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Autore: _Ruggelaria    25/04/2016    4 recensioni
Dal secondo capitolo:
'Con un gesto rapido l’attirò a sé e poggiò la fronte sulla sua, fissandola intensamente con il suo solito sorriso che le toglieva il fiato. Le scostò una ciocca di capelli, nuovamente, e continuò a torturarla con lo sguardo senza dire nulla.
Sapeva, anche se non ne era del tutto sicuro, che la faceva impazzire almeno tanto quanto lei faceva impazzire lui con quei semplici sguardi.
Il loro provocarsi e il continuo tenersi testa, era un modo come un altro di dimostrarsi affetto, e questo lo sapevano entrambi.'
Salve a tutti! Sono ancora io. Non so se alcuni si ricordano di me, ma comunque. Spero che passiate a leggere la mia storia.
AH, ERECENSITE. FA SEMPRE COMODO UN CONSIGLIO ;)
_Ruggelaria
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3.
 
 
Le condizioni atmosferiche di quella giornata estiva erano davvero ottime.
Violetta sentiva la pelle bruciare sotto il rovente tocco dei raggi di quel primo sole di Giugno. Sentiva il calore accarezzarle anche il viso e la sensazione le piaceva da matti.
La musica rimbombava nelle cuffiette, isolandola dal resto del mondo.
Una mano ghiacciata le sfiorò il ventre e Violetta sobbalzò di scatto. Il volto della sua amica Francesca le oscurò il sole, ma il suo meraviglioso sorriso compensò quell’assenza.
Francesca sembrava più bella e radiosa del solito con i capelli bagnati che sembravano più scuri e la pelle dorata per via dell’abbronzatura. L’ombra chiarissima di lentiggini che ricopriva le sue guance, sembrava più viva quel giorno.
“Sei ghiacciata, Fran!” si lamentò Violetta cercando di scostarsi per evitare le gocce gelide che cadevano dai capelli bagnati della sua migliore amica.
Francesca le tolse le cuffiette con un gesto rapido e le afferrò le mani, facendo leva sulle sue gambe per tirare su anche l’amica. Se Violetta non avesse affondato i piedi nella sabbia rovente e non si fosse opposta fortemente, Francesca avrebbe trascinato anche lei nella folle corsa che stava per intraprendere.
La ragazza italiana sbuffò all’opposizione dell’amica mise su un finto broncio. “C’è un sole splendido, l’acqua è meravigliosa e siamo in vacanza. Non puoi startene qui da sola tutto il tempo!” protestò Francesca incrociando le braccia.
La tesi dell’amica non faceva una piega, ma Violetta aveva troppi pensieri per la testa e se la sua amica voleva convincerla, avrebbe dovuto impegnarsi di più.
Francesca alzò gli occhi al cielo e prese a sbattere freneticamente il piede sulla sabbia, segno che stava pensando intensamente a qualcosa che potesse convincere l’amica a seguirla. “Federico e Leon sono in vantaggio a pallanuoto, e Maxi fa davvero schifo! Non vorrai dargliela vinta così?” chiese Francesca con sguardo furbo. Sapeva quanto Violetta fosse competitiva in tutto, soprattutto se si trattava di giocare contro Leon e di batterlo, e sicuramente aveva colto nel segno.
Infatti lo sguardo dell’amica si accese di colpo ma non ebbe neanche il tempo di accettare o declinare quell’invito che due forti braccia, congelate come la mano dell’amica, la afferrarono per la vita.
In un attimo si ritrovò a testa in giù, sorretta da una spalla che conosceva fin troppo bene.
Leon.
Picchiò forte con i pugni sulla schiena del ragazzo, ma invano: Leon non sembrava avere intenzione di fermarsi e il rumore delle onde che s’infrangevano sul bagnasciuga era sempre più vicino.
“Leon, mettimi subito giù!” urlò la ragazza, nervosa come non mai.
Neanche il tempo di protestare che si ritrovò completamente bagnata. L’acqua era gelida e i brividi di freddo non tardarono ad arrivare.
Leon stava fermo davanti a lei a godersi lo spettacolo che era.
Era furiosa e il ragazzo già si pregustava il momento in cui gli avrebbe urlato contro. Adorava farla arrabbiare, forse tanto quanto amava il suo sorriso, i suoi occhi… Forse era una delle cose che preferiva di più.
“Leon Vargas!” gridò lei scostandosi i capelli bagnati da un lato. Il ragazzo non riuscì a trattenere una risata e Violetta, irritata, gli diede le spalle.
“Senti freddo, Vilu?” la provocò ridendo ancora sotto i baffi.
“Ti ricordo che sono ancora arrabbiata con te per la storia di ieri sera, Leon! Non provocarmi!” lo zittì Violetta, voltandosi di colpo e puntandogli il dito contro.
Lo superò con l’intento di uscire e tornare al sole con la musica nelle orecchie, ma Leon l’afferrò per il polso e l’attirò a sé.
Si ritrovarono –ad un tratto- con i volti molto vicini, occhi dentro occhi. Le mani di Violetta erano poggiate al petto di Leon e lui la teneva stretta per i fianchi, quel sorriso furbetto ancora stampato sul volto. “Facciamo pace?” chiese il ragazzo mordendosi il labbro inferiore.
Violetta fece finta di pensarci su, poi si sciolse in un sorriso e prima che Vargas potesse fare qualsiasi cosa lo spinse facendolo cadere in acqua, esplodendo poi in una risata.
Lei e Leon avevano sempre avuto un rapporto alquanto… strano. Non c’era mai stato niente tra loro, erano semplicemente grandi amici, eppure… Violetta aveva sempre avvertito qualcosa quando era con Leon, e non poteva negare di sentire una forte attrazione nei confronti del ragazzo; ma nessuno dei due si era mai spinto oltre.
“Ehi, voi due! Venite a giocare o no?” gridò Maxi.
I due si scambiarono uno sguardo complice e raggiunsero gli altri.
 
