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Autore: Gaia_dc    04/05/2016    2 recensioni
Ziva David doveva ancora compiere i 17 anni, quando un attentato nel suo paese d'origine, Israele, mise in allarme il padre, Eli David, il direttore del Mossad, che la mandò , insieme con il resto della famiglia, in America. Ziva è riservata, anche troppo, e non sa quanto riuscirà a resistere lontano da casa, senza affetti e senza i suoi... Amici... Se tali si possono definire!

Tony DiNozzo ha 17 anni, frequenta il penultimo anno del liceo e si definisce uno "Spirito libero". È il capitano della squadra di basket dell'Anacostia High School, è il ragazzo più popolare della scuola, i compagni di squadra sono i suoi migliori amici, ed esce con le cheerleader... Potrebbe desiderare di meglio?
Sì... Solo quando si renderà conto che lui non è come tutte quelle persone che lo circondano, e che forse, i suoi veri, unici amici sono Abby Sciuto e Tim McGee...

E se un giorno Tony e Ziva si incontrassero e decidessero di mettere il proprio cuore l'uno nelle mani dell'altra?
E se proprio quando sembra andare tutto per il meglio, qualcuno ha ordini precisi dall'alto, di dover tornare a casa? Ma ormai casa è l'Anacostia High School!
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abigail Sciuto, Anthony DiNozzo, Timothy McGee, Un po' tutti, Ziva David
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente, Ziva venne svegliata dal suono insistente del suo cellulare: 6:20, ora di alzarsi.
Si mise seduta sul letto, e si prese la testa tra le mani. Le pulsava, le faceva male, ed in più la ferita alla tempia bruciava sempre di più.
In un attimo le tornarono in mente gli avvenimenti della sera precedente: sua madre che piangeva, Tali spaventata, lei che era stata spinta per terra, ed aveva sbattuto la testa contro lo spigolo del tavolino, sua madre che lanciava piattini di ceramica, Tony che la aiutò, la medicò e… Si era anche addormentato con lei, ma non lo vedeva da nessuna parte.
 
Si alzò ed immediatamente andò a vedere come stesse la sorellina, che per fortuna dormiva beatamente.
Tornò in camera, e quando prese il cellulare, si accorse che accanto c’era un post-it.
 
Buongiorno Occhioni Belli
Sono andato via presto per non creare problemi
Spero che oggi tu stia meglio
Ti passo a prendere al solito orario.
Baci
Tony
 
Lo nascose in un libro, e andò in bagno per lavarsi e cambiarsi.
Si fermò davanti allo specchio… Non aveva una bella cera, e nonostante quella notte avesse dormito benissimo tra le braccia di Tony, aveva delle occhiaie violacee sotto gli occhi.
 
Uscita dalla doccia, si lavò meglio il viso, e quando il sapone entrò a contatto con la ferita sussultò… Non era tanto il bruciore, quanto il fatto che sua madre, era stata capace di farle del male! Il ricordo di quella serata le dava il voltastomaco, e l’unico motivo, per cui non avrebbe voluto dimenticarla, era lo spettacolo che avevano messo in scena, ed il bacio che Tony le aveva dato… Tutta finzione, certo… Ma non per lei!
 
Nonostante ciò, da quando si era alzata, si sentiva poco bene. Le girava la testa, aveva le vertigini, un po’ di nausea, e le bruciava la ferita! Si sentiva uno zombie in poche parole.
 
Si vestì con una gonna nera che arrivava poco sopra il ginocchio, delle calze sottili nere, ed una larga maglia bordeaux in caldo cotone. Per quel giorno avrebbe preferito un outfit più comodo, come dei jeans, ma aveva promesso ad Abby che si sarebbe vestita a d’oc per eventuali foto in caso di ringraziamenti per lo spettacolo del Moulin Rouge.
 
Tornò in camera di Tali, per assicurarsi che al suo risveglio non ripensasse alla serata precedente, ma quando entrò, la trovò già sveglia, in piedi, che si stava vestendo.
 
“Buongiorno Topina…”
Disse. Ma la voce le uscì come in un sibilo. Non si sentiva affatto bene, e parlare le era difficile.
 
“Buongiorno Zee”
La salutò la sorellina, voltandosi, e rivelando il suo viso allegro. Ziva ringraziò il cielo che Tali non fosse stata colpita emotivamente dagli atteggiamenti della madre, e si piegò sulle ginocchia per abbracciarla.
 
