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Autore: Aishia    03/05/2016    1 recensioni
La guerra andava avanti da più di quattordici secoli.
Vampiri e licantropi lottavano per il potere da un tempo immemorabile e la pace sembrava un’idea irrealizzabile, sognata da coloro definiti pazzi e sognatori e io mi definivo tale, poiché segretamente combattevo per un mondo idealista, senza più guerra e schiavitù.
Questa era l’utopia della mia bisnonna, Felicity , la terza sovrana della casata dei vampiri che durante il suo regno cercò di portare la pace tra i due mondi, invano. Innamorata di un licantropo cercò di unificare le due fazioni ma nonostante ciò il loro amore fu impedito, soprattutto per la paura dell’unificazione della specie che avrebbe dato vita ad un essere bandito dalla natura stessa.
Quelli erano tempi lontani e io sarei stata la prossima a salire al trono, figlia di Adam, l’ultimo dei cinque.
Nessuno mi aveva detto che la storia si sarebbe ripetuta
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Morsi della vita

DOLORE
 
Una fitta nel pieno centro del mio mondo mi costrinse ad abbandonarmi al suolo, persa, ripudiata perfino da me stessa.
Andavo alla deriva, persa nei meandri  della mia vita.
« Come ti sei ridotta, bambina mia ».
Le sue mani fredde come il ghiaccio mi sfiorarono il viso con una dolcezza che avevo oramai dimenticato.
Quante volte avevo provato a ricordare quel calore sul mio viso o il suono che emanava la sua voce, così armoniosa da sembrare le più soavi delle melodie.
Ormai però non sembrava altro che un sogno soffocato fra ricordi indelebili.
Alzai lentamente il viso e la guardai con gli occhi gonfi e arrossati.
« Dove ho sbagliato? ».
 
La sentii sorridere dall’oscurità della notte tetra e buia e si chinò su di me, lasciandomi un lieve bacio sulla fronte.
« Hai solo cercato di curare un cuore ormai reciso da troppo a lungo. La tua unica colpa è stata quella di aver sperato di guarire una ferita che non si è mai cicatrizzata ma non temere, figlia mia, non mancherà molto prima che tuo padre possa perdonarti ».
Mi allungai verso di lei e mi sorrise flebilmente per poi tramutare in volto e guardarmi con uno sguardo colmo di preoccupazione e dolore.
« Sta solo attenta alle scelte che prenderai da questo momento in poi, tesoro mio, perché un male peggiore sta per abbattersi sul regno e l’amore non potrà salvarti da te stessa ».
Il suo tocco sul mio viso si fece più flebile e quella figura celestiale iniziò lentamente a sbiadirsi nel nulla, allontanandosi da me.
Non potevo perderla! Non potevo perderla ancora!
 
« Madre! Madre non andate via, vi prego!
Madre non andate via!
Madre … »

