Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Lory221B    25/04/2016    5 recensioni
Raccolta di one-shot Johnlock, di genere vario.
Aggiunta la 13) "Oh what a night": perchè Sherlock ci ha messo così tanto a capire?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Kiss me


Giorno 1 - Lunedì

John Watson era seduto sulle gradinate del campo di rugby, intento a guardare la cheerleader che si esercitavano in vista della partita della domenica. Era il suo ultimo anno di scuola e avrebbe tanto voluto essere il capitano della squadra, ma Sebastian era stato preferito da tutti.

Non sapeva perché, ma gli sembrava dannatamente importante essere capitano; forse voleva solo dimostrare a suo padre quanto valeva. Il padre di John era molto critico e da quando Harriet aveva annunciato di aver abbandonato l'università per andare a vivere con la sua ragazza, John viveva solo per accontentare i genitori, profondamente delusi dalla figlia maggiore.

Il padre di John era stato capitano della squadra di Rugby del liceo e John non avrebbe voluto essere da meno; invece era seduto sulle gradinate, immaginando di essere qualcuno che non era. Mentre era ancora assorto nei suoi pensieri, venne raggiunto dagli altri membri della squadra, che si sistemarono accanto a lui, urlando frasi di pesante apprezzamento nei confronti delle cheer-leader.

- Hey Johnny che combini, spii le ragazze pon pon? - chiese Mark, non smettendo di fissare una bionda.

- John non ne ha bisogno, lo chiamano "tutti i licei Watson", visto che ha una ragazza in ogni scuola -

Il ragazzo rise, ma non smentì, era una fama che non gli dispiaceva.

Sebastian lo fissò e poi arricciò le labbra, un'idea assurda gli stava passando per la testa - E' vero Johnny? Sei così irresistibile? -

Il biondo si limitò ad un'espressione soddisfatta - Non tutti possono permetterselo Sebastian -

- Sai, mi è venuta un'idea. Saresti capace di far cadere qualcuno del nostro liceo ai tuoi piedi in sette giorni? Qualcuno scelto da me ovviamente. Prima della partita di domenica? -

- Si, ma perché dovrei farlo? - rispose John pigramente.

- Perché ti cederei il posto da capitano -

John spalancò la bocca, mentre gli altri fecero in coro un "uuuuuhhh", per sottolineare ironicamente la sfida.

Il biondo immaginava che Sebastian avrebbe scelto una preda difficile, probabilmente una ragazza snob e bellissima. Ma Sebastian non si rendeva conto del fascino che un giocatore di rugby, dolce ma deciso, aveva sulle ragazze. Si sentiva la vittoria già in tasca.

- D'accordo, ma deve essere una sfida onesta, non deve essere una ragazza al corrente della cosa - fece John.

- Chi ha mai parlato di una ragazza? - ribatté Sebastian, facendo rotolare dalle risate tutto gli altri - Se sei così affascinante, anche i maschi cadranno ai tuoi piedi -

- Non sono gay - fece John, accigliato.

- Non devi mica fartelo, se riesci a farti baciare, prima di domenica, per me hai vinto -

John sembrò soppesare la cosa, con una ragazza andava sul sicuro, ma non poteva dire la stessa cosa per un ragazzo.

-Adiamo Johnny, non vuoi diventare capitano? - chiese Sebastian, provocatorio.

Il biondo sospirò - Ok, chi? -

Un sorrisetto sadico spuntò sulle labbra del capitano della squadra - Sherlock Holmes -

- Chi? - chiese John


***** *****

Quando John scese dagli spalti, le risate dei compagni di squadra lo stavano ancora accompagnando. Sherlock Holmes era un ragazzo moro e riccio, di un anno meno di lui, che non parlava mai con nessuno e di cui John non aveva mai notato l'esistenza finché gli altri della sqaudra non glielo avevano indicato sull'annuario.

Vita sociale zero, gusti sessuali sconosciuti, sapeva soltanto che era molto bravo in chimica. John si trovò a fissarlo nel corridoio, era decisamente un bel ragazzo, per cui il fatto che fosse solo era davvero un mistero, facilmente risolvibile dal fatto che sembrava essere un vero e proprio asociale.

Il biondo si fece coraggio e cercò di attaccare bottone con una scusa, da qualche parte doveva cominciare.