“Stanotte Tony ha dormito con te?”
Chiese con l’innocenza di una bambina della sua età.
 
Ziva rimase interdetta per qualche secondo…
“No Tali…”
Rispose sorridendo.
 
Non avrebbe voluto mentirle, ma se le fosse scappato davanti alla madre, o se avesse iniziato a fantasticare, l’avrebbe messa in un mare di guai.
 
Tali la osservò per qualche minuto, cercando di capire se stesse mentendo oppure no.
“Invece sì! Sì, Tony ha dormito con te!”
Esultò.
 
Ziva la ignorò, si alzò, e le disse di sbrigarsi che presto sarebbe dovuta andare a scuola.
 
 
 
Scesero insieme nel soggiorno. Era vuoto, Rivka non c’era. Inizialmente Ziva era spaventata di vederla apparire da un momento all’altro, poi prese coraggio ed entrò in cucina. Non c’era nessuno, così preparò la colazione alla sorella, ed aspettò che Tony passasse a prenderla.
 
“Zee, che hai?”
Chiese Tali, notando che la sorella non si sentiva affatto bene.
 
“Niente Tali”
Mentì Ziva, accennando un sorriso.
 
La piccola continuò ad osservarla… Avrebbe voluto dire qualcosa riguardo a quello che era successo la sera prima. Non l’aveva dimenticato, ma non voleva che Ziva ripensandoci si fosse sentita ancora peggio.
Quello che più l’aveva spaventata, non era il fatto che sua madre era impazzita, quanto vedere Ziva ferita sconvolta.
Così non disse niente.
 
Quando Tony arrivò, Tali aveva già preso l’autobus. Ziva prese il casco e uscì di casa. Si avvicinò alla moto, e senza fiatare fece per salirvi, ma Tony la fermò per un braccio.
 
“Come stai?”
Chiese prima di vedere il suo volto… Poi non ci fu più bisogno di parole.
 
Scese dalla moto, ed inaspettatamente l’abbracciò, stringendola forte.
All’inizio Ziva rimase rigida, poi lentamente si sciolse, e lo abbracciò forte anche lei. Era ciò di cui aveva bisogno. Qualcuno che era sempre presente per lei, e che l’amava incondizionatamente anche senza dirlo.
 
Dopo qualche minuto, Tony si stacco, mettendole le mani sulle spalle, e guardandola negli occhi.

“Se vuoi piangere non lo dico a nessuno”
Provò a scherzare… Anche se sperava davvero che la sua amica si liberasse di quel peso…
 
“Andiamo…”
Fece lei in tutta risposta.
 
Tony sospirò, poi si rimise il casco, e partì.
 
 
 
“Ziva! Hai saputo?! Oggi alle 15 faranno i ringraziamenti! Lo sapevo! Sei bellissima, ed io ti scatterò tantissime foto, e anche a te, Tony!”
Appena Abby vide arrivare Tony e Ziva, saltò letteralmente addosso a Ziva, ma Tony la fermò.
 
“Abby… Abby…”
 
Abby lo guardò contrariata, poi guardò Ziva, e notò che stava poco bene.
 
“Ziva, che è successo?”
Si preoccupò.
 
“Niente, va tutto bene…”
Rispose lei evasiva, allontanandosi e andando a sedersi.
 
“Ragazzi che sta succedendo?”
Chiese McGee che era appena arrivato.
 
“Non lo so!”
Rispose la ragazza guardando Tony.
“Tony vuoi illuminarci?!”
 
“Niente ragazzi… Ziva ha avuto una brutta serata ieri sera… Tutto qui!”
Rispose andando anche lui a sedersi.
 
“Abby?”
Chiese McGee.
 
“Non chiedere Tim… Non so niente!”
 
 
 
 
I ragazzi trascorsero le prime due ore di lezione senza che Ziva dicesse una parola che non fosse strettamente necessaria. Abby e McGee non riuscivano a capire, ma avevano notato che la situazione stava degenerando. Ziva aveva un colorito sempre più pallido, e non riusciva a seguire.
 
Durante l’ora di storia e filosofia, il professor Mallard stava tenendo una lezione sul concetto di amore.
 
“Ragazzi l’amore è un sentimento così grande, che ognuno di noi gli attribuisce un significato diverso… Ad esempio, se io chiedessi a te Ray… Cos’è l’amore? Cosa mi risponderesti?”
 
