- Sarebbe
stato tutto perfetto, come nelle favole che
suo padre era solito raccontarle da piccola. Della principessa salvata
dal suo
meraviglioso principe. Lei ci credeva, ci credeva davvero.
- Così,
quando Sasuke le aveva chiesto in un sera
estiva, una sera silenziosa e calda con il canto dei grilli in
sottofondo, di
diventare sua moglie Sakura aveva alzato i suoi occhi stupiti su di lui
e aveva
detto “sì” sentendo che la sua favola
era finalmente giunta al lieto fine.
Certo, Sasuke lo aveva detto come se fosse un ordine senza nemmeno
guardarla,
in maniera totalmente distaccata, e fino a quel momento non
l’aveva nemmeno mai
baciata o sfiorata ma Sakura era felice sentendo tutti i suoi sogni da
bambina
realizzati e aveva detto “sì” con gli
occhi che brillavano come se le avessero
promesso la più bella delle stelle.
- Sarebbe
stato tutto perfetto....
- ....o
almeno così aveva sperato.
- No Happy Ending
- Le favole non esistono
- **
- “Non
sei mai
stata così bella, Fronte Spaziosa!” disse Ino
strizzandole un occhio quando la
vide e Sakura le credeva davvero. Non era mai stata così
bella nel suo abito
bianco, estivo, con le maniche ricamate e stretto in vita da un piccolo
nastrino rosa pallido che ondeggiava sinuoso ad ogni passo incerto
compiuto
sugli alti tacchi lucidi verso l’altare. Strinse il bouquette
tra le mani
piccole mentre un ciuffo di capelli rosa scivolava
dall’elaborata acconciatura che la
costringeva a portare un’intera ferramenta in testa.
- Era bella.
Sakura Haruno non era mai stata così bella, così
radiosa, così felice. I suoi
occhi verdi sempre così limpidi erano lucidi per le lacrime
di gioia che
volevano scenderle ma no, non poteva assolutamente piangere, non voleva
mica
rovinare il magnifico trucco che le aveva applicato Ino.
- Ma alla fine
non aveva bisogno di quel vestito ricamato, dei tacchi vertiginosi, di
acconciature elaborate
o rossetti
pallidi per sentirsi la ragazza più bella del mondo, le
bastava quello sguardo
di ossidiana. Le bastava che Sasuke la guardasse per essere la
più bella donna
sulla terra.
- Sasuke-kun.
- Il suo Sasuke.
- Il ragazzo che
aveva bramato per anni interi, il ragazzo che aveva sempre sognato, il
suo
primo amore, il principe dal cuore oscuro che l’aveva
stregata. Il suo Sasuke.
- La guardava
con un sorrisetto ironico e carico di superiorità sulle
labbra pallide e dei
ciuffi a coprirgli il rinnegan, era stretto nel suo abito da cerimonia
e pareva
una statua greca.
- Non si accorse
nemmeno di essergli arrivata accanto troppo presa nella sua adorante
ammirazione
per quel viso d’alabastro, almeno fino a quando
l’Hokage non tossicchiò.
- Naruto sorrise
fraterno e commosso. “E’ così strano
celebrare le nozze dei miei due migliore
amici”.
- “Usuratonkachi,
taci” sibilò Sasuke e sul volto del biondo
comparve un’espressione offesa.
- “Tem-e...”
iniziò a sbuffare e Sakura rise facendo tremare la precaria
acconciatura perché
davvero, amava i suoi due ragazzi che non riuscivano a non
punzecchiarsi
nemmeno il giorno delle proprie nozze. Quanto amava Sasuke!
- L’espressione
offesa scomparve dal volto di Naruto quando sentì la risata
cristallina di
Sakura e riposò gli occhi su di lei, la guardò
cercando di trasmetterle tutto
l’affetto che provava per lei.
- “Vogliamo
iniziare?” sibilò ancora il moro come un vecchio e
burbero serpente.
- “Certo,
certo,
‘tebayo!” sbottò allora
l’Hokage, forse troppo ad alta voce dal momento che
tutti i presenti dovettero reprime una risata.
- Sakura era
troppo felice e il suo cuore galoppò quando sentì
la mano fredda di Sasuke
afferrare la sua, i suoi occhi la guardavano con la stessa ironia che
aveva la
piega delle labbra poco prima.
- “Sei
pronta a
diventare la signora Uchiha, piattola?”
- Oh
sì, ora e
per sempre Sakura era pronto ad amarlo. Ad essere solo sua.
- **
- Non era la
prima volta che litigavano, era già successo molto volte, ma
non erano mai
state così brutali, non l’avevano mai fatta
sentire così... indifesa e Sasuke
non era mai stato così furioso, solitamente si limitava a
qualche frase
sprezzante e poi se ne andava (dal suo migliore amico, per lamentarsi.
Lo
sapeva perché dopo Naruto lo diceva ad Hinata e Hinata da
brava amica riferiva
tutto). Non che adesso l’Uchiha stesse urlando e sbraitando
improperi, la sua
voce era calma e controllata, gelida e affilata come il ghiaccio, ma i
suoi
occhi, Kami, sembrava ad un passo dal voler attivare lo sharingan.
