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Autore: Darkrystal Sky    29/04/2016    1 recensioni
MULTI-CROSSOVER FIC Conoscete tutti la storia di Edward e Alphonse Elric, ma quanto cambierebbe questa se le persone che hanno incontrato durante il loro viaggio non fossero le stesse? Se il Viaggio tra Dimensioni parallele fosse di dominio pubblico e il Multiverso fosse al centro di una faida millenaria?
La storia di Fullmetal Alchemist come non l'avete mai vista.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Envy, Roy Mustang
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 - Mamma

And once again mother,
You are right there mother,
You are my guiding light,
My shoulder, my shelter, my satellite,
I'm weak, you're bright.

Axel Hirsoux - ‘Mother’

 

“Sentite,” cominciò Oriel. “Voi due avevate in programma di andare da qualche parte?”
Lei e i due ragazzi si trovavano alla stazione, in attesa del treno di mezzogiorno. Dopo tutto quello che era successo volevano lasciare Istvàn il prima possibile.
“Ma tu non dovevi tornare a fare rapporto a East City?” fece Ed, allungando il collo per vedere se il treno spuntava da dietro la curva.
“Eh, sì…” fece lei. “Ma non voglio” aggiunse dopo una breve pausa. Edward le scoccò un’occhiataccia. “Non ancora… East City in questo periodo dell’anno è terribilmente umida…”
“Hai chiamato il colonnello per fare rapporto, almeno?” le chiese il ragazzo, ormai intuendo in che direzione stava andando il discorso.
 La ragazza, infatti, annuì vigorosamente.
“Ha detto che finché sto dietro a voi due e mi assicuro che alla fine torniate con me a East City posso girare ancora un po’. Tu da quando è che non scrivi un rapporto?”
“A questo punto torniamo subito a East City. Non abbiamo più piste da seguire in ogni caso…” sbuffò Edward, che preferiva fare rapporto ai suoi superiori piuttosto che trascinarsi Oriel in giro. Oriel aveva talento per l’alchimia, ma era anche capace di perdere totalmente il controllo quando si trovava di fronte a tecniche alchemiche particolari.
“No, dai! Tanto è sulla strada!” esclamò la ragazza.
“Cosa è sulla strada?” domandarono i due ragazzi, confusi.
“Karakura, anche detta la Città dell’Oro!” esclamò lei, sbattendo il palmo della mano sul tabellone degli orari del treno. La città di Karakura figurava sulla traiettoria verso East City. “Aggiungerei che questo titolo è alquanto ironico, visto che le sue miniere sono esaurite da un pezzo… Comunque, ho saputo che ci vive una famiglia di medici alchimisti, la famiglia Ishida, e volevo dare un’occhiata alle loro ricerche prima di tornare al Quartier Generale. Venite con me?”
“Karakura, ho già sentito questo nome… “ rifletté Alphonse, mentre Edward sembrava  interessato a qualcos’altro. “Medici alchimisti, hai detto? L’alchimia medica appartiene al Secondo Ramo, non è così?”
“Già, ci sono poche persone che la praticano qui ad Amestris, non voglio perdere questa occasione.”
“D’accordo, veniamo con te” disse Edward improvvisamente, lasciando di stucco la ragazza.
“Fantastico!” esclamò lei, felice.
Il treno arrivò pochi minuti dopo. Una volta saliti, Oriel estrasse dalla bisaccia che portava a tracolla alcuni libri, un taccuino e una matita, facendo fuoriuscire nel mentre diversi fogli, tra cui lettere, comunicazioni militari, appunti di alchimia e un manifesto da ricercato per le famigerate Sorelle Thompson, abilissime e imprendibili ladre con una  taglia da 800.000 Cenz. Edward si mise a guardare fuori dal finestrino la città che si allontanava, mentre Alphonse, abituato ad essere al centro dell’attenzione per via del suo aspetto, si lanciò un’occhiata ansiosa attorno. Così facendo gli cadde l’occhio sui libri che Oriel stava usando come base per scrivere.