 
*
« Principessa, svegliatevi. Principessa! ».
Qualcosa di torrido e rovente fece presa sul mio polso, con tale veemenza da suscitare in me la sensazione di affogare nella lava più rovente e mi dimenai,tentando di allontanarmi e fuggire da quel calore insopportabile, come  se stesse bruciando ogni più piccola fibra della mia pelle.
Aprii gli occhi di scatto, guardandomi intorno con aria sconvolta e cercando di comprendere la causa di tale sgomento che mi dilaniava l’anima, attanagliandomi fermamente, come la morsa di un serpente.
Non riconobbi quel luogo dimenticato da Dio ed il cuore mi arrivò in gola quando voltandomi, mi ritrovai davanti agli occhi il volto di uno sconosciuto che, a pochi centimetri dal viso, mi guardava con il suo sguardo di ghiaccio, come a volermi braccare con la sola forza della mente.
Era lui.
Disteso al di là delle sbarre, teneva un braccio incastonato fra le metalliche aste d’acciaio che dividevano le nostre celle e fu allora che capii che quel calore che mi bruciava dentro, proveniva dalla rovente incandescenza della sua pelle.
Non avrei mai dimenticato quello sguardo orgoglioso e quei modi di fare così arroganti, fiero per ciò che la vita lo aveva portato ad essere, perciò che lui era!
« E’ stato solo un brutto sogno », sussurrò dopo svariati minuti, tanto lunghi da sembrare eterni, rassicurandomi con la sua voce melensa, più latente rispetto all’ultima volta che l’avevo udita.
Lo guardai stralunata e strinsi gli occhi ad una fessura come a voler scorgere ogni più piccolo frammento della sua anima dannata, che pareva aver visto tanto male in questo mondo, da bastarne per una vita intera.
Ammirai quell’immenso mare di cioccolata e quella luce che emanavano i suoi occhi scuri e per un secondo, per un solo misero istante, il resto del mondo scomparve, come se nulla fosse importante, almeno finché quello sconosciuto non riprese il controllo di sé e ritrasse velocemente quella mano che ormai non emanava più quel calore da bruciarmi sin sotto la pelle.
« Solo. un. sogno. »,sussurrai lentamente, scandendo le parole come a volerle imprimere sulla pelle, ricordando quel sogno così reale che sembrava appartenere a questa stessa realtà, ritrovandomi così distesa sulla sudicia sterpaglia che proteggeva il mio corpo dal freddo pavimento, incrostato dal sangue, dall’odore a dir poco nauseante e rivoltante.
Sollevai lo sguardo e socchiusi gli occhi, cercando di scrutare oltre l’oscurità di quel luogo, rischiarato solamente da un piccolo spiraglio di luce proveniente da dei piccoli fori creatosi tra le crepe delle mura e solo allora notai, poco lontano dalla mia cella, gli altri cinque uomini che stamani avevo salvato e che adesso, dormivano beatamente come se l’idea della morte non li scalfisse minimamente.
Come reggevano tale fardello dopo aver visto la morte in faccia?
Dopo aver sfiorato la tela del destino ed esserne usciti indenni, marchiati da una sorte  incontenibile e spietata.
« Da quanto tempo siamo qui? ».
« Poche ore », tagliò corto allontanandosi da me e appoggiando le spalle al muro, socchiudendo gli occhi e aspettando chissà quale miracolo che ci venisse a salvare.
Lo guardai confusa e infastidita dalla sua apatia, il suo modo di reagire nei confronti di quella situazione che a me invece terrorizzava, con i suoi occhi chiusi e nascosti da ciglia lunghe e nere, mentre un insano sorriso aleggiava sul volto beato ed angelico.
La paura dell’ignoto mi opprimeva la mente, il terrore di quel che ci potesse capitare si insediava nelle mie ossa strappandomi preziosi anni di vita, mentre loro parevano rifugiati nel loro paradiso terrestre,come se questo non li toccasse minimamente.
«Come fate a rimanere così … tranquilli? », sbottai ad un certo punto, infastidita dai suoi stessi sospiri e da quel silenzio che rendeva l’attesa snervante per la mia mente insana.
Sembrava come se si fosse … addormentato.
Come?
Mi guardai intorno, cercando qualcosa che attirasse la sua attenzione, allungandomi verso dei piccoli sassi caduti sicuramente dalla superficie del muro e, con enorme coraggio, gliela tirai colpendolo sulla gamba, svegliandolo di colpo.
Aprì gli occhi di scatto, guardandomi in cagnesco quando capì quel che avevo fatto, con le orecchie che fumeggiavano dalla rabbia.
Ingoiai il rospo che mi si era bloccato in gola.
Non potevamo perder altro tempo!
Stavamo lottando, inconsapevolmente, contro un destino ignoto che il mio stesso padre ci aveva imposto, e le parole di mia madre, venuta in sonno per avvertirmi che qualcosa di straordinariamente malvagio stava per abbattersi sopra le nostre teste.
Quell’uomo tirò un lungo respiro e si sollevò, guardandomi beffardo «capisco che probabilmente non sarete abituata a questo trattamento regale, principessa. Cercate di riposare però, prima che il vostro amato padre condanni a morte anche voi! ».
Sgranai gli occhi e digrignai i denti, sentendo in me ribollire una rabbia tale che avrei affondando i miei canini nella sua carne, se questo non avrebbe portato alla mia morte.
No, non avrei sacrificato la mia vita per lui.
Non un’altra volta.
« Invece di dedicarvi al sonno di bellezza, mio caro, dovremmo trovare un modo per uscire da questa prigione. Perché non vi salverò di certo per la seconda volta ».