- “Perché
non me
lo hai detto prima?!” aveva ringhiato con quel tono orribile,
se ne stava al
centro della camera da letto a guardarla pieno di rabbia, le mani
strette a
pugno. Sakura si sentì immensamente spaventata e per questo
si strinse alla
vestaglia con forza come se bastasse quella a proteggerla dalla furia
del
marito. Sentiva che dentro di lei qualcosa si rompeva, ancora, non era
così che
aveva immaginato quel momento, non così dannazione! Lo aveva
immaginato pieno
di gioia e contornato dal raro sorriso di Sasuke e dai suoi baci rari
quanto i
sorrisi e per questo ancora più preziosi. Nelle sue fantasie
si era vista
piangere dalla gioia mentre lui la prendeva per le mani e la faceva
roteare per
la stanza come una ballerina, come una principessa, e le diceva
all’infinito
che l’amava.
- “Io...
aspettavo solo il momento.... giusto” sussurrò con
gli occhi bassi portando
istintivamente una mano al grembo. Nelle sue fantasie Sasuke non aveva
quello
sguardo carico di rabbia e odio, non era così gelido e,
soprattutto, non era
così sconvolto.
- “Quando?
Quando sarebbe stato il momento giusto nella tua ridicola
opinione?!” sbraitò
Sasuke, la voce questa volta di qualche tono più alta.
“Dopo la rottura delle
acque?!”
- Si
sentì
ferita, nel profondo, e dentro di lei lottavano le lacrime per uscire
intrappolate com’erano nelle ciglia, le ricacciò
coraggiosamente indietro
insieme alle parole cariche di rabbia istintiva che le erano salite
alla gola.
Doveva stare calma, poteva ancore fare in modo che quel momento non
fosse
totalmente rovinato, magari c’era ancora quella minuscola
possibilità...
- “Sa-su-ke...”
balbettò.
- “Zitta!”
la
interruppe brusco. “Sta’ zitta!” e poi si
voltò, per uscire. Sakura lo poteva vedere
perfettamente mentre usciva da quella porta e no, non sarebbe rientrato
molto
presto e no, non poteva farlo, non poteva lasciarla sola in un momento
del
genere. No, semplicemente era assurdo!!
- Si
alzò e lo
afferrò per la manica svolazzante, strinse le dita sulla
stoffa cercando di
convincerlo a guardarla, a capirla...
- “Ti
prego, Sasuke”
ansimò “Dobbiamo parlar—”
- Ma lo sguardo
che le rivolse il moro era impenetrabile, non l’avrebbe
capita perché
semplicemente non voleva. Si liberà dalla sua presa con uno
strattone potente.
“Adesso ti accorgi che dobbiamo parlare?”
sibilò velenoso. Aveva uno sguardo
così cattivo, così nero. “Adesso?”
ripeté scandendo bene le lettere. “Adesso
è troppo tardi” dichiarò.
- NO! Annaspò Sakura cercando
di afferrare una manica. “Sasuke,
mi dispiace...” singhiozzò.
- “STO
PER
DIVENTARE PADRE!” gridò,
oh sì,
questa volta gridò con una furia omicida, ma poi
sembrò riprendere il
controllo. “Sto per diventare padre e a dirmelo è
stato Naruto. Naruto! E ora ti
dispiace?!”
- “Te
lo giuro”
lo supplicò ancora una volta “Io volevo aspettare
il momento giusto– ”
- “E
quale
sarebbe stato questo dannato momento giusto?” la interruppe
ancora, allontanò
la mano che la donna aveva proteso verso di lui. No, Sasuke non aveva
nessuna
intenzione di sforzarsi almeno in minima parte nel capire
perché si fosse
portata quel segreto nel grembo, non l’avrebbe mai capita e
questo la fece
arrabbiare.
- Strinse le
labbra in una linea sottile prima di dire: “Quando? Magari
una sera, durante la
cena, ma ovviamente tu dovevi aiutare l’Hokage a sistemare
quelle carte! Oppure
una domenica, ma tu eri sempre in missione! Forse di mattina, dopo aver
vomitato, se tu non fossi stato ad allenarti con Naruto!” Si
zittì con un
brusco respiro, aveva iniziato a piangere, non poteva più
trattenere tante
lacrime. Si zittì aspettando che Sasuke
l’abbracciasse, che le chiedesse scusa
e che sarebbe andato tutto bene o... in quel momento le bastava
qualsiasi gesto
di comprensione. Qualsiasi
cosa e lo
avrebbe perdonato.
- Ma Sasuke non
fece niente di tutto questo.
- Sasuke, il suo
Sasuke, suo marito, uscì lasciandola sola, a piangere.
- **
- Era
tardissimo, la notte era nera come l’inchiostro e non
c’era nemmeno la luna a
illuminare i contorni delle case di Konoha. Sembrava che la notte
l’avesse
inghiottita.
- Sakura era sul
divano, distesa, sfinita, e aspettava Sasuke.
- “Quel
baka di
Naruto procrastina sempre tutto e ovviamente sono io quello che deve
rimediare
alla sua nullafacenza” aveva sbuffato “Lo aiuto con
quei documenti e torno, non
credo di fare tardi” aveva poi aggiunto.
- “Devi
proprio?” aveva chiesto timida. Avrebbe voluto
Sas’ke-kun tutto per sé quella
sera, ormai mancava poco più di una settima al parto e
sentiva che quegli
ultimi giorno erano speciali, in un certo senso...