“Oh!” esclamò lui, riconoscendo il titolo del volume in cima alla pila. “Fratellone, guarda!” Ed si voltò verso di lui. “È il nostro primo libro di alchimia!”
“Sul serio? Fa vedere...”
Oriel estrasse il libro che Al aveva notato e lo porse ad Edward, che si mise a sfogliarlo con un mezzo sorriso.
“Ti ricordi? Era finito tra i libri di ricette della mamma…” continuò Al, ma Edward stava fissando un cerchio alchemico molto semplice mostrato in un’immagine del libro, e si era perso nei suoi pensieri...
-
Villaggio di Reesembool, area sud-est di Amestris, Shambala. Anno 1905.
“Io mi sto annoiando!” si lamentò la bambina bionda.
“Aspetta ancora un momento, Winry!” le disse Alphonse.
Lei sbuffò. Era a casa dei suoi amici Ed e Al, che stavano disegnando sul pavimento un’immagine presa da un libro. Le avevano detto che era un regalo per lei, ma la bambina non capiva. Strinse tra le braccia il suo cucciolo di cane, un bastardino dal pelo bianco e nero e l’aria allegra.
Quando il cerchio fu terminato, i due presero qualche manciata di sabbia e la posero al centro, poi si misero ai due lati opposti e lo attivarono: era la loro prima trasmutazione alchemica in assoluto.
Winry indietreggiò, spaventata dalla luce emanata dalla trasmutazione. La sabbia al centro del cerchio cominciò a vorticare e a prendere la forma di qualcosa... qualcosa di forma vagamente umana... che la fissava con occhi vuoti. La bambina strillò e corse via terrorizzata, gli occhi azzurri pieni di lacrime.
“Winry!” la chiamò Ed, mentre la reazione alchemica terminava e al centro del cerchio compariva una piccola bambola.
“Cosa sta succedendo qui?” esclamò Trisha, la mamma dei fratelli, entrando nella stanza.
Era una bella donna coi capelli castani e gli occhi verdi e indossava un grembiule sopra un abito a mezze maniche. Winry era dietro di lei, aggrappata al suo vestito.
“Noi volevamo solo farle un regalo!” esclamò Edward.
“E che regalo!” intervenne una voce. Tutti si voltarono verso l’anziana donna che aveva fatto il suo ingresso nella stanza. Era Pinako Rockbell, la nonna di Winry, proprietaria del negozio Rockbell Automail dove costruiva, vendeva e installava le protesi meccaniche. Era anche una vecchia amica del padre dei fratelli, ed era per questo che i due bambini la chiamavano zia. La donna andò verso il centro del cerchio alchemico e raccolse da terra la bambola. “Siete già due alchimisti provetti” aggiunse, rigirandosela tra le mani.
I bambini arrossirono.
“Ero convinta che non sapessero nulla di alchimia” rifletté Trisha ad alta voce.
“Evidentemente hanno preso tutto dal padre” fu il commento della zia.
“E quand’è che papà vi avrebbe insegnato?” chiese allora la donna, rivolta ai suoi figli.
“Non l’abbiamo imparata da lui, visto che non c’è mai” rispose subito Ed. Indicò il volume di alchimia ancora aperto sul pavimento. “Abbiamo solo letto quel libro.”
“E siete riusciti a capirlo?”
I due bambini alzarono le spalle.
“Insomma...”
Trisha scambiò un’occhiata con zia Pinako.
“Winry, tesoro, perché non torni a casa con la nonna?” le disse accarezzandole la testa. “Voi due venite con me” disse poi rivolta ai suoi figli.
Poco dopo la donna aveva aperto la porta dello studio. Era la stanza in cui suo marito passava la maggior parte del tempo quando era a casa e non era impegnato in uno dei suoi continui viaggi, viaggi improvvisi di cui non diceva mai la meta o quanto tempo sarebbero durati.
I bambini rimasero fermi sulla soglia, timorosi di entrare.
