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Autore: Ace of Spades    27/04/2016    5 recensioni
"Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore. Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.
Ora 0
Minuto 0
Secondo 0
L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi.
Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
(...)
Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.
Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
“Piacere, Trafalgar Law”
“Piacere un cazzo”
-
Soulmate AU con tante, troppe coppie (KiddLaw, DoflaCroc, MarAce, KillerPenguin, MihawkShanks, ZoSan)
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro, Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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IX















"Marimo, quella è la direzione sbagliata” commentò sbuffando prendendolo per il colletto della camicia e tirandoselo dietro.
“Ah, giusto” disse con un ghigno tirato Zoro per poi seguirlo in silenzio.
“Preoccuparsi prima del tempo è inutile, vedrai che avranno risolto” gli lesse nel pensiero il cuoco mollandogli un calcetto alla caviglia e ottenendo in risposta un sospiro irritato.
I due ragazzi si fermarono davanti al portone di casa per qualche secondo; anche Sanji non sapeva cosa avrebbero trovato varcata quella soglia e aveva seriamente timore che il buzzurro di fianco a lui diventasse ancora più schivo se le cose non si fossero aggiustate.

E già farlo parlare è un’impresa.

Aspettò che Zoro fosse pronto e che suonasse lui, infine attesero.
Aspettarono quasi un minuto buono ma nessuno gli aprì.
Lo spadaccino provò a suonare di nuovo, questa volta tenendo premuto il campanello un po’ di più.
Nessuna risposta neanche questa volta.

“Per me si sono uccisi” sussurrò allora estraendo le chiavi ma vedendo Sanji sorridere e fargli il segno di stare zitto annuì, non capendo bene cosa volesse fare.
Entrarono in casa e guardarono nelle camere camminando di soppiatto come le migliori spie e Zoro rischiò seriamente di scoppiare a ridere quando vide Sanji imitare 007 e rotolare per terra con una pistola immaginaria in mano.
Si fermarono davanti al salone e rimasero immobili.
Lo spadaccino capì il significato del sorriso di Sanji, il quale tornò a sorridere e lo trascinò fuori dalla casa, chiudendo la porta d'ingresso senza fare rumore.
Sul divano, senza maglia e coperti da un cappotto nero, erano sdraiati e addormentati Shanks e Mihawk, con il primo sdraiato sul secondo. L’unica spettatrice dei fatti che si erano svolti in quella stanza era la bottiglia di sakè, che riposava per terra completamente vuota.

“Come facevi a saperlo?” domandò Zoro seduto di fianco a lui su una panchina nel parco.
“Beh, ho fatto due più due. Alcool, litigata, nessuno che risponde… era facile” rispose espirando una boccata di fumo e guardando di sottecchi l’altro, notando come il suo corpo fosse molto più rilassato di qualche minuto prima.
“Dato che a casa non puoi tornare, che ne dici di aiutarmi al ristorante?”
“Scherzi? Lo sai che non so cucinare”
“Non ho detto che devi farlo” commentò Sanji immaginandosi il buzzurro di merda con un grembiule nero e una camicia bianca, divisa da cameriere del ristorante di Zeff.
“Sono certo che mi divertirò. Ti divertirai volevo dire”
“Preferisco andare al dojo”
“Senza di me non ci arrivi, cretino”
“... e va bene,  ma non lamentarti se faccio esplodere il locale”

E come, aveva immaginato, Zoro fece la sua porca figura come cameriere, tanto che Zeff dovette richiamarlo più volte in cucina perché si era incantato a fissarlo girare per i tavoli. Ovviamente era il solito imbranato e doveva tornare più volte a chiedere il tavolo a cui portare l’ordine, ma stranamente nessun cliente si lamentò.

