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Autore: Lory221B    29/04/2016    2 recensioni
Raccolta di one-shot Johnlock, di genere vario.
Aggiunta la 13) "Oh what a night": perchè Sherlock ci ha messo così tanto a capire?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice:
Ispirata da un post su Twitter, ne è uscita questa storia. Che è anche un esperimento perché è la prima volta che scrivo in prima persona con il Sherlock POV.
Buona lettura e spero vi piaccia.


 
Coinquilini



CANDIDATO N° 1 - PETER

Ero seduto al microscopio, in un pomeriggio come tanti, senza nulla da fare, cercando di trovare qualcosa che mi distraesse dalla voglia di fumare, che recentemente si era nuovamente fatta strada nella mia mente.

Sui giornali parlavano di un nuovo caso di suicidio, ma Lestrade non si era ancora deciso a contattarmi. Era davvero evidente che non si trattava di un suicidio, l'incompetenza della polizia aveva raggiunto nuove vette di stupidità.


Sconsolato dal non avere nessun caso di cui occuparmi, mi stavo accingendo a lasciare il Barth's, quando Mike Stamford, mi venne in contro facendomi cenno di fermarmi.

Era in compagnia di un uomo, alto e magro, brizzolato, sulla quarantina. Nei giorni scorsi avevo annunciato che avrei cercato un coinquilino con cui dividere un appartamento, stupendo lo stesso Mike e anche Molly, che mi era sembrato stesse per offrirsi come volontaria.

- Sherlock, eccoti qui,ti presento il mio amico Peter - fece Stamford, calorosamente.

Gli lanciai una rapida occhiata - Separato da poco, niente figli, un gatto - affermai. Erano deduzioni davvero banali.

Peter aprì la bocca due volte, poi affermò soltanto, quasi infastidito - Come fa a saperlo? -

- Sua moglie ha un amante e lei sta cercando un appartamento, quindi... - continuai.

Con la coda dell'occhio vidi che Stamford stava leggermente sbiancando. Rimanevo sempre stupito dalla capacità delle persone di trovarsi in imbarazzo davanti alla verità.

- Come dice? - fece l'uomo, con tono leggermente più aggressivo.

- Credo che l'amante di sua moglie sia il suo migliore amico, lavora in una biblioteca giusto? E ha anche ottenuto una promozione al suo posto -

Peter lanciò uno sguardo stranito a Mike, che si morse un labbro.

- Scusate ma devo andare - affermò soltanto quell'uomo.

- Non a lavoro, o troverà la sua ex moglie con il suo ex amico - risposi.

- FUORI DAI PIEDI - gridò, con tanta forza che quasi feci un passo indietro.

Lo guardai stupito e feci spallucce, di certo non avevo bisogno di coinquilini così suscettibili.

Mike, però, mi stava ancora fissando.

- Sherlock, volevo presentartelo come coinquilino! -

- Lo avevo capito -

- Come non detto, ci vediamo domani - rispose, in maniera quasi stanca.

Era inutile che Mike mi guardasse in quel modo, non era stata colpa mia. Presi un taxi e mi diressi in Baker Street, dovevo continuare il trasloco: qualcuno con cui dividere l'appartamento e l'affitto lo avrei trovato, prima o poi, ero abbastanza fiducioso.



CANDIDATO N° 2 - MATT

- E questa è la sala autopsie. Matt ti presento Sherlock -

Ero ancora chino sul cadavere che stavo esaminando, quando mi accorsi che Mike era entrato con un amico, molto probabilmente un altro potenziale coinquilino.

Alzai la testa e feci un cenno di saluto con il mento. Era preferibile non usare le mani, visto che avevo ancora addosso i guanti sporchi di sangue.

L'amico di Matt, fece un leggerissimo sorriso, un po' tirato e poi chiese a Mike - Lavora qui? - come se la cosa lo infastidisse.

- Non proprio - intervenni - E' più che altro un hobby -

Quel Matt alzò un sopracciglio perplesso.

- Sta cercando un coinquilino perché sua madre vuole sbatterla fuori di casa? - chiesi. Notai che Mike fece un sospiro forte, ma non ci badai.

