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Autore: LyricalKris    25/04/2016    3 recensioni
Lei gli era costata tutti quelli che avesse mai amato. Di sicuro qualche mese di matrimonio non sarebbe stato un prezzo troppo alto da pagare, per lei, in cambio.
Dal testo: Lei non aveva assolutamente il diritto di essere felice ...
Lasciò che il suo fastidio e la sua rabbia lo guidassero, aggrappandosi a entrambe come se fossero le sue sole ancore di salvataggio, mentre saliva le scale su cui lei era arrancata ...
«Ma stai scherzando», disse Bella, e girò un’altra pagina del contratto, scuotendo la testa mentre continuava a leggere.
«In quale parte?» chiese lui avvicinandosi. Mise i palmi sulla superficie del tavolo, prima di toglierli in fretta e ripulirsi, facendo una smorfia.
Lei lanciò uno sguardo nella sua direzione. «Tutto quanto», disse lei con tono incredulo. «Non penserai onestamente che qualcuno ci crederà.»
Edward la guardò impassibile. «Perché no? Ti credevamo tutti, prima, te lo sei scordato?»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Esme Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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CONTRACTUALLY BOUND, è stato scritto in inglese da LyricalKris e tradotto in italiano da beate.
A questo indirizzo potrete trovare la versione originale.
https://www.fanfiction.net/s/9193694/20/Contractually-Bound


CONTRACTUALLY BOUND, è stato scritto in inglese da LyricalKris e tradotto in italiano da beate.
A questo indirizzo potrete trovare la versione originale.
https://www.fanfiction.net/s/9193694/20/Contractually-Bound





Capitolo 20


Lo dissero prima a Carlisle. Era una scelta ovvia. Era l’unico che avrebbe scoperto immediatamente che sua nuora era sparita di casa.

Se Edward aveva un desiderio, solo una possibilità di tornare indietro e cambiare una singola scelta, sarebbe stata questa: rendere quella versione della verità che avevano inventato una realtà.

Quando Carlisle aveva chiamato Edward quel giorno, sollecitandolo a tornare a casa, suo figlio aveva fatto resistenza, come sempre, e allora lui gli aveva detto quelle parole fatali.

«Tua madre sta morendo.»

Carlisle Cullen non avrebbe mai detto parole del genere se non ne fosse stato assolutamente certo. Era un medico, e anche bravo. Non usava la parola morire a meno che non fosse inevitabile.

Quindi udire quelle parole da suo padre, lasciò Edward barcollante. Sapeva che non c’era nulla da fare. Non c’erano trattamenti da tentare o miracoli per cui pregare. Non si era mai sentito tanto impotente, e tanto in colpa, in tutta la sua vita. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, assolutamente qualsiasi cosa per rimediare, e siccome capiva che non poteva rimediare per sua madre, volle rimediare per quello che poteva.

Poteva darle un po’ di pace. Era l’unico dono che gli era rimasto per lei.

Ed era vero.

Nella storia che raccontarono, Edward era semplicemente andato da Bella con un piano in mente. Le aveva chiesto se voleva prendere in considerazione l’idea di sposarlo per poter dare a sua madre qualche mese felice. Sarebbe stato un matrimonio finto, ma lei non gli doveva nulla.

Bella raccontò la sua parte. Che aveva fatto un errore che non sapeva come riparare. Che le erano mancati tanto Esme, Carlisle e Alice. Come Edward, aveva rimpianto tutto il tempo perso, tempo che Esme non aveva più. Aveva colto l’occasione di rivederli tutti, di ricongiungersi e fare ammenda. Dopo tutto, la prima volta non aveva neanche salutato il resto della famiglia. Edward rimase sbalordito quando si rese conto di quanto facilmente questa storia avrebbe potuto essere la realtà. Bella avrebbe accettato il suo piano comunque. Una volta spiegata la situazione, avrebbe solo dovuto dire per favore, probabilmente neanche quello, e lei avrebbe detto sì.

E poi, la storia avrebbe avuto una conclusione scontata.

«Questo ci ha dato la possibilità di riavvicinarci», disse Bella prendendo la mano di Edward. «Vogliamo provare di nuovo.»

Edward era silenzioso mentre la guardava negli occhi. Lei lo amava. L’aveva amato quando era stato inutilmente crudele con lei. Nonostante gli avesse spezzato il cuore quando era poco più che una ragazzina, non poteva perdonarsi il modo in cui la aveva trattata. Sarebbe stato facile come respirare se solo fosse stato civile con lei fin dal principio.