- Ciao, scusami, tu sei Sherlock giusto? -

Il moro si voltò, fissò il ragazzo da capo a piede e poi strinse gli occhi  -Non sembra tu voglia chiudermi nell'armadietto, quindi cosa vuoi? -

- Scusa? - rispose John spiazzato.

- Non è così che vi divertite, voi della squadra di rugby? -

- Non io - fece John, in imbarazzo per l'idiozia dei suoi amici - Volevo chiederti se puoi darmi ripetizioni di chimica, sono un vero disastro e si dice che tu sia il più bravo del liceo -

Holmes spalancò gli occhi stupito - Cos'è, hai perso una scommessa, tipo chi perde va a parlare con lo strambo? -

John arrossì leggermente - No, no davvero -

- Come vuoi, comunque non perdo tempo a dare ripetizioni, occupo il tempo in maniera più utile - fece chiudendo l'armadietto e andandosene via. John si girò perplesso e vide alcuni della squadra che lo fissavano trattenendo le risate.


***** *****

Giorno 2 - Martedì

Alla fine delle lezioni, John schizzò fuori dall'aula, sperando di riuscire a ritrovare Sherlock e potergli parlare. Non si sarebbe arreso così facilmente, ma le sue speranze si spensero quando lo vide salire su di un macchinone e sparire.

- Sherlock è benestante, non lo sapevi? - fece Mike, avvicinandosi a John.

- E' una sfida impossibile non è vero? Sebastian si sta divertendo a torturarmi -

Mark scrollò le spalle - Lui sta isolato nel suo mondo, per questo lo ha scelto. Dovresti metterti l'anima in pace -

Watson sospirò, suo padre era davvero deluso e il ragazzo stava quasi pensando di rinunciare a medicina e arruolarsi, solo per farlo contento. Fece la strada verso casa a piedi, quando venne attirato da una musica proveniente dal parco. Un violinista, decisamente sprecato come suonatore ambulante, stava intrattenendo i visitatori del parco. John guardò meglio e si rese conto che era proprio Sherlock, perfetto nella sua posa da suonatore, con gli occhi chiusi e i capelli mossi dal vento.

Quando Sherlock finì la melodia, Joh si ritrovò ad applaudire senza rendersene conto. Il moro si voltò e sembrò stranito dal rivedere il ragazzo del giorno prima.

- Scusami, non ti sto seguendo, stavo tornando a casa e ti ho visto. Sei stato straordinario, dovresti suonare in un teatro, perché suoni qui? -

- Ttravolgi sempre le persone appena conosciute con delle chiacchiere? - chiese il moro, ma il biondo non disse niente - Suono qui perché mi piace stare all'aria aperta e non sopporto sentire i commenti acidi di mio fratello quando sbaglio la postura  o se stecco -

- Oh, hai un fratello quindi. Io ho una sorella e... - ma John non continuò il discorso, perché notò che Sherlock non lo stava ascoltando, ma era attirato da qualcosa dietro di lui.

- Quel tizio sta per derubare qualcuno - affermò serio il moro.

- Quel signore distinto? Scherzi? - chiese John, incredulo.

- Tu guardi ma non osservi, John - fece Sherlock e iniziò a correre in direzione dell'uomo. John lo imitò e come il moro aveva detto, l'uomo strattonò una signora per portarle via la borsa. Aveva fatto solo pochi passi quando si trovò atterrato dal biondo.

- Bel placcaccio! - gridò Sherlock, mentre una folla di gente si radunava attorno. La signora ringraziò entrambi e John si sentì davvero orgoglioso di se stesso. Non era come vincere una partita o prendere un bel voto, aveva fatto qualcosa di davvero utile.

- Ti servivano delle ripetizioni, giusto? - chiese il moro, guardando John con un'espressione più curiosa.

Quella sera Sherlock sembrava leggermente più entusiasta del solito, aveva addirittura finito tutta la cena e di tanto in tanto aveva anche sorriso fra sé. I genitori sembravano contenti e conoscendo la riservatezza del figlio non avevano indagato, ma Mycroft conosceva troppo bene il fratello per non preoccuarsi di ogni possibile implicazione di quel sorriso.