 

-

 

Shanks si era svegliato da qualche minuto, ma la posizione in cui si trovava gli piaceva troppo per azzardare a muoversi. Sentiva il cuore dell’altro battere tranquillamente e questo non faceva che mettergli ancora più sonno.
“Lo so che sei sveglio”

Il Rosso sorrise.
“Non mi va di muovermi”
Mihawk non rispose e rimase immobile continuando a fissare il soffitto. L’altro strinse di più la presa sul suo fianco capendo che il padrone di casa non gli aveva chiesto di spostarsi, anzi, il suo silenzio era quasi un invito a restare dove fosse.
E così fece per i minuti successivi fino a quando il suo stomaco non brontolò.
“Mi sa che ho fame”
Si alzarono e si rivestirono con calma; Shanks aveva imparato a farlo anche con un braccio solo ma si stupì quando Mihawk lo aiutò ad infilare la camicia e ad abbottonarla.
“Grazie Drakul”
Gli occhi dorati si sgranarono leggermente sentendo il proprio nome.
“Ho fame e tu sei lento” si giustificò uscendo dal salone seguito dall’altro che sorrideva. Solo in rare occasioni e quando erano soli si permetteva di chiamarlo in quel modo, sapendo bene che allo spadaccino faceva piacere.
Lasciò che il padrone di casa preparasse la colazione - cioè che tirasse fuori quanti più dolci possibili da credenze e frigorifero - e si sedette davanti al tavolo, aspettando il caffè che prontamente gli venne messo sotto il naso.

Alla fine non avevano dovuto parlare più di tanto; Shanks avrebbe potuto intavolare un convegno su cosa provasse e cosa gli piacesse nel moro, ma sapendo bene che la sua anima gemella era molto restia ad usare vocaboli legati alle emozioni (o vocaboli in generale) aveva lasciato che si esprimesse in altro modo, con le azioni.

Mentre beveva il caffè si ricordò quando aveva realizzato di essere innamorato dell’altro.
Era andato a fare spesa e, durante il tragitto, aveva aiutato una bella donna a ritrovare i suoi occhiali.
Alta, bionda, capelli lunghi e seno abbondante, si era presentata col nome di Kalifa e gli aveva chiesto se era libero per prendere un aperitivo.
Per quanto quella donna fosse il suo tipo, l'unica cosa a cui pensò fu quella di tornare a casa da Drakul per guardarlo mentre leggeva sul divano.
Quella consapevolezza gli fece capire quanto realmente tenesse a quell’uomo.

Anche in quel momento, dopo aver fatto sparire una fetta di torta di mele, essersi bevuto una tazza di tè e aver preso il nuovo libro, Mihawk si mise a leggere sul divanetto in cucina con le gambe accavallate e Shanks rimase a guardarlo, godendosi la tranquillità e il senso di calma che gli trasmetteva quella scena.
 


-



“Law, mi raccomando chiamami. Kidd, non prendere freddo che ci sono i saldi la prossima settimana, ci sentiamo per messaggio” disse Rocinante tutto contento.
Il dottore lo guardò scuotendo la testa e rabbrividendo alla visione del suo quasi ragazzo che stringeva la mano al suo quasi padre.
Doflamingo si limitò a sorridere senza minacciare di morte nessuno, e Law seppe che quello che doveva dire lo aveva già detto solo guardandolo in faccia; il problema era che lui non ricordava granché della serata precedente, ma si segnò mentalmente di chiedere spiegazioni al rosso.
Salirono sul taxi e si allontanarono dalla residenza Donquixote.
“Pensavo saresti morto, che peccato”
“Senti Trafalgar, non rompere”
“Neanche un braccio staccato. Doflamingo sta perdendo colpi”
Kidd non gli rispose, ma schioccò la lingua sul palato e guardò fuori dal finestrino.

Che quello che mi ricordo non fosse un sogno?

Il resto del viaggio lo passarono in silenzio, uno cercando di ricordare quanto più possibile, l’altro provando a dimenticare specialmente una risposta.
Arrivati a casa si concessero una lunga doccia separatamente e Kidd pulì il casino che avevano fatto due giorni prima, notando come Bepo lo guardasse male, probabilmente perché a causa sua non aveva visto il suo padrone.
Law fece qualche coccola al cane e gli diede da mangiare con una faccia fin troppo pensierosa, poi raggiunse il rosso sul divano e fissò il soffitto.

