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Autore: borndumb3dumber    28/04/2016    2 recensioni
«Devi dire che sono il tuo preferito o vado da Yun»
Spalanco la bocca alla sua richiesta, esterrefatta dall’assurdità della questione, ma nell’esatto istante in cui provo a contestarlo, muove un dito verso il pulsante dell’ascensore. [...]
«E va bene!» mi arrendo. Porto le mani alle tempie e chiudo gli occhi. Un profondo respiro e sto guardando di nuovo le sue iridi scure. [...]
«Sei il mio preferito» borbotto le parole e mangio consonanti volutamente in modo da distorcerne il suono. Come mi aspettavo, tuttavia, il ragazzo non se lo fa bastare.
«No» scuote la testa «Devi dire il mio nome e scandire le parole. Potresti averlo detto a chiunque»
«Ho detto» ripeto, stringendo i denti per non dare di matto proprio adesso «che tu, Junhoe, sei il mio preferito»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per tutta la serata non faccio altro che essere pensierosa e, lo devo ammettere, abbastanza confusa.
Il locale non è niente male, tranquillo e riservato con decorazioni tipiche della tradizione giapponese. Il sushi, poi, è ottimo. La compagnia un po’ di meno.
Harumi, a tal proposito, procede con la farsa del quoziente intellettivo di una gallina sgozzata e la sua voce è più alta di quella di tutti. Non ho neanche bisogno di esplicitare chi abbia costretto a sedersi alla sua destra al tavolo.
Jinhwan è seduto più lontano da me e, prima di entrare in macchina fuori dall’hotel, ha provato a chiedermi con gli occhi spiegazioni circa il messaggio che gli avevo mandato sull’assistente giapponese, ricevendo in risposta un cenno negativo del capo. Non era davvero il momento adatto per parlarne, in particolar modo dopo che le parole di Junhoe mi avevano affollato la mente.
“Tu lo sai” ha detto e fin qui ci arrivo anche. Ma, quello che mi domando da qualche ora a questa parte: perché non ho idea di che cosa si stesse riferendo? Si presuppone che il sapere qualcosa voglia dire saperla sul serio e non so dove cercare l’informazione a cui alludeva Junhoe.
Jinhwan potrà aiutarmi, ne sono certa.
«Un brindisi!» urla Harumi ad un certo punto e si appresta a piazzarmi un bicchiere di qualcosa tra le mani dopo aver fatto la stessa identica cosa con Junhoe, al suo fianco. Mando giù la bevanda e la sento bruciare per la gola, trovandolo estremamente piacevole. Mi sento di essere in una di quelle fasi in cui ho bisogno di allentare i miei freni inibitori quel tanto da poter staccare la mia mente dalla realtà delle cose, ma so anche che non accadrà oggi con tutte queste persone. Pochi hanno avuto la fortuna di vedermi brilla.
«Sunhee, prendine un altro» incita la ragazza, ancora. Scuoto il capo evitando accuratamente di guardare quanti ne stia facendo bere a Junhoe –con il suo scopo ben evidente ai miei occhi- e mando giù altro sushi.
Harumi insiste più del dovuto e mi ritrovo a negare numerose volte l’offerta, con il risultato che mi sta facendo innervosire.
«Cara, sei molto persuasiva ma non credo sia il caso di continuare» accorre Mike in mio aiuto e un sospiro di sollievo mi esce involontariamente dalle labbra dischiuse.
Sto giusto pensando di doverlo ringraziare per questo salvataggio quando aggiunge: «Non vorrai forse privarci di un genio!»
Gli mando uno sguardo torvo mentre finge di ridere sguaiatamente e lo maledico per la sua boccaccia. Nessuno doveva saperlo, pensavo che avesse capito come potesse essere imbarazzante per me.
Questa volta, però, provo ad agire prima che la situazione degeneri.
