alice lo troviamo rigenerativo!
 
Arrivati a pochi passi dalle lapidi ci fermiamo sorpresi nello scorgere due figure. Una donna china sulla lapide di mia madre ed un uomo in piedi alle sue spalle. Ci avviciniamo cauti per non disturbare le loro preghiere e ci guardiamo interrogativi chiedendoci a sguardi chi possano essere.
“Ciao Thomas” la voce di Carlisle risponde alle nostre domande mute. Alice mi guarda con occhi sgranati e velocizza il passo per raggiungerli.
Carlisle alza la testa nel vedere l’ombra di mia sorella avvicinarsi e appena la riconosce rimane stupito.
“Alice… Edward” ci saluta senza sorpresa e porgendo la mano a Esme per aiutarla ad alzarsi.
“Carlisle” lo saluto freddo. Non so perché, ma la loro presenza sulla tomba dei miei genitori mi rende nervoso.
“Come fai a conoscere nostro padre?” chiede Alice senza ricambiare il saluto e andando subito al dunque.
“Thomas era un caro cugino di Carlisle” spiega Esme stringendosi al marito.
“Ma io… noi… non vi abbiamo mai visti alle cene di famiglia” esclama confusa Alice guardandomi per avere conferma che i suoi ricordi siano corretti. Ed io la rassicuro negando con il capo: anche io non mi ricordo di loro.
“I rapporti tra me e Thomas erano per lo più tramite lettere e telefonate. Sono fuggito in Europa subito dopo il diploma e non sono più tornato in America se non molto anni dopo la morte dei miei genitori…”
“Carl” sussurro ricordando le lettere che mio padre attendeva ogni mese o le telefonate notturne dove sentivo mio padre ridere come un bambino e riprendere Carl per qualcosa che aveva combinato.
“Sì. Tuo padre mi chiamava Carl…” abbassa il capo mortificato. “E’ passato così tanto tempo… Tom…” sussurra perdendosi nei ricordi.
“Ma non eri presente nemmeno al loro funerale!” gli fa notare offesa Alice.
Lui sgrana gli occhi e le sorride amaro.
“Ero presente. Molto più magro, con il barbone e i capelli lunghi. Non mi sono fatto riconoscere perché tra me e i Cullen non scorre buon sangue…” ammette stringendo i pugni “Mi hanno derubato di ogni avere appena i miei sono venuti a mancare…” sorride triste guardandomi dritto negli occhi. “Mi hanno abbindolato con parole gentili e hanno sfruttato la mia ignoranza nei confronti delle leggi americane… mi hanno lasciato i vestiti che indossavo” si stringe nelle spalle serrando la mascella.
“Non sono cambiati con il tempo” sibilo a denti stretti.
“Mi hanno raccontato la vostra storia… avrei dovuto dirvelo prima…”
“Dirci cosa?” gli chiedo cercando di rimanere calmo.
Prende un profondo respiro e si passa più volte le mani nei capelli alla ricerca delle parole corrette, mi guarda dritto negli occhi e ammette:
“Vi ho riconosciuto in ospedale dopo la rissa…” provo a parlare ma mia sorella mi appoggia la sua sul braccio per farmi rimanere seduto e in silenzio “Ero ignaro di cosa vi fosse successo in questi anni…”
“Perché non ce lo hai detto? Perché non ti sei fatto riconoscere?” gli chiede Alice rubandomi le parole di bocca.
Carlisle scuote il capo “Ho avuto paura che mi allontanaste” ammette con il volto basso “Conosco il vostro odio per la famiglia Cullen”  
“Ma quindi siamo parenti?” gli chiede Alice sedendosi a terra.
“Sì. Siamo cugini di secondo grado. Sono il figlio di Robert Anthony Cullen” risponde accomodandosi accanto a lei, seguito da me ed Esme.
“Zio Robert” ringhio ad alta voce ricordando i racconti di mio padre.
“Non era un brav’uomo. Ha fatto patire le pene dell’inferno a tuo padre e i loro rapporti si sono spezzati ancor prima che Tom incontrasse Betty” ci spiega Carlisle. “Tuo padre non è venuto al funerale del mio ed io non l’ho avvisato della mia visita in America. Ero sconvolto. Travolto dalle situazioni... non volevo disturbarlo.”
“Non volevi disturbare nemmeno noi quando siamo diventati orfani?” ringhio stringendo i pugni “Perché non ti sei avvicinato a noi quel giorno? Perché ci hai abbandonato? Tu! Che hai provato sulla tua pelle quanto fossero vili e bastardi i Cullen! Tu, che dici di essere affezionato a mio padre, perché non ci hai aiutati quando sono mancati i nostri genitori?” gli chiedo con rabbia crescente “Conoscevi i nostri parenti!!”
“Zia Mary mi ha assicurato che si sarebbe presa cura di voi. Era la sorella di tua madre. Vi voleva bene e dagli scritti di tuo padre era una persona fidata…” si giustifica anche se posso vedere il senso di colpa nel suo sguardo.
“Zia Mary è stata quella peggiore…” ringhio alzandomi in piedi dato che le gambe mi dolgono dalla tensione.
“Come potevo saperlo?”
“Venendo a trovarci? Facendo visita ai figli del tuo amato cugino?”
“Io…” prova a rispondere, ma sa di essere in torto. Sa di avere lasciato due ragazzini nelle mani di serpenti. Sa di essere stato egoista e di aver dimenticato i figli di suo cugino. Lo guardo con odio e stringo i pugni per non colpirlo. Attendo ancora una risposta, ma i minuti passano e lui riesce solo a scuotere la testa e aprire la bocca per poi richiuderla.
“Me ne vado” e senza attendere oltre mi incammino verso l’uscita.
“Edward aspetta” urla mia sorella correndomi dietro. Lo so che non ha colpe, ma sono arrabbiato e voglio essere lasciato solo.
“Ho bisogno di pensare, Alice. Ci vediamo a casa” e salgo in moto per sgommare lontano dai Cullen, lontano dal pensiero che la mia vita sarebbe stata migliore se Carlisle fosse stato meno superficiale, se si fosse ricordato dei figli del suo caro cugino.
 