- “Tranquilla,
ormai la stupidità del dobe non ha più effetto su
di me” la rassicurò
interpretando male l’ansia nella voce. Le aveva posato, poi,
un lieve e
distratto bacio sui capelli rosa. “Torno presto”
- Ma era tardi e
non era ancora tornato e lei stava male, sentiva dolori ovunque e la
notte era
così buia da spaventarla.
- Sei
un ninja, Sakura! Si rimproverò. Il buio non può farti nulla,
è solo
assenza di luce.
- Decise di
andare a letto, lì sarebbe stata più comoda e al
diavolo Sasuke e tutti i suoi
buoni propositi di aspettarlo alzato. Una stanchezza mortale le aveva
preso le
membra.
- Un’improvvisa
contrazione le impedì di alzarsi e lei sbuffò dal
dolore, ormai erano agli
sgoccioli e quelle fitte dolorose erano pane quotidiano. Prese un avido
respiro
e cercò
di ripetere la manovra ma quando
finalmente fu un piedi con le gambe molli un’altra
contrazione la fece
annaspare cadendo a terra sulle ginocchia in un breve rantolo. Questa
era stata
più dolorosa della precedente. Sbarrò gli occhi
piena d’ansia e paura, perché
era da sola? Dov’era Sasuke?
- Shannaro!
- Un’altra
contrazione le tolse il respiro, e poi un’altra e
un’altra, sempre in rapida
successione. Poi qualcosa di caldo le scivolò fra le gambe
bagnandola.
- Si erano rotte
le acque.
- Strinse la
mano calda che le era stata offerta con forza aggrappandosi come se
fosse
un’ancora di salvezza, strizzò quelle dita con
tutta la disperazione che aveva
in corpo e gemette dal dolore.
- “Coraggio,
Sakura!” la incitò la voce del possessore della
mano ricambiando la stretta con
molta più dolcezza e scrutandola ansioso, pieno di
preoccupazione ma allo
stesso tempo eccitazione. Come un bambino che deve scartare un regalo
ma teme
di romperlo.
- Shannaro, perché nessuno le
aveva detto che partorire fosse
così doloroso? Perché non avevano adottato?
C’erano così tanti bambini
bisognosi di una mamma e di un papà dopo quella disastrosa
guerra, perché
cavolo si metteva a sfornarne di nuovi?!
- “Spingi,
Sakura, dannazione!” lo sbraito di Tsunade la raggiunse dal
suo mondo sfocato
dal dolore facendole venire una voglia isterica di ridere e prenderla a
pugni.
- Erano ore che
spingeva, dattebayo! Ecco, adesso
iniziava a parlare come Naruto, la cosa stava davvero degenerando.
- “Spingi!”
continuò Tsunade con voce imperiosa ignorando spudoratamente
l’occhiataccia che
la rosa le aveva lanciato. Aprì la bocca per dire qualcosa,
forse un epiteto
poco carino verso la propria Maestra ma dalle sue labbra
uscì solo un rantolo
di dolore.
- “Non
arrenderti, Sakura!” ripeté quella voce maschile
dolce e ansiosa come se stesse
incitando una duellante e non una povera ragazza in travaglio
“Hai steso Kaguya
con un pugno, sarà una passeggiata tutto questo per
te...” continuò cercando di
risollevarle il morale.
- Strinse la
mano con più forza con l’intento di fargli male,
perché certo era una passeggiata
per lei! Una normalissima passeggiata a piedi nudi su mille spilli. Una
passeggiata! Ovvio che diceva così, tutti i maschi dicevano
così, perché Madre
Natura era stata così malvagia con il sesso femminile?
- La mano calda
ricambiò la stretta con uguale intensità
fraintendendo l’intento della kunoichi
di spaccargli le ossa delle dita e, nonostante quella voce continuasse
a dirle
che era lì, che doveva essere forte e che tutto sarebbe
andato bene, Sakura si
sentì immensamente sola. Perché non erano neri i
due occhi che la guardavano
ansiosi ed eccitati, non era pallido il viso proteso verso di lei e la
mano non
era fredda, lei sapeva bene quanto fredda fosse la mano di Sasuke dopo
tutte
quelle volte in cui era stata stretta con cautela da quelle dita. Non
era suo
marito l’uomo accanto a lei per farle forza...
- Naruto, con
gli occhi blu e attenti, Naruto con la pelle color caramella e il viso
rotondo,
Naruto con le mani calde sempre pronte a sorreggerla e mai a lasciarla
sola. Naruto era il
migliore amico che
avrebbe mai potuto capitarle: aveva piantato in asso tutto quello che
stava
facendo, una volta ricevuto il suo messaggio, ed era corso da lei,
l’aveva
presa tra le braccia e portata all’ospedale gridandole parole
di conforto, e
quando Sasuke non si era fatto vivo nemmeno lì era entrato
con lei nella sala
solo per poterle tenere la mano, solo per ricordarle che non era sola.
Quello
le aveva dato quel briciolo di forza che le permetteva di non lasciarsi
andare
in un pianto liberatore e disperato, che le permetteva di pensare a
quella
minuscola vita che stava nascendo e che fra un po’ avrebbe
stretto fra le
braccia.
- Ma...
