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Autore: _Ruggelaria    27/04/2016    2 recensioni
Dal secondo capitolo:
'Con un gesto rapido l’attirò a sé e poggiò la fronte sulla sua, fissandola intensamente con il suo solito sorriso che le toglieva il fiato. Le scostò una ciocca di capelli, nuovamente, e continuò a torturarla con lo sguardo senza dire nulla.
Sapeva, anche se non ne era del tutto sicuro, che la faceva impazzire almeno tanto quanto lei faceva impazzire lui con quei semplici sguardi.
Il loro provocarsi e il continuo tenersi testa, era un modo come un altro di dimostrarsi affetto, e questo lo sapevano entrambi.'
Salve a tutti! Sono ancora io. Non so se alcuni si ricordano di me, ma comunque. Spero che passiate a leggere la mia storia.
AH, ERECENSITE. FA SEMPRE COMODO UN CONSIGLIO ;)
_Ruggelaria
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4.
 
 
Violetta quella mattina si era svegliata di pessimo umore. La sera precedente aveva creduto di poter avere finalmente delle risposte e di poter finalmente scoprire la sensazione che si provava a baciare quelle labbra.
Se solo quell’Alex non li avesse interrotti!
“Leon, sei tu?” ripeté la voce, questa volta più forte. Il ragazzo subito la lasciò andare e Violetta percepì subito l’assenza delle sue braccia intorno al proprio corpo. Sentì improvvisamente freddo e lo avvertì anche dentro di sé.
Qualcosa le diceva che quello era il momento, era l’occasione che stavano aspettando senza più paure e orgoglio… e loro l’avevano lasciata andare.
“Alex, che ci fai qui?” chiese Leon avvicinandosi al ragazzo visibilmente preoccupato.
Alex era castano, aveva la carnagione chiara e due occhi grandi color nocciola, che illuminavano il tutto, ma in quel momento non sembrava essere proprio in forma.
Leon si avvicinò ancora di più e intravide gli abiti dell’amico completamente sporchi di fango, gli occhi che non ne volevano sapere di restare aperti.
Alex tentò di andargli in contro ma inciampò e se Leon non fosse scattato per prenderlo, sarebbe caduto con la faccia a terra.
Dall’odore di alcool che aleggiava intorno al ragazzo, si poteva intuire il tipo di serata che aveva trascorso. “Ma guarda come sei ridotto!” lo riprese Leon, parlando più a se stesso che all’amico.
Lo aiutò ad alzarsi e lo convinse a camminare fino ad una panchina più vicina.
Violetta da lontano non era riuscita a vedere molto ma subito aveva compreso che qualcosa non andava, e quando vide Leon dirigersi verso la panchina vicino alle altalene, lo raggiunse automaticamente.
Il ragazzo messicano le rivolse uno sguardo dentro il quale Violetta colse il suo stesso dispiacere per quell’inopportuna interruzione, poi s’inginocchiò davanti all’amico e gli rivolse una serie di domande per cercare di capire cosa lo avesse spinto a bere fino a quel punto.
Alex infatti, sembrava esser su un altro pianeta, e non la smetteva di alternare risate sguainate a pianti isterici e disperati.
Ad un tratto la sua attenzione fu catturata dall’esile figura di Violetta, che ancora un po’ scossa, se ne stava un po’ in disparte a guardare il tutto. “Io ti conosco!” esclamò eccitato Alex, puntandole il dito contro “Tu sei quella che fa la preziosa con il mio amico, Leon! Ti ho vista alla pista di motocross qualche giorno fa, io…” ma non terminò la frase che si portò una mano alla bocca e, dando le spalle ai due, si accucciò dietro la panchina.
Sul viso dei due amici comparve un’espressione disgustata.
Violetta s’irrigidì al ricordo di ciò che aveva detto l’amico di Leon. Sentì uno strano bruciore proprio alla bocca dello stomaco.
Cos’altro aveva detto?