- Si ma.. - rispose, spostando il peso da un piede all'altro.

- Posso capirlo, a 30 anni vivere ancora con i genitori è quantomeno strano. Soprattutto per il fatto che sono almeno dieci anni che lavora...vediamo, in uno studio di commercialisti? Ma preferisce suonare la chitarra e vorrebbe mollare tutto per fondarne una rock band. Non credo sia una buona idea - conclusi.

Peter fissò Mike, che scrollò le spalle.

- Ho adocchiato un appartamento in Baker Street, potremmo vederlo assieme, questa sera per le 7 - feci, togliendomi i guanti e gettandoli nel cestino -  La aspetto lì - e mi congedai.

Qualche ora dopo arrivai puntuale all'appuntamento in Baker Street. Matt non era ancora arrivato, per cui decisi di aspettarlo sul marciapiede, nonostante la signora Hudson si fosse affacciata per invitarmi ad entrare. Faceva abbastanza caldo, per cui potevo tranquillamente aspettare.

Dieci minuti dopo ero ancora in attesa. Mi misi a passeggiare avanti e indietro, mentre piano piano si faceva sempre più buio.

Venti minuti: un taxi si accostò al marciapiede ma ne scese una ragazza bruna che subito entrò da speedys.

Mezz'ora:  guardai l’orologio. Feci un leggero sospiro, come se fossi un po' deluso dalla situazione. Ma ovviamente non ero deluso, ero solo infastidito dalla perdita di tempo. Certi stati d'animo non mi appartengono.

Quarantacinque minuti: Inutile continuare ad aspettare, non sarebbe venuto. Mi strinsi nelle spalle e feci per entrare a salutare la signora Hudson quando mi arrivò un sms; pensai che  magari quel Matt aveva chiesto il mio numero a Mike ed era semplicemente in forte ritardo.


Fratellino, cos’è questa novità che cerchi un coinquilino?
MH

Fissai il display e poi istintivamente mi girai attorno, cercando di vedere se qualche telecamera era sui di me e mio fratello poteva aver intuito il mio stato d'animo. Di fastidio, non di altro.

Un altro bip e un nuovo sms.

Senso di solitudine?
MH

Mi rimisi il cellulare in tasca. Matt mi aveva dato buca, ma perché? Non avevo fatto e detto niente di sbagliato, perché qualcuno doveva offendersi per dei dati di fatto?

Entrai in casa e dieci minuti dopo stavo bevendo il té nella cucina della signora Hudson. Continuavo a ruotare il cucchiaino nella tazza, pensando al motivo per cui due perfetti estranei, che niente sapevano di me, mi avevano catalogato come qualcuno da cui stare alla larga. Talmente alla larga da non concedermi nemmeno il beneficio del dubbio.

- Sono tutti degli idioti - esclamai.

La signora Hudson si sedette alla tavola allungandomi dei biscotti - Con questo atteggiamento non mi stupisco che non facciano a gara per dividere l’appartamento con lei, giovanotto -

Sollevai uno sguardo leggermente sconsolato, prima di riprendere il mio solito contegno.



CANDIDATO N° 3 - DAVID

Ero ancora chino sul telescopio, quando Mike mi si sedette accanto - Sherlock, potresti non travolgere le persone con le tue deduzioni? La gente si spaventa -

Lo guardai accigliato, ma non dissi nulla.

- Io cerco di aiutarti con la tua caccia al coinquilino, ma.. -

- Non vanno bene quelli che mi presenti, si agitano per un nonnulla, non ha senso. Io posso giudicare una persona a prima vista, ma gli altri non sono in grado, per cui perché scappano? - chiesi, aspettando che mi rispondesse che appunto, erano degli idioti. 

- Non vogliono vivere con qualcuno che all’apparenza sembra uno psicopatico o quantomeno uno strambo, Sherlock - rispose invece. Strambo, come mi chiava Sally. Psicopatico, come mi chiavano i miei compagni di scuola. Aggettivi che ormai mi scivolano addosso.