«Non è davvero il caso di parlarne» dico aspramente e poso le mie bacchette sul piatto con troppa forza, facendo sobbalzare Yuna alla mia sinistra.
«Adesso sono curiosa» parla Harumi, passando lo sguardo da me a Mike con un luccichio negli occhi che mi mette i brividi. Fisso ancora una volta lo stilista e lui subito si tappa la bocca con del cibo, spostando l’attenzione sulle lucine che adornano il locale.
«Non esiste!» protesta la mora allora, comprendendo come la questione per me e Mike si sia chiusa qui. Batte le mani ripetutamente sul tavolo, facendo scuotere i piatti di tutti e non posso fare a meno di pensare che sia assolutamente ridicola.
«Hee, dimmelo» ordina, ottenendo da parte mia due sopracciglia aggrottate e nient’altro. Perché mai dovrei dirle qualcosa che mi riguarda sotto tanta insistenza anche se non voglio?
«Ho detto che devi dirmelo» continua ancora, facendomi arrivare al punto da volermi alzare da questa sedia solo per schiaffeggiarla. Sarei potuta arrivare al punto di dirglielo di mia sponte, ma a queste condizioni se lo può anche dimenticare.
«Mike stava solo scherzando» provo allora come ultima spiaggia, sperando che davvero possa credere a una cosa del genere. Tuttavia, la risata che libera subito dopo, sottile e irrisoria, chiarisce perfettamente che la cosa non la convinca.
«Mi sono accorta, sai» dice, agitando in aria l’indice e medio tra me e o stilista «di quello sguardo ammonitore. Non è uno scherzo affatto»
Pulisco la bocca dai residui del sushi e lascio aggressivamente il fazzoletto affianco al mio piatto.
«Certe cose non sono tenuta a raccontarle a te» ribatto, dando inizio ad una serie di botta e risposta così assurdi da farmi salire l’ira alle stelle. E’ una stupidaggine, non dovrei sentirmi a disagio nel dire a qualcuno di avere diciotto anni e di avere già una laurea, ma sento anche che in qualche modo mi metterebbe troppo al centro di un attenzione che non desidero. In più, l’unica persona che realmente è tenuta a sapere le cose è il mio capo, Haewon, a cui non frega niente. Cosa vuole adesso questa qui?
All’ennesimo “Dimmelo!” elargito con estrema prepotenza, mi alzo con violenza dalla sedia –sentendomi un po’ Jinhwan come questa mattina- e mi affretto a raccogliere le mie cose.
«Ragazzi, vengo con voi» alzo la voce per lasciare che alcuni dello staff che hanno deciso di andare via ora mi possano sentire.
«Penso di averne abbastanza per stasera» continuo a tono normale e lascio dei soldi a Mike perché paghi la mia parte. Guardo brevemente verso Harumi prima di uscire dalla porta e vedo Junhoe cercare di togliere le sue mani dalla sua maglietta con pochi risultati. Esco senza ammettere di averci dato un peso che non ha.
L’aria fredda della serata è un calmante da non sottovalutare e nel tragitto verso l’hotel ho modo di placare la rabbia che mi ribolle dentro.
Mi addormento nel rilassante silenzio di una stanza vuota.
 
La seguente settimana passa stranamente.
Harumi non mi ha rivolto più la parola, ma non ha neanche fatto scenate, evitando invece di trovarsi sola con me e cambiando strada se mi vedeva in fondo ad un corridoio. A me sta più che bene.
Per tutti gli altri non posso dire che ci siano stati cambiamenti evidenti, se non che sembrano tutti, a volte, guardarmi con gli occhi di chi sa qualcosa più di te che ti riguarda. All’inizio mi creavo problemi sul dovermi chiedere o meno se mi interessasse, ma tempo qualche giorno e ho preso la saggia decisione di poter vivere anche senza quell’informazione. Se nessuno è venuto a dirmelo, non deve essere poi così importante.