 
 “Dov’è Leon?” domandò Ludmilla Ferro entrando in casa Vargas guardandosi intorno. “Avevamo deciso d’incontrarci tutti qui, oggi pomeriggio!”.
“Natalia muoviti ad entrare!” gridò Camilla Vargas notando la ragazza riccia sull’uscio della porta. “Per quanto riguarda Leon…” e storse la bocca, un’espressione stanca sul viso “…non appena la sua piccola ed innocua Violetta gli ha detto che lei ed il suo gruppo di amici sarebbero andati in spiaggia, non ha esitato un secondo a seguirla come un cagnolino. Patetico.”
Nel frattempo Ludmilla e Nata si erano accomodate sul divano in pelle rossa che spiccava nel salotto di Villa Vargas.
Un ticchettio di passi che si avvicinavano era sovrano del silenzio che si era creato “Ciao ragazze!” esclamò la signora Vargas.
Lucinda Vargas era una donna elegante, sofisticata e che voleva essere al corrente di tutto ciò che accadeva nella sua famiglia. Indossava un elegantissimo vestito nero, dei tacchi alti color argento, dei guanti di raso bianco –lunghi fino al gomito- una lunga collana di perle ed un paio di orecchini che si abbinavano al girocollo.
“Salva signora Vargas!” salutarono all’unisono Ludmilla Ferro e Natalia Perez.
“Sta andando ad un ricevimento?” domandò Nata sorridendole.
“Oh, sì. E sono anche il ritardo! Mio marito mi sta aspettando fuori, meglio che vada.” e s’avviò verso la porta, ma mentre stava per afferrare la maniglia d’ottone della grande porta di legno, si voltò nuovamente verso le tre ragazze che la stavano fissando.
“Camilla, tesoro… dov’è tuo fratello? Sono quasi le otto…”
La ragazza rossa fece una smorfia con il viso “E’ corso dietro a Violetta Castillo. Sono in spiaggia…”
Lucinda Vargas sorrise, un sorriso di una madre amorevole, che si preoccupa per i figli, che li accudisce quando sono malati. “Oh, mi è sempre piaciuta quella ragazza! D’accordo, ci vediamo più tardi. Salve, ragazze!”.
“Arrivederci!”. Ma la signora Vargas era già uscita, richiudendosi la porta di casa dietro le spalle.
Ludmilla Ferro si voltò verso la ragazza dai capelli rossi, un’espressione stupita sul viso. “Ai tuoi piace Violetta? Meraviglioso!” esclamò con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Oh, sta zitta, Lud! Piuttosto… dove sono Marco ed Andres?”.
“Arrivano. Invece dimmi tu una cosa: perché ci hai chiamati qui con tanta urgenza?”.
Camilla Vargas sorrise, poi accavallò le snelle gambe ricoperte dal tessuto dei jeans “Perché voglio dimostrare al mio caro fratellino che la sua tenera ed innocua Violetta non è la santarellina che crede…” spiegò “…e voi mi darete una mano.”
 
