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Autore: holyground    02/05/2016    4 recensioni
Tauriel torna nel Reame Boscoso distrutta dalla morte di Kili. Teme di affrontare il lutto, teme l'oblio, teme il dolore. Così si rivolge a chi ha permesso al suo cuore di diventare di ghiaccio pur di superare la sofferenza: Thranduil.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tauriel, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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  Il sole stava sorgendo.
  Dall’altura che torreggiava sulla valle, Tauriel vedeva chiaramente l’ombra ritirarsi come onde sulla riva man mano che la luce colpiva i campi. L’alba sembrava sempre portare promesse. All’alba sembrava tutto più chiaro e semplice. Un nuovo inizio, nuove speranze e nuovi passi. Solo che poi ogni giorno era uguale.
  Dentro Tauriel, il sole stava tramontando.
La sua giornata iniziava con le stelle, quando la foresta e il palazzo e l’intero reame venivano catturati dal sonno, e finiva con il sole, quando gli animali e i soldati e la valle si risvegliavano. Tauriel non era mai stata una creatura notturna, ma vivere quando tutto il resto era quieto e fermo e scuro sembrava più facile. Di notte non doveva intrattenere conversazioni; di notte non doveva abbassare lo sguardo nei corridoi del palazzo; di notte non era di guardia nelle stanze del re. Di notte era libera come voleva essere e sola come non voleva essere.
  Era alla sua solitudine che Tauriel stava pensando quando venne attaccata alle spalle.
 
§
 
  Le stanze dell’infermeria erano fatte di odori pungenti e di lenzuola bianche, di strumenti taglienti e di guaritrici stanche, di speranze perdute e scuse sussurrate e buone notizie e non tanto buone. In ogni caso, sembrava un pessimo posto per morire. Se Tauriel avesse potuto scegliere, sarebbe voluta morire nella foresta, fissando le foglie colorate e brillanti degli alberi che si allungavano verso il cielo, prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta.
  Ora vedeva solo bianco.
  Sentiva dolore, ma non riusciva ad individuarne il punto di origine. Sentiva dolore ovunque. Le voci intorno a lei le penetravano con forza i timpani, strisciandole in mente e prendendo la forma di spettri e demoni che si rincorrevano tra i suoi nervi.
  «Come sta? Cos’è successo? Da quanto è qui?»
  Una voce si insinuò tra quegli incubi, ponendo domande cui anche Tauriel desiderava conoscere la risposta. Ma riusciva a sentire solo quella voce.
  «No! Voglio restare. Uscite tutti.»
  Tauriel pensava di aver aperto gli occhi, ma le palpebre erano pesanti e non riusciva a vedere. Si sentiva come imprigionata: voleva alzarsi, ma le sue spalle erano ancorate al letto.
  Sentì calore e un leggero tocco sul volto ed era finalmente in pace.
  Le stanze dell’infermeria erano fatte di sussurri leggeri e di carezze confortanti, di segreti sinceri e di mani tremanti, di occhi chiari e peccati innominabili e buone notizie e non tanto buone. Se Tauriel avesse potuto scegliere, sarebbe voluta morire in pace, fissando quegli occhi quieti e luminosi e sentendo quelle carezze, così da conservare per sempre quel tocco, prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta.
  Ora vedeva solo nero.
 
§
 
  Quando si svegliò era sola, con la testa pesante e la bocca asciutta. Bevve l’acqua direttamente dalla brocca che aveva sul comodino, ma si era alzata troppo in fretta e la vista le si annebbiò. Si sentiva il petto schiacciato: era fasciato. Si infilò la leggera vestaglia bianca e si alzò. Non riusciva più a sopportare l’odore dell’infermeria.
  «Tauriel.»
  Il Capitano Belthil era appena entrata dalla porta alle sue spalle. «Sono contenta di vederti in piedi.»
  Tauriel dovette schiarirsi la gola prima di parlare.
  «Che cosa è successo?»
  «Ragni. Sei stata attaccata.» Dall’espressione, sembrava che il Capitano fosse stata colta da un attacco di nausea. «Ti hanno trascinato fin nel cuore della foresta, dove la mia pattuglia ti ha trovata.» Scosse la testa. «Il tuo viso…»
  Istintivamente Tauriel si portò una mano al volto. Era graffiato.
  «Quando posso tornare nella mia stanza?»
  «Le guaritrici hanno detto quando ti senti pronta. Vado a chiamarle.»
  Ma Tauriel era già fuori.
 
§
 
  Il re stava fissando la foresta da una finestra quando Tauriel irruppe nelle sue stanze. Era solo, non c’erano guardie. Tauriel notò immediatamente la brocca colma di vino solo a metà.
  «Fammi ritornare nella Guardia Reale.» esordì. Lui non si voltò.
  «Non credo tu sia pronta.»
  «I ragni sono tornati, lascia che me ne occupi io.»
  Il re si portò il calice alle labbra.
  «Sono in grado di affrontarli, lo sai. Sono un nemico che conosco.»
  Thranduil si voltò e Tuariel vide chiaramente il sangue defluirgli dal viso. I suoi occhi erano spalancati e pallidi e la stavano fissando. Le stavano fissando il petto. La vestaglia le si era aperta sul davanti, rivelando la fasciatura. Tauriel si risistemò in fretta e Thranduil bevve il vino nel calice in un solo sorso. Per un breve istante il suo sguardo le sfiorò il viso, poi il re si voltò.
  Con un passo silenzioso da fare invidia ad una spia Tauriel gli si avvicinò. Gli fissò le spalle tese e si accorse che non indossava alcuna veste regale; solo una camicia bianca e dei pantaloni scuri, probabilmente gli abiti più anonimi che aveva. Sembrava diverso; non sembrava un re, eppure la sua regalità era indiscutibile.
  «Sei venuto in infermeria, non è così?»
  Credevo fosse Kili.
  Thranduil si voltò, e stavolta le fissò gli occhi. Il suo volto era come un fiume in piena, tormentato da nuvole scure come in procinto di un temporale. Selvaggio.
  Ed era più vicino di quanto fosse sembrato.
  Quando le accarezzò uno zigomo Tauriel provò un dolore che non era dovuto alle ferite. Il suo tocco era bollente, le bruciava la pelle come un fuoco che invade la foresta. Incontrollabile e incontenibile e pericoloso. Potenzialmente mortale.
  «Perché?» chiese Tauriel.
  «Perché sono un egoista.» rispose Thranduil.
  La baciò.
  Nella mente di Tauriel si riaffacciò il ricordo di quando aveva desiderato morire. Il momento in cui era saltata giù. Le mani di Belthil che l’afferravano. I piedi che ciondolavano nel vuoto.
  Quel bacio era come una mano che le stringeva il braccio impedendole di cadere, riportandola alla vita, donandole altre possibilità. La salvezza.
  E i suoi piedi ciondolavano nel vuoto.
  
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