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Autore: Somriure    03/05/2016    2 recensioni
-Sequel di Remember to see the lighthouse-
*
L'isola, il mare, il faro.
Niente sembra cambiato, ma quattro anni sono lunghi, lunghi anche per la monotona vita di un paesino di mare.
Louis ha abbandonato per sempre la sua fanciullezza per prendersi sulle spalle le proprie responsabilità, allontanandosi da inutili distrazioni.
Harry ha riscoperto la vita, imparando ad amarla per diventare finalmente un uomo.
Il faro che li ha visti allontanarsi irrimediabilmente forse infonderà nei loro cuori la giusta maturità per perdonarsi una volta per tutte, ma forse la sua luce non sarà così potente da sconfiggere il loro orgoglio e voltare una volta per tutte la pagina per iniziare a riscrivere un nuovo destino insieme.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Harry ripose il suo telefono in tasca e sospirò. Voleva a tutti i costi il suo Louis, ma non aveva un piano e Rudy non lo aveva aiutato per niente. Non gli aveva dato un consiglio diretto. Era stato stranamente emblematico.

Il riccio si grattò i capelli. Avrebbe voluto parlare con il ragazzo del faro, ma sembrava che quest'ultimo lo volesse evitare.

Si sedette su un muretto e lo osservò mentre vendeva il pesce ai suoi numerosi clienti, per ognuno aveva un sorriso o una parola gentile. Quello era il Louis che lui ricordava: solare e disponibile. Harry sorrise nel vederlo così gentile con i clienti. Ricordava che il ragazzo del faro non aveva buoni rapporti con gli abitanti del suo paese e vedere quel debole sorriso sul suo volto lo rendeva felice.

Harry si strofinò le spalle nude per guadagnare un po' di calore e si guardò intorno. Vide i riccioli ribelli del piccolo Connor ondeggiare su e giù alla ricerca di qualche farfalla. La sua risata si espandeva per tutto il mercato e qualcuno spesso lo indicava sorridendo.

Louis continuava a lavorare senza sosta volgendo di tanto in tanto un'occhiata vigile al suo bambino.

Improvvisamente delle mani scompigliarono i suoi riccioli. Harry sobbalzò e si voltò immediatamente.

-Porca miseria, riccio! Sei tutto sudato!- esclamò una voce a lui conosciuta con un marcato accento irlandese.

-Niall!- lo salutò calorosamente Harry allargando le braccia per accoglierlo in un abbraccio.

-In persona! Cavolo, le ragazze mi avevano detto che eri cresciuto, ma non credevo così tanto. Quasi stentavo a riconoscerti!- spiegò il biondo sedendosi accanto a lui. Harry ridacchiò arrossendo.

-In verità non ero neanche sicuro che tu potessi crescere.. credevo che fossi una sorta di bimbo sperduto che aveva venduto la sua anima al diavolo...- borbottò tra sé.

-Ma dai! Non è possibile!- rise il riccio.

-Già, probabilmente hai ragione. È che vedo molti fantasy....-

-Anche tu con i fantasy...?- mormorò Harry pensando al suo amico newyorchese Rudy.

-Come?-

-No niente! Parlavo da solo...-

-Ah, vedo che certe cose non cambiano mai, eh?- Harry scoppiò a ridere portandosi le dita all'apice del naso.

-Allora, piccolo grande Harry, cosa fai ora che paparino non ti obbliga più ad indossare camicie a quadri ed inutili cravattini?-

-Vivo, Nì. Vivo!- esclamò Harry sorridendo. Il biondo sorrise dolcemente.

-Sono proprio contento, Harry. Te lo meriti veramente tanto.- rispose.

-E tu invece che fai?-

-Io... ho mollato l'università e ora consegno pizze a domicilio. Se provi a dirlo a mia madre ti uccido!- spiegò l'irlandese. Harry sorrise.

-Ma come mai? L'università è un'ottima cosa!-

-Sì, beh.. non per me! Louis e Liam erano quelli bravi a scuola. Io e Zay ci andavamo per scaldare il banco.- rise il biondo. Harry si accorse che la risata di Niall gli era mancata veramente tanto. Il ragazzo riusciva a metterlo di buonumore sempre. Avrebbe dovuto presentargli i suoi nuovi amici, probabilmente si sarebbero trovati molto bene insieme.