Lo sentii ridere nella profondità della notte e con uno scatto fulmineo si drizzò velocemente, attaccandosi alle sbarre e stringendole con tale ardore da farsi insanguinare le mani.
« Credete che vi debba la vita? Avete solo rimandato la nostra esecuzione! Non debbo ringraziare nessuno, tantomeno la figlia del diavolo ».
I suoi occhi sembravano bruciare d’odio e indietreggiai, sbattendo le spalle al muro e frignando
quando la mia pelle nuda entrò in contatto con la superficie fredda e sudicia della parete.
Figlia del diavolo?
« Come potete voi giudicare quando siete giunti qui per assaltare le mura del castello? Il mostro da voi stesso definito tale, stava tentando di proteggere la sua casa e voi, voi dovreste solo ringraziarmi per avergli impedito di metter fine alle vostre vite, come la vostra gente fece con quella di mia madre. Mio padre non vi odia e …».
L’uomo sgranò gli occhi come se avessi detto la più grande delle blasfemie, ridendo di gusto e facendo squillare la sua voce in tutta la stanza.
« Vostro padre stermina la mia gente ogni giorno! I nostri fratelli, le nostre madri vengono uccisi continuamente e io non intendo chieder perdono per una sola morte quando sono stati sterminati interi villaggi. Lui non ci odia? Ebbene, noi si ».
Un fascio di luce si insediò dalle  incrinature delle  mura e allietò la tetra stanza, costringendomi a indietreggiare velocemente così da non venir bruciata dal chiarore del sole e abbagliando l’insano ospite così che potessi vederlo in volto.
I capelli scuri incorniciavano il viso scarno e smagrito e due grandi occhi marroni mi scrutavano senza batter ciglio, come se volessero valutare anche la mia più piccola reazione.
Le spalle larghe e il dorso nudo mi permisero di prestare maggior attenzione alla sua pelle, marchiata e recisa  da cicatrici di chi aveva combattuto da tutta una vita, pur di salvarsi perfino da se stesso.
Sospirai profondamente e socchiusi gli occhi, prima di puntarli sui suoi.
« Invece di combatterci a vicenda, dovremo unire le forze per un obbiettivo comune. Lo vogliamo entrambi e dovremmo smetterla, invece, di ucciderci a vicenda ».
Lo vidi sorridere e mi guardò con i suoi occhi dolci.
« Come posso fidarmi di voi, Savannah? ».
Lo guardai di sottecchi, avvicinandomi cauta e badando al piccolo fascio di luce che aleggiava nella stanza, prima di sbiadirsi nel nulla, riportandosi nell’oscurità più tenebrosa.
« Come conoscete il mio nome? ».
Lo sentii sorridere nella notte e lasciò la presa sulle aste metalliche, abbassando lo sguardo sulle mani insanguinate e mi sembrò di vederle rigenerare, dato che l’odore soffocante del sangue scomparve poco dopo.
«Pensiate che combattiamo i nostri nemici alla ceca? Presto, toccherà a voi prendere le redini del vostro destino e quello del vostro popolo e noi dobbiamo sapere contro chi lottiamo. Un bel peperino, a quanto vedo!».
« io non voglio lottare », sussurrai avvicinandomi a lui e chiudendo le sue mani tra le mie.
Lo vidi sussultare di botto ma non si allontanò, guardandomi serio.
« qual è il vostro nome, abile guerriero? ».
« Jake, principessa ».
« Ebbene, Jake, io non voglio continuare a lottare per una guerra che va avanti da più di mille anni. Voglio la pace ma non posso se ambo le parti non collaborano per un futuro ad unisono ».
« anch’io », sussurrò tramutando in volto, prendendomi il viso e alzandomi il mento con due dita affinché lo guardassi dritto negli occhi.
Quello sguardo così abissale e ipnotico mi inchiodò al suolo, smorzandomi il respiro, seguito da una strana sensazione che mi si protrasse lungo la spina dorsale, non lasciandomi scampo a delle sensazioni che non avevo mai provato prima.
Non ero mai stata sfiorata prima, non in quel modo, e mi venne la pelle d’oca sotto quel tocco così straordinariamente dolce ed energico al tempo stesso e, per la prima volta in vita mia, mi sentii al sicuro dal resto del mondo, almeno prima che le porte della prigione si aprissero, causando un rumore sordo e un intensa luce subentrò nella stanza, provocando un gioco di luci e ombre che si proiettarono sul pavimento, costringendomi a strizzare gli occhi per abituarmi a quel drastico cambiamento di luce, coprendomi il viso con la mano.
Due grandi uomini entrarono nella stanza e con passo celere e spedito si avvicinarono alla mia cella, aprendone la porta e guardandomi dall’alto in basso, con i loro occhi fiammeggianti e pieni d’odio per via dell’alto tradimento subito.
Mi allontanai da Jake, indietreggiando finché le spalle non toccarono la superficie fredda e rocciosa del muro, braccandomi e non permettendomi altro riparo.
Avevo paura.
Tanta paura.
« Dovete venire con noi ».
Proferirono con tono rude, echeggiando nella stanza.
Sbiancai in volto e per un attimo mi venne a meno il respiro, mentre quegli uomini si avvicinavano sempre più, afferrandomi con forza e prepotenza e strattonandomi da una parte all’altra della stanza.
Jake rimase immobile e li guardò accigliato, inerme, prima di riprendere controllo di sé stesso e avventandosi sulle sbarre, cercando di spezzarle a mani nude.
«Dove la state portando?!».
I due non proferirono risposta, trascinandomi fuori e non lasciandomi modo per sottrarmi alla loro presa ferrea. Mi voltai verso Jake e mi guardò serio, regalandomi una muta promessa.
«verrò a prendervi ».
 
