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Autore: AndreMCPro    27/04/2016    1 recensioni
E se gli anime, i manga, i libri e i videogiochi non fossero pura fantasia? E se i creatori di tutti questi fossero stati ispirati da qualcos'altro? Immaginate: se esistono infiniti universi, non potrebbero essercene alcuni in cui tutte queste cose, che secondo noi sono frutto della fantasia, esistono davvero? Ma questo vale anche per le fanfiction, milioni di mondi paralleli a quelli delle opere originali.
E se vi siete inseriti nella vostra stessa storia? Ecco cosa è successo a me...
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alternative Dimensions'
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Alternative Dimensions
Il Diario della Profezia

Cap.60 Avamposto
 
Passano alcuni giorni quando arriva una lettera del Re, che da’ il via libera alla mia squadra di procedere alla costruzione di un avamposto nel Nether.
«Finalmente, pensavo ci avesse ripensato. Ora possiamo andare»
Raggiungo a passo svelto ma non troppo, per non dare nell’occhio, il centro di addestramento e mostro il permesso al capitano del reggimento distaccato di Enderia.
«Prepara una squadra di dodici persone. Il primo passo è mettere in sicurezza la zona»
Si mette sugli attenti e esegue l’ordine. Io mi avvio verso il portale e osservo il rettangolo spento di ossidiana sovrastato dalla mia grande cupola sottomarina. Dopo una mezz’ora ecco arrivare la squadra richiesta e accendo il passaggio.
Superato il portale due uomini per lato si vanno a posizionare sui lati del grande ripiano su cui ci troviamo. Una volta raggiunto il punto di vedetta più sicuro una freccia luminosa avvisa che ora la zona è protetta.
«Bene, adesso non ci resta che far entrare la seconda squadra con i costruttori. Costruiremo un avamposto su quella parete laggiù, incassato nella montagna, cosi in caso di problemi ci potremo sempre proteggere dentro qualche edificio»
Dopo circa mezza giornata ad un tratto succede qualcosa di strano. Il portale sembra comportarsi in maniera strana e tutti si allontanano pronti a spegnerlo in caso di problemi
«No, fermi, questo potrebbe essere mio fratello»
«Ma signore, nessuno può oltrepassare la soglia senza un permesso speciale»
«Sì, è vero, ma vallo a spiegare a Massimo e vediamo come risponde» Il capitano mi guarda sconcertato «Senti, quello è un testone e quando vuole fare qualcosa la fa. Non è cattivo, quindi l’unica cosa che si può fare è evitare che faccia danni»
Mentre ancora parlo il soldato guarda il portale che sembra tornare normale.
«Ecco, visto? ora arriva»
Ma dal centro del portale esce una saetta bianca che attraversa in orizzontale tutta la piana dell’avamposto e si allontana verso quello che sembra essere il nord, lontanissimo.
«E quello cos’era, signore?» Chiede la guardia sconcertata.
«Non lo so, ma ho tutta l’intenzione di scoprirlo»
«Preparo una squadra?»
«No, mi servite qui. Fai chiamare mio fratello, non so se è ancora in città. Spero di sì»
 
Dopo una mezz’ora il capitano ritorna con a seguito mio fratello, che mi guarda un po’ irritato.
«Beh? che è quella faccia?» Gli chiedo.
«Hai riaperto il portale e non mi hai detto niente» Mi risponde imbronciato. Sembra un ragazzino. Per calmarlo basterà dagli le caramelle… se è chiaro cosa intendo.
«Su dai, non te la prendere. Senti che idea ho adesso… Ti va di andare a fare un giretto con me?»
Gli occhi di mio fratello cambiano espressione, proprio come mi aspettavo. Si sta comportando come un ragazzino e ora che gli ho dato quello che voleva si è subito calmato. Un attimo dopo, poi, tutte le sue armi sono già al proprio posto.
«Ma vai sempre in giro armato, tu? Come fai a evitare i controlli?»
«Semplice, fai dei pessimi controlli» E si mette a ridere. «No ok, grazie alla distorsione ne altero le proprietà o respingo i raggi luminosi, e quindi quella che è una spada può diventare una bella e grossa carota agli occhi di chi la guarda o anche per i sensori»
«Non devi usare i tuoi poteri cosi alla leggera o gli sforzi di Seth saranno inutili»
«Nessuno sforzo: succede e basta, e io ne approfitto. Adesso andiamo?»
«Sì, ok, da quella parte. Qualcosa mi dice che troveremo qualcosa di interessante»
Mio fratello alza le spalle e ci avviamo nel nostro primo viaggio nel Nether. Chissà se riusciremo a trovare una Fortezza, e in effetti anche qualche verga di Blaze non farebbe male.
 