“Beh prof… Sa quando un uomo e una donna si infilano insieme sotto le coperte? Ecco…”
 
“Lasciamo stare”
Lo bloccò il professor Mallard
“Abigail… Cos’è l’amore?”
Aggiunse.
 
“Oh… Beh… L’amore è quando sei davanti ad un ragazzo, e non riesci a parlare, hai le farfalle nello stomaco, e vedi tutto rosa e fiori… O nel mio caso, nero e teschi!”
Rispose la ragazza eccitata.
 
“Va bene, va bene… E per te, Timothy?”
 
“L’amore… Credo sia quando due persone stanno bene insieme e non hanno bisogno di una terza persona per stare meglio… Quando faresti di tutto per rendere l’altra persona felice, o anche solo per tirarle su il morale…”
Rispose invece McGee.
 
“E se invece lo chiedessi a te, Ziva?”
Chiese ancora il dottor Mallard, che ovviamente aveva notato il suo strano atteggiamento.
 
“L’amore non esiste! È solo una grande illusione. È come la gastrite… Dura 5 minuti, e ti lascia per anni con gli occhi gonfi!”
Ziva rispose velocemente e mantenendo lo sguardo basso. Nell’aula si creò un’atmosfera di assoluto silenzio, ed il professore cercò di capire cosa fosse successo alla ragazza.
 
Non gli ci volle molto per comprendere che le era successo qualcosa che l’aveva profondamente turbata, e che probabilmente aveva riaperto vecchie ferite… Magari aveva a che fare con l’esplosione…
 
Ziva continuava a pensare a quello che era stata capace di fare sua madre, ed era convinta che un genitore ama il proprio figlio a prescindere da tutto, ma allora come ha potuto sua madre rischiare di ucciderla? Allora, l’amore non esiste!
 
“Professore posso dire cos’è per me l’amore?”
Chiese Tony ad un tratto, un po’ per togliere Ziva dall’imbarazzo, un po’ perché voleva davvero dire la sua.
 
“Anthony…”
Il professore lo avvisò con lo sguardo di non fare battute.
 
“Adesso ci divertiamo!”
Sussurrò Jeanne a Ray.
 
“Credi che sia successo qualcosa tra quei due?”
Chiese quest’ultimo riferito a Tony e Ziva.
 
“Non lo so… Ma ancora non mi è andata giù la storia del musical!”
 
“Per quello puoi stare tranquilla… Io ormai mi sono stufato di aspettare!”
 
“Che intendi?”
Chiese Jeanne ottenendo in cambio uno sguardo malizioso.
 
“Professore… Io invece credo che l’amore esista! Che sia un sentimento enorme, così grande che probabilmente in questa classe non l’ha sperimentato nessuno…”
Iniziò.
“O quasi…”
Aggiunse guardando Ziva.
“Credo che l’amore vada ben oltre le farfalle nello stomaco, lo stare bene insieme, o stare sotto le coperte… Vorrei dire che l’amore sia quello che può provare una ragazza che in pochi mesi ti fa capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, o che in ancora meno tempo, riesca a riunire una famiglia totalmente distrutta dalla perdita del membro che la teneva unita… Ma questa è solo una piccola parte dell’amore. Credo che l’amore sia quando una ragazza cerca di proteggere la propria sorellina quando una madre torna a casa ubriaca, e inizia a lanciare oggetti taglienti; quando preferisce non reagire per non spaventare la sorellina; quando dice di stare bene, solo per far stare serena quella sorellina; quando anche se ha un taglio sulla tempia, pensa al benessere della sorellina e a farle vedere il lato più buono della stessa madre che l’ha ferita, e non solo alla tempia!”
Disse a più riprese, senza mai smettere di guardare Ziva negli occhi.
 
“Ottima risposta Anthony!”
Si congratulò il professore.
 
Tony e Ziva continuavano a fissarsi negli occhi. Ziva era stupita dalle parole di Tony, e ad un tratto la testa le girò vorticosamente.
Strinse gli occhi, poi si alzò e chiese al professore di poter andare al bagno.
 
Sentì una forte fitta allo stomaco che per un attimo le fece perdere il respiro. Si appoggiò al muro, e si accorse che la testa le girava molto velocemente. Dall’inizio della mattinata si sentiva sempre peggio, e ad un tratto, le gambe cedettero, ma prima che potesse cadere, venne afferrata per un braccio.
 