E’ inevitabile pensare al fatto che tra poco più di due settimana torneremo a Seul e in anche meno di un mese ho intenzione di lasciare il lavoro.
Con questa esperienza metterò da parte abbastanza per poter fare domanda per il master e non dovermi preoccupare delle spese per un po’ di tempo. Sto vivendo la cosa con riluttanza quando mi aspettavo nessuna implicazione emotiva e non è mai neanche stato il mio obiettivo iniziale quello di rimanere a lavorare per l’agenzia per sempre. Prima o poi sarebbe dovuto accadere.
Con questi pensieri scendo le scale dell’hotel verso il piano di Jinhwan, dovendo, oltre a recapitare un messaggio di Haewon, parlare con lui di quella questione che mi accennava i primi giorni in Giappone. Un’altra volta, più che altro, perché si è categoricamente rifiutato di dire qualsiasi cosa rifilandomi un “non è così importante” che non mi sono bevuta.
Mando un ultimo messaggio a Jungsu dal telefono e busso alla stanza, realizzando in questo istante di aver interrotto una discussione piuttosto –sembrava- vivace tra Jinhwan e quella che pareva essere la voce di Junhoe.
«Sunhee entra pure, Junhoe stava giusto andando via» parla il più grande con un tono di disappunto nella voce. Il moro sospira affranto e sussurra un “Come ti pare” prima di sparire in corridoio.
Senza avermi degnata di sguardo.
Il nostro rapporto procede piuttosto amichevolmente e non abbiamo più litigato, quindi il suo atteggiamento non me lo spiego.
Mi convinco che la cosa mi renda indifferente.
«Problemi di coppia?» cerco di alleggerire la tensione facendo un palese riferimento all’otp dei due molto famosa tra le fan, ma la cosa non sembra far sorridere Jinhwan.
«Jinny» mi avvicino parlando con apprensione «che succede?»
Lui non fa altro che guardare per terra e non mi basta altro per capire che stia cercando di mandar via delle lacrime. Un altro passo verso di lui e ci stiamo abbracciando in un inconsapevole supporto reciproco: per il mio disagio lavorativo e per qualunque sia il suo problema.
«Non mi odi, vero?» chiede Jinhwan e istintivamente domando se sia forse impazzito, causandogli un riso leggerissimo ma ben gradito alle mie orecchie.
Mi invita a sedermi per poter parlare liberamente.
«Le cose tra me e Junhoe non vanno molto» ammette, torturandosi le mani sul grembo. Me ne ero accorta, in effetti. Durante i concerti si avvicinano solo per quel minimo fan service che serve a far urlare le ikonic e l’unico ambito in cui discutono è quello pratico musicale e nient’altro. Potrebbe sembrare pura collaborazione tra due persone che fanno parte di un gruppo, ma per chiunque abbia visto entrambi insieme fuori dal palco o dal lavoro, nota chiaramente che qualcosa non vada come dovrebbe.
«Era di questo che stavate parlando poco fa?»
«Sì» risponde Jinhwan «Ma la cosa che mi manda in bestia è che non mi dice chiaro e tondo quale sia il problema»
«E come spiega la cosa? Tu hai qualche idea?»
Il ragazzo mi manda un’occhiata che non riesco ad interpretare, ritornando nella stessa espressione di prima in un secondo. Scuote la testa, affranto.
«Dice che non se la sente di essere in mia compagnia»
«Evidentemente» cerco di tirargli su il morale «la compagnia di persone stupide come Harumi alleggerisce il suo animo» e ride leggermente.
«A proposito» si ricorda Jinhwan «non ti sta dando problemi, vero? Dopo quella sera…» e non conclude, lasciando aleggiare nell’aria il resto delle sue parole.
Questa volta sono io a guardarmi le mani mentre scuoto la testa in cenno negativo.
«E’ successo per una sciocchezza, sai» parlo, alzando lo sguardo giusto il tempo di controllare la sua espressione. Mi va di dirlo a lui, mi fido.