- Non era lui
l’uomo che avrebbe dovuto prenderla in braccia come una
principessa, non era
lui l’uomo che avrebbe dovuto dirle andrà
tutto bene, non era lui l’uomo che avrebbe dovuto
tenerle la mano mentre
Tsunade imperiosa continuava a gridarle di spingere.
- Semplicemente,
Naruto non era Sasuke.
- “Manca
poco!”
esultò Tsunade “Un ultimo sforzo”
- E Saskura
spinse più forte cercando di non pensare a quel vuoto dentro
il suo cuore...
- Dopo tre ore e
mezza di estenuante travaglio, Sakura non si sentiva più
stanca. Ma nemmeno
felice. Era... vuota.
- “E’
una
femminuccia!” aveva gridato gioiosa Tsunade davanti agli
acuti d’aquila della
piccola “Ed è perfettamente in salute”.
- Sarada aveva
un solo ciuffo di capelli neri, un viso rossissimo e paffuto e due
occhi
esageratamente enormi, neri. Stringeva i pugni e si era divincolata
finché
Sakura non l’aveva stretta al petto, protettiva. Era
piccolissima, forse un po’
troppo, e pesava come una piuma. Quel ciuffo nero le ricordava una
foglia di
insalata. In quel momento Sakura si era sentita felice come se
finalmente un
tassello avesse trovato il suo posto del puzzle.
- Adesso Sarada
riposava su una culla poco distante, placida, e Sakura guardava fuori
dalla
finestre chiedendosi perché Sasuke non fosse lì.
Ma realizzò, con una punta di
rammarico, che se fosse arrivato e le avesse baciato la fronte gli
avrebbe
perdonato tutto. Tutto.
- “Sakura?”
- Sospirò
e si
girò a guardare il suo migliore amico, aveva le occhiaie e
sembrava molto più
stanco di lei nonostante si fosse limitato a tenerle la mano e a
gridare
qualche parola; sul volto aveva un sorriso allegro. Sentì un
profondo affetto
per quel biondino.
- “Grazie”
disse
abbassando gli occhi. “Mi dispiace per averti chiamato
così all’improvviso,
scusami...” sospirò sentendosi in colpa e ancora
pensò quanto fosse fortunata
ad avere un amico così fantastico.
- “Don’t worry,
‘tebay-ò!” strizzò gli
occhi “Io e Hinata stavamo solo guardando un film. Appena mi
è arrivato il tuo
messaggio lei mi ha praticamente costretto a venire da te. Ma sarei
venuto lo
stesso, eh!” si affrettò ad aggiungere.
- Sakura strinse
le labbra. “Perché hai lasciato Sasuke-kun in
ufficio fino a tardi?” domandò
cercando di non avere un tono accusatorio. In fondo erano ninja, anche
quello
faceva parte della loro vita. Solo, era difficile da accettare al
momento...
- Sul viso di
Naruto comparve uno sguardo confuso. “...in
ufficio?”
- “Sì,
doveva
sistemare delle carte” ripeté con enfasi.
Improvvisamente agitata si mise a
sedere continuando “Quelle carte sui rapporti con il Paese
della Polvere, erano
da consegnare all’ambasciata mercoledì ma tu te ne
sei dimenticato”.
- Il viso di
Naruto si adombrò “non aveva nessun compito del
genere. Oggi Sasuke aveva la
serata libera. È un mese che congedo Sasuke prima dal lavoro
per farlo stare
con te” aggiunse e Sakura sentì una fitta alla
stomaco al pensiero di tutte le
cene che aveva consumata da sola in quell’ultimo mese. No,
non poteva essere
vero, semplicemente non poteva essere così. Naruto si
sbagliava, si stava
confondendo con qualcun altro...
- “Ma
quei
documenti...” ripeté testarda e
l’Uzumaki distolse lo sguardo dal suo, rimanendo
in silenzio. E quel silenzio valse più di mille parole.
- Sakura
sentì
il proprio cuore farsi pesante come piombo.
- Si morse un
labbro e poi prese un respiro profondo per impedire alla propria voce
di
tremare. “Naru-to... vai a casa. Hinata ti sta
aspettando”.
- Ma il biondo
capì che Hinata non c’entrava nulla, Sakura voleva
solo restare sola per
piangere e per quanto sentisse prepotente il desiderio di abbracciarla
e
prendere a sberle quel teme si alzò dalla sedia
accontentandola. Si alzò senza
dire niente ma quando fu alla porta la guardò ancora e disse.
- “Sei
forte,
Sakura-chan. E sarai un’ottima madre”
- No,
Sakura-chan non e forte, pensò, ma
grazie per la fiducia.
- Anche in quel
momento, tra le lacrime, capì che se Sasuke fosse arrivato
lo avrebbe
perdonato, ancora e ancora.
- Ma lui non
arrivò.
- **
- “Cosa
cazzo ci
fai tu qui?!”
- La mattina
dopo il parto, Sakura era scappata dall’ospedale stringendo
Sarada al petto
furiosa con Sasuke e il mondo, pronta a fare il culo a
quell’incompetente di
suo marito. Non era arrivato, nessun Uchiha aveva chiesto di lei,
probabilmente
il bastardo non sapeva nemmeno di essere padre. Questa consapevolezza
le aveva
fatto sparire tutta la tristezza per lasciare al suo posto una cieca
rabbia, si
sentiva una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Probabilmente
Naruto si
sarebbe preoccupato, l’avrebbero cercata, ma quello non le
era parso un buon
motivo per restare a casa a girarsi i pollici invece di prendere a
calci in
culo suo marito.