‘Tu sei quella che fa la preziosa con il mio amico, Leon!’. Quindi era così che Leon la descriveva agli occhi dei suoi amici? Quella che faceva la preziosa?
Per una frazione di secondo fu felice e soddisfatta di non aver dato quel bacio all’amico. Non solo si sentiva offesa e arrabbiata, ma anche delusa.
Il freddo che si era fatto strada dentro lei quando Leon aveva sciolto quella stretta, si tramutò in puro gelo.
E così Leon la credeva solo una bambina che si divertiva a giocare con lui, eh? Beh, sicuramente da lei non avrebbe più avuto nemmeno un minimo di attenzioni.
“Violetta, detta anche la ‘preziosa’.” si presentò la ragazza tendendo la mano al ragazzo e lanciando un’occhiataccia a Leon.
Alex le strinse la mano sorridente e soddisfatto come non mai, ma subito il suo viso mutò espressione: si chinò verso il basso, ancora una volta, e Violetta fece appena in tempo a scostarsi per evitare che il ragazzo vomitasse sulle sue scarpe.
“Lui… è Alex, e anche se non sembra, è molto felice di conoscerti.”
Uscì di casa senza salutare nessuno e si avviò allo Studio, sperando di riuscire a distrarsi un po’.
“Io credo che dobbiate provare.” disse Francesca determinata, mentre si piegava completamente su una gamba per riscaldarsi prima della lezione.
“Sai quanto m’innervosisca questo discorso, Francesca. Non parliamone più.” rispose secca Violetta tirandosi su i capelli e improvvisando un piccolo chignon.
“Se t’innervosisci è perché ti interessa.” commentò Lara alzando le spalle.
Come poteva riuscire a distrarsi con due amiche del genere? Non facevano altro che parlarle della sua situazione con Leon e del fatto che dovessero provare a stare insieme.
“Lara, non ti ci mettere anche tu per favore.” la pregò la ragazza, rivolgendole un’occhiataccia. Lara alzò gli occhi al cielo e prese anche lei a dedicarsi allo stretching.
“Cos’avete fatto ieri sera?” domandò Francesca imperterrita. Violetta, che aveva appena iniziato i suoi esercizi di riscaldamento, dovette fare una serie di respiri profondi per non cominciare ad urlare.
“Siamo stati ad un parco vicino casa mia, abbiamo mangiato roba del Burger King e parlato. Contenta?” sbuffò Violetta.
Francesca le rivolse uno sguardo indagatore, la fronte corrugata, segno che aveva intuito che qualcosa non andava. “Oggi mi sembri più nervosa del solito.” sentenziò tirandosi completamente su e parandosi di fronte all’amica.
“Dai, sputa il rospo!” esclamò Lara, affiancando la mora. Non c’era una via d’uscita, non c’era niente o nessuno che potesse distrarla e non farle pensare per un attimo a Leon, ed a quello che c’era sempre stato tra loro. L’immagine di loro due, stretti l’uno all’altro nel buio di quel parco, si fece sempre più nitida nella sua mente.
“Stava per succedere… stavamo per baciarci.” disse Violetta con un sospiro.
Francesca e Lara sgranarono gli occhi incredule, e la incitarono ad andare avanti.
“Solo che poi è arrivato un suo amico, sai, quell’Alex? Viene alla pista di motocross…” continuò guardando la sua amica Lara, la quale frequentava la pista di motocross come Leon ed Alex, ma lei lì lavorava anche come meccanico. “…e ieri non era molto in sé per via di qualche birra di troppo e così… niente.” spiegò la ragazza alzando le spalle.
Sembrava triste ma si sentiva anche peggio. Prima che le sue due amiche potessero dire qualcosa in proposito, le fermò con un gesto delle mani. “E’ stato meglio così, credetemi. Leon non ha proprio una buona opinione di me.” aggiunse Violetta con lo sguardo perso nel vuoto, sforzandosi subito dopo di sorridere.
