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Autore: Yasha 26    29/04/2016    6 recensioni
(Cain/Setsu/Reino)
- Ma che t'importa con chi esco? Se anche andassi a letto con mezza città, a te che importa? -
- Non osare nemmeno pensarla una cosa del genere! – esclamò Cain, guardandola torvo. Lui ci provava a mantenere la calma, ma Setsu era abile nel fargliela perdere.
- Perché non dovrei? Adesso potrei anche uscire da questa stanza e andare a letto col primo che incontro! Non potresti impedirmelo! - lo sfidò, avvicinandosi all'ingresso, ormai stanca di quella lite.
Fu tutto troppo veloce per Setsu, che quasi non capì come avesse fatto a finire sul letto, con Cain su di lei a bloccarla con forza contro il materasso.
Era sorpresa da quella reazione, ma non impaurita. Le sembrava di assistere ad un attacco di gelosia e non al rimprovero di un normale fratello preoccupato. Poteva forse sperare che fossero la gelosia e la rabbia di un uomo innamorato?
- Perché ti stai comportando così? Che cosa vuoi da me? - gli chiese, sperando in una risposta diversa dal suo solito: "Sei troppo piccola e ingenua per avere un uomo”.
- Volevi andare a letto col primo che incontravi, no? Ti sto accontentando! – rispose lui, baciandola.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cain Heel, Reino, Setsuka Heel
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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- Tieni, prova questi. – le disse il fratello, passandole dei pantaloni di pelle, con dei decori sulle tasche anteriori e una maglia a collo alto nera, con dei teschi stampati.
- Perché devi essere tu a scegliere cosa mettermi? – chiese irritata, osservando gli orripilanti capi tra le sue mani.
Appena svegli, Cain l’aveva trascinata in un negozio dicendo di voler fare shopping. Le si erano illuminati gli occhi al solo pensiero di vedere suo fratello provare diversi abiti, invece, era rimasta delusa nel vedergli prendere abiti esclusivamente per lei. Non che le dispiacesse, ma stava iniziando a innervosirsi di fronte agli abiti che lui stava scegliendo, decisamente diversi da quelli che era solita portare. Senza contare che erano tutti rigorosamente coprenti.
- Perché non mi va tu venga agli studi con le solite minigonne o gli shorts. – rispose, prendendo un altro paio di pantaloni.
- Perché? Non ti ha mai dato fastidio. Perché ora non ti piace più come mi vesto? –
- Non dico che non mi piaccia, ma indossare qualcosa che ti lascia così scoperta, spinge Murasame a guardarti di più. – le spiegò, lasciandola perplessa. Non capiva cosa c’entrasse quel ragazzo con il suo strano comportamento.
- Fratellone, certo che sei strano. Persino Murasame lo troverebbe fuori luogo dopo tutto questo tempo. E poi non potrebbe mica guardarmi all’infinito. –
- Non sono solo i tuoi vestiti il problema. –
- E cosa allora? – domandò confusa, non riuscendo a comprendere il suo ragionamento.
- Nulla di cui tu ti debba interessare. Gli adulti si occupano di molte cose di cui non parlano. – mormorò scocciato, ben sapendo che quel maledetto l’avrebbe guardata comunque. Sua sorella era troppo carina.
- Non ti capisco! Dici che con i miei soliti abiti mi guarderebbe, ma allo stesso tempo dici che il problema non sono i vestiti. Ti stai contraddicendo fratellone. Se quel tipo vuole guardarmi, lo farà comunque, sia che abbia la minigonna sia che indossi i pantaloni! – gli fece presente contrariata. Non capiva cosa gli passasse per la testa. Ogni giorno che passava, diventava sempre più strano.
- Sì è vero, ma l’occasione rende l’uomo ladro, quindi copriti! – insisté Cain, passandole altri abiti e spingendola verso i camerini.