***** *****

Giorno 3 - mercoledì

- Mi sembra di capire che hai difficoltà con gli esercizi di bilanciamento - esclamò Sherlock, guardando i compiti di John -  Lo sai che a medicina avrai anche esami di chimica, vero? -

- Come fai a sapere che voglio fare medicina? - rispose il biondo. 

- Sono un bravo osservatore John -

Avevano deciso che le ripetizioni si sarebbero svolte a casa di Sherlock. John non voleva che il ragazzo incontrasse i suoi genitori, suo padre gli avrebbe fatto il terzo grado e finito per catalogarlo come strano. Così erano seduti alla scrivania della camera di Sherlock, circondati da strani esperimenti che comprendevano davvero ogni cosa che al moro fosse venuta in mente.

Il biondo, intanto, si rabbuiò - Mio padre non vuole che io faccia medicina, preferisce che mi arruoli nell'esercito -

- E' il tuo futuro John, non lasciare che decidano gli altri per te - rispose Sherlock senza battere ciglio.

- Tu cosa farai? -

- Intanto la facoltà di chimica e poi vedremo, ho in mente una professione che ancora non esiste -

John lo guardò scettico, ma stava imparando che quel ragazzo era davvero particolare.

- Cosa fai nel tempo libero Sherlock? A parte suonare nei parchi e sezionare animali morti -

- Leggo principalmente -

- Che ne diresti di andare al cinema sta sera?  Con tutta questa chimica ho bisogno di un po' di relax. Potremmo andare a vedere un thriller -

Sherlock sentì una strana sensazione invaderlo, come di calore e felicità, qualcosa che non aveva mai provato. Per un attimo pensò di aver preso qualche malanno, un raffreddore o una leggera influenza forse, perché il cuore aveva iniziato a battere leggermente più veloce.

John sembrò notarlo e cominciò a pensare che quel ragazzo non aveva mai avuto un solo amico in tutta la sua vita.

- Ti va bene Sherlock? Alle 20 davanti al cinema? -

Il moro annuì. Qualche ora dopo era davanti allo specchio, nell'impossibile tentativo di sistemare i riccioli, che quella sera avevano deciso di annodarsi tutti tra loro. Continuava a specchiarsi e si vedeva troppo bianco, troppo magro e troppo "lungo". Non si era mai accorto di quanto il suo viso somigliasse a quello di una lontra.

- Hai intenzione di chiedere allo specchio chi è il più bello del reame Sherlock? Ti stai specchiando da ore - affermò pigramente Mycroft, entrando nel bagno senza il minimo rispetto della privacy del fratello - Allora con chi esci che richiede tanta cura? -

Sherlock sembrò soppesare quel commento. Non gli importava di piacere, non gli importava delle persone, Mycroft stava sicuramente sbagliando la sua analisi.

- Fratellino, paura? - continuò imperterrito Mycroft, buttando un occhio sui vestiti che stava per indossare: una camicia porpora, un paio di pantaloni eleganti e una giacca - Vai al cinema o all'opera? Gli adolescenti non si vestono così, Sherlock -

- Hai finito? - sbottò il moro, prendendo i  vestiti e chiudendosi in camera sua.

Anche John era insolitamente nervoso; i suoi genitori stavano nuovamente litigando per Harriet e lui non vedeva l'ora di uscire, anche se avrebbe passato la serata con un silenzioso sociopatico.  Si infilò camicia e maglione  e andò via senza salutare.

Quando arrivò all'appuntamento, trovò Sherlock, vestito di tutto punto, con i biglietti già pagati e due sacchetti di pop - corn. John gli sorrise e non poté pensare che era dannatamente bello, in maniera quasi eterea e fece per seguirlo dentro alla sala, quando due ragazze gli vennero in contro. La  rossa lo abbracciò e baciò allegra, mentre l'altra squadrava Sherlock, che rimase leggermente deluso dalla scena.

John si liberò dall'abbraccio ridendo - Sherlock, ti presento Janet e Sarah, sono nella squadra delle cheerleader -

Il moro fece un cenno di saluto - Il nostro film sta per iniziare, se volete scusarci -

Le due ragazze risero - Ok, venerdì però vieni alla festa vero John? Party da Mary, lei si aspetta che tu venga - fece strizzando l'occhio.