“Ricordatevi che i libri vanno rimessi al loro posto” disse Trisha, aprendo le tende per far entrare più luce nella stanza, così che Ed e Al potessero vedere l’enorme libreria in fondo alla stanza. “Inoltre, quando papà tornerà a casa, ricordatevi di ringraziarlo.”
“Sì!” esclamarono i due bambini, azzardandosi ad entrare.
La donna rimase ad osservarli mentre prendevano alcuni libri e si mettevano per terra a leggerli. Le ricordavano tanto suo marito, specialmente Edward, che gli somigliava molto anche fisicamente. E quando lui alzò la testa dal libro, lei gli sorrise.
-
Nei due anni successivi i bambini impararono moltissime cose grazie ai libri di alchimia. Il padre non era ancora tornato a casa, e questo rendeva Trisha sempre più triste. Cercava di non farlo vedere ai bambini, ma Edward in particolare aveva cominciato a nutrire un profondo odio nei confronti di quell’uomo. Gli dava quasi fastidio che la mamma spesso li paragonasse a lui. In quei momenti preferiva distrarsi andando a trovare Winry.
Un giorno, però, appena lui e suo fratello entrarono in casa Rockbell, capirono che qualcosa non andava. La bambina era in lacrime e zia Pinako stringeva una lettera di condoglianze.
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“Fratellone?” chiamò Al. “Tutto bene?”
Edward si riscosse dai suoi pensieri.
“Al, ti ricordi di quando Winry ci disse che i suoi erano morti nella guerra di Ishbal?” gli chiese.
Al abbassò la testa.
“Sì... Come piangeva. E dire che solo il giorno prima era così felice…” Si interruppe. “Quella fu la prima volta che parlasti di homunculus, o sbaglio?”
“Homunculus? Intendi gli uomini artificiali creati con l’alchimia?” chiese Oriel.
“Erano solo le stupide illusioni di un bambino” si affrettò a rispondere Ed. “Qualunque cosa si faccia, un morto non può ritornare in vita” aggiunse con freddezza.
Oriel fissò l’espressione cupa dell’amico ripensando a quello che aveva detto nei sotterranei della chiesa di Istvàn e chiedendosi quando sarebbe arrivato il momento giusto per parlarne seriamente.
-
Villaggio di Reesembool. Anno 1909.
Edward spalancò la porta di casa, seguito da Alphonse.
“Scusaci, mamma! Abbiamo fatto tardi perché...”cominciò Ed, ma le parole gli morirono in gola.
Trisha era stesa a terra priva di sensi.
“Mamma!” gridarono i bambini, correndo verso di lei.
Chiamarono immediatamente un dottore, ma l’uomo non poteva fare nulla per lei. Il dolore provato per l'allontanamento del marito l’aveva logorata per anni, finché il corpo della donna non aveva ceduto.
Trisha morì poco tempo dopo. A nulla valsero i tentativi di Ed e Al di contattare le persone che conoscevano il padre per chiedere aiuto.
Ora erano soli.
Fu in quel periodo disperato che Edward cominciò a pensare seriamente alla trasmutazione umana, sebbene fosse il più grande tabù dell’alchimia. Lui e suo fratello recuperarono ogni singolo libro in cui era citato l’argomento, diventarono gli apprendisti di un’alchimista, senza rivelarle il loro vero obiettivo, e quando finalmente tornarono a Reesembool erano cambiati sia fisicamente che psicologicamente. Ed erano determinati ad andare fino in fondo.
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Villaggio di Reesembool. Anno 1910.
La sera si preannunciava cupa e piovosa. Il rumore prodotto dal gessetto sul pavimento era l’unico suono che rompeva il silenzio carico di tensione in cui era avvolta la stanza. Gli unici testimoni di ciò che stava per accadere erano alcune armature da collezione e numerosi libri aperti sparsi per terra. Edward e Alphonse stavano finendo di disegnare un enorme cerchio alchemico sul pavimento, al centro del quale vi era un contenitore con al suo interno gli elementi chimici necessari per creare un corpo umano adulto, più due gocce di sangue per richiamare l’anima di Trisha.