***
 
Viaggio per le strade della città senza vedere veramente. Mille immagini e pensieri mi scorrono davanti, le urla di mia zia nell’ufficio dell’avvocato, i pianti fasulli dei parenti sulle lapidi dei miei genitori, le parole di conforto dei serpenti mentre mi derubavano di ogni avere, le minacce di portarmi via Alice se non avessi collaborato… ferite che credevo rimarginate ricominciano a sanguinare ed il pensiero che potevano essere evitate me le fa bruciare maggiormente.
Arrivato al mio tetto mi lascio cadere sul pavimento e, con le braccia incrociate dietro alla testa e gli occhi rivolti verso al cielo, inizio ad immaginare come sarebbe stata differente la mia vita.
Vivere ancora nella casa che ci ha visti crescere, studiare all’università, seguire i nostri sogni senza la preoccupazione di come arrivare a fine mese…
Alice avrebbe potuto seguire l’università di design, fare gli stage… provare a lavorare nel campo della moda affiancata a persone che l’avrebbero fatta volare in alto.
Io avrei seguito il corso di belle arti, imparato nuovi stili, metodi… avrei affinato la mia arte e avrei meno timore a esporre i miei quadri.
Forse avrei conosciuto Bella all’università, o in qualche locale… non avrebbe avuto bisogno di nascondere la sua vera identità perché l’avrei conosciuta nel suo ambiente, o almeno non l’avrei giudicata influenzato dalla brutta esperienza che ho avuto con i puzza-sotto-il-naso. Sarei stato anche io un puzza-sotto-il-naso… Naaa! Sarei sempre stato il solito Edward, che suona la sera con gli amici, che imbratta muri con le bombolette e che odia chi si crede migliore solo perché ha il portafoglio pieno di banconote!
Non sarei stato diverso. Ho vissuto diciotto anni in quel ambiente, e non sono mai stato attirato dai gala e dalle ricchezze. Mia madre e mio padre non ci hanno mai fatto mancare nulla, nemmeno la possibilità di sceglierci gli amici, e già allora preferivo giocare con Jacob che con il figlio di qualche riccone…
Se Carlisle si fosse interessato a noi sarebbero cambiate poche cose, ma di una certa importanza: avremmo finito gli studi e non proverei questo rancore per i ricchi…
 