- C’è un altro mio amico che verrà pomeriggio, ti prego niente deduzioni, magari parla di te piuttosto, fatti conoscere -

Qualche ora dopo tornò con un tizio alto, di bell'aspetto. Era sicuramente un dottore, molto probabilmente uno specializzando in neurochirurgia  - Ciao Sherlock questo è David, come ti dicevo sta cercando un appartamento e un coinquilino - fece Mike.

Mi alzai e porsi cortesemente la mano  - Piacere  -

Stamford annuì incoraggiante alle spalle di quel David.

- L' appartamento è in Baker Street  - affermai.

- Ottimo quartiere - rispose l'uomo. Sembrava allegro, forse Mike aveva ragione che travolgere qualcuno appena conosciuto, con le mie deduzioni, poteva dare l'impressione sbagliata.

Ricordai che mi aveva detto di parlare di me  - Io suono il violino, spero non le dia fastidio -

- Mmh, no - rispose. Un punto a suo favore.

- A volte non parlo per giorni, soprattutto se conduco i miei esperimenti -

David mi fissò colpito, o almeno così credetti, per cui continuai - A proposito di esperimenti, nel frigorifero ogni tanto conservo pezzi di cadavere per i miei studi. Il tavolo della cucina sarà praticamente sempre occupato dalle provette, ma in effetti mangio poco o niente quindi non mi è un peso, per lei lo sarebbe? - feci entusiasta.

La faccia di David ora era un po' mutata, tendeva a quell'espressione contrariata che mi avevano riservano i precedenti amici di Mike, per cui cercai di riformulare la mia ultima frase - Ma c’è un altro tavolo in soggiorno. Non mangeremo sopra le provette, si può mangiare lì. - conclusi incoraggiante.

- E cosa mangeremo, i pezzi di cadavere? - chiese l'uomo, non mi era chiaro se fosse sarcastico.

- Ovviamente no, quelli servono per i miei studi - risposi cortesemente.

Segui un silenzio surreale.

- Bene, alle 7 in  Baker Street? -

***** *****

Io arrivai puntuale, lui non arrivò proprio. E sta volta fu più strano di quella precedente. Forse perché faceva più freddo, forse perché vedevo tutti che correvano a casa con la spesa, mentre io ero rimasto un'ora in attesa davanti alla porta del 221B.

Nuovamente un messaggio mi ricordò che era passato abbastanza tempo e che potevo mettermi l'anima in pace che non sarebbe venuto nessuno.

Ci sono due gradi sotto zero Sherlock, vai a casa
MH

Fatti gli affari tuoi
SH

Risposta molto matura. Comportati da persona normale e ordinaria e troverai un coinquilino. Se è questo che vuoi. 
MH

Fissai l'ultimo sms, alquanto criptico. No, che non volevo far finta di essere un altro!  Storsi il naso e decisi di andare a fare due passi, giusto per contrariare mio fratello.



CANDIDATO N° 4, L'UNICO E IL SOLO: JOHN

- David non è venuto? - esordì Mike, raggiungendomi al Barth's.

Scossi la testa.

- Lo temevo, era  un po' perplesso. Gli ho detto di provare a vedere l'appartamento ma.. -

- Lascia stare - risposi. Non avevo tanta voglia di continuare a parlare dell'impossibilità di trovare qualcuno che mi sopportasse.

- Sherlock, magari menzionare pezzi di cadavere in frigorifero non è un grande idea. Al prossimo non dirlo, altrimenti sarà difficile per te trovare un coinquilino -

- Senti, lascia stare, fa niente, va bene così. Sto bene solo, non so cosa mi sia venuto in mente. Un modo per pagare l'affitto lo troverò -

Mike mi lanciò uno sguardo dispiaciuto, ma per fortuna non disse niente. Abbassò gli occhi e uscì dalla sala autopsie. Io presi il mio frustino in mano e decisi che era un'ottima giornata per frustare un cadavere.

Dopo essermi svicolato da Molly, andai nuovamente dal mio amato microscopio. Finalmente avevo capito che poteva essere stato il fratello, l'autore dell'omicidio su cui stavo indagando, avevo necessità di avvisare Lestrade al più presto, ma il mio cellulare non aveva segnale.

Proprio in quell'istante entrò Mike, seguito da un medico militare.