“Cos'è successo ieri sera?”
Kidd non rispose subito.
“Nulla di che, abbiamo fatto due chiacchiere”
Law lo guardò di sottecchi e avvicinò la mano a quella dell’altro, facendo intrecciare i loro mignoli.
“Guardiamo la tv?”
Kidd annuì sollevato e spinse un canale sul telecomando; il moro si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi mentre nella sua mente rimbombava una frase in maniera insistente.

“Penso di amarlo”

 

-



Quella sera Marco mantenne la promessa e lo portò al cinema a vedere un bel film d'azione, peccato passarono quasi tutto il tempo a bisbigliare tra loro sulla trama e sui personaggi palesemente stereotipati.
Dopo si recarono a mangiare cinese ingozzandosi come se non avessero messo cibo nello stomaco da giorni, e infine tornarono a casa del biondo.
Marco aveva passato le ultime settimane con una serie di dissidi interiori, dovuti al fatto che una parte di lui pensasse che Ace fosse ancora un ragazzino e che quindi doveva andarci piano, l’altra parte invece spingeva per sbatterselo contro il primo muro disponibile.
Fino a quel momento era riuscito a controllarsi, ma l’altro gli aveva dato un bel da fare col suo sorriso malizioso e quegli occhi neri accesi come se stessero costantemente bruciando.
Era perfino riuscito a non spingersi troppo oltre, complimentandosi con il suo madornale autocontrollo che gli aveva permesso di bloccarsi anche con un Ace mezzo nudo davanti.
Peccato che il moro non fosse della sua stessa opinione, anzi, ogni situazione era buona per provocarlo.

Quando Marco si chiuse la porta d'ingresso alle spalle e cercò di intavolare una conversazione, si ritrovò spalmato contro la suddetta porta con il suddetto ragazzino che attentava al suo collo e alla sua sanità mentale.
Provò a dirgli di andarci piano ma in risposta il moro si fermò e gli dedicò uno sguardo infuocato.
“Chiudi la bocca Marco” gli disse serio prima di ricominciare a martoriargli il collo.
A quel punto il barista alzò bandiera bianca; se era quello ciò che voleva, perché no?
Quella notte la passarono avvinghiati tra le coperte ed entrambi capirono che, per quanto fare sesso fosse soddisfacente, farlo con la propria anima gemella non poteva essere paragonato a nient'altro.
Ace si premurò di lasciare segni rossi sulla schiena dell’altro; quando Marco si spinse in lui dovette fermarsi per qualche secondo a causa della visione che gli si presentò davanti e che seppe all’istante lo avrebbe perseguitato per molte notti.

La mattina si svegliò e si passò una mano tra i corti capelli biondi; vide il corpo del ragazzo raggomitolato di fianco a sé e un sorriso spontaneo gli nacque sulle labbra.
La sensazione che provò era totalmente nuova, come se tutti i vari pezzi che componevano la sua vita si fossero incastrati alla perfezione formando un disegno finale con tutte le sue esperienze e ricordi.
Si alzò e si infilò i pantaloni dirigendosi poi in cucina a preparare una colazione per una decina di persone.
Ace si svegliò a causa del profumo di brioche appena fatte, uova e pancetta; con l’acquolina si vestì frettolosamente con una maglietta e si diresse verso la fonte di quell’odore.
La tavola era imbandita quasi fosse la mattina di Natale, ma poi la sua visuale si ampliò e catturò Marco con pantaloni e grembiule che si destreggiava ai fornelli, facendogli cambiare idea.

Altro che Natale, è il mio compleanno.