- Quando era
arrivata al rifugio del Team Taka, quella era stata
l’imprecazione con cui
l’aveva accolta Karin: “Cosa cazzo ci fai tu
qui?!”
- Ma si era
calmata subito dopo non appena aveva visto agitarsi Sarada tra le sue
braccia,
sul volto della nuniken dai capelli rossi era apparso un sorriso
stupito e gli
occhi si erano spalancati dalla sorpresa. Chissà, forse
nella piccola Uchiha
aveva percepito un chakra simile a quello di Sasuke.
- “Lei
è...?”
aveva chiesto con un filo di voce totalmente differente a quello che
aveva
usato prima. Sakura aveva semplicemente annuito.
- “Forse
è
meglio entrare” aveva proposto a quel punto Juugo, che
silenzioso aveva
assistito alla scena.
- Suigetsu
l’aveva trovato dentro e quando l’Hozuki aveva
visto la piccola Sarada aveva
sbottato qualcosa di molto simile a: “Ma che diamine, questo
posto non è un
asilo!”.
- “Strozzati,
Suigetsu” aveva detto Karin.
- “Qual
è il
problema?” aveva chiesto più diplomatica Sakura.
- Allora
l’Uzumaki le aveva fatto vedere un bel bambino pallido dai
capelli bianchi che
riposava dentro una culla molto spartana.
- “Lui
è
Mitsuki”
- “Oh”
aveva
sospirato “è figlio tuo e di Hozuki?”
- L’altra
aveva
fatto uno sguardo nauseato. “Certo che no! È il
pupo di Orochimaru-sama”.
- “Ah,
il pupo
di Orochimaru-sama” aveva ripetuto prima di realizzare con un
gridolino
strozzato “C-cosa?! E chi.... chi–?”
- “Non
lo vuoi
sapere” aveva ribattuto seria la rossa e Sakura si era
ritrovata d’accordo con
lei anche se quei capelli bianchi non lasciavano tanto spazio
all’immaginazione.
- Oddio.
- “Cerchi
Sasuke?” si era infilato nella conversazione Juugo e a quel
nome la rabbia di
Sakura si era fatta sentire ancora, talmente forte che Sarada si era
agitata
fra le sue braccia. Si era imposta di calmarsi e l’aveva
cullata dolcemente per
non farla piangere.
- “Non
è qui”
aveva continuato l’energumeno “sono mesi che non si
fa sentire. Se vuoi posso
vedere se riesco a trovarlo” e aveva guardato Karin, che
aveva a sua volta
sospirato e annuito.
- “Ma
che è
successo?” si era intromesso Suigetsu “Problemi di
coppia?”
- Oh, per una
volta l’idiota chiacchierone ci aveva azzeccato.
- Rimase in quel
nascondiglio per un mese, ad un certo punto chiese perfino al Team di
smettere
di cercare l’Uchiha. Non aveva più voglia di
vederlo, voleva che uscisse dalla
sua vita, non voleva nemmeno tornare a Konoha dove lì si
sarebbe ricordata
della sua solitudine. Voleva rimanere lì, in quel luogo
dimenticato dal mondo e
nascosto dal mondo. Sorprendentemente si era affezionata a Suigetsu
riconoscendo in lui qualcosa di Naruto e Juugo che con la sua voce
possente la
calmava, ma ancora più sorprendente fu l’amicizia
che strinse con Karin.
L’Uzumaki adorava la piccola Sarada e la coccolava a tutte le
ore del giorno e
della notte.
- Era cresciuta,
la piccola, e i ciuffi neri sulla sua testolina erano aumentati e
più il tempo
passava più rivedeva in lei qualcosa di Sasuke. Sembrava una
maledizione ma
nonostante tutto l’amava con tutto il disinteresse e
l’affetto che solo una
madre può provare per i propri figli.
- “Dovresti
tornare” diceva di tanto in tanto Juugo.
- “Forse,
un
giorno” diceva lei, malinconica. Forse era da codarda restare
nascoste lì, ma
non trovava la forza di tornare al suo villaggio e ancor meno voleva
sentire
qualche scusa idiota da Sasuke. Magari non le avrebbe nemmeno mentito
dicendo
la verità così come stava.
- Non
ti amo.
- No, non poteva
sentirlo ancora. Era già stato doloroso una volta.
- Poi, un
giorno, semplicemente successe. Sakura stava guardando la piccola
Sarada
giocare con Karina mentre beveva una tazza di tè. Era una
giornata placida, la
primavera era alle porte e nell’aria si respirava quella
sensazione di positiva
stanchezza che ti prende le membra, il tempo sembrava appeso e
immobile.
- Improvvisamente
Karin rizzò la testa, all’erta, prendendo tra le
braccia Sarada e si alzò con
gli occhi sbarrati, non fece in tempo a dire una parola che la porta si
spalancò, o meglio venne direttamente buttata giù
e nella stanza comparve
Sasuke. Sì, Sasuke con i capelli neri elettrici, il rinnegan
attivo e la
kusanagi sguainata pronto a ad abbattersi con furia omicida. La piccola
bambina
iniziò subito a piangere mentre Sakura si alzava e intimava
con un’occhiata
Karin a portare sua figlia fuori dalla stanza; tutta
l’indolenza di quel pomeriggio
primaverile sparì.