 

 

Buonasera.
Mi scuso per l’altra volta poiché, avendo fretta di aggiornare il capitolo, non ho avuto tempo di fare le giuste presentazioni. Pardon!
Solitamente dedico sempre almeno un capitolo delle mie storie alle persone che mi stanno vicino, a coloro che ho conosciuto in questo sito che è diventato il nostro mondo.
Questa volta però, farò un eccezione, dedicando questo capitolo a me stessa. Si, a me stessa.
Devo ringraziarmi per essere uscita da una situazione in cui credevo di sprofondare, persa nei meandri di un qualcosa fin troppo grande perfino per me.
Non vi è mai capitato di camminare nel vuoto?
Questo è come si ci sente dopo aver incontrato l’amore della propria vita al momento sbagliato … lui era sbagliato …
Voglio ringraziare me stessa per esserne uscita, quasi, con il cuore un po’ ammaccato, lo ammetto, ma l’importante è avercela fatta, no? Almeno spero, ahahahha.
Trovate sempre la forza e non fatevi sopraffare da voi stesse, perché lottare è dura ma lasciarsi abbandonare è ancora peggio. Non perdete mai la speranza di una luce nuova!
Dopo queste frasi insane, ringrazio coloro che hanno letto il precedente capitolo e chi, come la mia più cara amica, Princess of Dark, ha dedicato il suo tempo per dedicarmi una recensione incantevole.
Non finirò mai di volerti bene e devo ringraziare anche Te! Si, perché senza di te la mia vita non sarebbe la stessa.
TU sei importante.
Quindi grazie, grazie e grazie.
Buona continuazione di serata e … alla prossima.
Aishia.
  
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