Dopo una mattinata passata a svaligiare i negozi di abiti che non le piacevano minimamente, ritornarono in albergo per riporre gli acquisti. Mentre sistemava tutto nelle apposite grucce, Setsu non poté fare a meno di pensare che l’aria di Tokyo rendeva suo fratello più complicato del solito. Era stata costretta a indossare abiti che non le piacevano, solamente per non farlo arrabbiare, perlomeno quel giorno, poiché non aveva la minima intenzione di fare come le aveva chiesto.
Il giorno dopo, agli studi, aveva indossato i pantaloni orrendi che aveva scelto il fratello, ma con un top che aveva scelto lei, sostenendo che fosse un buon compromesso e riuscendo a farsi accordare anche quel capriccio.
Come consuetudine, la giornata era iniziata con le oche starnazzanti che approfittavano di ogni scusa per parlare con suo fratello, e con Murasame che la squadrava dalla testa ai piedi.  Le aveva chiesto spesso di uscire a prendere qualcosa da bere, ma lei aveva sempre rifiutato, o forse era più corretto dire che l’aveva sempre ignorato.
Quel giorno, però, l’attore pareva non essersi accontentato del suo solito sguardo indifferente, poiché, all’ennesimo no, l’aveva presa per un polso prima che gli voltasse le spalle.
- Aspetta Setsuka-san! Sarebbe quantomeno gentile che almeno rifiutassi dicendo qualcosa, invece di ignorarmi ogni volta! – protestò Murasame, colpito nell’orgoglio dall’atteggiamento della ragazza. Mai nessuna lo aveva rifiutato.
- Lasciami. – rispose impassibile, aspettando che lui la lasciasse.
- Dimmi prima perché non vuoi darmi la possibilità di conoscermi. Ti ho solo chiesto di prendere un tè o un caffè. Perché rifiuti sempre? –
- Il mio ignorarti, non avrebbe dovuto farti capire che non m’interessi? Che ti trovo talmente insignificante come uomo, da non degnarti nemmeno di risposta? Se non lo hai capito, vuol dire che sei davvero stupido… ed io odio gli stupidi. Ora lasciami! – ripeté lei, ma strattonando stavolta la presa, che però non accennò a diminuire.
- I tuoi genitori non ti hanno insegnato un po’ di educazione? Non so come ci si comporti in America, ma in Giappone la gente è educata e rispettosa verso gli altri! Non puoi comportarti come ti pare! – rispose offeso Murasame, aumentando la stretta sul polso.
Setsu stava per replicare, ma prima che potesse anche solo aprire bocca, vide Murasame finire contro il muro dietro di lei, con suo fratello a premergli un braccio contro il collo.
- Ti avevo avvertito di starle lontano, bastardo! – ringhiò Cain, premendo maggiormente il braccio contro la gola di Murasame.
- La-lasciamiii… - rantolò l’attore, cercando di liberarsi, ma senza riuscirci.
- Fratellone! Che stai facendo! Lascialo! – intervenne Setsu, notando il volto sofferente dell’idiota. Non che le importasse, ma non voleva che suo fratello avesse problemi a causa sua.
- Ha osato toccarti! Lo avevo avvertito! –
- Credo che abbia imparato la lezione adesso! Lascialo! – ripeté preoccupata lei, prendendolo per il braccio e tirandolo via, mentre Murasame finiva per terra tossendo, in cerca d’aria.
- Non ci sarà una terza volta! Ricordalo! – minacciò Cain, prendendo la sorella per mano e dirigendosi verso il loro camerino.
- Fratellone aspetta! Non tirarmi così! – protestò lei, ritrovandosi quasi scaraventata contro il divano.
- Te lo avevo detto di stargli lontano, ma tu non mi ascolti mai! Domani non esci dalla camera se non ti vesti come dico io! Questo tuo attirare l’attenzione inizia a stancarmi! – tuonò furioso, calciando una sedia.