Sotto gli occhi della squadra di esplorazione ci allontaniamo iniziando il nostro primo viaggio in solitaria. Il capo del corpo di esplorazione ovviamente è contrario a lasciarci andare da soli, ma dopo aver visto l’armamentario di mio fratello -una via di mezzo tra guerriero e minatore- si lascia convincere a partire da soli.
Dopo una mezz’ora circa di viaggio e sempre cercando di prendere più punti di riferimento possibile per evitare di perderci intravediamo in lontananza qualche ponte di mattoni, ma una volta raggiunto il posto non troviamo nulla di interessante oltre a un ponte sospeso nel vuoto.
«Che dici, è la strada giusta? Non sarebbe meglio cambiare direzione?»
«No, è andata da questa parte e voglio capire cos’era»
Lui mi guarda sospettoso. «Adesso chi è che non racconta tutto?» Mi richiama, come a bacchettarmi.
«Tu sei proprio l’ultimo che può parlare dopo tutti gli impicci che hai fatto» Gli rispondo a tono.
«Fedina penale pulita. Io sono un bravo bimbo» Risponde con un sorrisino.
«Sì, s, e io sono Notch»
«Dai su, dimmi cosa hai visto. Ora capisco perché non hai voluto nessuno a seguito… non ti è piaciuto quello che hai visto, vero?»
«Era una saetta bianca che procedeva in orizzontale e che usciva dal portale. non solo le saette non si muovono in quella maniera ma poi avresti dovuto vedere come ha reagito il portale… credevo fossi tu»
«Che qualcosa sia passato dall’altro universo a questo?»
«Beh, non lo so ma non lo possiamo escludere. Tu per primo dovresti essere su un letto di ospedale, e invece… per fortuna non è così»
«Sì, capisco cosa intendi. Io non percepisco niente di anomalo, comunque… Andiamo avanti e vediamo cosa troviamo»
Proseguiamo per un’altra ora, finché il segnalatore al mio polso non inizia a lampeggiare. Subito dopo, una chiamata di Spark.
«Ragazzi, cosa state facendo?» Ci chiede, come quando un genitore rimprovera con aria calma un figlio.
«Ciao Spark! Non eri a Enderia?» Risponde Massimo scherzosamente.
«Ho usato il teletrasporto e sono all’avamposto. Ripeto, cosa state facendo e dove siete? Per un attimo ho perso il vostro segnale»
«Siamo a circa un’ora e mezza dal campo base» Intervengo io. «Ti dirò… è strano che ancora ci sia, il segnale»
«Infatti non prende molto bene. Ho fatto mettere dei ripetitori ai quattro lati della conca, ma serve a poco. Cosa state cercando?»
«Fantasmi della notte Spark. Fantasmoni» Risponde divertito Massimo, facendomi poi gesto di tagliare chiudere la chiamata.
«Non sei divertente, Massimo. Io dico, perché ti ho lasciato libero e non ti ho tenuto in gabbia?» Borbotta Spark innervosito.
«Perché sarebbe stato forse più pericoloso di tenerlo a piede libero» Gli rispondo. Poi però la chiamata si interrompe all’improvviso.
«Ok chiudere ma sei stato un po’ cruento, fratellino» Mi rimprovera Massimo.
«Non sono stato io, forse il sistema si è guastato. Vale la pena proseguire»
«Beh se vuoi prosegui tu, io mi fermo in zona» Replica Massimo con un sorriso, dopodiché mi indica con il dito di voltarmi e giusto dietro uno sperone ecco una grossa e imponente rovina del Nether con a guardia dei Blaze.
«Dici che quello che cerchiamo si nasconde qui?» Rispondo io estraendo la spada.
«Dalla netherrack bruciata lì davanti direi di si» E mi fa’ notare il punto a circa dieci metri dall’ingresso.
Anche lui si arma, e di comune accordo cerchiamo di attaccare su due fronti diversi i mob, che però ci notano prima di raggiungere la nostra posizione e iniziano a sputare fiamme. Dopo qualche schivata e qualche imprecazione più o meno colorita riusciamo ad abbatterli ed entriamo nell’edificio.
Nascosto dalla montagna, se cosi si può chiamare, l’edificio in cui entriamo si presenta come una immensa cavità nella roccia poi ricoperta di mattoni del Nether. Piccole pozze di lava e cascate laterali fungono da illuminazione e alcune colonne impediscono al soffitto di crollare. La struttura di base è molto simile ai templi trovati nelle città perdute, e la cosa ci da’ subito da pensare. Stranamente però il posto sembra disabitato e la cosa ci appare subito strana. Perché due guardie all’ingresso e nessuno all’interno?
«Erano i custodi. Sono anni che più nessuno si aggira per il Nether indisturbato, e di certo non si aspettano una visita» Commenta Massimo ad alta voce come se avesse capito a cosa stessi pensando.
«In effetti è vero… e l’unica persona che si può dire padrone di casa è lui» E gli indico una statua piuttosto grezza è poco rassomigliante, ma è sicuramente lui: Herobrine.
«Inizio a pensare che quella saetta sia stata solo una scarica del portale »
«No, troppo controllata, e poi possibile che sia arrivata direttamente qui davanti? No, era qualcuno che cercava Herobrine. Ma lui è in superficie, lo sappiamo per certo»
Proseguiamo la nostra ricerca e preleviamo qualche bel campione per Seth, che ne sarà sicuramente contento. Nessun libro o souvenir da portare via. Un ambiente piuttosto sterile, così decidiamo di tornare all’avamposto. Mentre ci avviamo verso il portone di ingresso da oltre la soglia si presenta a noi uno Scheletro Wither, che stranamente non ci attacca.
«Ehi, guarda che si vede! Prendiamo la sua testa!» Dice Massimo scherzando.
«Si e li sulla destra c’è ne un altro. saranno due teste!» Rispondo ridendo a ruota. Poi smetto di ridere voltandomi a sinistra.
«Beh, che c’è? perché non ridi più?» Chiede Massimo sorpreso. Questa volta è lui a seguire l’indicazione del mio dito, che gli fa notare il terzo.
«Beh, allora? Non c’è sabbia delle anime qui in zona. Prendiamogli la testa e andiamo via» Replica Massimo.
«Ne sei sicuro?» Rispondo io guardando il pavimento ai loro piedi, ed ecco che i tre scheletri si tolgono la testa e la posano sulla sabbia, che inizia ad agitarsi come se fosse viva.
«Cavolo, adesso si che sono guai!»
Un attimo dopo correvamo su è giù per la sala in cerca di una via di uscita.
  
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