Adesso, nonostante tutto, avevano una seconda possibilità. Sarebbe stata più dura di quanto avrebbe dovuto, ma questo sembrava essere l’approccio di Edward alla vita. Sorridendo, Edward portò la mano di Bella alle labbra e le baciò le dita. Lui le stava dando una seconda possibilità, e lei stava facendo lo stesso con lui. Si stavano buttando alle spalle il loro passato, e stavano ricominciando. Questo era il motivo di tanta onestà.

Be’. Quasi onestà.

Carlisle si sfregò una mano sotto il mento, guardandoli tutti e due con un’espressione che Edward non riusciva a decifrare. Poi, con grande sorpresa di Edward, suo padre sorrise. «Tu l’hai fatta davvero felice, sai. Serena.» Scosse la testa, l’espressione distante. «Tu eri la sua più grande preoccupazione, Edward. È morta sapendo che tu saresti stato bene, dopotutto.»

Edward strinse le labbra. Odiava l’idea di aver dato delle preoccupazioni a sua madre, ma razionalmente, sapeva che questo era inevitabile. Le madri si preoccupano. Questa è una verità semplice e inevitabile.

«Ricordi che ha parlato con te il giorno che è morta?» andò avanti Carlisle.

«Certo che sì.»

«Lei sapeva, credo.» Fece un gesto tra Edward e Bella. «Ero io quello che voleva credere alle vostre bugie, ma Esme sapeva. Ma quando lei riattaccò il telefono, quel giorno, mi prese la mano e mi disse, ‘Il nostro ragazzo starà bene. Lui e Bella staranno bene’. Fu praticamente l’ultima cosa che disse.»

Edward sbatté gli occhi lucidi, mentre guardava suo padre. Si chiedeva se sua madre avesse saputo la verità, che anche allora la sua rabbia vacillava, e la sua amarezza stava per essere scalfita. E quando era morta, si era portata via la sua ultima rabbia.

Poteva sapere che sarebbe successo? Questo era il motivo per cui lo spingeva a guardare veramente il suo passato, che davvero non valeva la pena di aggrapparsi alla vita che si era costruito? Era per questo che lo aveva mandato in California con Bella, perché sapeva che il suo tempo stava per scadere, e lui aveva bisogno di quell’ultima spinta?

«Staremo bene.» Edward disse queste parole a Bella stringendole la mano.

Guardandolo, lei annuì. «Lo penso anch’io.»

«Questa è la cosa più importante. C’è sempre da lavorare. Nelle relazioni, intendo. Non sono mai una fiaba.»

«Non ti sembra strano che essendo sposati stiamo separati, per ora?» chiese Edward.

«Io penso che solo voi sappiate quello di cui avete bisogno.» Carlisle allungò le braccia e prese le loro mani. «Tua madre e io eravamo d’accordo su…» Trasalì. «Eravamo d’accordo su un sacco di cose. Una delle cose in cui tutti e due credevamo, erano le belle idee. Questo è quello che è ogni relazione, una bella idea. Fate quello che dovete. Costruite delle fondamenta, e tornerete più forti.»

«Questo è il piano», disse Bella.

*****

Pochi giorni dopo che Bella si era trasferita a casa di Charlie e Sue, loro diedero una specie di festa di benvenuto. Furono invitati tutti i loro amici, e anche Edward. Naturalmente, questo richiese che tutta la storia fosse di nuovo raccontata, come l’avevano raccontata a Carlisle.

Gli amici di Bella non furono così indulgenti come Carlisle, ma questo se lo aspettavano. La grazia salvifica della situazione, fu la normale etichetta di un incontro sociale. Nessuno avrebbe reso l’atmosfera imbarazzante con domande fuori luogo.

Dopo pranzo, Emmett sfidò Edward a una partita di basket uno contro uno. Bella seppe subito si cosa si trattava. Una dimostrazione di testosterone. Edward doveva dimostrare di essere abbastanza virile da meritare il rispetto di Emmett. Barbarie travestita da competizione amichevole. I ragazzi sono ragazzi.

Bella non si preoccupava di questo. Edward se la cavava atleticamente. Sapeva che avrebbe dato buona prova di sé. Ed Emmett non era il tipo da tenere il muso. Bella aveva detto che era felice. Una volta stabilito che Edward non era uno stronzo, sarebbe stato tutto a posto.

Con Rosalie sarebbe stato più complicato.