- Vuoi dire che è colpa mia se quel tizio si è fissato con me? – domandò incredula.
Suo fratello non rispose, le riservò solamente uno sguardo che non ammetteva repliche. Lo conosceva bene, quindi era meglio non contraddirlo.
“Ma che accidenti gli è preso? Sembra quasi un’altra persona.” si disse preoccupata mentre lo osservava, ripensando anche ai giorni precedenti e alle sue reazioni.
- Dannazione! – esclamò Cain, frustrato. Quando aveva visto l’attore toccare sua sorella, aveva perso del tutto le staffe. Avrebbe davvero voluto ucciderlo. Tuttavia sapeva che non era realmente colpa di Setsu se quel giapponese la importunava, e gli dispiaceva reagire in quel modo anche con lei. Si voltò a guardarla, ancora immobile sul divano su cui l’aveva quasi gettata. Le si avvicinò, porgendole la mano per tirarla su. – Scusami. Non volevo prendermela con te. Sono solamente incazzato con quel bastardo. Nessuno deve toccare la mia sorellina. – si scusò, ottenendo in risposta un debole sorriso.
- Ok. – aggiunse lei, prendendo la mano di Cain e alzandosi, fingendo non fosse accaduto nulla, mentre invece era turbata. Non comprendeva certe reazioni del fratello, e forse mai le avrebbe comprese.
 
Nei giorni successivi, le cose non erano cambiate. Cain aveva un umore altalenante. Mai, come in quel periodo, Setsu si era trovata a disagio in compagnia del fratello. Non sapeva come comportarsi per non irritarlo, cosa che accadeva fin troppo spesso. Aveva capito di esserne la causa, ma non ne comprendeva appieno il motivo. Aveva perfino pensato che fosse geloso di lei in quanto donna, non come sorella, ma lui non le mostrava segni che potessero darle la benché minima speranza che si potesse trattare di gelosia di un uomo innamorato, concludendo ogni discussione con la solita frase “sei troppo piccola e ingenua per una relazione”.
Temeva sarebbe impazzita continuando in quel modo, così, si decise una volta per tutte a contattare l’unica persona che avrebbe potuto darle una risposta: Reino dei Vie Ghoul.
Non aveva molta voglia di rivederlo, ma lui era l’unico cui potesse chiedere qualcosa che riguardasse suo fratello. Cercò il bigliettino, che per fortuna non aveva buttato, e guardò il numero, iniziando a comporlo. Dopo i primi squilli, la voce calda e pacata del ragazzo rispose, provocandole nuovamente lo stesso brivido che aveva avvertito la prima volta che lo aveva conosciuto.
- Sapevo che mi avresti chiamato. – rispose lui compiaciuto. Appena aveva visto il numero sconosciuto sul display del suo cellulare, aveva capito immediatamente che si trattava della ragazza che aveva conosciuto qualche settimana prima.
Sapeva che l’avrebbe cercato, così come conosceva anche il motivo di quella chiamata, e la cosa lo elettrizzava. Voleva qualcosa da lui e, di certo, non gliel’avrebbe concessa gratis.
In quei giorni aveva fatto qualche ricerca su di lei, intuendo così chi fosse l’uomo per cui si disperava tanto, restandone sorpreso. Aveva capito fosse un amore impossibile il suo, ma non fino a quel punto. Di certo era un tipetto singolare e fuori dagli schemi, e la cosa stuzzicava maggiormente il suo interesse nei confronti di quella ragazza.
- Come hai fatto a capire che ero io? – chiese Setsu, sorpresa dalla sua risposta.
- Chiamalo sesto senso. In cosa posso esserti utile? – le domandò Reino, mettendosi comodo sul divano, fingendo di non sapere nulla.
- Beh… ecco… non mi va di dirtelo per telefono. Ti va se ci vediamo da qualche parte? Devo chiederti una cosa importante. – disse un po’ impacciata. Chiamare un ragazzo e chiedergli un tale favore le costava molto, ma per suo fratello avrebbe anche scalato anche le montagne.