-Zayn e Liam come stanno?- chiese divertito.

-Molto bene! Ora convivono a Londra dove nessuno li giudica più. Lee studia legge e ha costretto Zay ad iscriversi all'accademia dell'arte, così, per fare qualcosa.- spiegò il biondo. -Se provi a dire anche a lui che ho mollato l'università ti uccido.-

-Va bene!- rise il riccio. -Non lo farò.-

-Come mai sei qui?-

-Uhm...- Harry arrossì non sapendo cosa dire.

-Oh, ho capito... Louis.- il riccio annuì solamente.

-Lui è...?-

-Single, sì è single. Ma ha un bambino e un lavoro molto stancante.- spiegò. Harry abbassò lo sguardo convinto che Niall stesse cercando di fargli cambiare idea.

-Harry, io vorrei veramente che voi tornaste insieme, ma lui... è complicato. È cambiato tantissimo. Non parla quasi con nessuno, solo Connie riesce a strappargli un sorriso. Noi proviamo a stargli accanto ma ci riusciamo solo fisicamente. Lui è impenetrabile.- sussurrò tristemente.

Harry alzò lo sguardo per osservare quella figurina magra che si muoveva silenziosamente dietro al bancone.

-Io spero che tu ce la faccia, Harry. Sarà difficile con lui, ma non ti arrendere. Come lui non si è arreso con te.-

-Non mi arrenderò, Niall. Te lo prometto.-

.-.-.-.-.-.-.-.-.-

 

-Andiamo pesciolino! È ora di tornare a casa.- disse Louis finendo di pulire il suo bancone.

-Aspetta papi! Sto cercando di acchiappare questa farfallina!- esclamò il bimbo saltando di qua e di là per provare a prendere una povera farfalla che volava indisturbata sopra di lui. Louis rise e si avvicinò al bimbo.

-Dai piccolo, andiamo. Domani cercheremo altre farfalle.-

-Me lo prometti?-

-Ma certo! Giurin giurello!- esclamò con una mano sul cuore. Il bimbo ridacchiò.

Louis allora salì sulla sua bicicletta e aiutò il piccolo Connor a posizionarsi nel cestino.

-Stai crescendo..- constatò. -Quasi non entri più qui dentro!-

-Eh sì, papà! Dobbiamo comprare una biclicetta nuova! Mi insegnerai ad andare?- chiese voltandosi verso il padre.

-Uhm.. poi vediamo, va bene?- rispose il ragazzo poco convinto. Il compleanno del piccolo sarebbe stato tra qualche settimana e lui era riuscito a mettere da parte ben poco per il suo regalo, non sarebbe mai riuscito a permettersi una bicicletta nuova. C'erano le bollette da pagare, le spese, il cibo, l'affitto e come al solito il suo bambino finiva sempre in fondo alla lista. Sospirò e iniziò a pedalare verso il mare.

-Papo, ci sono tantissime buchette! Mi fanno male al sederino!- esclamò Connor imbronciato. Louis ridacchiò e lasciò un bacetto sulla fronte del piccolo.

-Scusa amore, andrò più lentamente, okay?- rispose.

Il ragazzo pedalò in silenzio per alcuni minuti. Il gelo della sera lo stava congelando, stava oltrepassando la stoffa leggera della sua camicia arrivando a penetrare le sue ossa. Sapeva benissimo che la camicia di lino non era di certo adatta a quel periodo invernale, ma non aveva tanto altro da indossare. Preferiva spendere quei soldi per il suo bambino. Lui era forte e vaccinato, se la sarebbe cavata in ogni caso.

Pedalò più velocemente quando iniziò a vedere in lontananza il faro che aveva ospitato i ricordi più felici della sua infanzia e che ora era stato completamente stravolto per essere trasformato in un inutilissimo centro commerciale, non voleva che il suo sguardo si posasse su quell'edificio più del dovuto. Faceva male vedere la sua infanzia gettata al vento come se niente fosse. A volte si chiedeva come l'avrebbe presa suo nonno se fosse ancora in vita, sicuramente non lo avrebbe accettato e sarebbe morto per il dolore.