Fuori iniziò a piovere.
Incuranti degli scrosci, i due poggiarono entrambe le mani sul cerchio. Le linee di gesso si illuminarono di una calda luce e sprigionarono un'energia potentissima, che si propagò in tutta la stanza: la trasmutazione alchemica aveva avuto inizio. Presto tutti quegli elementi chimici si sarebbero ricombinati in un’altra forma completamente diversa, e il loro desiderio sarebbe stato esaudito. Edward sorrise tra sé: stava andando tutto come previsto.
Improvvisamente l’energia sprigionata dal cerchio alchemico aumentò d’intensità e la sua luce calda cambiò colore, tingendo la stanza di freddi riflessi viola. L’aria intorno ai due si saturò di elettricità statica e alcuni oggetti nella stanza cominciarono a cadere a terra e a frantumarsi. Edward si guardò intorno, disorientato, ma un grido terrorizzato lo fece voltare verso Alphonse.
L’energia alchemica lo stava attaccando: quelli che sembravano tentacoli neri lo aveva circondato e gli si erano avvinghiati al braccio destro. Edward fece per alzarsi e correre da lui, ma qualcosa lo trattenne per la gamba. Si voltò per tentare di liberarsi e si rese conto che a trattenerlo era la stessa entità oscura che aveva attaccato il fratello. Si voltò di nuovo verso Alphonse, tentando disperatamente di avvicinarsi, mentre questo veniva trascinato verso il vortice oscuro che si stava formando in mezzo alla stanza, in corrispondenza del contenitore degli elementi. L’energia lo stava letteralmente divorando, e ormai l’intera parte inferiore del corpo era scomparsa. Allungò disperatamente la mano verso il fratello maggiore, gli occhi pieni di terrore. Questo tentò di raggiungere la mano tesa, incurante del fatto che anche la sua gamba si stava velocemente scomponendo, ma quando credette di averla afferrata si ritrovò a stringere il nulla. Suo fratello era stato completamente risucchiato.
La luce diventò sempre più forte, e Edward urlò con tutto il fiato che aveva.
-
Alphonse riprese coscienza. Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto privo di sensi, ma si rese immediatamente conto che c’era qualcosa di strano: non sentiva più il suo corpo. Sollevò un braccio e si accorse di essere all’interno di una delle armature da collezione nello studio del padre. No, era peggio di così: lui era l’armatura.
Edward era seduto a terra poco distante da lui e si stringeva la spalla destra.
“Mi dispiace, Al...” mormorò con voce rotta.
Alphonse sussultò: il braccio destro e la gamba sinistra del fratello erano scomparsi. Il sangue che sgorgava dalle ferite si stava spargendo su tutto il pavimento.
“Fratellone!” esclamò Al, afferrando Ed prima che si accasciasse a terra.
“Con un braccio... sono riuscito solo a... a legare la tua anima a quell’armatura...” spiegò il bambino debolmente. “E per quanto riguarda la mamma... lei... non era... umana...”
Al guardò verso il punto dove avrebbe dovuto esserci il contenitore degli elementi, e desiderò di non averlo mai fatto. Quello che sembrava un grumo di carne, ossa e organi lo fissava con un unico occhio rosso.
“Com’è possibile?! La tua formula era perfetta!” gridò.
“Sì... La formula era giusta... Siamo noi che... che abbiamo sbagliato...”
-
Quando Winry e la nonna Pinako si trovarono di fronte un’armatura di due metri che teneva tra le braccia Edward, sanguinante, senza due arti e quasi privo di sensi, faticarono a riconoscere in lui Alphonse. Prestarono immediatamente le prime cure a Ed, poi cercarono di farsi raccontare cos’era successo dal fratello.
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Pinako andò ad aprire e si trovò davanti un giovane uomo che indossava l’uniforme militare blu dell’esercito di Amestris. Era bagnato fradicio, nonostante l’impermeabile.