- Una cosa importante dici? Non ti sarai già innamorata di me, ragazzina? T’informo che sono troppo giovane per sposarmi. – la prese in giro, immaginando già l’espressione omicida che sicuramente doveva avere. Era pronto a sentire una sua sfuriata, invece, restò sorpreso dalla sua risposta.
- Battuta fuori luogo, considerando che conosci benissimo cosa provo e per chi. Inoltre non sono una ragazzina, ho quasi vent’anni. – rispose lei tranquilla, intuendo il gioco del ragazzo. Voleva farle perdere le staffe, ma non sarebbe stato facile. Non era la stupida che poteva apparire. Sapeva benissimo che quel tipo aveva capito tutto, quindi voleva solo stuzzicarla.
- Ma guarda, la gattina ha tirato fuori gli artigli. Bene. Vediamoci domani pomeriggio alle sedici, all’albergo dove alloggi. A presto. – la salutò, chiudendo la chiamata e sorridendo.
- Perché quell’espressione soddisfatta? – gli chiese Miroku, osservandolo stupito. Era raro vedere il suo amico ridere.
- Sto per prendere un cucciolo. Devo però addestrarlo prima di portarlo in casa. – rispose enigmatico, lasciando l’amico confuso.
“Ma lui non aveva paura dei cani?” si chiese stranito Miroku, decidendo poi di non badare troppo alle stranezze di Reino. Ormai era abituato.
Setsu, dall’altro capo del telefono, ascoltava ancora sbigottita il suono della linea interrotta. Aveva chiuso la conversazione senza darle tempo per replicare.
“Come accidenti fa a sapere addirittura in quale albergo alloggio? Quel tipo fa paura!” pensò turbata. Non aveva mai conosciuto una persona come Reino.
 
Guardò l’ora; era mezzogiorno. Mancavano quattro ore all’appuntamento, così decise di uscire. Quel giorno non era andata con Cain, con la scusa di voler girare per i centri estetici della città, in cerca di un bravo parrucchiere. E in parte era vero, poiché il suo colore necessitava di un ritocco, ma l’aveva detto solo per poter vedere Reino in tutta tranquillità. Non le serviva un’intera giornata per trovare un salone di bellezza, bastava andare nel più caro della città, ma suo fratello non ne capiva molto di quel genere di cose, così non aveva sospettato nulla, anzi, gli era sembrato perfino entusiasta della cosa. Un po’ le dispiaceva avergli mentito, ma lo faceva anche per il suo bene, o almeno era quello che si ripeteva, poiché sapeva benissimo che lo faceva solo per se stessa.
Erano le tre del pomeriggio quando uscì dal centro estetico con una messa in piega perfetta. Si diresse in hotel per cambiarsi e posare le buste con gli acquisti che aveva con sé, per poi prepararsi all’incontro con Reino, sperando che accettasse di aiutarla. Contava di finire con lui per le diciotto, ora in cui sarebbe ritornato suo fratello.
Era arrivata davanti all’ascensore per salire in camera, quando una voce familiare alle sue spalle, la fece trasalire.
- Ti sei fatta bella per vedermi? Mi lusinghi sai? – le disse, soffiandole all’orecchio e facendola nuovamente rabbrividire.
- Non sbucare alle spalle della gente! Razza d’idiota! – inveì la giovane, scostandosi immediatamente. Quando si voltò, vide che indossava un cappellino e degli occhiali da sole, in modo da non attirare l’attenzione delle fan.
- Stavi per salire in camera a cambiarti, non è così? Se vuoi ti accompagno volentieri. – scherzò, osservandola alzare gli occhi al cielo e dedicargli un dito medio, prima di sparire dietro le porte dell’ascensore.