- “Sakura!”
ruggì quello quando fece per seguire la rossa ma lei si
sovrappose. La kunoichi
sussultò davanti a quella voce rabbiosa ma non si fece
intimorire, non lasciò
la sua posizione restando per salda sui piedi. “Lurida
puttana, razza di...”
non terminò l’insulto, la fissò con
più rabbia possibile. “Lasciami
passare!”
abbaiò alla fine.
- Sakura si erse
in tutta la sua minuta statura, con lo sguardo duro e le mani stretta a
pugni. “Non
t’azzardare a chiamarmi ancora in quel modo!”
ringhiò furiosa.
- “Voglio
vedere
mia figlia!” la ignorò spudoratamente e fece per
superarla ma la donna si
piazzò ancor più saldamente davanti alla porta da
cui era uscita Karina
spalancando le braccia.
- “Potevi
vederla quella notte, quando è nata invece di...di fare i
tuoi stupidi giretti
del cazzo!”
- “Quella
è mia
figlia!” si ostinò, sembrava sul punto di
trapassarla con la spada pur di
passare ma lei non si fece intimorire.
- “Ma
davvero? E
te ne accorgi solo ora?” replicò sprezzante e
incredula. Come osava farsi vivo
dopo un mese e fare come se niente fosse? Come osava anche solo pensare
di
poter avanzare qualche richiesta sulla bambina che non aveva nemmeno
visto
nascere?!
- “Me
l’hai
portata via!” ma per favore
“Sei
sparita nel nulla e me l’hai portata via!
Lei è l’erede del mio clan!”
- Si era
avvicinato e ora la guardava dal basso verso l’alto, la spada
a pochi centimetri
dal suo collo. Sakura deglutì ma non indietreggiò
di un passo cercando di
mantenere fermo il proprio sguardo.
- “Sono
sparita nel
nulla per venire a cercarti” ringhiò sprezzante
“Per venire a cercare un bastardo
come te”
- “Non
osare...”
tuonò più forte ma venne interrotto dal pianto
stridulo di Sarada proveniente
dall’altra stanza, percependo l’astio fra i suoi
genitori aveva iniziato a
gridare più forte. Quel pianto fece immobilizzare i due
adulti nelle loro
posizioni.
- Sakura
sentì
una stretta al cuore. Che pessimi genitori....
- Sasuke invece
spalancò gli occhi e lo sharingan si spense lentamente
facendo tornare l’iride
color pece e spostò lo sguardo alle spalle della moglie,
verso la porta, verso
la provenienza di quel pianto, lasciò cadere la mano che
teneva kusanagi come
in trance.
- “Sakura...”
sussurrò .
- “Vattene”
lo
interruppe sentendo il magone appesantirgli il petto. Si sentiva stanca
e
vecchia, voleva piangere come una bambina e chiudere gli occhi e ripetere che quello era
solo un brutto
sogno, un brutto sogno.
- Sasuke la
ignorò provando ad aggirarla ma lei si mise ancora in mezzo
facendo scuso con
il proprio corpo, le spalle dell’Uchiha tremarono
impercettibilmente mente si
incurvavano. Ora che lo guardava bene anche lui pareva molto stanco.
- “Ti
abbiamo
cercata dappertutto. Naruto era preoccupatissimo, non riusciva
più a dormire...”
sussurrò l’Uchiha.
- Sakura
abbassò
lo sguardo cercando di intrappolare fra le ciglia le prime lacrime.
“E tu?” e
tu eri preoccupato per me?
- Sasuke non
rispose. “Mi... dispiace” disse invece, con una
certa fatica. “Ho sbagliato con
te, lo so. Ma non puoi tenermi lontano da lei. È mia figlia” la voce
tremò sull’ultima parola ma Sakura non ce la
faceva
a perdonarlo, non poteva proprio. Dentro di lei pensava a tutte le
volte che
ingiustamente era stata maltrattata da Sasuke, di quanto
l’avesse fatta sempre
soffrire e ora, nemmeno il ricordo del periodo felice appena dopo il
matrimonio, riusciva a risollevarla. Sasuke, probabilmente, non era
l’unico ad
aver sbagliato.
- “Dov’eri
quella sera?” chiese stanca.
- Lui si prese
un secondo prima di rispondere. “Non lo so. Volevo solo stare
lontano da
Konoha... mi dispiace” si affrettò ad aggiungere
“Ma non riesco ancora a
sentirlo il mio posto, tranne quando sono con Naruto o con te. Ma
ultimamente
eravate entrambi assillanti ed esasperanti con tutti quei discorsi sui
pannolini.
Anche quel dobe, come se fosse lui quello a dover partorire... Non
riuscivo più
ad ascoltarvi... così....” tacque. Non
c’erano altre parole da aggiungere.
- Sakura
sospirò. Era davvero stata così egocentrica ed
assillante? Probabile, appena
aveva saputo di essere incinta il bambino era diventato il suo punto
fisso.
- “Quando
sono
tornato a Konoha, Naruto mi ha detto tutto. E io sono corso in
ospedale. Ma tu
non c’eri più, era troppo tardi...”
alzò la mano come per accarezzarla ma lei
allontanò la testa.