Francesca le prese la mano e le rivolse un debole sorriso. “Vilu, non devi per forza essere sempre forte.” disse la mora quasi sussurrandolo.
 “E tantomeno devi avere paura di esternare i tuoi sentimenti. Leon è un tuo amico, ed è normale che tu ci sia rimasta male se ha detto o fatto qualcosa di sbagliato.” aggiunse Lara, poggiandole una mano sulla spalla.
Violetta si lasciò sfuggire una risata forzata e cercò ancora di sorridere. “Io non faccio la forte. Semplicemente non mi aspettavo che pensasse certe cose di me.” insistette, cercando di mostrarsi più convincente possibile.
“E si può sapere cosa pensa di te?” chiese Francesca, incrociando le braccia.
“Perché non lo chiedete a lui visto che è qui?” rispose Violetta con fare sarcastico, superando le amiche e dando una spallata di proposito a Leon, che intanto le aveva raggiunte.
“E’ ancora arrabbiata con me, vero?” chiese il ragazzo con un’espressione preoccupata sul volto. Francesca e Lara annuirono, e quest’ultima stava per chiedere al ragazzo cosa le avesse mai detto di tanto grave da averla fatta innervosire così tanto, ma Gregorio aveva fatto il suo ingresso nell’aula, seguito dal ragazzo spagnolo che aveva detto d’esser suo figlio.
 
 
 Camilla Vargas stava percorrendo il piccolo tragitto che divideva il parcheggio dai box.
Il terreno era un sbrecciato, e con le sue costosissime e meravigliose scarpe con i tacchi, era alquanto difficile camminare senza problemi.
Arrivò al delimitare dei box con una caviglia quasi slogata a causa di una storta.
“Serve qualcosa, signorina?” una voce maschile adulta attirò la sua attenzione. Si voltò, sempre con cautela, non voleva di certo cadere un’altra volta, soprattutto davanti a qualcuno.
Trovò davanti a sé un uomo di circa quarant’anni –anno più, anno meno-, un’ombra di barba bianca sul viso, gli occhi marrone chiaro, ed i corti capelli mori mossi leggermente dal vento.
La guardava incuriosito. Certo, non capitava di vedere tutti i giorni una bella ragazza, soprattutto lì, e soprattutto vestita in quel modo.
“In realtà, sì. La ringrazio… cercavo Alex Galàn. Mi hanno detto che corre qui.” rispose Camilla sorridendo, cercando di convincere l’uomo.
“Sì. E’ qui.” rispose “Cosa vuole da lui?”.
“Oh…” e si spostò una ciocca dei capelli rossi dietro l’orecchio, il sorriso e lo sguardo seducenti sempre presenti. Avanzò di qualche passo ed infilò le mani nelle tasche del giubbotto “…vede, siamo compagni di classe, e ci hanno assegnato un lavoro da fare insieme.”
Ma l’espressione sul viso dell’uomo le diceva che se voleva convincerlo, doveva impegnarsi di più.
“Alex mi ha dato appuntamento qui.” continuò Camilla.
Passò qualche secondo, poi l’uomo tese la mano nera, sporca di grasso e disse: “Nicolas Galàn.”
Camilla Vargas aprì leggermente la bocca, stupita d’aver parlato con il padre del ragazzo che stava cercando. Ora che ci faceva caso, in realtà i due si somigliavano un po’.
Certo, aveva visto Alex qualche volta, e sempre da lontano, ma qualche lineamento era del padre.
“Oh, piacere signor Galàn!” esclamò la ragazza tirando fuori la mano dalla tasca e stringendola all’uomo.
“Piacere mio, signorina. Aspetti qui, chiamo mio figlio…” e si avviò verso i box, con un leggero sorriso sulle labbra, poi si voltò, un dito alzato sulle labbra “…chi devo dire che lo aspetta?”.
Camilla Vargas alzò leggermente gli angoli della bocca, un sorriso furbo tanto quanto l’espressione sul volto. “Violetta Castillo.”