-Papo, hai gli occhietti tristi!- esclamò Connor toccando la fronte del suo papà. -Vuoi che ti canti una canzoncina come fai tu quando sono triste io?- chiese sorridendo.

-Va bene, amore. Grazie!- mormorò con un sorriso.

Ed eccola la sua gioia più grande: il suo bambino. La vita di Louis non avrebbe avuto più senso se quel giorno di qualche anno fa, la ragazza che gli aveva rovinato l'esistenza non gli avesse portato personalmente quel piccolo fagotto avvolto in una pesante copertina azzurra. “E' tuo figlio. È bene che stia con te. Il mio lavoro è più importante.” aveva sentenziato prima di voltargli le spalle e tornare alla sua vita. Le grida di Louis per cercare di richiamarla erano solo servite a svegliare il piccolo profondamente addormentato che aveva iniziato a gridare e a piangere. In quel momento Louis pensò veramente che la sua vita non sarebbe potuta precipitare più in basso.

Prese il fagottino boccoloso e lo portò in ospedale per sottoporlo ad un test di paternità, ma nel momento in cui scoprì che quel bambino non era suo si ritrovò inconsciamente a giocare con un suo ricciolo e si rese conto, nonostante tutto, di essersi affezionato.

Decise di chiamarlo Connor, che voleva dire amante del lupi, perché quel piccolino sarebbe dovuto diventare forte e avrebbe dovuto imparare a difendersi diventando un bravo lupetto di mare come suo nonno e suo padre. Louis ormai si definiva così perché certi legami vanno ben oltre di un test di paternità.

Nessuno sull'isola sapeva che Connor non era figlio di Louis, neanche i suoi amici. In molti lo sospettavano notando che i tratti chiari di Louis e Briana non potevano di certo produrre una piccola scimmietta dalla pelle olivastra e dai capelli ricci: un piccolo Tarzan, come si divertiva a chiamarlo lo zio Liam.

Grazie a Connor la vita di Louis nell'isola era migliorata. Le malelingue della gente si erano acquietate convenendo che se era diventato padre voleva dire che aveva avuto rapporti con una donna, quindi era guarito dalla sua malattia. Certo, un padre single con un figlio piccolo faceva scalpore, ma escludendo le poche persone che provavano gusto a criticare ogni cosa non fosse simile al proprio orticello, Louis poteva contare sull'aiuto di quasi tutti gli abitanti.

Quando i due arrivarono al molo, Louis scese dalla bicicletta e aiutò il bambino.

-Sono tutto anchilosinato, papà. Mi fa male anche la schiena, come i vecchietti.- disse massaggiandosi i fianchi. Louis ridacchiò.

-Povero pesciolino! Dai salta sulla barca e aiutami a staccarla da terra.-

-Posso farlo davvero?- chiese emozionato.

-Ma certo! Sei grande, no?- chiese. Il bimbo annuì e velocemente salì sulla barca per aiutare il padre. Louis caricò la bici sulla barca e poi salì a bordo della Hazzold37 sedendosi accanto al figlio. Nonostante tutto non era riuscito a cambiare il nome alla barca. Ci aveva provato molte volte ma ogni volta rinunciava perché non voleva che quei ricordi venissero cancellati; anche se poco felici erano pur sempre ricordi.

-Posso essere io il capitano della nostra caravella oggi?- chiese il bimbo cercando il cappello da marinaio del nonno abbandonato a terra accanto a qualche canna da pesca.

-Agli ordini, mio capitano!- esclamò Louis facendo il saluto militare. -Dove siamo diretti questa sera?-

-A casetta mia!- ridacchiò Connor. -Umile marinaio, puoi guidare tu la nave? Io controllerò la strada.- decretò.

-Mi sembra un'ottima idea, capitano.- rispose Louis prendendo il comando della barca. Connor si appollaiò a prua sporgendosi dalla barca.

-Attento a non cadere giù, mio capitano. Non vogliamo diventare pappa per i coccodrilli!- disse tirandolo più vicino a lui dalla giacca. Il bimbo rise.

-Il mio marinaio è bravo. Da oggi in poi ti chiamerò Spugna!-

-Ne sono onorato, capitano!-

Dopo parecchi minuti di navigazione i due arrivarono in quella parte dell'isola raggiungibile solo in barca, proprio dove lui e Harry si erano scambiati il loro primo bacio.