“È permesso?” chiese abbassandosi il cappuccio. I capelli neri gli ricaddero sulla fronte, senza però coprire gli occhi scuri a mandorla, una caratteristica più che rara tra gli abitanti di Amestris a cui gli abitanti di Reesembool erano abituati.
Alphonse si accorse che l’uomo aveva in tasca un grosso orologio, assicurato ai pantaloni da una catenella. “È un Alchimista di Stato!” realizzò.
“Cosa vuole l’esercito da noi?” chiese la signora anziana.
L’uomo si frugò in tasca ed estrasse una busta spiegazzata. “Un mio conoscente ha ricevuto questa lettera” spiegò, mostrandola ai tre.
“È una di quelle che abbiamo mandato io e Edward” esclamò Al, riconoscendola.
“Anche a me interesserebbe sapere dove si trovi vostro padre” annuì l’uomo.
“Sì, ma noi non sappiamo dove si trovi” intervenne Pinako con tono irritato. “Come può vedere siamo alle prese con un’emergenza, perciò, se non c’è altro, la prego di andarsene.”
Il militare spostò lo sguardo su Edward, sdraiato sul letto con gli occhi chiusi.
“Questo ragazzino è sopravvissuto nonostante abbia tentato una trasmutazione umana...” mormorò.
“Come ha fatto a capirlo?!”esclamò Pinako.
 “Mentre venivo qui ho visto da lontano la luce sprigionata dalla vostra reazione alchemica: solo una trasmutazione umana può generare una reazione così intensa e avere conseguenze simili.” Guardò nuovamente Edward con le sopracciglia aggrottate. “Questo ragazzino m’interessa anche più di suo padre... Potrebbe diventare un Alchimista di Stato.”
A quel punto Pinako esplose. “Non vede che questi due ragazzi sono gravemente feriti?! Se ne vada!” gridò, indicando la porta con un cenno sdegnato.
L’uomo posò un’ultima volta lo sguardo sui presenti, poi voltò loro le spalle e si diresse verso la porta. “Ad ogni modo, sono il tenente colonnello Roy Mustang. Mi troverete a Central City...” si presentò, dopodiché uscì dalla casa.
Pinako, Winry e Alphonse si guardarono.
“Zia...” chiamò Edward debolmente.
“Ed! Eri sveglio?” fece subito Winry, correndo verso di lui.
Ma Edward stava fissando l’anziana donna.
“Zia... Vorrei che tu m’impiantassi degli automail” disse serio. “Pensavo di andare a trovare quel tizio... e diventare Alchimista di Stato. Forse diventerò un cane dell’esercito, ma non m’importa. C’è una cosa che devo fare a qualsiasi costo.”
Pinako lo guardò negli occhi.
“Non vorrai tentare nuovamente di...”
“No” la interruppe subito lui. “Non è questo.”
Pinako sospirò, poi annuì.
-
L’operazione fu dolorosissima: doveva essere fatta senza anestesia per poter collegare efficacemente tutti i nervi, ma Edward non gridò nemmeno una volta, sopportando in silenzio. Sapeva che il dolore fisico che provava lui non era nemmeno paragonabile a quello spirituale che provava Alphonse, costretto a vivere in quel corpo di metallo.
La riabilitazione dopo un’operazione del genere richiedeva un anno: Edward ci mise solo sei mesi. Era determinato a raggiungere il suo scopo il prima possibile, perciò, non appena si fu completamente abituato agli automail, lui e Alphonse decisero di partire alla volta di Central City. Avrebbero provato a diventare Alchimisti di Stato insieme, ma non per riuscire a riportare in vita la loro madre: avevano capito che non esiste nulla di abbastanza prezioso da essere accettato come merce di scambio per una vita. No, sarebbero diventati Alchimisti di Stato per tentare di riavere indietro i loro vecchi corpi, di tornare come prima.
Quella sera stessa i due diedero fuoco alla loro casa e a tutto ciò che conteneva e iniziarono il loro viaggio.
Era il 3 ottobre 1911.
 

  
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