«Mi sono laureata un po’ prima di quando avrei dovuto» faccio spallucce «Tutto qui»
E Jinhwan scoppia a ridere furiosamente. Si contorce sul suo letto e non mi risparmio di sorridere di rimando per l’assurdità della cosa.
«Sembrava fosse qualcosa di veramente importante» commenta una volta ripreso dagli spasmi delle risate «Però è una cosa… interessante, direi»
«Mi spiace essere andata via così, comunque. Non ho detto nulla dopo perché mi sentivo a disagio» cambio ancora discorso e vedo lo sguardo di Jinhwan addolcirsi.
«Sono felice che Junhoe abbia ancora sentimenti di riguardo almeno per te» e un punto interrogativo mi si dipinge sulla faccia. Qual è la connessione con lui?
«Non capisco il nesso» dico allora e Jinhwan spalanca gli occhi forse avendo realizzato qualcosa. Si riprende subito e, con evidente difficoltà, cerca di spiegarmi. Dopo una serie di frasi sconnesse si blocca e pondera le parole da usare, dicendo poi «Ha detto ad Harumi di farsi, cito testualmente, i cazzi suoi»
«Blateri» parlo allora, incredula.
«Davvero!» insiste lui «Non smetteva di lamentarsi e di torturare Mike, così si è innervosito e ha detto quel che ha detto» scuote la testa con una risata accennata sul volto, nel ricordo del momento «E’ stata abbastanza divertente la reazione di Harumi»
Non gli chiedo cosa ha fatto la ragazza, perché posso immaginarlo e comunque non mi importa. Più che altro, mi ritrovo di getto a negare la tesi assurda di Jinhwan.
«Lo avrebbe fatto chiunque, quella ragazza è un calcio nei testicoli» affermo convinta «E sto cercando di essere gentile»
«No Sunhee, è abbastanza evidente che lo abbia fatto per te, non si sarebbe interessato così tanto per qualcun altro» prova a convincermi «Lo conosco bene» conclude e vedo la tristezza ritornargli nello sguardo. Gli massaggio una spalla senza proferire parola, aspettando che si calmi.
Inaspettatamente, è lui a prendere le redini e a continuare il discorso.
«E’ affezionato a te: ti sta dando il dieci percento» si ferma un attimo, pensieroso «Solo che a quanto pare non vuole fartelo sapere»
«Le ha solo detto di non rompere, Jin. Non voglio mettere in dubbio le tue convinzioni, ma mi sembra una teoria costruita sul nulla» ribatto, non volendo accettare che abbia detto quelle parole per me.
«Ovviamente non parlo soltanto di quella sera, mi riferisco anche al video musicale» e, di fronte al mio sguardo più interrogativo di prima, Jinhwan spalanca gli occhi anche più di quanto dovrebbe riuscire a fare.
«Possibile che tu non lo sappia?» scuote la testa, incredulo, e aggiunge «Il gruppo di ragazze che mi infastidiva e tra cui c’era quella che ti ha colpito, te le ricordi, no?» annuisco titubante e lascio che continui a parlare.
«Junhoe non ci ha visto più nulla sul serio. Ha fatto una sfuriata assurda e ha detto al manager che se non le avesse mandate via, si sarebbe potuto scordare la sua presenza nel video. E’ stato abbastanza suggestivo, a pensarci»
E io che…
Stupida.
Sono arrivata addirittura ad odiarlo ad intervalli regolari perché non si era interessato minimamente al mio occhio e invece si era assicurato che quelle ragazze non mettessero più piede nella sua stessa stanza.
Un brivido mi percorre la spina dorsale e un piacevole bruciore invade il mio stomaco.
Gli importava –e a quanto pare gli importa- tanto di me senza che ne avessi la minima idea, senza darmi la possibilità di ringraziarlo. Forse il nostro rapporto non farebbe così schifo se mi fossi comportata meglio o se lui mi avesse detto queste cose.