 
 “Ma quanto ci hai messo!” esclamò Leon Vargas porgendo il casco alla ragazza mora che stava avanzando verso di lui, ancora spaesato per tutto il tempo che aveva aspettato fuori. “Non voglio esagerare, ma è mezz’ora che ti aspetto qui fuori!” protestò.
Violetta alzò gli occhi al cielo e afferrò il casco, mettendosi poi sulle punte e sporgendosi verso il ragazzo per dargli un bacio sulla guancia.
La ragazza, che ormai era abituata, salì in sella alla moto con un gesto rapido e atletico, e subito Leon mise in moto. Non si allontanarono molto e Leon parcheggiò la moto davanti ad un parco per bambini.
Violetta corse subito verso le altalene e Leon la raggiunse subito con una busta in mano.
Da lontano la ragazza ci mise un po’ per capire di cosa si trattasse, ma quando Leon si sedette sull’altalena accanto a quella occupata da lei, non poté non sorridere.
“Ne avevo bisogno.” si giustificò Leon tirando fuori delle patatine fritte dalla busta del Burger King.
Violetta gli strappò gli strappò subito la busta dalle mani, alla disperata ricerca del suo hot brownie al cioccolato, con gelato sopra. “Diciamo che non te lo meriteresti… ma ho voluto chiudere un occhio.” scherzò Leon mentre la sua amica si era completamente avventata sul suo dolce.
“Con questo ti perdono tutte le cazzate che farai da qui ad un mese!” esclamò la ragazza, la bocca già tutta sporca di gelato.
Leon si lasciò andare ad una risata e lei non poté fare a meno di ammirare quel volto e quel sorriso. Il suo migliore amico era bellissimo, e il lato negativo era che non sarebbe mai potuto essere qualcosa di più. Ma in fondo… lei voleva davvero che lui fosse qualcosa di più?
Il cuore le si bloccò per una frazione di secondo che le parve eterna, come per ricaricarsi, per poi riprendere a battere ad un ritmo forsennato. “Mi hai davvero letto nel pensiero” disse Violetta riponendo nel sacchetto, ormai vuoto, l’altrettanto vuoto pezzo di plastica che avvolgeva il suo brownie.
“Io ti leggo sempre nel pensiero.” rispose il ragazzo con l’aria di superiorità.
Violetta si alzò in piedi e gli si parò davanti con un sorriso furbetto stampato sul volto. “Ma davvero? Vediamo, cosa sto pensando adesso?” chiese incrociando le braccia.
Leon gettò il cartone vuoto delle patatine nel sacchetto che la ragazza aveva lasciato a terra, e poi si alzò in piedi, parandosi davanti a lei.
Di nuovo occhi dentro occhi, come quel pomeriggio al mare. Le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, spostando lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra carnose, che quella sera sembravano volerlo tentare più del solito.
Leon l’afferrò per i fianchi, attirandola ancora di più a sé, mentre il cuore di Violetta continuava ad accelerare come per volerla avvertire di fermarsi, prima che fosse stato troppo tardi.
Lo sguardo di Leon era chiaro e i suoi occhi le stavano guardando dentro, stavano leggendo la sua storia come un libro aperto. Era una strana sensazione… si sentiva vulnerabile e incapace di qualsiasi reazione.
Il ragazzo si avvicinò quasi a coprire tutta la distanza che c’era tra i loro visi, ed entrambi ebbero un sussulto. Stava per succedere di nuovo, stava per ricominciare il loro gioco di seduzione. Leon riusciva a farla eccitare con dei semplici sguardi, con delle carezze e con quei sorrisi mozzafiato, e il che era preoccupante.
Cosa sarebbe potuto accadere se l’avesse baciata?
Avrebbe perso ogni controllo su se stessa, ne era certa.
Violetta gli avvolse le braccia intorno al collo, e appoggiò la fronte a quella dell’amico, stando attenta a non interrompere il contatto visivo ed a non perdere di vista quelle labbra che imploravano d’essere baciate.
Leon la cinse completamente tra le sue braccia, e la strinse ancora di più a sé, facendola sussultare. Adorava cogliere ogni suo gesto, ogni sua sensazione… adorava studiare ogni ua reazione. “Non mi hai ancora detto a cosa sto pensando” gli sussurrò piano Violetta, con quasi voce tremante.
Leon in quel momento non poté non notare tutta la dolcezza che esprimevano quei lineamenti delicati, quel viso perfetto e bellissimo e non poté tuttavia ignorare il crescente desiderio che sentiva, in quel momento, più che mai, di baciarla.
La tenne ancora sulle spine, gustandosi il suo sguardo curioso che attendeva una risposta, quando la bolla che sembrava avvolgerli ogni volta che stavano insieme, scoppiò all’improvviso, catapultandoli di nuovo nella realtà. “Leon, sei tu?” chiese una voce in lontananza.
I due si allontanarono l’una dall’altro in un attimo, come due bambini che erano stati sorpresi a rubare caramelle, voltandosi poi entrambi verso la direzione da cui era provenuta la voce.
 