 
 
In aula, appena Ziva era uscita, Ray aveva lanciato un’occhiata a Jeanne, senza che lei riuscisse a decifrarla, e chiese anche lui di andare in bagno. Uscì, e trovò Ziva appoggiata al muro, che cercava di prendere aria. Aveva aspettato quel momento dalla prima volta in cui aveva appoggiato gli occhi su di lei, con desideri ben poco casti. Corse verso di lei, e l’afferrò prima che cadesse. La trascinò in bagno, mentre lei cercava di divincolarsi ma senza riuscirci, e la sbatté al muro, chiudendo la porta.
 
“Che vuoi fare Ray?!”
Chiese con un filo di voce, spaventata.
 
“Andiamo… Non vorrai mica dirmi che è la prima volta per te?!”
 
Ziva fece per tirargli uno schiaffo, ma Ray fermò prontamente la sua mano, e la sbatté nuovamente contro il muro.
 
“Ray… Allontanati…”
Cercò di parlare, ma la voce le usciva sempre più debolmente. Ad un tratto Ray si avvicinò a Ziva bloccandola col suo corpo, e provando a baciarla, tenendole ferme le braccia. Ziva girò la testa, stringendo gli occhi, per non vedere quello che stava facendo, e lui prese a baciarle il collo, facendola rabbrividire.
 
“Forza Ziva… Rilassati…”
Disse lui con voce roca.
 
“Ray… Basta…”
Provò ancora senza risultati. Poi ebbe un altro giramento di testa, ed un’altra fitta al ventre. Non si reggeva più in piedi, e quando sentì le mani di Ray iniziare a toccarle la schiena, si irrigidì. Ad un tratto le sue mani scesero, toccando le cosce così voracemente da strapparle le calze.
 
“Ray…”
Aveva la voce rotta. Avrebbe voluto urlare, piangere, ma non ne aveva la forza.
 
 
 
 
In aula intanto, il professor Mallard stava continuando a spiegare, quando Abby chiese a Tony e McGee
“Ragazzi ma Ziva dov’è? Non è ancora tornata dal bagno…”
 
“Se è per questo neanche Ray… Tranquilla Abby, sta bene…”
La rassicurò McGee.
 
Ma appena questo disse il nome di Ray, Tony scattò in piedi, e uscì di corsa dall’aula.

“Tony?”
Lo chiamarono i suoi amici…
 
“Anthony…”
Lo chiamò il professore, ma lui ormai era fuori dalla classe. Corse nel bagno dei ragazzi, ma erano vuoti, così si diresse verso quello delle ragazze, trovandolo chiuso.
 
Spalancò la porta, ed entrò come una furia, trovando Ray che spingeva Ziva al muro, mentre lei lo implorava di smetterla. Accecato dalla rabbia gli tirò un pugno, spingendolo, e facendolo cadere. Poi si buttò su di lui, mentre Ziva si lasciò scivolare per terra.
 
Vedeva Tony e Ray picchiarsi a vicenda, poi ad un tratto, Ray tirò un pugno sul naso di Tony facendolo sanguinare.
 
“Tony…”
Lo chiamò Ziva con un filo di voce, spaventata che Ray potesse fare del male anche a lui.
 
Sentendo la voce così debole della sua Ziva, Tony ribaltò la situazione, ricambiando il pugno, e lasciando Ray steso per terra che cercava di pulirsi il sangue. Probabilmente aveva il setto nasale rotto o fratturato, ma non gli importava, perché appena si avvicinò a Ziva, era gelata, ed aveva il viso pallido.
 
“Tony…”
 
“Ziva, Ziva è finita, non ti darà più fastidio!”
Disse lui agitato.
 
“Sanguini…”
 
“Non è nulla… Ziva, sei freddissima, metti questa…”
 Le disse, mettendole la sua giacca intorno alle spalle.
 
“Tony…”
Ziva ingoiò, cercando di inumidire la gola che bruciava.
“Tony non mi sento bene…”
Aggiunse, spaventando il ragazzo, che non aveva mai sentito quelle parole uscire dalla sua bocca.
 
La prese in braccio, cercando di stringerla a sé per non farle prendere freddo, e corse fuori dal bagno lasciando Ray dentro.
Appena fuori, incontrò il professor Mallard, insieme con Abby e McGee che lo stavano cercando.
 
“Anthony, che è successo?”
Chiese il professore allarmato.
 
“Ziva!”
Urlò Abby, vedendola così.
 