Nicolas Galàn le sorrise ed entrò nei box, mentre i lunghi e rossi capelli di Camilla ondeggiavano al vento, quel sorriso sempre presente.
Aveva un piano. Un bel piano.
Suo fratello, Leon, avrebbe visto con i suoi occhi che la ragazza del quale era innamorato, non era dolce ed innocente come credeva davvero.
Odiava Violetta Castillo dal primo momento che aveva messo piede allo Studio. Era arrivata con il suo talento, la sua bellezza e tutte quelle cose che Camilla già aveva…
Non era invidiosa, ma quella ragazza le faceva una tale rabbia che si era promessa che avrebbe fatto di tutto per screditarla agli occhi di tutti, specialmente di suo fratello.
Faceva tutto quello anche per lui, perché –che Leon ci credeva o no- lei gli voleva bene, era suo fratello maggiore –anche se solo di un anno- ed anche se litigavano ogni due per te, se non andavano mai d’accordo erano una famiglia, e la famiglia veniva prima di tutto; prima dello Studio, prima di Violetta, prima delle liti e di tutto il resto.
Sì, Camilla voleva bene a suo fratello.
Ma Leon le voleva bene?
Un paio di minuti dopo, sentì dei passi avvicinarsi e voltandosi verso la direzione nella quale era sparito –poco prima- il padre di Alex, ecco che lo vide tornare accompagnato da suo figlio.
Nicolas Galàn si bloccò al limitare dei box, mentre Alex lo sorpassò dandogli una pacca sulla spalla e raggiungendo la ragazza rossa.
Prima di parlare, Camilla fu certa che fossero solo loro due, poi sorrise all’amico di suo fratello.
“Perché hai detto a mio padre di chiamarti Violetta?”.
“Oh, caro. Io uso il mio nome solo quando mi conviene.” rispose la rossa sorridendogli.
“E non credi che adesso ti convenga farmi sapere chi sei?”.
“La sorella di Leon Vargas.” si presentò Camilla porgendo la mano, la quale il ragazzo francese strinse con un’ombra di sorriso malizioso sulle labbra.
“Non vi somigliate per niente.” commentò.
“Già. Ce lo dicono molte persone.”
Alex incrociò le braccia al petto dopo aver tirato un lungo sospiro “Suppongo che tu non sia venuta qui solo per presentarti, vero?”.
Camilla rise, le labbra rosse, ricoperte da uno strato di rossetto, curvate verso l’alto “Quanto sei perspicace, ragazzo! Ma sì, sono venuta qui per chiederti un favore.”
“Un favore? A me?” chiese incredulo puntandosi un dito contro “Ma se neanche ci conosciamo!”.
“Giusto un’altra volta. Ma appunto che non ci conosciamo sono venuta da te.” alzò un sopracciglio come a chiedere se fosse d’accordo.
Alex esitò qualche secondo, gli occhi ridotti a due fessure per scrutare meglio quella ragazza che aveva detto di essere la sorella di Leon Vargas, ma che si era annunciata come Violetta Castillo.
In un secondo gli balenò in mente i due momenti nei quali aveva visto quella dolce ragazza esile e bellissima: la sera precedente, della quale si ricordava poco e niente, e qualche giorno prima lì, alla pista di motocross, quando lei stava aspettando Leon ed Alex l’aveva affiancata, e…
“Allora? Ti va di farmi questo favore?”.
Il ragazzo francese tirò un sospiro, poi disse: “Di cosa si tratta?”.
 
 
 Natalia Perez era distesa sul suo letto, un libro aperto fra le mani e gli occhiali da lettura sul naso.
Era tardo pomeriggio, quasi l’ora di cena, e non appena era tornata dal mare, dov’era stata insieme a sua sorella, Lena, Ludmilla e Marco, si era gettata sotto la doccia e si era infilata la prima cosa comoda che aveva trovato: un paio di vecchi pantaloncini di una vecchia tuta, ed una canottiera che qualche anno prima utilizzava per dormire, e che nell’ultimo biennio gli andava larga.