Si sedette a tavola e l’altro gli dedicò un sorriso porgendogli un piatto enorme ricolmo di ogni leccornia.
“Quando ci sposiamo?” chiese scherzando il moro e cominciando a far sparire il cibo.
“Prima devi conoscere la mia famiglia. A proposito, oggi pomeriggio devo tornare a casa e ho intenzione di portarti con me”
Ace deglutì guardandolo in cerca di una risposta che l’altro capì al volo, come sempre.
“Ho intenzione di presentarti come mio ragazzo, se per te non è un problema”
Il ragazzo sorrise e scosse la testa.
“Però ti conviene toglierti quel grembiule altrimenti ho paura che non andremo da nessuna parte oggi”
Marco rise e finì di mangiare.

Qualche ora dopo, tra attacchi narcolettici e grembiuli stravaganti, i due uscirono di casa ed entrarono in auto, diretti alla residenza Barbabianca.
“Sei nervoso?”
“Ma chi, io? Figurati”
Il biondo non lo punzecchiò oltre e si limitò a guidare; poco tempo dopo arrivarono davanti ad una sorta di castello medievale - come lo definì Ace - e parcheggiarono vicino ad altre macchine.
Quando entrarono si ritrovarono in mezzo ad un sacco di gente, alcuni li riconobbe subito, altri non aveva la più pallida idea di chi fossero.
La casa, che da fuori sembrava enorme, dall’interno era ancora più mastodontica; scoprì essere formata da più di 4 piani con un sacco di stanze disponibili.

“Ragazzino! Che bello vederti, era ora che il pennuto ti portasse, stavamo perdendo la pazienza” lo salutò Satch avvicinandosi.
“Ciao!” ricambiò Ace mentre sempre più occhi si puntavano su di lui.
Una risata profonda fece zittire all’istante il chiacchiericcio che si diffondeva in quell’enorme salone e fece voltare il moro verso la fonte di quel rumore. Si trovò davanti ad un uomo molto alto, seduto su una sedia in stile barocco finemente decorata, ma quello che lo lasciò un po’ interdetto furono gli enormi baffi bianchi sollevati verso l’alto.
“Papà, lui è Ace, il mio ragazzo, Ace, lui è Barbabianca”

L’uomo lo guardò per qualche secondo e poi bevve un sorso di sakè.

“Marco, la tua anima gemella non è un po’ troppo giovane?” chiese con una nota divertita mentre il biondo stava per rispondere.
“E tu non sei un po’ troppo vecchio per bere quella roba?” sbottò Ace anticipandolo e facendo ridere tutti i presenti, compreso Barbabianca, che, invece di arrabbiarsi, rise e lo definì un “ragazzino impertinente”.
Izou si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
“Hai conquistato il vecchio, bel lavoro!”
Ace non capì il senso di quella frase fino alla fine della giornata, quando vide diverse persone con età e personalità differenti, scherzare insieme come bambini e sorridersi come se fossero davvero tutti fratelli.
Notando il suo sguardo interrogativo, il vecchio Barbabianca si avvicinò.
“Ho sempre voluto una famiglia, fin da piccolo era quello il mio obiettivo, al contrario di molte persone ritengo che il legame di sangue non crei un rapporto, ma che lo si possa ottenere attraverso esperienze condivise. Benvenuto in famiglia.”
Ace annuì distrattamente; nessuno gli aveva mai detto quelle parole, quelle che segretamente aveva sempre voluto sentire. Per una persona la cui esistenza era sempre stata un dubbio, sentirsi rivolgere una frase così era come aver trovato il tesoro più bello di tutto il mondo. 
Vide Izou mettere il rossetto ad un uomo con i baffi che si era malauguratamente addormentato e Satch tirare fuori da chissà dove una macchina fotografica.
Marco lo guardò e gli sorrise.
In quel momento capì cosa volesse dire sentirsi a casa.

 


Mentre i suoi figli si divertivano e coinvolgevano il nuovo arrivato, non visto da nessuno estrasse il proprio telefono dalla tasca ed inforcò gli occhiali digitando un nome in rubrica e facendo partire la chiamata.