Rivedere il riccio quella mattina era stato un duro colpo per Louis. Non se lo aspettava di certo. Mille pensieri occupavano la sua mente: perché era tornato? Cosa voleva da lui? Forse da lui non voleva niente ed era sull'isola solo per una vacanza. Ma come spiegare quegli sguardi così ricchi di emozioni? E quelle carezze nascoste che lo avevano fatto arrossire? E poi l'amicizia sleale con suo figlio!

Louis non era più lo stesso. Louis non poteva perdere neanche tempo a pensare a quelle emozioni. Aveva racchiuso quel tipo di amore in una parte molto nascosta della sua anima. Doveva solo pensare al suo lavoro, a suo figlio e alla bicicletta che gli avrebbe comprato per il compleanno.

Louis scese dalla barca in silenzio e la attraccò al piccolo porto, poi prese la bicicletta.

-Papo, io sono stanco! Non mi va di fare la salita fino a casa!- piagnucolò il bambino.

-Dai Connie, un ultimo piccolo sforzo, poi quando arriveremo a casa...-

-No, no e no! Io a piedi non ci salgo!- urlò battendo i piedi a terra.

-E va bene...- sospirò Louis caricandosi sulle spalle il piccolo. -Tieniti forte, capitano. Attento a non cadere!- si raccomandò prima di intraprendere la salita verso la loro catapecchia portando a mano la bicicletta. Connor batté le manine felicemente e iniziò a giocare con i capelli del padre.

Dopo una giornata pesante e dura non era certo piacevole tornare in quella che Louis e Connor chiamavano casa: un letto matrimoniale troneggiava al centro del loro unico ambiente, l'angolo cottura, composto solamente da un fornelletto elettrico, occupava un lato della parete, mente il water con il lavandino, nascosti da una tenda, l'altra parete. Ai piedi del letto prendeva posto una grande cassapanca di legno, l'unica cosa che Louis era riuscito a portare dalla sua vecchia casa nel faro, che i due adibivano a tavolo, usando il pavimento a mo' di sedia. All'interno della cassapanca erano riposti con cura i vestiti di Connor e qualche straccio rovinato di Louis.

Le finestre erano piene di spifferi e il gelo trapassava anche le sottili pareti della casa. Padre e figlio dormivano abbracciati nel lettone, completamente vestiti e coperti da due pesanti coperte di lana I cigolii delle porte mal assestate dilaniavano il silenzio della notte rendendo le poche ore di sonno di Louis un vero disastro.

Ma a loro andava bene così. Louis non poteva fare altrimenti, si accontentava. E Connor era ancora piccolo per avere grandi pretese.

Dopo cena Connor corse ad infilarsi nel lettone. Louis gli raccontò la storia della buonanotte e dopo che si fu addormentato restò per qualche istante ad osservare il suo volto rilassato e sereno: il volto felice di un bambino.

Poi si alzò e fece quello che da molte sere a quella parte era diventata un'abitudine: aprì lo sportello del forno rotto da anni e tirò fuori una bottiglia a caso della collezione di suoeralcolici del nonno. Non era mai stato un patito dell'alcool, ma ultimamente quello strano liquido che non sapeva neanche riconoscere era diventato il suo migliore amico.

Ogni bicchiere che buttava giù era un pensiero in meno, una sofferenza in meno, un peso sulle spalle in meno. L'alcool lo abbracciava come un caro amico e lo riscaldava. Louis iniziò a ridere. L'alcool lo rendeva felice.

Dopo l'ennesimo bicchiere di grappa le gambe gli cedettero e cadde rovinosamente a terra, tra la polvere e il gelo della notte. Morfeo lo accolse tra le sue braccia e Louis finalmente trovò pace.

Angoletto
Eccomi, dopo settimane di assenza sono tornata. La scuola mi ha letteralmente mangiata viva, scusate.
Non mi dilungo troppo perchè mi sono accorta solo ora di quanto sia tardi.

Come avete trovato il capitolo? Finalmente anche il nostro Louis comincia a raccontarci un po' della sua vita.

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa piacere! :)

Vi lascio un volto noto stasera.

Spero di sentirvi presto, Somriure.

  
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