 
 “Stai sbavando. Di nuovo.”disse Francesca piazzandosi davanti a Maxi, le braccia incrociate.
Il ragazzo distolse velocemente lo sguardo, come se fosse stato appena svegliato da un sogno bellissimo. “Cosa? No, io stavo solo…” balbettò imbarazzato il ragazzo, passandosi una mano dietro la testa.
La ragazza italiana annuì sgranando gli occhi, le braccia ancora conserte, in attesa di una risposta che potesse convincerla. “Io volevo solo vedere se… Ma insomma, si può sapere cosa vuoi?” sbottò il ragazzo accigliandosi. “E poi non sto sbavando!” aggiunse, toccandosi con il dito le labbra per assicurarsi di star dicendo la verità.
Francesca esplose in una risata e iniziò ad incamminarsi verso l’aula di canto. “Ma quando capirai che Nata non ti noterà mai?” urlò lei nel bel mezzo del corridoio.
Con uno slancio fulmineo Maxi le fu accanto, sbracciandosi nel tentativo di chiuderle la bocca. Ma purtroppo non aveva fatto in tempo e Nata si era voltata verso i due, scrutandoli in modo strano, e con un po’ di colorito sugli zigomi.
Maxi le rivolse un sorriso imbarazzato e alzò leggermente la mano intimorito, indeciso se rivolgerle un saluto o no.
In tutta risposta la ragazza si allontanò, insieme alla sua amica Ludmilla Ferro, come se non fosse successo nulla. “Ma come fai a rovinare sempre tutto?” chiese Francesca incredula allargando le braccia.
“Ma vuoi abbassare le voce! Come ti salta in mente di urlare in questo modo in corridoio?” domandò Maxi altrettanto incredulo. “E grazie per avermi fatto fare un’altra bella figuraccia con la ragazza dei miei sogni!” continuò stizzito guardandola fisso negli occhi.
“Scusa, cercavo solo di aiutarti…” ammise Francesca, visibilmente dispiaciuta. La ragazza italiana abbassò lo sguardo perché si sentiva realmente in colpa. Non voleva assolutamente mettere in ridicolo Maxi, era il suo migliore amico!
Il ragazzo sospirò comprensivo e subito si sciolse in un sorriso. “Fran, so che avevi le migliori intenzioni come sempre ma… forse è meglio che io ci provi da solo” disse lui nel tentativo di farla sentire meno in colpa. Francesca gli voleva davvero bene e lui ne voleva davvero a lei. Erano amici da una vita e senza di lei non sapeva proprio come fare, solo che… certe volte era troppo invadente.
“Sbaglio tutto. Sbaglio sempre tutto!” ammise l’italiana più a se stessa che all’amico. Maxi la guardò attentamente, scorgendo sul suo volto i soliti dettagli che aveva sempre ammirato: la pelle liscia e morbida, molto abbronzata in quel periodo, le leggere fossette ai lati della bocca, e quel leggero velo di lentiggini che incorniciavano quel volto perfetto.
Maxi le si avvicinò ancora di più e le accarezzò il braccio con fare amichevole. “Non hai sbagliato, Francesca. Volevi solo aiutarmi e lo apprezzo davvero tanto.” la consolò il ragazzo, cercando il suo sguardo. “E poi non è colpa tua se m’innamoro sempre della persona sbagliata.” aggiunse .
Francesca alzò lo sguardo cercando conforto negli occhi castani dell’amico. “Quindi… non ce l’hai con me, vero?” chiese un po’ titubante. Maxi si sciolse nuovamente in un sorriso, le circondò le spalle con il braccio e la condusse per il corridoio fino all’aula di canto. “Non potrei mai avercela con te, Francesca.” disse prima di varcare la porta dell’aula insieme all’amica.
 
 
Angolo autrice:
Ciao!! Tutto bene? Che pensate di questo capitolo? E’ molto Leonettoso, lo so *------* purtroppo non ho molto tempo per ‘commentare’, ma voi lasciatemi un parere e dei consigli se ne avete!! ;) Vi mando un grande bacio!
_Ruggelaria

 
   
 
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