“Tony…”
Chiese McGee eloquentemente con uno sguardo, cosa fosse successo.
 
“C’è anche Ray in bagno ma Ziva non sta bene…”
Disse solo.
 
Tutti e tre capirono subito quello che era successo, ma prima che potessero parlare…
 
“T-Tony…”
Ziva lo chiamò, prima che la vista si annebbiasse, tutto diventasse nero, ed i suoni ovattati.
 
 
 
 
Si risvegliò poco dopo in infermeria. Aveva avuto un attacco di ipotermia dovuto allo stress, e l’infermiera aveva trovato un leggero ematoma sottocutaneo al braccio, che Tony aveva spiegato essere dovuto alle mani di Ray, pur sapendo che in realtà era il risultato della serata precedente, quando Rivka l’aveva presa e buttata contro il tavolino.
 
La prima cosa che vide quando riaprì gli occhi, fu Tony, seduto accanto a lei su di una cassettiera che conteneva dei medicinali.
 
“Ben svegliata, Occhioni Belli”
Le disse scendendo, e avvicinandosi per accarezzarle i capelli.
 
“Oggi torni a casa prima… L’infermiera non ti vuole più vedere in giro per il resto della giornata…”
Aggiunse, mentre faceva scorrere la mano tra i suoi capelli mossi.
 
“Tony… Come sta il tuo naso?”
Chiese subito Ziva, mettendosi seduta.
 
L’ultima cosa che aveva visto prima di chiudere gli occhi, era il viso tumefatto di Tony, ed il sangue che colava copiosamente dal suo naso.
 
“Solo un graffio…”
Disse con superficialità, toccandosi il cerotto.
“Io gli ho fatto più male!”
Aggiunse, riferendosi a Ray.
 
In quel momento Ziva si incupì, ricordando quello che era appena successo, ma non ebbe il tempo di parlare, che l’infermiera entrò nella stanza.
“Tony, ti avevo detto di restare fuori di qui!”
Disse con aria canzonatoria.
 
“Ma non potevo certo permettere che si svegliasse da sola!”
Si giustificò, mentre l’infermiera sospirò.
 
“Ziva, la scuola sta chiamando tua madre per venirti a prendere…”
La informò.
 
“No!”
La fermò subito Ziva.
 
“Ehm… Non si preoccupi, dottoressa Todd, la riporto a casa io…”
Intervenne subito Tony, che conosceva fin troppo bene gli eventi che l’avevano ridotta in quelle condizioni. Perché lui sapeva, era convinto, che quel malessere che aveva sin dalla mattina, era dovuto alla madre, e che se non fosse stato per lei, probabilmente Ray sarebbe finito per terra molto, molto prima!
 
“No Tony! Tu sei in punizione… Devi restare a scuola fino alle 17”
Lo riprese immediatamente l’infermiera.
 
“Ma dottoressa, lei non capisce…”
Cercò di ribattere il ragazzo.
 
“In punizione?”
 
“Te l’ho detto Zee… Gli ho fatto male!”
Spiegò Tony, uscendo dall’infermeria, senza distogliere lo sguardo dalla dottoressa.
 
 
 
Appena fuori, si diresse immediatamente verso l’aula docenti, in cerca del professor Gibbs. Ray aveva una mascella fratturata, ed ora si trovava al pronto soccorso per degli accertamenti… Ma per il momento non c’era necessità di preoccuparsene, perché era stato sospeso. Tony aveva evitato la sospensione, grazie all’attenuante del fatto che aveva visto cosa Ray stesse facendo, e non aveva esitato a salvare Ziva…
 
Trovò il professor Gibbs che parlava con il professor Mallard.
 
“Jethro, in qualità di psicologo, ti assicuro che è successo qualcosa in famiglia… E dopo quello che è appena successo con Ray, non è consigliabile chiamare la madre!”
Diceva il Ducky.
 
“Professore…”
Li interruppe Tony.
“Posso parlarle?”
Chiese a Gibbs.
 
Gibbs guardò Ducky, lasciando intendere che avrebbero ripreso quella conversazione, ma non ce ne sarebbe stato bisogno.
Rimasti soli, Gibbs chiese cosa stesse succedendo.
 
“Tony, che sta succedendo?! Cos’è questa storia di Ray?”
 
“Professore, ieri sera dopo lo spettacolo, ho riaccompagnato Ziva a casa…”
Iniziò a raccontare.
 