“Pronto?”
“Salve Signor Garp, ho avuto modo di conoscere suo nipote, è davvero una peste”
“Newgate! Allora Marco te lo ha portato, era ora. Vedi di trattare bene quel mascalzone”
“Tranquillo, non corre alcun rischio. A proposito, che fiori hai deciso?”

“Ace ama l’ibisco rosso”
“Perfetto, ti lascio decidere il posto tra quelli che ti ho mandato su What’s app”
“E come si fa a mandare foto su quella roba?”
“Si chiama applicazione, me lo hanno spiegato i miei figli, a quanto pare si usa per mandare messaggi e immagini. Cerca di stare al passo con i tempi altrimenti sarai vecchio anche dentro”

“Bada a come parli Barbabianca! Te lo faccio vedere io chi è vecchio, ci sentiamo su Wappa o come si chiama”


L’uomo ripose il telefono in tasca e finse di non stare complottando il matrimonio del suo figlio maggiore con il nonno del suo ragazzo.

Garp appoggiò il telefono sulla scrivania.
“Smoker! Come diavolo si usa un’applicazione?”


 

-
 


Law guardò Kidd sparire dietro la porta e sbuffò; dopo che erano tornati dal fantastico week-end, il ragazzo aveva fatto di tutto per evitarlo, era perfino uscito con Corazon!
Affrontare il discorso apertamente avrebbe voluto dire esporsi e questo lui non poteva proprio farlo.
Erano passate ormai un paio di settimane dalla fantomatica serata, e ancora non aveva capito cosa fosse successo.
Gli rimaneva una cosa da fare, per quanto l’idea non gli piacesse per niente e sapesse benissimo di stare per cacciarsi in una situazione di non ritorno.
Kidd era uscito anche quel giorno con Rocinante e gli aveva lasciato il pranzo, che lui ovviamente ignorò.
Sdraiato sul letto, estrasse il telefono e chiamò.

“Ciao Law, come mai questa chiamata?”
La voce perennemente divertita di Doflamingo gli arrivò direttamente nell’orecchio e fu quasi tentato di sbattergli il telefono in faccia.
Aspettò qualche secondo, pensando che era stata una pessima idea rivolgersi al capo famiglia.
“Oggi sei impegnato?”

Doflamingo si fece serio e con un gesto della mano mandò via i suoi collaboratori, restando solo nel suo ufficio.
“Posso liberarmi.”
“Ci vediamo tra un’ora in quella pasticceria”
“Va bene”

Law chiuse la chiamata e sospirò; per sapere qualcosa era necessario chiedere alla persona che sapeva tutto.
Aveva pensato di rivolgersi prima a Crocodile, ma data la reazione che aveva avuto quando la mattina dopo aveva chiesto cosa fosse successo, era ovvio che non volesse parlarne.
Chiuse gli occhi e si riposò per qualche minuto, poi si alzò e si vestì indossando una felpa nera e dei jeans blu, si tirò su il cappuccio e uscì di casa, dirigendosi verso la fermata dell’autobus.

Doflamingo ripose il telefono nella tasca e guardò per qualche secondo la parete di fronte a sé.
Se Law era arrivato a chiedergli un appuntamento la questione doveva essere più grave del previsto, e il problema poteva essere solo uno.
Riprese in mano l’apparecchio elettronico e se lo portò all’orecchio.

“Dimmi”
“Se ha fatto qualcosa a Law io lo uccido”

“Doflamingo, vai in ordine”

Il biondo sospirò e raccontò della telefonata al suo interlocutore.

“Ho capito, ma non credo tivche il problema principale sia Kidd, penso sia più una questione emotiva. Ti ricordo che il ragazzo ha sempre avuto problemi a relazionarsi con gli altri, ed ora che ha una relazione seria probabilmente ha paura e non sa come reagire. Ascolta e non essere impulsivo.”

Doflamingo sorrise e sospirò.