- “Hai
ragione,
era troppo tardi” disse a bassa voce. Non poteva perdonarlo,
non ce la faceva
davvero. Si sentì afferrare la mano da Sasuke.
- “Andiamo
a
casa. Torna a casa” disse deciso.
- Scosse la
testa sentendo qualcosa dentro di lei andare in briciole.
- “Sakura...
se
non per noi, per lei. Fallo per
lei”
e l’abbracciò e Sakura si odiò, si
odiò profondamente perché si accorse con
rabbia di essere ancora la ragazzina innamorata che piangeva ma pensava
“Se adesso Sasuke mi abbraccia gli
perdono
ogni cosa....”
- **
- “Apri
la
bocca, su”
- La cucina
profumava di pane e altre fragranze culinarie, dalle finestre aperte
entravano
i raggi calde del sole estivo illuminando il colore caldo dei mobili. A
tavola,
seduta sul seggiolone scalciava e scuoteva la testa agitando i pugnetti
rifiutando contrariata la pappa che Sakura le poneva con il cucchiaino.
- “Guarda,
sta
arrivando un aeroplano!” cercò di corromperla la
rosa agitando l’utensile, ma
in fondo era di una Uchiha che si parlava, non l’avrebbe
ottenuta vinta con
quei sciocchi trucchi.
- “Dai,
la
minestrina ti fa bene” la supplicò sconfitta.
Sarada ride e la colpì alla
fronte con una manina ripetendo parole prive di senso. Sakura sorrise
davanti a
quella faccia sbuffa e sdentata.
- La porta del
soggiorno si aprì e la figura di nera e tetra di Sasuke fece
la sua entrate in
cucina ma la cosa fece rallegrare Sarada che iniziò a
battere le mani. “pa-pa,
pa-pa!”
- Sakura fece un
leggero sorriso che il maritò ricambiò con un
cenno del capo mentre riponeva il
mantello e si sedeva a tavola.
- “La
mocciosa
fa i capricci?” sbottò in quello che la donna
aveva imparato a riconoscere in
un malriuscito tentativo di affettuosità; quasi ad aver
capito la domanda del
padre la bambina nascose la faccia dietro le manine.
- “Non
vuole
ascoltarmi” borbottò Sakura al che Sasuke fece una
faccia di petulante superiorità
rizzando le spalle e con un gesto distaccato del capo le disse:
- “Faccio
io”
- Scettica
Sakure gli passò il cucchiaino con ancora la gelatina molle
che aveva provato a
rifilare alla figlia solo un minuto prima. Sasuke lo prese fra le dita
in
maniera aristocratica e poi si rivolse con serietà alla
bambina.
- “Da
brava,
mangia” ordinò, secco.
- Sarada
contraria all’ordine scosse la testa indietreggiando il
più possibile dal
seggiolone.
- “Mangia”
ripeté con pazienza l’Uchiha e quando vide che la
cosa non funzionava le mise
praticamente il cucchiaio in bocca attivando lo sharingan.
“Man-gia!” scandì
imperioso. La bambina, intimorita, aprì la bocca ubbidendo
con riluttanza al
genitore. Soddisfatto, Sasuke si ritrasse proponendo sempre
quell’odioso
sorrisetto di superiorità. “Ci vuole solo un polso
fermo” disse come a
rimprovero della moglie.
- In difesa
della madre arrivò Sarada che dopo un singhiozzo di disgusto
colpì con tutta la
forza delle sue braccia minute il piatto gettando così tutto
il suo nauseante
contenuto sui vestiti dell’ex-nuniken.
- Nella stanza
scese il silenzio mentre tutti gli occhi erano puntati sulla macchia
color
vomito sulla veste nera e pulita di Sasuke.
- “Non
importa,
si lava” sentenziò freddamente decidendo che fosse
meglio per il proprio
orgoglio e per la salute della bambina ignorare
quell’incresciosa macchia.
- Quando la
piccola fu messa a letto Sasuke raggiunse Sakura nella camera da letto.
- “Mi
hanno
affidato una nuova missione” disse a bruciapelo. La donna lo
guardò
freddamente.
- “Ti
sei fatto
affidare una nuova missione” lo corresse “E conosco
già tutti i dettagli.
Naruto me ne ha parlato” continuò dandogli la
schiena.
- Sasuke
ignorò
la propensione del suo migliore amico di mettersi in mezzo nei loro
affari e
continuò. “Starò via molto”.
- “Lo
so”.
- “Si
parla di
anni”
- “Lo
so”
- “Sarà
molto
difficile.”
- Sakura, a quel
punto, si girò a guardarlo negli occhi per affrontarlo.
“Ti ho già detto che so
tutti i dettagli” sbottò
meno rabbiosa
di quanto volesse apparire. In realtà.... era solo triste.
- Rimasero in
silenzio, poi Sasuke riprese la parola. “Ti va
bene?”
- Sakura rise.
“Certo
che no” borbottò “Ma tu non mi
ascolterai”.
- “Grazie,
Sakura”
- Vaffanculo, pensò. Il periodo in
cui era tornata era stato
strano. Amava Sasuke, lo amava ancora suo malgrado e una parte di lei
sapeva
che non avrebbe mai smesso, ma la sua parte infantile si era calmata.
Era
passato un anno, ormai. I primi tempi erano stati difficili, bastava la
più
piccola cosa per farli saltare entrambi e subito iniziare a litigare.