John salutò le ragazze e entrò con Sherlock nella buia sala del cinema. Si era completamente dimenticato della festa di inizio anno a casa di Mary, una tradizione che ormai si ripeteva dal primo anno.

Cominciò a chiedersi se doveva sentirsi in colpa, per quello che stava facendo, ma mise a posto la coscenza dicendosi che a Sherlock non gli importava dei sentimenti e con questo chiuse ogni discorso, mentre il moro si rilassava allegro nella poltrona del cinema.


***** *****

Giorno 4 - giovedì

- Ok, dimmi che lavoro fa quello - fece John indicando un uomo che stava camminando di fretta nel parco.

- E' un pilota John, troppo facile, guarda il suo pollice sinistro - rispose Sherlock, fintamente annoiato. Gli piaceva mettersi in mostra e lasciare a bocca aperta John.

Il biondo rise.

- Stavo pensando - fece Sherlock, quasi timidamente - che se domenica pomeriggio non hai altro da fare, potresti venire al mio concerto al conservatorio - fece tutto ad un fiato.

- Ho la partita domenica - rispose John, senza rendersi conto di quanto era costato a Sherlock chiedere una cosa del genere. Il moro incassò il colpo in silenzio, almeno John non si era inventato qualche scusa assurda per non venire, cosa che temeva tremendamente.

John notò che Sherlock era rimasto zitto e aveva preso a guardare da un'altra parte.

- Scusa, verrei davvero ma il rugby per me è come per te la musica - fece il biondo, temendo di averlo ferito. In realtà non era del tutto vero, aveva iniziato a giocare perché gli piaceva ma non gli importava così tanto come pensava suo padre. Era soltanto uno sport.

Sherlock lo guardò impassibile - Tranquillo John, era solo per dire. -

- Ok, quella signora cosa fa invece? - continuò il biondo, cercando di cambiare discorso e Sherlock riprese a fare sfoggio delle sue capacità di deduzione.

Quella sera John mangiò a fatica la cena, senza dire una parola e poi salì in camera sua. Cominciava a non essere più tanto sicuro di quello che stava facendo. Era uscito con tante ragazze, aveva pensato che provarci con una e farsi baciare, solo per una scommessa, non era una cosa sbagliata, in fin dei conti con tante ragazze era finita in meno di una settimana.

Ma Sherlock era diverso, era stato così timido quando gli aveva chiesto di venire a vederlo al conservatorio e lui lo aveva liquidato velocemente, solo perché non pensava che avrebbe più visto Sherlock esauriti i sette giorni della scommessa. Cosa diavolo stava pensando? Come poteva trattare così quel ragazzo?

Continuava a pensare a quanto era brillante e intelligente, non aveva mai conosciuto uno così. Cos'era più importante? La felicità dei suoi genitori o non ferire Sherlock? E poi, lo avrebbe ferito davvero? Tutti parlavano di lui come di un sociopatico senza sentimenti.

La notte non gli portò consiglio.


***** *****

Giorno 5 - venerdì

- Tu vieni alla festa sta sera? - esordì John, bloccando Sherlock nel corridoio.

- Scusa? -

- Non occorre essere invitati, se è quello a cui stai pensando. E' estesa a tutti, Mary ha una casa molto grande -

- John, a te piacciono davvero quelle persone? I tuoi compagni di squadra, le cheerleader... mi sembri diverso da loro - constatò Sherlock.

- Cosa intendi? - chiese John.

- Nessuno di loro mi ha mai rivolto la parola per esempio. Tu sei meglio di loro -

John si sentì tremendamente in colpa. Nemmeno lui gli avrebbe parlato se non fosse stato per la scommessa con Sebastian.

- Non sono cattivi, sono sicuro che se vi conosceste, andreste d'accordo - continuò. Non capiva perché voleva che Sherlock partecipasse a quella festa, ma ci teneva che entrasse un po' di più nella sua vita.

Sherlock scosse il capo - Io non capisco molto della natura umana, ma tu hai una visione troppo ottimista John - rispose con sarcasmo.

- Quindi è un no? -

Sherlock soppesò la risposta, di integrarsi con quella sottospecie di scimmie non gli importava, ma gli dispiaceva dire di no a John. Quando vide due della squadra di rugby lanciarsi lo zaino di un ragazzino del primo anno, propense per il no. Scosse la testa e si congedò dal biondo.