“Sapevo che ti avrei trovato qui” la voce di Carlisle mi arriva alle spalle ed io continuo a tenere chiusi gli occhi. Voglio che se ne vada… devo pensare e lui è l’ultima persona con il quale voglio parlare.
“Lo so che sei arrabbiato…” continua sedendosi accanto a me e coprendomi il sole “ma vorrei che mi lasciassi spiegare”
Faccio un impercettibile cenno con la testa per farlo continuare, ma continuo a tenere gli occhi chiusi.
“Non ho scuse per ciò che ho fatto. Sono stato superficiale, facendo un torto a te e a tua sorella, ma soprattutto a tuo padre…” prende un profondo respiro e continua “Credevo veramente che foste in buone mani. Ho sentito zia Mary per alcuni mesi dopo l’incidente e mi assicurava sempre che tutto stava andando bene. Che eravate depressi per la perdita repentina, ma che stavate reagendo bene… quando chiedevo di parlare con voi, me lo sconsigliava per non aggiungere dolore al dolore. Non mi conoscevate e quindi potevo essere di poco aiuto in confronto a lei che vi ha visto crescere…”
“Ci ha tolto tutto…” ringhio continuando a non guardarlo.
“Lo so… l’ho saputo… mi ha raccontato tutto Bella…”
“Bella?” gli chiedo appoggiandomi al gomito a guardandolo in faccia per la prima volta.
“Quando eravate in ospedale non ti ho riconosciuto subito, nemmeno tua sorella. Nelle ultime foto che mi ha inviato tuo padre eravate piccoli ed in ospedale gli ematomi che avevate sul volto hanno nascosto i vostri tratti distintivi… il naso all’insù di Alice come vostra madre e la tua mascella squadrata come tuo padre. Gli occhi verdi e profondi come Elisabeth e le labbra di vostro padre…”
“Hai letto i nomi sulla cartella… quelli non sono mutati negli anni” gli faccio notare.
Lui scuote la testa e sorride. “Il piccolo Mondrian e l’esuberante Aranel… così vi chiamava vostro padre nelle lettere” sorrido al ricordo dei soprannomi con il quale ci chiamava mio padre con affetto “Vi ho sentiti chiamare con il vostro vero nome solo il giorno in cui siete nati e il giorno del funerale… per anni ho unito i vostri volti a quei nomi…”
“Se sapevi chi eravamo, perché in ospedale non hai chiamato zia Mary?” gli chiedo mettendomi seduto e abbracciando le gambe al petto.
“Ho chiamato zia Mary…” mi risponde stringendo i pugni ed io trattengo il respiro “Quando Bella mi ha raccontato la vostra storia ho capito chi eravate ed ho subito chiamato vostra zia… ma non per avvisarla della vostra salute” scuote la testa sorridendo.
“Hai sentito zia Mary?” gli chiedo stupito della notizia.
“Sì! E, anche se in ritardo, ho fatto ciò che doveva essere fatto… l’ho mandata al diavolo intimandola a starvi lontano e l’ho avvisata di tenersi pronta perché ciò che Thomas e Elisabeth avevano costruito per voi sarebbe tornato al legittimo proprietario…” per la prima volta vedo un’ombra di cattiveria negli occhi di Carlisle.
“Cosa vuoi dire?” gli chiedo senza capire il senso della sua frase.
“Essere dei puzza-sotto-il-naso ha i suoi pregi, soprattutto se il tuo nome è di rilievo” risponde pavoneggiandosi… è irriconoscibile! “Ci hanno feriti e derubati quando eravamo a terra… adesso tocca a noi riprenderci la rivincita… certa gente deve imparare ad accontentarsi e non fare lo sciacallo arricchendosi sulle disgrazie altrui!” ringhia stringendo i pugni. “Quando è successo a me non ero pronto per affrontarli. Non avevo nulla se non solo il dolore per la perdita dei miei cari… ma adesso sono il Dottor Carlisle Cullen con un cospicuo conto in banca ed ottimi amici che sanno come far tornare le cose al loro posto…”
“Ma cosa stai blaterando?” gli chiedo seriamente preoccupato della sua sanità mentale. Ho sempre reputato Carlisle un uomo riflessivo, buono e disponibile, mentre adesso, di fronte a me c’è un uomo pieno di rancore, pronto a distruggere chi si è messo sulla sua strada.
“Non sto impazzendo Edward! Voglio solo restituirti ciò che ti è stato tolto… lo devo a tuo padre” mi risponde con voce calda e guardandomi con dolcezza.
“Vorrei che mi dessi la possibilità di fare ciò che non ho fatto anni fa: starvi vicino ed aiutarvi” faccio una smorfia alla sua richiesta. Io ed Alice siamo in grado di gestirci da soli non abbiamo più bisogno di aiuto “Lo so che qualsiasi cosa io faccia non potrà mai restituirti gli anni che hai perso o cancellare il rancore che provi… ma ti prego, dammi una possibilità”
“Io ed Alice ce la caviamo da soli…” rispondo sbuffando.
“Non lo metto in dubbio! Tuo padre sarebbe fiero di te e della persona che sei, ma vorrei comunque essere presente nella vostra vita” si volta con l’intero corpo verso di me e mi sorride “Alice si è affezionata a Esme e mia moglie vede in tua sorella la figlia che non ho potuto darle…” lo fulmino con lo sguardo… nessuno può prendere il posto dei nostri genitori! “Non dico di vederci come i vostri genitori, non fraintendermi. Voglio solo che ci avviciniamo, che mi dai la possibilità di consigliarti quando ti sentirai confuso, di sostenerti quando ti sentirai debole o impreparato… e dare la possibilità a Alice e Esme di colmare il vuoto che provano nel non avere una figlia ed una madre…”
“Dammi il tempo di metabolizzare… e per quanto riguarda mia sorella… devi parlarne con lei, io non posso decidere della sua vita” rispondo mentre sento la testa esplodere per le emozioni discordanti che provo.
“Tutto il tempo che vuoi… sai dove trovarmi!” e dandomi una pacca sulla spalla mi lascia solo con i miei pensieri.


 
!!! ATTENZIONE SPOILER !!!
Prendo un profondo respiro, faccio scattare la maniglia, apro la portiera, poso il primo piede a terra, il secondo piede… “Buonanotte, Edward!” ed esco completamente dall’auto. Chiudo la portiera senza voltarmi e cammino lentamente fino all’entrata.


 
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