Dopo aver visto che i suoi bambini stavano giocando tranquillamente, andò a sedersi vicino a Bella sotto il portico, a guardare i loro uomini che se la sudavano. Non parlò subito, il che fece sospirare Bella.

«Di’ quello che devi dire, Rose.»

Rosalie andò dritta al punto. «Non i piace per niente questa storia, Bella.»

«Sorprendimi.»

«Be’, cosa c’è che mi potrebbe piacere? Invece che parlare con noi sei mesi fa, hai scelto di scomparire dalla faccia della terra. I tuoi migliori amici hanno scoperto che ti eri sposata attraverso qualche pettegolezzo. Se era tutto così innocente come hai detto tu, allora perché non ci hai parlato allora del tuo piano?»

Bella si sfregò le tempie, mentre pensava alla sua risposta. «Cosa vuoi che ti dica? Cosa sarebbe successo se ti avessi chiamato e ti avessi detto, hey, Rose, ho deciso di rinunciare al mio lavoro, al mio appartamento, alla possibilità di tornare all’università per almeno un anno, per un matrimonio finto? Cosa mi avresti detto?»

«Che eri una pazza completa.» Rosalie incrociò le braccia e guardò storto Bella. «Avrei voluto sapere perché continuavi a buttare via le possibilità di una vera vita.»

«Vedi? Questo è il motivo per cui non te l’ho detto.» Era una delle ragioni, comunque. La più grande. Bella non si aspettava che Rose capisse la sua logica. «Perché vedi le cose che ho fatto come un buttare via la mia vita?»

«Perché è esattamente quello che fai. Lo fai continuamente. Tu potresti avere una vita migliore.»

«Non è quello che ti ha detto tua madre quando hai sposato Emmett?» la sfidò Bella. «Avevi una carriera incredibile, un sacco di opportunità in una grande città, e hai rinunciato a tutto per avere i bambini di Emmett e vivere in questa piccola città.»

Rosalie si accigliò. «Mio marito e i miei figli valevano il sacrificio.»

«E tu pensi che io rimpianga i sacrifici che ho fatto per le persone della mia vita?» Bella scosse la testa. «Chiedimi se lo rimpiango. Sue e Seth, Jacob e Billy, Esme. Chiedimi se rimpiango di aver fatto le cose che ho fatto.»

La sua amica la guardò. «Lo rimpiangi?»

«No. Mai. So che a volte tu pensi come sarebbe stato se avessi continuato col lavoro che avevi quando hai incontrato Emmett. Ovviamente, io ho gli stessi pensieri. E se? Ma alla fine della giornata, sono sempre felice delle decisioni che ho preso.»

«Dovresti rimpiangerle.»

«Perché? La mia vita sarebbe stata tanto migliore?» Bella spostò la sedia, in modo da stare di fronte a Rosalie. «Se avessi lasciato che Sue perdesse la casa, o Billy solo a far fronte all’alcolismo di suo figlio, oltre che alla morte di sua figlia, allora cosa? Forse avrei una laurea, adesso. Ma pensa quante cose avrei mancato.»

«Tipo che? Che c’è di così grandioso nella tua vita per cui non dovresti rimpiangere di aver portato prima il tuo culo all’università?»

«Te, per cominciare. Ricordi tutte quelle notti in cui eravamo solo io e te, perché Emmett faceva gli straordinari e non c’era mai, qualche anno fa?»

L’espressione di Rosalie cambiò, un accenno di incertezza ammorbidì i suoi tratti.

«Pensi che scambierei la nostra amicizia? Eravamo io e te quando è nata Allison, ricordi? Arrivò così in fretta, Emmett non ebbe il tempo di arrivare in ospedale.»

Le labbra di Rosalie si contrassero. «Mi ricordo.»

«Tu questo lo rimpiangi? Se le cose fossero andate in un altro modo, se io fossi andata a scuola come avevo progettato al principio, niente di tutto questo sarebbe successo.»

«Tu sai cosa significa per me la nostra amicizia. È ovvio che non rimpiango nulla di tutto questo, ma tu dovresti avere di più. Meriti di più.» Scosse la testa. «Comunque. Le chiacchiere stanno a zero. Tu hai sposato questo tipo, Bella. Gli hai dato il controllo totale su dove vivi, quello che fai, tutto.»

«Non è così.»

«E allora perché hai rinunciato anche al tuo lavoro?»