Sì, una volta Natalia Perez aveva qualche chilo in più, ma né la sua famiglia né i suoi amici glielo facevano pesare.
Certo, Camilla Vargas qualche volta se ne usciva con una brutta battutina, ma riceveva subito delle occhiatacce dal resto del gruppo, e con il tempo aveva smesso, anche perché Natalia aveva un fisico bellissimo… ma lei sembrava non notarlo.
Pensava di essere ancora la ragazza che si vergognava di spogliarsi in spiaggia, la ragazza che non indossava mai un vestitino perchè altrimenti i suoi pochi chili in più sarebbero stati notati, quella che nessun ragazzo notava; ma non era assolutamente così.
Nata era bellissima, e questo tutti lo sapevano, perché era la verità.
Ogni volta che sua sorella la trovava a fissarsi allo specchio, che la vedeva toccarsi il ventre piatto, le snelle cosce, cercava in tutti i modi di farla sorridere perché, come tutte le ragzze, anche Nata invidiava da morire Camilla Vargas.
“Devi smetterla di paragonarti a lei.” le diceva Lena mettendole una mano sulla spalla “Lo sai che sei bellissima, non hai bisogno di invidiarla.”
Ma Nata non era convinta. Sapeva che la giovane Vargas era molto più bella di lei, e questo l’aveva accettato, in un certo senso; la cosa che non riusciva a non invidiarle era il fisico.
Come faceva ad essere così magra, così perfetta?
“Parli facile, tu. Non hai nessun problema, e mai ne hai avuti!” gli occhi erano lucidi, e le mani tremavano. Così Lena l’abbracciava forte, proprio come fanno due sorelle che si vogliono un mondo di bene.
In quel momento Nata sentì bussare alla porta. Si sfilò gli occhiali e pose il segnalibro dov’aveva interrotto la lettura. “Avanti.” disse.
Dalla porta sbucò l’esile figura di sua sorella, sorridente come sempre. Nata non ricordava un giorno della sua vita dove non avesse visto Lena sorridere.
Era la sua gioia, la sua speranza, nonostante fosse più piccola di lei… ma forse era proprio questo il punto.
“Guarda cos’ho qui!” esclamò entrando completamente nella stanza della sorella maggiore e sedendosi sul letto di fronte a lei.
Fra le mani aveva un vestitino color pesca, il tessuto leggero e bellissimo. “E’ bellissimo, Lena! Quando lo metterai?” domandò Nata sorridendole curiosa della risposta.
“Ma non è per me! E’ per te!”.
Natalia si accigliò, il cuore che le pulsava veloce contro la gabbia toracica… “Avanti, alzati!” le ordinò la ragazza “Voglio vedere come ti sta.”
“No! Lena tu sei pazza! Non posso indossare questo vestito. Mi scoprirebbe troppo le gambe, e con queste cosce che mi ritrovo! No, no. Non se ne parla!”.
“Oh, ma piantala! Non dirlo neanche per scherzo. Alzati.”
Nata provò ad opporsi un’altra volta, ma sapeva che sua sorella l’aveva sempre vinta, così si alzò dal letto e provò il vestito.
Si posizionò davanti allo specchio: il pesca che metteva in risalto la sua carnagione abbronzata, la scollatura a cuore e lo spacco in mezzo al seno che si appropriavano del petto possente, e il leggero tessuto che le ricadeva perfettamente sui fianchi presenti, ma non eccessivi.
“Ecco… te l’avevo detto. Sei bellissima, Nata.” le disse entusiasta Lena, la quale batteva le mani e saltava sul posto, il sorriso a trentadue denti che spiccava sul viso. “Ho indovinato anche la taglia.”
“Lena, io… non so che dire. Io… grazie. E’ bellissimo, è davvero meraviglioso!” esclamò felice, sorridente. E per la prima volta si sentiva bella, era bella.