Non si sarebbero visti nel pomeriggio, John aveva l'allenamento per la partita di domenica e non poteva saltarlo. Aveva quasi sperato che il moro sarebbe venuto a vederlo, magari sedendosi sugli spalti assieme agli altri supporter.

Ma non accadde.

La sera andò alla festa di Mary, non c'era motivo per perderla e Sherlock non sarebbe uscito per cui i suoi piani di corteggiamento erano rimandati al giorno dopo.

Era seduto in giardino, intento ad ascoltare un pettegolezzo su una compagna di classe di Janine, ma finì per perdere il filo del discorso. Gli tornavano in mente le parole di Sherlock "sei diverso sa loro". Guardò i suoi amici, erano tutti intenti a bere, a sparlare di qualcuno, nessuno era intelligente come il suo amico, neanche lontanamente.

Era perso a ricordare come sembrava felice Sherlock mentre suonava il violino, quando Sebastian e gli altri gli si sedettero accanto.

- Johnny boy come stai? Come sta Sherlock? - fece Sebastian.

Janet intervenne - Si John, perché giri con quello? E' talmente strambo. Sarebbe anche carino, ma secondo me è irrimediabilmente gay -

- Per me è asessuale - intervenne Sarah.

- Di chi state parlando? - chiese Mary sedendosi sulle ginocchia di John.

- Sherlock Holmes - rispose Janet.

Mary rise - Secondo me il problema è che nessuno starebbe con lui, è asessuale per scelta degli altri -

E tutti scoppiarono a ridere, tranne John che anzi sembrò piuttosto infastidito - Sarebbe mio amico, se non vi dispiace -

Scese il gelo tra i ragazzi, salvo qualche risata stupita e gli sguardi perplessi dei ragazzi del rugby - John, non occorre che fingi con noi. Ragazze, John deve sedurre Sherlock per diventare caposquadra. Una scommessa tra di noi, niente di ché -

Le ragazze si guardarono e risero, ma John spostò Mary dalle ginocchia con non molta grazie e senza una parola abbandonò gli altri.

"Tu sei meglio di loro" Non era vero, era addirittura peggio. Stava cercando di farsi baciare da Sherlock per una scommessa. Lo stava inutilmente illudendo. Sherlock lo aveva anche invitato al concerto, non poteva più liquidare il tutto per mettersi a posto la coscienza.

Camminò a lungo finché non arrivò nei pressi della casa del moro. La finestra del piano di sopra era illuminata e poteva distintamente vedere l'ombra del suo amico mentre suonava il violino. Tirò fuori il cellulare e gli scrisse di affacciarsi.

Sherlock smise di suonare al trillo di arrivo del messaggio, probabilmente era sicuro fosse John perché non riceveva sms da nessun altro se non da lui. John poté vedere la sua ombra che prendeva in mano lo smartphone e in meno di un secondo Sherlock si girò e aprì la finestra, guardandosi attorno, finché scorse John in giardino che agitava una mano. Il biondo non voleva urlargli di scendere perché non voleva svegliare i genitori di Sherlock, per cui glielo mimò.

Il moro era piuttosto stupito, ma cinque minuti dopo stava uscendo dalla porta sul retro.

- Non eri alla festa da Mary? - chiese Sherlock, squadrando l'abbigliamento curato, ma soprattutto il gel nei capelli.

- Non era granché. Mi sei mancato oggi, volevo solo salutarti e dirti che avevi ragione. Voglio essere meglio di loro - fece John, onesto come non era mai stato con Sherlock fino a quel momento.

- E' mezzanotte John - esclamò il moro, non capendo esattamente a cosa si stesse riferendo - Potevi dirmelo anche con un sms -

Il biondo rise - Ci vediamo domani? Facciamo qualcosa che vuoi tu -

Sherlock sembrò pensare a lungo alla possibile attività. In realtà gli sarebbe andata bene qualunque cosa in sua compagnia, ma c'era un posto in cui era sempre andato da solo e avrebbe voluto portare John - Potremmo andare al museo delle scienze - rispose Sherlock, improvvisamente più entusiasta.

John sorrise, non aspettandosi una risposta come pub, cinema o centro commerciale, per cui si accordarono per trovarsi la mattina e lo salutò con un peso in meno, Sebastian e la sua scommessa potevano andarsene a quel paese.