«Perché l’idea era passare tempo con Esme. Non minimizzare quello che significa… significava per me. Questo è un altro motivo per cui non rimpiango come è andata la mia vita. Se fossi stata all’università, non avrei potuto dedicare tutto il tempo ad Esme. Invece, abbiamo potuto dirci tutto quello che dovevamo, prima che lei morisse. Ho riavuto indietro una madre. Ho riavuto indietro un padre. Mi hanno perdonato quello che avevo fatto al loro figlio e quello che avevo fatto a loro, dato che avevo abbandonato anche loro. Anche se io e Edward non ci fossimo riavvicinati, ne sarebbe valsa la pena.»

Bella allungò un braccio e prese impulsivamente la mano di Rosalie. «Ogni volta, ho fatto la scelta con cui potevo convivere. C’è stata una sola scelta nella mia vita che ho rimpianto… e mi ha schiacciato. Non sarò più così stupida. Non prenderò più una decisione che distruggerebbe tutta la mia vita.»

Rosalie contorse le labbra. Sembrava che volesse discutere, ma pensasse che non era il caso. «Quindi è questo quello che vuoi? Un ex?»

«Sì.» La parola fu risoluta. Bella non sapeva se era una buona idea, provare a stare con Edward, ma sapeva con assoluta certezza che non era un’idea sbagliata. «Ma starò attenta. Te lo giuro. È per questo che mi sono allontanata da casa sua. È perché dobbiamo confrontarci con le nostre vite individualmente prima di provare a vivere il nostro lieto fine.»

Rosalie sembrava ancora scontenta, ma avvolse Bella in un grande abbraccio. «Tu meriti il mondo. Ti meriti di prendere, per una volta, invece che dare tutto. Stai solo attenta, Bella, e ricorda che noi siamo tutti qui, se hai bisogno.» Si tirò indietro e scompigliò giocosamente i capelli di Bella. «Anche se noi pensiamo che sei matta, hai ragione tu. È la tua vita.»

*****

L’ospite d’onore era scomparsa.

Andare a casa senza Bella era l’ultima cosa che Edward voleva fare, ma immaginò che questa parte fosse inevitabile. Aveva fatto il bravo ragazzo, oggi. Aveva tenuto le mani a posto e aveva lasciato che gli altri si prendessero tutte le sue attenzioni. Tutto quello che voleva era una bacio della buonanotte prima di andare via.

Quando era stato evidente che non era tra gli ospiti fuori, Edward aveva vagato in casa. Là, la sentì prima di vederla e si fermò nel corridoio fuori della cucina.

«Leah…»

«Guarda, lo so che io e te non siamo sempre andate d’accordo, ma siamo civili, giusto?» Leah, la sorellastra di Bella, sembrava, come sempre, irritata. «Non ti ho mai detto… quello che hai fatto per mia madre e mio fratello… è stato straordinario.»

Si affrettò, prima che Bella potesse rispondere. «Mamma mi ha detto che cerchi un lavoro a Seattle. Il che ha senso, ovviamente, dato che vuoi andare a scuola lì. Sappiamo tutte e due che tu devi andartene da questa stupida piccola città. Non c’è niente per te, qui. Se vivrai a Seattle sarà più facile avere un lavoro, più facile avere colloqui, sai com’è. E poi non dirmi che non vuoi stare più vicina al tuo ragazzo... tuo marito... o che diavolo è.»

«Okay», disse Bella, la voce che tradiva la confusione. «Quindi, cosa mi stai dicendo?»

«Io ho un gran posto. Quello stronzo del mio ex marito è stato abbastanza bravo da lasciarmi la casa dove avremmo dovuto crescere i nostri figli.» Sbuffò. «Ci sono un sacco di stanze. Io non sto quasi mai a casa, e non credo che tu distruggeresti quel posto. Se vuoi prenderlo in considerazione, puoi restare con me gratis, finché non ti rimetti in piedi.»

Edward appoggiò la fronte al muro, pregando silenziosamente che Bella accettasse l’offerta della sua sorellastra. Capiva perché fosse riluttante a lasciare che lui la aiutasse, ma questo era diverso. Questo non sarebbe stato altro che una ricompensa.

«È un’offerta molto generosa», disse Bella, le parole lente che tradivano la sua sorpresa. «Sarebbe bello. Mi chiedevo come avrei potuto avere dei colloqui a Seattle, vivendo qui.»

Edward rilasciò un respiro. Non era un rifiuto. Era così contento, avrebbe fatto un balletto. Decidendo che aveva origliato anche più di quanto doveva, bussò sulla parete, attirando la loro attenzione prima di entrare. «Ho interrotto qualcosa?»