“Grazie Croco-chan”
“Sì, sì, ora devo lavorare, lasciami in pace e vai”
“Quanto mi piace quando mi dai ordini~”


Uno sbuffo seccato gli arrivò in risposta.


“Togli dalla giacca la fondina con la pistola.”


Detto questo riattaccò; il biondo si appoggiò allo schienale e si toccò la fondina in questione.
“Ormai non mi chiedo più come tu faccia a sapere in anticipo le mie mosse”
Ripose la pistola nel cassetto e si alzò.
“Spero di riuscire a fare come hai detto”



 

Law arrivò alla pasticceria Neri* e si sedette ad un tavolo; la prima volta che era stato lì era stato per puro caso.
Era ancora piccolo e Corazon lo aveva portato a fare una passeggiata; passando davanti alla vetrina, aveva guardato all’interno riconoscendo Doflamingo e Crocodile che stavano mangiando dei pasticcini, quindi si era sentito in obbligo di intervenire per fare innervosire il capo famiglia.
Ed infatti funzionò dato che Crocodile lo prese in braccio e gli offrì un pezzetto di Saker, il tutto sotto lo sguardo irato del biondo. Era piccolo, ma non era stupido; aveva capito immediatamente che il maggiore dei Donquixote amava avere le attenzioni di quell’uomo e quello per lui rappresentava un enorme punto debole da sfruttare.

Ci era tornato altre volte dopo quella, gli piaceva particolarmente perché aveva una saletta sul retro. Lì poteva sedersi e bere un caffè, leggere e non essere disturbato.
Un sorriso gli scappò al ricordo di un Crocodile particolarmente premuroso che gli puliva la bocca col tovagliolo e lo imboccava con la forchettina per dolci.

“Come mai quel sorriso? Sei così contento di vedermi?”
Law alzò lo sguardo ed incontrò le solite lenti colorate.
“Stavo ripensando a quando sono venuto qui per la prima volta”
“Già” commentò Doflamingo sedendosi di fronte a lui “non sei stato per niente carino”
I due si guardarono per qualche secondo venendo interrotti dalla cameriera che scrisse le loro ordinazioni e li lasciò nuovamente soli.

“Che brutte occhiaie”
“Le solite”
“Non erano così pronunciate l’ultima volta”
“Ho dovuto sacrificare ore di sonno per studiare”
Doflamingo lo guardò inclinando la testa da una parte e Law seppe che non se l'era bevuta.
“Non riuscivo a dormire bene e quindi ho studiato per passare il tempo” si corresse.
Sapeva che l’altro lo avrebbe inondato di domande per sapere cosa lo preoccupasse e quale fosse il problema - e se potesse eliminarlo - ma si ritrovò sbalordito di fronte ad un Doflamingo calmo e sorridente.
La cameriera tornò e appoggiò davanti a loro pasticcini e due teiere ricolme di acqua calda, lasciando sul piattino l’infuso da loro scelto.
Quando se ne fu andata, Law tornò a guardarlo curioso.

“Non affaticarti troppo, sai che Roci si preoccupa”
“Voglio sapere cosa è successo”
E Doflamingo capì immediatamente a cosa si riferisse.
“Come mai?”
“Perché io-” si fermò cercando di scegliere le parole giuste e soppesando l’idea di dire tutto subito o di far aprire prima l'altro.
“Ho un ricordo sfumato e vorrei sapere se me lo sono immaginato oppure è successo realmente”
“Dovresti chiedere al tuo amico, non a me” commentò il biondo facendo sparire un bignè alla crema e ostentando una calma innaturale.

In realtà dentro di sé stava ribollendo di rabbia e l’unico pensiero che lo tratteneva dall’uscire e andare a spaccare le ossa al ragazzo dai capelli rossi erano le parole di Crocodile.
Ascolta e non essere impulsivo. 
Ma lo sguardo triste dipinto sul volto del moro di fronte a lui lo riportava indietro nel tempo, quando davanti agli altri si comportava in modo freddo e distaccato ma di notte soffocava lacrime e tristezza nel cuscino.
E questo non poteva permetterlo. Non di nuovo.