Reino si ritrovò a ridere nuovamente, pensando che la cosa iniziava a divertirlo molto, forse troppo. Quella ragazzina gli piaceva, e non solo fisicamente. C’era qualcosa che lo spingeva a stuzzicarla, quasi un impulso irrefrenabile. Trovava elettrizzante vederla reagire alle sue provocazioni.  
Era la prima volta che s’interessava tanto a una ragazza, e non per portarla a letto, quindi avrebbe provato ad attirarla nella tela che stava già iniziando a tessere, filo dopo filo. Il che non sarebbe stato poi tanto difficile; in quel momento ne ebbe la certezza. Gli bastò vederla uscire dall’ascensore con il cellulare in mano e il viso livido di rabbia, per capirlo.
Un nuovo sorriso si fece spazio sul suo viso. Sarebbe stata sua.
 
Se l’omicidio non fosse stato un reato perseguibile anche in Giappone, Setsuka Heel era certa ne avrebbe commesso un paio in quello stesso giorno. Dire che fosse furiosa era riduttivo. Appena entrata in camera, il telefono aveva iniziato a squillare. Era Cain, e la avvisava che non sarebbe tornato per cena e che avrebbe fatto tardi, poiché avrebbe cenato fuori con il regista, il produttore e qualche attore.
Lei non era stata invitata!
Suo fratello non aveva nemmeno preso in considerazione di invitarla, per non lasciarla da sola, e questo l'aveva resa furibonda. Ovviamente, la sua furia omicida si concentrava sul regista e su chi lo aveva invitato, tenendolo lontano da lei. Col fratello avrebbe pensato dopo come vendicarsi.
- Emani un’aura talmente violenta da emozionarmi, sai? –
Le parole di Reino la riportarono alla realtà, dalla quale si era estraniata per pensare a come vendicarsi della mancanza di rispetto subita. Alzò lo sguardo carico di rabbia su di lui, infastidita dalle sue parole insensate. Avrebbe voluto essere ovunque in quel momento, tranne che con lui.
- Devo dire che questa espressione ti rende davvero eccitante, però mi sto annoiando a stare seduto qui in silenzio mentre tu cerchi vendetta. Avrei anch’io delle cose da fare. – la informò, posando la tazzina di caffè vuota. Erano andati al bar dell’albergo, o meglio, era stato Reino a trascinarcela, visto il mutismo in cui si era chiusa lei. Gli sedeva di fronte ma sembrava non vederlo nemmeno.
- Piantala di dire cavolate! Se hai da fare, vattene pure! E smettila di leggermi nel pensiero! – replicò nervosa. Odiava il fatto che sapesse cosa le passasse per la testa.
- Sei un libro aperto. É impossibile non capire che ti succede. Ma posso darti una mano se vuoi. - si offrì, cogliendo la palla al balzo.
- Non vedo che aiuto potresti darmi. –
- Cerchi un modo per vendicarti per un torto subito da tuo fratello, no? – sostenne lui, indovinando tutto.
- E allora? – chiese Setsu, facendosi più attenta.
- Passa la notte con me venendo al mio conc… - non riuscì a terminare la frase, però, perché lei lo colpì col suo portamonete a una guancia.
- Lo sapevo che eri un maniaco! – esclamò furente, alzandosi e lasciandolo lì, confuso e spaesato, per la prima volta in vita sua.
“Non mi ha neppure fatto finire di parlare!” pensò, impiegando qualche secondo prima di capire che era andata via. – Aspetta! Dove vai? – la fermò, raggiungendola.
- In camera mia! E tu sei pregato di andartene, prima che ti faccia male sul serio! – gli intimò, osservando il rossore che iniziava a formarsi sulla sua guancia sinistra, e che iniziava a prendere la forma della grossa croce metallica apposta come chiusura al suo portamonete.
- Te lo avevo già detto che sei una ragazza esagerata! Non mi hai fatto finire di parlare prima! – sostenne contrariato.
