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Autore: sweetlady    28/04/2016    0 recensioni
A poco più di un mese dalla fine della scuola dell'obbligo, ho bisogno di mettere in ordine la mia vita, partendo dalle persone che mi hanno distrutta in mille pezzi e arrivando fino a quelle che hanno saputo raccoglierli e ricompormi. Tra le mura del mio liceo è successo di tutto, dall'amore, alle prime delusioni, alle grandi amicizie, alla disperazione. Ma sono ancora qui, pronta per affrontare quest'esame che, in qualunque modo vada, non indicherà quanto valgo o quanto sono matura. Pronta ad affrontare tanti nuovi inizi. Ma prima ho bisogno di riflettere sulle cose che sono andate storte e su quelle che voglio portare con me. Per non sbagliare più, per non fare giudizi affrettati. Per essere una persona migliore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Il primo giorno di scuola mi guardavo intorno e non facevo che sentirmi fuori luogo. Sensazione tuttora molto vivida. La mia ancora di salvezza era una ragazzetta che dalle medie mi ero portata alle superiori, sperando di mantenere questa amicizia (speranza vana perché in pochi mesi si rivelò un rapporto scialbo come il suo aspetto fisico). Ci sedemmo comunque vicine, senza dire una parola per paura di essere riprese già il primo giorno. I miei compagni a primo impatto non mi sono piaciuti. Di solito apprezzo gli estranei, sono gli unici con cui riesco ad aprirmi perché non ne temo i giudizi. Non mi conoscono, e i loro consigli sono i più sinceri perché non di parte. Ma loro erano rumorosi, in continuo movimento. E poi quel flusso costante di parole inutili, urlate, come se aumentando il tono della voce aumentasse anche la loro importanza. Stupidaggini. Potevano vantarsi quanto volevano, ma intravedevo già la loro mediocrità, confermatami ripetutamente negli anni a seguire. Due persone mi colpirono: una ragazza dai lunghi capelli neri, ben vestita e con I-phone e borsa firmata in bella vista sul banco (come se ce ne fregasse qualcosa che lei ha la borsa firmata e noi un volgare Eastpack), e un ragazzo. Sapevo che non era come tutti gli altri. Mi è bastato un solo sguardo per perdermi in quegli occhi, prima sempre malandrini, adesso maturi e scuri. Prima che me ne accorgessi Cupido aveva già scagliato la sua freccia e io non potevo oppormi alla forza travolgente dell’amore. Allora il mio orgoglio era più forte, come anche la vergogna di fare il primo passo: non si era presentato lui? Bene, non l’avrei fatto neanche io. Passati i primi giorni, non mi ricordo neanche come ma iniziammo a parlare. Poi a uscire. Poi a studiare insieme. Poi diventammo addirittura vicini di banco, finchè non arrivai a rimpiazzare la sua migliore amica di una vita. Eravamo un trio perfetto, io, lui e lei. Ma come in ogni rapporto a tre, c’è sempre l’anello debole che prima o poi viene escluso o si autoesclude perché non regge l’affinità degli altri due. Questo è un altro punto oscuro della mia mente: non ricordo il momento che mi ha fatto allontanare da lei. Che ci ha fatto allontanare da lei. Ricordo solo che ad un certo punto eravamo solo io lui e nessun altro. Eravamo un club esclusivo, raramente ci avvicinavamo agli altri, lui forse un po’ più di me per via del suo carattere affabile. Ma io no, perché non sentivo il bisogno di nessun altro. L’eccessiva vicinanza, la condivisione di ogni cosa, è stata fatale per il nostro rapporto perché, come si sa, il troppo stroppia. Ma non potevo farne a meno. Ero totalmente dipendente da lui. Per questo quando lui se ne è andato ho sentito la terra mancarmi sotto i piedi, e mi sono ripromessa di non affidarmi mai più ad un sola persona. Quando gli dissi cosa provavo e lui mi rifiutò con sdegno sapevo che non era del tutto sincero. Non poteva esserlo, altrimenti tutto il tempo passato insieme sarebbe stato un inganno. Ci sono certe cose che per anni pensavo di aver mal