“Tony non mi dirai che…”
 
“No prof… Non abbiamo dormito insieme!”
Tony chiarì ogni dubbio… Preferendo omettere che effettivamente lui aveva dormito con Ziva quella notte.
 
“La madre di Ziva era ubriaca, e poco dopo Tali, la sorellina, mi ha chiamato… Era spaventata perché sua madre stava facendo del male a Ziva… Quando sono arrivato, Rivka, la madre, era ubriaca, e stava lanciando dei pezzi di ceramica contro Ziva che cercava di proteggere Tali. Ho portato via la bambina, e quando sono tornato lei era seduta per terra contro un tavolino… Ho dato un sonnifero a Rivka e medicato una ferita di Ziva alla tempia…”
Raccontò ricordando quei momenti. Non ne aveva parlato con nessuno, ed in quel momento si stava liberando di un grosso peso, con l’unica persona che gli era sempre stata vicino.
 
“Stamattina Ziva non stava bene, si vedeva… Aveva la nausea, ogni tanto dei giramenti di testa… E Ray ne ha approfittato… L’ha trascinata in bagno e… Beh può immaginare… Quando sono arrivato non so quanto in là si fosse già spinto, ma gli ho tirato un pugno, e abbiamo iniziato a lottare finché non ho sentito la voce di Ziva che mi chiamava debolmente, e sono corso da lei, che non stava affatto bene… Finché non è svenuta…”
 
Gibbs ascoltò il racconto, sempre più sorpreso da quello che i suoi alunni erano capaci di fare, ma ancor di più dal comportamento di Rivka… Così decise che avrebbe accompagnato personalmente Ziva a casa!
 
“La porto a casa io!”
Disse alla fine, prendendo il suo cappotto, ed uscendo dalla stanza, diretto verso l’infermeria.
 
 
 
 
Il viaggio in auto fu silenzioso. Ziva era seduta sul sedile del passeggero, e non aveva proferito parola da quando era entrata, ma continuava a guardare fuori dal finestrino.
 
Gibbs alternava il suo sguardo tra la strada e lei, e non poté fare a meno di pensare quante ne avesse subite, quella ragazzina in soli 17 anni di vita, e quante ancora il futuro le riservava.
 
Gibbs era riuscito ad instaurare con lei un rapporto di fiducia reciproca, ed era infatti l’unico professore col quale lei riusciva a relazionarsi.
 
Ziva aveva le ginocchia al petto, e la testa appoggiata al finestrino, e quando Gibbs appoggiò la sua mano sul suo ginocchio, sobbalzò.

“Ziva… Hai voglia di parlare?”
Le chiese mentre era fermo ad un semaforo.
 
“Se non fosse stato per Tony adesso avrei avuto le calze strappate non solo sulle cosce…”
Disse a bassa voce, intenerendo il gelido professor Gibbs.
 
“Lo so…”
 
“E nonostante ciò, lui deve trascorrere un’ora in punizione per colpa mia!”
Continuò, voltandosi a guardarlo con un velo di rabbia.
 
“Non è colpa tua!”
Disse solo questo, ma in un modo tale da non permetterle di ribattere.
 
Ziva si strinse la pancia con una mano, ed appoggiò l’altra sulla fronte.

“Tutto bene?”
Domandò Gibbs.
 
“Solo un po’ di nausea…”
 
Quando l’auto si fermò davanti al cancello di casa David, Ziva si irrigidì, vedendo che l’auto di sua madre era lì… Sua madre era in casa.
 
Gibbs la osservò, non riuscendo a capire perché non volesse scendere, poi quando si rese conto di dove puntasse il suo sguardo, prese l’iniziativa, aprì lo sportello e scese.
Aprì lo sportello di Ziva, e con una mano la aiutò a scendere.
 
“Se tua madre non ti amasse, se ne sarebbe andata da tempo…”
Le disse con uno sguardo paterno, mentre suonava il campanello di casa, e Ziva lo fissava.
 
Quando la porta di casa si aprì, e Rivka comparve sull’uscio, il cuore di Ziva ebbe un sussulto. Rivka aveva gli occhi rossi e gonfi, come se avesse appena smesso di piangere…
 
La donna guardò interrogativa l’uomo che accompagnava sua figlia.
 
“Ziva…”
Disse guardando la figlia, e notando il viso pallido e le calze strappate.
“È successo qualcosa?”
Chiese preoccupata rivolta a Gibbs.
 