- Non serviva continuassi a parlare. Sei stato fin troppo chiaro! Sparisci! –
- Sapevo fossi complicata, ma non fino a questo punto. Se mi avessi ascoltato senza saltare subito alle conclusioni, avresti sentito che ti stavo proponendo di venire al concerto che ho stasera. Non potrei portarti a letto neppure volendo perché non ne avrei il tempo! – le spiegò, leggermente irritato.
Setsu lo guardò scettica. Possibile avesse frainteso?
- Sul serio non volevi portarmi a letto? –
- Non era quello che volevo proporti. Non stasera almeno. – rispose ammiccandole.
- Idiota. – disse Setsu, scuotendo la testa rassegnata.
- Allora? Ci vieni o no? –
- Si farà tardi? – domandò lei.
- Ovviamente. -
- Allora ok. – acconsentì infine, certa che Cain si sarebbe arrabbiato sapendola fuori da sola e fino a tardi.
In fondo, se lui la lasciava da sola, lei poteva anche passare quel tempo da un’altra parte, invece che chiusa in camera.
 
- Sono Miroku, il batterista. – si presentò il ragazzo, che riconobbe subito, avendolo già visto.
- Io sono il bassista. Shizuru, piacere. – disse lui, sorridendole.
- Io Dasuku, dolcezza. Bello rivederti! – la salutò allegro il giovane, che teneva in mano la chitarra e che non aveva quindi bisogno di aggiungere altro sul suo ruolo nella band.
- Kiyora, e sono il tastierista. – si presentò anche l’ultimo membro.
- A cosa dobbiamo la tua visita in questo gruppo di pazzi? – le domandò Miroku, che le passò del caffè, e non il solito noioso tè che le offrivano tutti.
- Fugge dalla noia. – spiegò Reino, che prese gli spariti e andò a sedersi sul divano, accanto a Dasuku che controllava la sua chitarra.
- Allora sei nel posto giusto dolcezza. – le disse quest’ultimo, facendole l’occhiolino.
- Non chiamarmi dolcezza. – rispose lei, infastidita da quell’appellativo.
- Ha ragione. Di dolce ha ben poco. – constatò Reino, massaggiandosi la guancia.
- Ma che hai fatto alla faccia? Come farai a salire sul palco ridotto così? – chiese Miroku, notando solo in quell’istante il livido sulla guancia dell’amico.
- Oh è vero! Che strano segno però, sembra una croce! – osservò Dasuku, avvicinandosi al cantante.
- Mi dispiace, sono stata io. – si scusò Setsu, davvero mortificata per averlo colpito. Non credeva nemmeno di averci messo tutta quella forza. Man mano che i minuti passavano, aveva notato che il livido assumeva sempre più i contorni della clip metallica.
- Devi coprirlo. Non puoi apparire così in pubblico. –
- Non serve Miroku. Nessuno ci farà caso. E poi… - s’interruppe, fissando lo sguardo in quello di Setsuka, prima di riprendere a parlare.  - … questo è il segno dei tuoi sentimenti per me. Non posso assolutamente coprirlo. – le disse, vedendola arrossire leggermente.
- Tu… sei tutto pazzo! Te l’ha mai detto nessuno? Non sono innamorata di te! – protestò lei, imbarazzata per ciò che aveva detto davanti ai suoi amici.
- Innamorata? Non ho mai pronunciato tale parola. Io ho parlato di sentimenti. Anche l’odio è un sentimento da provare nei confronti di qualcuno, no? - replicò Reino, alzandosi e avvicinandosi a lei, prendendole una ciocca di capelli che si fece scorrere tra le dita, sotto lo sguardo sconcertato di Setsu. - L’amore lo hai messo in mezzo tu. Chiediti perché. - le sorrise malizioso, osservando i suoi occhi sgranarsi dallo stupore.
L’aveva fregata.