“Cosa vuoi sapere?”
Law lo guardò sollevato; non si aspettava che cedesse così presto, anzi, aveva già pensato a cosa potesse volere in cambio.
Guardandolo gli sembrava quasi preoccupato, ma imputò questa stupidaggine alla mancanza di sonno. 

“Ok, diciamo che gli ho somministrato un siero della verità e gli ho posto qualche domanda”
“L’hai dato anche a Wani-ya?” chiese, al ricordo dell’uomo che evitava il discorso.
“A lui ho dato un afrodisiaco” rispose ridendo il biondo mentre Law alzava gli occhi al cielo, non stupendosi più di tanto.
“Probabilmente quello che ricordi è successo” concluse Doflamingo bevendo un sorso di tè.
Il ragazzo lo imitò e gustò il suo infuso, pensando ed isolandosi per un po’; il biondo guardò lo schermo del telefono e notò che aveva ricevuto un messaggio da Crocodile che gli chiedeva come stava andando.
Quell’uomo si comportava come una mamma apprensiva a volte, ma i suoi consigli gli erano stati utili più di una volta.
Perché se lui era impulsivo e violento, l’altro era calmo e calcolatore, soppesava le parole e pensava sempre prima di parlare.
Finì di bere il tè e rispose che andava tutto bene e non aveva ucciso nessuno, poi guardò Law che lo stava fissando nuovamente, segno che aveva finito di pensare.
“Ho capito” disse infatti per poi rivolgergli lo stesso sguardo che aveva ereditato dal coccodrillo.
“Salutami Wani-ya e digli che sei stato bravo” lo prese in giro ridendo. “In effetti mi sembrava di parlare con lui e non con te”
“Fosse stato per me sarei già andato dal tuo amichetto a rompergli qualche osso” sibilò imbronciato mangiando l’ultimo pasticcino.

Trafalgar bevve il tè e riportò la sua mente ad anni prima; Doflamingo aveva fatto passi da gigante per quanto riguardava la sua impulsività e la sua sete di sangue. Merito ovviamente di Crocodile, ma se una persona come lui era riuscita a far funzionare una relazione su cui nessuno avrebbe scommesso neanche un bottone, allora anche lui poteva farlo.
“Torna a casa” gli disse il biondo.
Lui lo fissò con un’espressione interrogativa, segno che a casa con lui non aveva senso tornarci.
Casa è un termine relativo, non è sempre un luogo” commentò brevemente agitando una mano.
Trafalgar riuscì a capire nonostante la frase enigmatica, si alzò e lo salutò facendo per uscire.
“Non pensavo ti avrei mai detto una cosa del genere, ma…” disse fermandosi e guardandosi i piedi.
“Grazie”  sussurrò aggiungendo subito dopo un “Ciao” sperando che l’altro non lo avesse sentito ma avendo così la coscienza pulita.
“Ti ho sentito!” gli urlò Doflamingo facendo in modo che il dottore aumentasse il passo, imbarazzato fino alla punta dei capelli. Colpa di Cora-san che gli aveva insegnato ad essere educato, ovviamente.

“Pronto”
“Croco-chan mi ha ringraziato capisci mi ha detto grazie ha detto grazie a me a me! Ok mi odia ma forse non così tanto dato che mi ha ringraziato oddio lo ha fatto davvero mi ha detto grazie”

Crocodile sorrise alzando gli occhi cielo, sentendo la marea di parole uscite dalla bocca di Doflamingo senza una sola interruzione.

“Mi fa piacere, ma ora lasciami lavorare, ne parliamo stasera”

Ricevette come risposta parole biascicate e un mezzo urletto in stile scolaretta e attaccò.
Se gli avessero detto che avrebbe assunto il ruolo di mamma apprensiva alla veneranda età di 44 anni si sarebbe messo a ridere di gusto.
Ed invece.