***** *****


Giorno 6 - sabato

Sherlock,  era arrivato troppo in anticipo davanti al museo delle scienze, per cui andò in un bar vicino per passare il tempo in attesa dell'arrivo di John.

Era assurdamente felice, aveva provato più volte ad analizzare quelle emozioni, perchè doveva ammettere che stava provando qualcosa di simile a quello che gli altri esseri umani catalogavano come sentimenti. John era diverso da tutti, era gentile, era buono e non lo trattava come un emarginato.

Si sedette con il suo caffè e il suo pancake al bancone, senza accorgersi che due tavoli più dietro di lui c'erano le cheer-leaders al completo. Quando le notò riflesse nello specchio, decise di andarsene via, per evitare che le ragazze e John si incontrassero e iniziassero a civettare con lui, ma quando sentì il proprio nome accompagnato da una serie di risate, decise di rimanere immobile sullo sgabello.

- Quanto bisogna essere sfigati per farsi fregare così? - fece quella che Sherlock sapeva essere Mary.

- Vi prego - rincarò Janet - Si crede tanto intelligente e poi non capisce che John sta uscendo con lui per una scommessa. Come poteva pensare che uno come John si interessasse a lui? -

- Ma alla fine John riuscirà a farsi baciare, secondo voi? - chiese Sarah e le altre scoppiarono a ridere.

Lo percepì in quel momento, che aveva avuto ragione fin dall'inizio. Sentì come se lo stomaco si stesse contorcendo. Strinse la tazzina più forte, finché le nocche non gli divennero ancora più bianche. Scese dallo sgabello lentamente, cercando di non farsi notare e uscì da quel bar sentendosi il più grande idiota della storia.

Quando fu sul marciapiede, di fronte alla vetrina del bar, con la coda dell'occhio vide John che gli si avvicinava: gli lanciò uno sguardo furente che inchiodò il biondo sul marciapiede. Sherlock si avvicinò, tremava leggermente. Buttò un occhio nel bar e si chiese se le ragazze stavano guardando. Senza dare a John il tempo di aprire bocca, gli stampò un bacio sgraziato sulle labbra.

- Contento adesso? - sbottò - Ora non occorre che fai cose che non ti va di fare o dici frasi che non pensi -

John sembrò capire, quando anche lui notò le ragazze dentro al bar con la bocca aperta, Sarah stava anche applaudendo e il biondo iniziò a boccheggiare - No, lascia che ti spieghi -

A Sherlock cominciarono a pizzicare gli occhi - Non occorre, divertiti alla partita -

John lo prese per un braccio ma il moro si liberò dalla presa e corse via, lasciando uno smarrito John, ancora inchiodato sul marciapiede che fissava quella testa riccia che spariva in lontananza.

Quando Mycroft tornò a casa, trovo Sherlock seduto sul letto, intento a fissarsi i piedi. Il moro alzò la testa - Per favore non dire niente - pronunciò quelle parole con rabbia, ma la voce era leggermente incrinata.

Il fratello, stranamente, lo assecondò e si limitò a sedersi accanto a lui.

Quando John arrivò a casa per cena, dopo aver passato la giornata a mandare inutilmente sms a Sherlock, trovò i genitori che  stavano discutendo con Harriet, passata a casa per salutarli e per augurare un in bocca al lupo a John per la partita del giorno dopo.

Quando entrò con lo sguardo tetro, tutti lo fissarono. Harriet fece per chiedere cosa fosse successo ma lui scosse il capo.

- John - fece suo padre - Sei nervoso per la partita di domani? -

- No - mormorò - E onestamente non me ne importa niente - ribatté e corse in camera sua, lo sguardo di rimprovero del padre che lo seguiva fino in camera.


***** *****

Giorno 7 - la domenica della partita

John era seduto nello spogliatoio, con lo sguardo triste di uno che aveva perso qualcosa di importante. Le ragazze avevano effettivamente visto Sherlock baciare John e Sebastian aveva dovuto ammettere la sconfitta e cedergli il posto da capitano.