Setsuka restò imbambolata qualche istante prima di capire di essere caduta nella sua trappola, come una stupida. Gli aveva servito quella risposta su un piatto d’argento e non poté che mordersi la lingua per la sua stoltezza. Reino aveva rigirato senza problemi le sue parole, facendo sembrare lei quella interessata, e non il contrario.
Avrebbe voluto strozzarlo, invece, richiamò tutto il suo autocontrollo e sorrise, come se nulla fosse successo, ribattendo in un modo che di certo lui non si sarebbe aspettato.
- Hai ragione. Mi prenderò del tempo per rifletterci su. – disse tranquilla, sorseggiando il suo caffè, ma tanto bastò a colpire il ragazzo, che la immaginava invece già furiosa.
Come pensava, era una ragazza davvero interessante, poiché era una delle poche che riuscisse a sorprenderlo.
Miroku, che conosceva l’amico da anni, non poté fare a meno di notare come quei due stessero giocando a stuzzicarsi. C’era tensione tra loro, ma c’era anche dell’altro. Non poteva dirlo per Setsuka, ma Reino ne era attratto. Era la prima volta che lo vedeva davvero interessato a una ragazza, tanto da presentarla al gruppo e farla entrare nel loro camerino prima di un concerto.
“Che abbia trovato la sua anima gemella?” si chiese, osservandoli battibeccare nuovamente. Conoscendo il difficile passato dell'amico, lo sperò col cuore.
 
Le ore passarono veloci e piacevoli per Setsu. Fu accolta con entusiasmo dai ragazzi della band, trovandosi davvero bene in loro compagnia, soprattutto perché non erano come gli altri giapponesi, eccessivamente timidi e poco propensi a chiacchierare e divertirsi. Tra di loro non c’era formalità, e la cosa non le dispiaceva affatto.
Nonostante l’antipatia per Reino, doveva ammettere di essersi trovata bene anche in sua compagnia e delle sue battute a doppio senso. Il concerto, poi, le era piaciuto molto, trovando orecchiabili praticamente tutte le canzoni dei Vie Ghoul. Si ripromise di comprare i loro CD prima di tornare a casa, perché di sicuro lì non li avrebbe trovati facilmente.
- Pronta a tornare in gabbia? – le chiese Reino, che si era offerto di riaccompagnarla in albergo.
- Non sono chiusa in gabbia e comunque non serve che mi accompagni. Posso tornare anche da sola. –
- Girare da sola a quest’ora non è sicuro. Andiamo. Immagino che più tardi farai, peggio sarà per te. – ipotizzò, iniziando a incamminarsi.
- Non è che me ne importi più di tanto. A lui non è importato lasciarmi da sola. Rimproverarmi è l’ultima cosa che può fare! – sbuffò, ancora arrabbiata col fratello.
- Vero, ma ciò non vuol dire che devi farlo preoccupare. Non temere, avremo tempo per stare insieme, magari da soli… la prossima volta. – le disse, col suo solito tono derisorio.
- Certamente. Nei tuoi sogni però! – esclamò esasperata, ma divertita al tempo stesso, superandolo di qualche passo. Era un tipo assurdo, ma non era poi tanto male, pensò la giovane.
- Anche nei tuoi di sogni… fidati. – sussurrò impercettibilmente Reino, seguendola e pregustando già il momento in cui sarebbero stati veramente da soli.








Salve ^.^ ecco il terzo capitolo ^_^
I primi guai iniziano. Secondo voi, Cain prenderà bene l'assenza della sorella al suo ritorno in albergo? 
Il mio piccolo Reino iniziaerà ad essere sempre più presente ^.^ che cucciolo :3 non per nulla è un beagle XD
Grazie per le recensioni e al prossimo capitolo :-*
Baci Faby <3 <3 <3 <3 <3 

P. S. Vi stresso sempre ricordandovi la pagina Facebook su Skip Beat ^_^ passate a farmi un salutino ;)   Skip Beat Italia - Cain&Setsu  
 
   
 
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