“Tornando a noi, signor Yamamoto” disse mentre Daz Bornes gli toglieva il cellulare dall’orecchio. “Spero abbia capito che io e lei non siamo uguali, per me sarebbe un insulto vivere altrimenti” finì guardando l’uomo rantolare per terra mentre sputava sangue “sa dov'è la porta” concluse togliendosi i guanti sporchi di rosso e buttandoli per terra.
Mr 1 gli porse un fazzoletto profumato con cui si pulì le dita; perché, nonostante non ci pensasse due volte a sporcarsi le mani, in pochi sapevano che Mr 0 aveva una battaglia aperta con germi e batteri di ogni genere.
“Che schifo” disse infatti sedendosi nuovamente sulla comoda poltrona nera in pelle e ricominciando a leggere gli ultimi documenti.

 




Law tornò a casa, si fece una doccia e aspettò che Kidd tornasse. Fortuna volle che dovette attendere poco.
“Doc, come mai non hai mangiato?” chiese entrando in cucina e appoggiando borse dentro cui, ci avrebbe scommesso, c'erano minimo 3 rossetti e 4 eye-liner.
“Non avevo fame.”
Il rosso sbuffò e mise in ordine le sporte e il loro contenuto, poi si sedette di fianco a lui.
“Rocinante è davvero simpatico, non ha nulla da spartire con quello stronzo di merda di un fenicottero” sibilò annuendo alle sue stesse parole.
A quel punto il moro decise di mettere in pratica il piano che aveva pensato.
“Posso trasferirmi da te? Risparmierei tempo a fare avanti e indietro per i vestiti”
L’altro lo fissò e alzò le spalle.
“Tanto passi più tempo qui che in quell’appartamento”
Law annuì.
“Mi ricordo tutto” disse soltanto e l’espressione di Kidd mutò; sgranò gli occhi e sbatté le palpebre più volte sperando che almeno quello non lo ricordasse. Sarebbe stato uno smacco enorme per lui confessarsi per primo.
“Non so di cosa parli” cercò di dissimulare.
“Fammi finire. Mi ricordo non proprio tutto ma una cosa la mia mente non l’ha cancellata. Prima o poi trova le palle per dirmelo in faccia.” concluse stiracchiandosi, imitato subito dopo da Bepo ai suoi piedi. 
Kidd lo guardò e ghignò; quella sorta di confessione gli era stata estorta e Law lo sapeva. 
“Va bene” rispose appoggiando le mani sui suoi fianchi.
Il moro fremette di aspettativa e si fece più vicino.
“Sei un cazzone! Hai perso peso di nuovo porca troia! Niente sesso per una settimana finchè non prendi due chili”
“Come due?”
“Così impari a prendermi per il culo e a dare il tuo cibo al cane”
“Impiccati con quelle magliette orride che hai nell’armadio”
“Che minchia vuoi? Mangia la prossima volta”
“Sto ancora aspettando le mie rose rosse”
“Ficcatele in culo”
“Vorrei ci ficcassi altro” 
“Due chili Trafalgar”
“Fanculo”








 



Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti! siamo alla fine del penultimo capitolo, ebbene sì. Se pensate che i colpi di scena siano finiti vi sbagliate di grosso, il prossimo capitolo sarà molto fuori di testa.
Parliamo di questo; Law ricorda proprio quella frase e finisce per chiedere aiuto all'ultima persona a cui vorrebbe; Doflamingo in realtà ci tiene a lui e cerca di avere un dialogo, per poi chiamare Crocodile che deve lavorare.
Mihawk e Shanks hanno chiarito definitivamente; ma immaginiamoci Zoro in divisa da cameriere.
Già.


*= la Pasticceria Neri è un rimando alla long 'We'll never change' ed esiste sul serio

Grazie a tutti quelli che mi seguono e leggono, mi fate sempre sorridere coi vostri commenti, a presto

Ace of Spades

  
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