«Non ne avevo idea» rispondo in un sussurro a Jinhwan, ormai con la testa altrove.
«Te lo avrei detto prima se avessi saputo»
«Non fa niente, non è colpa tua. Sono felice, però, che tu me lo abbia detto adesso» lo ringrazio e lo abbraccio un’ultima volta.
«Devo andare a parlare con lui, non mi sento di aspettare di cambiare nuovamente umore e tornare ad odiarlo per poterlo affrontare» e Jinhwan semplicemente sorride e mi incita a lasciare la stanza in fretta, con la promessa che gli racconterò tutto.
Percorro i corridoi quasi saltellando e gli altri clienti dell’hotel mi guardano storto per questo, ma al momento non me ne curo. E cerco di non pensare all’inaspettata gioia che mi pervade da capo a piedi in questo istante, perché forse la motivazione non mi piacerebbe molto.
Mi rendo conto di non avere la minima idea di come introdurre l’argomento a Junhoe senza essere troppo imbarazzante non appena metto piede sul pavimento lucido del nostro piano.
Devo approcciarlo in stanza? Forse sarebbe bussare direttamente alla sua porta –continuo a pensare che in realtà quella stanza fosse stata concepita come una per via del doppio bagno e delle due porte. Potrebbe, però, non essere tornato direttamente qui e…
Una risata fin troppo riconoscibile mi stuzzica spiacevolmente le orecchie e mi blocco esattamente di fronte la porta della stanza che Junhoe e Chanwoo avrebbero dovuto condividere da soli. La voce proviene da lì, ne sono più che sicura, e per un attimo non so se andare nella mia e passare più tardi.
O andare altrove. Sarebbe come se fossi lì, dopotutto.            
Non ho il tempo di pensare ad un piano d’azione che la porta si apre con un click e il volto di Harumi viene attraversato da un istante di pura sorpresa prima di ritornare costruita e controllata.
«Sunhee, sei qui» parla, nessuna particolare emozione nella voce se non pura e semplice constatazione. Junhoe guarda meglio dalle spalle della giapponese ed è invece evidente un cambio di espressione sul suo volto. Non sembra sorpreso, piuttosto… sollevato?
Esito prima di rispondere «Sì, cercavo Junhoe» e lei sorride in risposta.
«Tutto chiaro» annuisce facendo un passo fuori dalla stanza.
«June, ci vediamo a lavoro, suppongo» la scelta delle sue parole mi lascia aggrottare le sopracciglia. Non voleva provarci?
Passandomi affianco, mormora un «Potevi dirmelo» e manda un bacio volante perché anche Junhoe veda che mi sta salutando. Che diavolo di problema hanno tutti? Dirle cosa, esattamente?
Sto ancora guardando l’immagine impressa nella mia mente dei suoi piedi che attraversano il corridoio quando Junhoe mi richiama alla realtà.
«Oh, sì, scusa» ritorno a concentrarmi su di lui, il quale mostra con evidenza che non sa come comportarsi. Ho detto che lo stavo cercando, prima.
Lascio da parte l’eventuale disagio che la situazione ha generato e chiedo, stranamente per via del fatto che condividiamo la stanza: «Posso… entrare?» 
In risposta il moro annuisce ed apre meglio la porta ponendosi di lato con essa per permettermi di passare. La chiude titubante.











 
Dedico questo spazio a ringraziare tutti coloro che seguono la storia e un grande bacione a chi ha avuto un attimo per lasciarmi una recensione!! Grazie Grazie Grazie Grazie per i mille complimenti che mi fate sempre per la storia e per la passione che dimostrate nel leggerla ♥♥♥♥ 
Ci vediamo al prossimo capitolo (che forse pubblicherò questa stessa settimana, vedreeeeeeemo, non voglio lasciarvi troppo in sospeso)
   
 
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