Non mi disturbai nemmeno a salutare, tanto sarebbe seguita soltanto l'ennesima delusione. Ma avevo bisogno di un cellulare e Mike non lo aveva con sè.

- Ecco, usi il mio - fece l'amico di Stamford, inaspettatamente.

- Ah, grazie - risposi stupito, lanciando una leggera occhiata in direzione di Mike, che impercettibilmente sorrise.

- Un mio vecchio amico, John Watson - fece, indicandomelo.

Lo guardai meglio, mentre mi alzavo per prendere il cellulare che gentilmente mi porgeva. - Afghanistan o Iraq? - chiesi.

Lui sembrò confuso, ma non spaventato. Un punto a suo favore.

- Afghanistan, ma come fa a saperlo? -

Zoppicava ma era evidentemente psicosomatico, probabilmente era stato ferito in missione.

Molly entrò con il mio caffè, mentre quel John mi stava ancora guardando.

- A lei piace il violino? - chiesi con noncuranza.

John sembrò non capire, forse pensava stessi parlando con Molly. - Come scusi? -

- Io suono il violino quando penso e a volte non parlo per giorni interi. Due potenziali coinquilini dovrebbero conoscere i difetti reciproci - e sorrisi.

Sembrava ancora confuso, chiese una sorta di sostegno a Mike ma lui negò, ovviamente, di avermi parlato di lui.

John continuava ad incalzarmi, sul fatto che ci eravamo appena incontrati ed era un po' poco tempo per cercare un appartamento insieme. Ma io sapevo abbastanza di lui e a differenza degli altri, mi sembrava più propenso ad una vita avventurosa. Era un medico militare dopotutto.

- Il nome è Sherlock Holmes e l'indirizzo è il 221 B di Baker Street - conclusi strizzando l'occhio, non sapevo perché, ma alla gente piaceva quando lo facevo.

Uscii stranamente ottimista, pensando che forse, sta volta, Mike ci aveva visto giusto.

Più tardi, in taxi, ero nervoso; non sapevo perché, ma lo ero. Il mio taxi stava percorrendo Baker Street, quando notai un inconfondibile John Watson, che stava zoppicando verso Baker Street. Scesi dal taxi un po' più speranzoso del solito, era arrivato addirittura prima di me.

- Può chiamarmi Sherlock - precisai allegro. Sorrisi, era stranito ma era lì, si stava fidando.

Salimmo all'appartamento accompagnati dalla signora Hudson e John si guardò intorno. L'appartamento era davvero perfetto, non poteva dire di no.

Infatti, anche lui sembrò concordare sulla fortuna di trovare un appartamento del genere, finché non si lamentò del disordine, non capendo che era tutta roba mia. Misi qualcosa a posto e...

- Quindi così hai incontrato papà? - Lo interruppe Ginny. Da quando aveva compiuto 14 anni, era entrata in quella fase in cui credeva di sapere tutto. Degna figlia di suo padre in ogni caso.

- Se mi lasci finire - rispose il detective - Arrivo all'omicidio del tassista. La versione di John è troppo romanzata. Oltre che non vera, sul blog non appare come mi ha salvato la vita per la prima volta -

- La versione di papà è più romantica - fece lei e Sherlock non potè non pensare che assomigliava ogni giorno di più a John.

- Appunto - fece.

- Se fosse stato per te, vi sareste sposati in sala autopsie, Sherlock - rispose lei.

- Non è vero - ribatté piccato il detective. Con John e Ginny si trovava sempre in minoranza.

- Potevi dire qualcosa di dolce, tipo che nessuno andava bene perché stavi aspettando John, era scritto nelle stelle, solo lui ti capisce. Cose così -

- E' quello che ha detto, tra le righe - fece John entrando in soggiorno - Dobbiamo tenercelo così tesoro - continuò, baciando Sherlock su una guancia.

Il detective sorrise, ma non disse niente; sapeva che prendere quel cellulare in mano era stato il momento più importante della sua vita e che solo John poteva amare quell'insieme di follia, genio e presunzione senza fuggire e continuando a sceglierlo ogni giorno.


   
 
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