«No, abbiamo finito», rispose Leah. «Fammi sapere, Bella. Tutto quello che ti serve.»

«Lo farò. Grazie.»

Leah si avviò alla porta. Passando vicino a Edward gli diede un certo sguardo. «Me ne devi una. Grossa.»

Edward alzò un sopracciglio fingendo ignoranza, ma sapeva cosa intendeva. Era un grande sollievo sapere che Bella aveva la possibilità di stare più vicino a lui. Dopo tutto, era più facile lavorare a una relazione quando le due parti stavano, se non altro, nella stessa città.

Quando Leah fu uscita, Edward aprì le braccia, facendo un gran sorriso quando lei lo raggiunse. Si abbracciarono. Lei si spinse contro di lui, petto contro petto, e lui le scostò i capelli dagli occhi quando lei alzò il viso.

All’inizio le diede solo un bacetto sulle labbra, un gesto leggero e giocoso. Ma durò solo un attimo. La bocca di lui si spinse sulla sua, la mano aperta in fondo alla sua schiena mentre la premeva contro di sé. Fu un bacio accurato, lungo. Ogni intenzione di interagire con lei con leggerezza quella sera, volò via dalla finestra.

Edward non voleva ammetterlo, ma per tutta la notte quella sensazione l’aveva strattonato. Aveva paura di lasciarla andare, paura che se si fossero separati, anche poco, lei non sarebbe mai tornata da lui.

Fino a quel momento, la paura era paralizzante.

Bella rispose al bacio, lasciando che lui sostenesse il suo corpo con le braccia. Si aggrappò a lui, lasciandolo in possesso del suo corpo, anche se per pochi istanti. Lei fece scivolare le mani dalle spalle ai suoi capelli, tenendo la testa contro la sua.

Quando il bacio finì, Bella non fece nessuna mossa per lasciarlo andare o arretrare. Gli passava i pollici dietro le orecchie con un sorriso gentile. «Sono qui.» Le sue parole erano quiete ma salde. Un’affermazione. «Non vado da nessuna parte.»

Lui annuì, chinandosi per baciarla di nuovo. «Sarai dall’altra parte della città.»

Lei sbuffò, mettendogli le braccia alla vita. «Siamo a Forks. L’altra parte della città è praticamente a quattro passi.»

«È lo stesso troppo lontano.» Le diede un altro bacio con un po’ di broncio. «Mi mancherai. So che probabilmente è una cosa stupida da dire, ma è vero.»

«Non è stupida.» Alzando una mano, tracciò il contorno del suo occhio con la punta del dito. «Il mio nome sarà sempre Bella, i miei occhi saranno sempre marroni e ti amerò per sempre.» Echeggiò lo stesso giuramento che lui le aveva sussurrato tante volte, tanti anni prima.

Edward non era preparato per l’ondata di sollievo che lo invase. Avendola lì tra le sue braccia, scoprì che poteva reclamare i ricordi dolci del suo passato, quelli cui prima gli faceva male pensare. Per tanti anni, non aveva permesso a se stesso di ricordare la sua infanzia, di cui lei era tanta parte. Si lasciò andare alle memorie.

Bella che gli sorrideva, cinque anni, orgogliosa di aver scalato quell’albero, e lui le aveva detto che non ci sarebbe riuscita.

L’estate in cui lei aveva nove anni e lui undici. Erano in bicicletta, doveva essere una bella giornata, e invece i cieli si aprirono. Tornarono a casa di lui fradici fino alle ossa e inzaccherati. Esme aveva fatto loro del sidro di mele caldo e aveva asciugato i loro capelli con l’asciugamano dopo che si erano messi dei vestiti asciutti.

Bella aveva tredici anni e lui quindici, il Quattro di Luglio, e stavano accendendo insieme i fuochi artificiali. Uno di questi la prese alla sprovvista, e lei fece un salto indietro, afferrando la mano di lui. Non lo lasciò andare, mentre guardavano la pioggia di scintille. Fu la prima volta che Edward si chiese come sarebbe stato baciarla.

Ricordò il loro primo bacio. E poi il secondo. E il terzo.

Tornato al presente, la baciò fino a restare senza fiato.

Le mani di lei erano sulle sue ai lati del proprio viso, e si guardarono a lungo prima che lei parlasse. «Ricordati che questo non è un addio. È solo una buonanotte.»

Lui le diede allora un bacio più gentile, l’ansia placata. «Non voglio mai più dirti addio.»




   
 
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