Ma questo non gli bastava per essere felice, anzi se ne stava seduto sulla panchina dello spogliatoio, senza prendere parte a nessuno dei rituali scaramantici pre-partita. Nessuno sembrava dare importanza alla cosa, pensando fosse solo nervoso per l'incontro, invece John continuava a ripensare allo sguardo ferito di Sherlock.

Non aveva senso, sette giorni prima il suo pensiero più grande era diventare capitano a tutti i costi per rendere orgoglioso suo padre, mentre adesso non sopportava nemmeno la vista dei suoi compagni di squadra.

Il coach scese negli spogliatoi per gli ultimi incoraggiamenti, ma prima che potesse iniziare, John si alzò in piedi  e senza dire niente si avviò verso l'uscita.

- Watson - intimò l'allenatore - Dove diavolo stai andando? -

- Ho capito che non mi importa di tutto questo e Sebastian può riavere il mio posto di capitano -

Tutti lo fissarono stranito, ma John non ascoltò il coach che lo richiamava, né i compagni di squadra che gli chiedevano se era impazzito. Era ancora vestito con la divisa, ma non gli importava. Corse fuori dallo stadio, con una sola meta in mente: il conservatorio.

Il concerto era già iniziato e nonostante le suppliche all'addetto all'ingresso, non lo fecero entrare entrare. Anche se non fosse stato in ritardo, l'abbigliamento da rugby non gli avrebbe permesso l'ingresso.

Sbuffando corse dietro il palazzo, sperando in qualche entrata laterale o una finestra lasciata aperta. Svoltò l'angolo e si trovò davanti proprio Sherlock, appoggiato al muro, con una sigaretta spenta tra le dita, come indeciso se fumarla o meno.

Quando lo vide non trattenne uno sguardo mortalmente triste - Cosa vuoi adesso? Devi anche portarmi a letto? -

John si avvicinò piano - Sherlock, mi dispiace ma per favore ascoltami. Non mi importa più, di loro, del ruolo da capitano e soprattutto di quella stupida scommessa. Ho capito che sbagliavo e che mi importa di te. Era per questo che ero venuto sotto casa tua l'altra sera, perché volevo vederti e avrei voluto dirti tutto, ma ho avuto paura di quello che sentivo. L'avrei annullata la scommessa, nella mia testa lo avevo già fatto. Sherlock dovrei essere alla partita adesso. Invece sono qui, per te -

Sherlock lo scrutò a lungo, non capiva se lo stava nuovamente prendendo in giro.

- Mi riconquisterò la tua fiducia, se me lo permetterai. Adesso voglio assistere al tuo concerto, applaudirti. Sherlock davvero è stato un caso averti incontrato al parco. Non volevo ferirti e mi odio per questo ma.. -

Come John volesse continuare la frase non lo avrebbero mai saputo, perché Sherlock annullò la distanza tra loro e posò le labbra su quelle del biondo. Era un bacio delicato e gentile, che diventò sempre più appassionato man mano che John si rendeva conto di quello che stava accadendo.

Non credeva che baciare qualcuno potesse dare tante emozioni, non gli era mai successo prima, ma man mano che il tempo passava e le loro lingue si univano in una danza, si rendeva conto che non avrebbe mai più voluto baciare nessun altro.

Si staccarono solo quando sentirono Mycroft sbuffare alle loro spalle e ricordare che Sherlock doveva esibirsi a breve.

Ovviamente non sarebbe finita lì, il fratello maggiore avrebbe sottoposto John a un serratissimo interrogatorio per essere sicuro che Sherlock fosse in buone mani, ma a John non importava. Non sapeva cosa sarebbe successo il giorno dopo, se nessuno della squadra gli avrebbe più rivolto la parola, se alla fine sarebbe entrato a medicina e se Sherlock avrebbe davvero inventato il lavoro dei suoi sogni.

Non lo sapeva e non poteva saperlo, ora era solo John Watson, seduto su una poltroncina del conservatorio vicino alla famiglia Holmes, vestito da rugby e con occhi solo per il suo Sherlock e il suo violino.


****** ******

Angolo autrice:

Per essere una one-shot ho scritto tantissimo. So che Sherlock potrebbe essere un po' OOC, ma da teenager mi piace immaginarmelo un po' meno asociale e meno freddo.

Grazie a chi è arrivato fino alla fine di questa teenlock, molto anni '90 :-P

Un abbraccio, alla prossima.


   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Lory221B