Si voltò verso sua sorella e l’abbracciò amorevolmente, lasciandole poi un dolce bacio sulla guancia. “Sai, potresti indossarlo per un appuntamento con quel ragazzo che abbiamo visto al mare oggi…” propose furbamente la ragazza gettandosi sul letto della sorella, le braccia dietro alla nuca.
Nata, che stava ancora ammirando il suo riflesso allo specchio, si voltò rapidamente e sgranò gli occhi.
 “Com’è che si chiama? Ah! Certo, Maxi…”.
Il cuore di Nata adesso batteva ancora più velocemente, sentiva che stava per uscire dalla gabbia toracica e cadere lì, sul pavimento della sua stanza. “Ma come ti salta in mente! A me non piace Maxi. E poi anche se dovesse piacermi…” ed abbassò lo sguardo sui suoi piedi nudi “…io non piaccio a lui.”
Lena scoppiò in una fragorosa risata, la testa gettata indietro sul cuscino “Ma cosa vai dicendo, sorellina! Oggi ti mangiava con gli occhi! E poi la sua amica, quella con i capelli scuri… sì dai, quella italiana…”
“Francesca?”.
“Sì, lei! Non l’hai sentita mente gli diceva di venirti a parlare?”.
Natalia scosse la testa, ma in realtà sì, aveva sentito Francesca Cauviglia dire qualcosa del genere a Maxi… il ragazzo che le piaceva da molto, molto tempo.
Ma era sempre stata troppo codarda per andarci a parlare, ed a quanto pareva anche lui lo era. Perciò non sarebbe mai potuto accadere nulla.
“Beh, gliel’ha detto. Quindi aspettati una proposta da un momento all’altro.” disse Lena alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta “E adesso hai anche un vestito perfetto. Mi ringrazierai quando sarà il momento, sorellina.” ed uscì, ma non prima di averle strizzato l’occhio.
 Nata si sedette sul letto afferrando il computer poggiato sulla scrivania lì accanto, ed accedendo al suo account di Facebook, scrisse nella barra di ricerca: ‘Maxi Ponte’.
Si chiamava Maximiliano, ma da tutti era chiamato Maxi.
Aprì la foto del profilo e vide che era recente. C’erano sei, forse sette persone: Francesca che era sulle spalle di Federico, Violetta accanto a Leon ed una mano sulla sua spalla, mentre il ragazzo dagli occhi verdi le cingeva la vita con un braccio attirandola a sé, Lara Valente che scompigliava i ricci capelli di Maxi, e –Nata aguzzò la vista- c’era anche sua sorella!
Ma allora aveva fatto finta di non ricordare i nomi dei suoi, a quanto pareva, amici.
Ma perché l’aveva fatto?
La ragazza spostò nuovamente lo sguardo sulla foto puntandolo su Violetta e Leon. I due si guardavano con un sorriso sulle labbra e gli occhi a cuoricino.
Quanto avrebbe voluto un fidanzato come Leon!
Ma Maxi? Maxi era diverso: era divertente, simpatico, un perfetto ballerino, e poi era timido… proprio come lei.
Leon invece… beh, era Leon Vargas. Tutte le ragazze erano innamorate di lui, ma come biasimarle?
In quel momento il piano di Camilla le tornò in mente. Guardò ancora Leon e Violetta, e si convinse che forse non era un brutto piano, dopotutto.
 
 
Angolo autrice:
Salve piccole personcine. Grazie per essere ancora qui e non essere scappati a gambe levate. Allora… che pensate del capitolo? Non posso rimanere a riassumere, ma volevo dire una cosa: ci sono state persone purtroppo che hanno confuso le mie due storie, e non posso neanche dar loro torto perché sono MOLTO simili, lo so, ma come ho già spiegato prenderanno due strade diverse, completamente. Bene, dopo aver chiarito questo malinteso, vi saluto. Vi mando un grande bacio!
_Ruggelaria

 
   
 
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