Sembrava impossibile
ritrovare una pace stabile e Sarada questo lo percepiva, ne era
pienamente
cosciente e piangeva sempre, a tutte le ore del giorno e della notte.
Fortunatamente,
con la nascita del primogenito degli Uzumaki e il conseguente fatto che
avesse
messo le tende a casa Uchiha le acque di erano calmate un poco. Boruto
era un’esplosione
di vitalità come il padre ma aveva ereditato una dolcezza
nei gesti tipici
della madre che avevano un potere calmante sulla piccola Sarada. Senza
rendersene conto era diventato il pupazzo personale della bambina che
se lo
scarrozzava avanti e indietro per casa con uno sguardo spaventosamente
simile a
quello del padre. Sulla scia del buon’umore di Sarada per
l’amico trovato,
anche Sakura e Sasuke si erano tranquillizzato ritrovando
quell’equilibrio
necessario al quieto vivere. Senza che se ne rendesse conto, Sakura si
era innamorata
ancora di quel bastardo, ma questo era un amore disilluso che non aveva
niente
del primo, non aveva nemmeno un briciolo di quella forza e sicuramente
non
sapeva di nuvole di zucchero e arcobaleni. Però
l’amava, in maniera
abitudinaria forse. Come se fosse diventato parte della
quotidianità. Erano una
famiglia, non la più felice, ma le cose funzionavano.
- Ovviamente,
avrebbe
dovuto saperlo che le cose non sarebbero durate. Adesso Sasuke partiva
per
chissà quanti anni abbandonando quella bistrattata e bislacca famiglia.
- “Va
tutto bene”
disse a sé stessa, a Sasuke,
a tutti e
nessuno ricordando le parole che le aveva detto Naruto quella sera.
- Sei forte
Sakura-chan.
- **
- “Siamo
davvero
sicuri?”
- Sono passati
anni. Anni in cui la loro famiglia si è fatta sempre
più debole e infelice.
Sasuke è stato via per dodici anni, poi per altri cinque e
quando è tornato ogni
cosa del loro rapporto era crollato. Sakura lo aveva capito subito ma
per amor
di Sarada aveva aspettato, erano stati in silenzio per anni fingendo di
essere
ancora una coppia e non più due sconosciuti, ma quando
finalmente la loro
figlia era cresciuta e aveva trovato l’amore aveva capito che
non era più
necessario fingere.
- “Voglio
il
divorzio” ha detto, quella sera, con voce seria e triste. Una
parte di lei
tende ancora verso Sasuke ma ormai sa che non c’è
più niente da fare,
specialmente se vuole essere felice.
- Per questo
Sakura adesso annuisce davanti alla domanda del quasi ex-marito e si
ritrova a
pensare che le cose non potevano andare peggio di così.
Sasuke sospira e guarda
anche lui la porta dell’ufficio per il divorzio.
- “Sono
stato
davvero un pessimo marito” dice piatto. Non che non approvi
la scelta di
Sakura, tutt’altro, sa che è necessaria, sa che
l’ha resa infelice e che quella
donna merita di meglio.
- “Lo
sei stato”
conferma lei.
- “Mi
dispiace”
- “Anche
a me”
- Si sorridono
ma poi Sakura distoglie lo sguardo con un sorriso amaro pensando alla
sé tredicenne
piena di sogni e speranze con l’idea del principe azzurro. Se
solo quella piccola
Sakura avesse saputo prima che le favole non esistono....
- “This
is the way you left me
- I’m
not pretending.
- No hope, no
love, no glory
- No happy
ending”
- V’s corner.
- Chi non muore ci si rivede! O
qualcosa del genere...
- Lo so, sono imperdonabile visto il
modo in cui sono sparita da questo
fandom (Con l’ultimo capitolo di una long ancora da postare,
per intenderci...)
- Il fatto è che,
discepole care, che mi è rotto il computer e quella puzzola
della mia sorellina non voleva darmi il suo. (strozzati con amore).
Oggi sono
riuscita a rubarglielo ma, appena ho aperto la pagina per quel famoso
ultimo
capito, mi sono accorta che non aveva ispirazione. Non riuscivo a
mettere
insieme due parole che fossero due, dico ‘-‘
- Allora mi sono messa a spulciare
fra le mie incomplete (sono una
cinquantina, per dire) e ho trovato questa cosettina qui.
L’ho riletta,
corretta, messo il finale (che si nota quanto è fatto alla
culo lol) ed eccomi
qui.
- Se non sbaglio l’avevo
scritta per protesta del finale, non tanto per
la coppia in sé ma per il modo orribile in cui finisce
Sakura. Andiamo, non è
questo che meritava dopo il meraviglioso sviluppo nello shippueden,
dovrebbe
prendere a calci in culo i nemici invece di fare la casalinga
<.< e non
mi esprimo su Sasuke che non finiamo più.
- Davvero Kishi, vergognati.
- Finito questo monologo, che come al
solito sta diventando più lungo del
testo, lo sapete che sono logorroica, prometto di rubare il prima
possibile il
pc a mia sorella e postare l’ultimo famoso capitolo e dare
pace alla vostra
anima.
- Recensioni/critiche/Gufi sono ben
accetti e vi vorrò bene per sempre
(*3*)/
- V.
- Ps, la canzone è Happy Ending
di Mika.