interpretato, ma che oggi con occhi più maturi posso dire di aver colto nel modo giusto. Durante un gioco della bottiglia capitò di baciarci. Un bacetto di quelli dei film Disney Channel, a fior di labbra e neanche, ma era pur sempre il mio primo bacio. Lui non ci diede importanza, aveva già baciato altre ragazze, e anche in modo passionale a suo dire. Io invece passavo intere notti a pensare a lui e alle sue labbra, pregando di essere baciata di nuovo, ma non perché forzata. Capitò una seconda, e una terza, e una quarta volta. Alle spalle di questa amica cresceva questa affinità, e crescevano anche le sensazioni dietro questo sfiorare di labbra. Queste cose non me le sono di certo sognate. Come anche il fatto che quando aveva bisogno di un consiglio, di un aiuto, di una spalla, ritornava sempre da me. Cosa devo pensare allora? Che per lui mi doveva bastare questo rapporto ibrido tra l’amicizia e l’amore? Che non avrei dovuto dire ad alta voce quello che stava succedendo? La verità è questa: finchè ero il suo giocattolino muto andavo bene, ma adesso il suo interesse si era spostato verso qualcun altro. Sbagliata anche questa interpretazione. Lui aveva paura di definire il tipo di relazione, per il semplice fatto che non si sentiva attratto fisicamente da me. Come biasimarlo, non ero una bella ragazza di quelle che piacevano a lui. Né alta, né magra né bionda, ma in carne, con l’apparecchio e gli occhiali scuri. Decisamente non il suo genere. Adesso sono una donna, so riconoscere l’intento dietro uno sguardo. L’umo che guarda per guardare è innocuo, si serve solo di un accessorio che gli è stato fornito per dare un’occhiata generale a quello che ha intorno, un uomo che guarda per osservare è più pericoloso, perché dietro gli occhi nasconde un doppio fine, spesso un appetito sessuale. Mi è capitato più volte di girarmi e sentire i suoi che mi penetravano la schiena, e quando mi è capitato di incrociarli, anche per un secondo prima che li distogliesse, vedevo il suo doppio fine. Lui non mi ha mai guardata come guarda le altre ragazze della mia classe, in modo superficiale. Lui mi ha sempre scrutata, cercando di capire il mio stato d’animo, se stessi bene. Non so se ci è riuscito, è difficile leggermi, e se anche ce l’avesse fatta continuo ad illudermi che mi avrebbe rassicurato che va tutto bene, che lui sarebbe stato al mio fianco. Finora solo mutismo. Una volta, dopo aver discusso con il mio attuale ragazzo ed esserci quasi lasciati, lui è venuto da me e mi ha abbracciata. Senza che io gli avessi detto niente. Aveva capito tutto. Nessuno era mai riuscito a capire il mio cuore senza prima spiegazioni lunghissime, lui sì. Forse per tutto quello che avevamo passato insieme? Forse perché con lui mi ero aperta completamente come con nessun altro? Forse perché lui conosceva bene quel cuore che aveva calpestato? Non lo so, ma lui ci è riuscito. Adesso quando siamo vicini abbiamo bisogno del contatto fisico, che sia anche solo una mano sul braccio, o ginocchio contro ginocchio non importa. Basta che stiamo vicini. Quanto vorrei scrivergli un messaggio, ieri sera non ho più avuto il coraggio. Gli scriverei che il mio amore per lui non è mai tramontato, ma che con il tempo è diventato fraterno. Che non ho mai smesso di pensare a quanto ci divertivamo insieme né a quanto mi rendeva felice averlo intorno. Che ancora spero che la nostra amicizia riprenda non intensa come prima, ma che ricominci. Basta rapporti indefiniti, sono cinque anni che vago nel limbo. Ho bisogno di sapere se siamo amici, innamorati, compagni di banco, conoscenti, o se mi è semplicemente indifferente. Una cosa è certa: la scuola sta finendo e l’idea di non poterlo più vedere mi infonde il coraggio per scrivergli questo benedetto messaggio e chiudere per sempre la disputa. Ma forse non è neanche questo il giorno giusto per farlo.
  
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