“Salve signora, sono Gibbs, il professore di sua figlia…”
Si presentò.
“Vorrei parlare con lei,  penso che dopo anche voi avrete molto di cui parlare…”
Spiegò.
 
Rivka e Ziva si guardarono negli occhi, poi Ziva salutò il professore e salì in camera.
 
 
 
 
Pochi minuti dopo, Ziva era seduta sul suo letto. Si portò le gambe al petto, e nascose la testa fra le ginocchia. Sentì una lacrima scenderle lungo a guancia, ma la asciugò subito. Non era abituata a piangere. Si teneva sempre tutto dentro, e cercava di non essere molto emotiva.
 
Ma quante volte avrebbe voluto urlare e piangere tra le braccai di sua mamma? Quando era piccola, ed anche ora che era grande. Il punto è che lei ora non era con sua mamma, ma con sua madre. Mamma è una delle prime parole che una bambina impara a dire. Perché una mamma è quella persona che si prende cura, che darebbe la vita per il proprio bambino… Una madre invece è una figura… Un nome comune di persona… Mamma, quella parola, ogni bambino la pronuncia in modo diverso… Madre è una parola che si impara molto dopo, a scuola. Mamma c’è sempre, da quando porta in grembo il suo bambino. Madre è diverso.
 
Rivka bussò alla porta della camera di Ziva, anche se era già aperta. La ragazza si ricompose subito, tirando indietro le lacrime che stavano per uscire, e tornando a sembrare quella macchina da guerra imbattibile, che non si ammacca mai.
 
“Posso?”
Chiese.
 
Se non vuoi tirarmi oggetti addosso, sì… Pensò Ziva, ma si guardò bene dal dirlo.
 
“Ziva mi dispiace per quello che è successo…”
Disse entrando, e sedendosi sul suo letto.
 
“È stata solo un’altra uscita delle tue!”
Rispose fredda.
 
“Ziva io lo so che tu mi odi… Ed hai tutte le ragioni del mondo per odiarmi… Mi odierei anch’io se fossi al tuo posto…”
 
“Almeno te ne rendi conto!”
Continuò più gelida del ghiaccio.
 
“Ma anche tu devi cercare di capirmi… Anche se adesso non ci riesci, quando sarai più grande, riuscirai a comprendere il perché delle mie azioni!”
 
“Sono già abbastanza grande da crescere mia sorella da sola, da proteggerla da una madre impazzita… Credo che sarei abbastanza grande anche per questo, ma ancora non lo capisco! Sei cambiata da un momento all’altro ed io non so il perché!”
Iniziò ad arrabbiarsi.
 
“Ziva vivere con tuo padre non è facile!”
 
“Lo so! Credi che non lo sappia? Ti sembra facile vivere con la consapevolezza che da grande sarò solo un’assassina del Mossad?! Che sarò l’artefice della distruzione di tante vite?!”
Urlò sfogando tutta la rabbia che si era accumulata in lei nel corso del tempo.
 
“No… Non mi sembra facile… Ma non lo so, perché a me non è toccato quel destino, e non lo avrei mai voluto per te, per mia figlia! Ma neanche tu sai cosa vuol dire vivere quel che è toccato a me!”
 
“No… Hai ragione, non so cosa significa… Però so cosa vuol dire vedere te e papà, e sentirvi litigare costantemente… So cosa significa vedere mia sorella piangere per colpa vostra, e provare in tutti i modi di consolarla!”
Tali era sempre il suo pensiero fisso… Avrebbe dato la vita per lei, senza esitare un attimo.
 
“Ziva… Mi dispiace così tanto… Avrei dovuto avere la forza di stroncare la cosa sul nascere… Ma non l’ho avuta… Ziva tuo padre sarà un uomo dai grandi valori morali, un uomo che ama la sua patria, ed un grande lavoratore… ma quei valori morali, in famiglia, li dimentica… Per lui viene prima il lavoro. Prima che tu nascessi, ho dovuto adottare un bambino di soli 3 anni, e crescerlo come fosse figlio mio…”
 
“Ari…”
 
“Esatto… Ho amato quel bambino come un figlio, e l’ho cresciuto da tale.. E poi ho dovuto vederlo donare anche lui la sua vita alla patria, al Mossad… Rischiando ogni giorno di perderlo! Sono andata oltre il tradimento di tuo padre, e quando sei nata tu, mi sono detta che per te avrei mantenuto la famiglia unita a qualunque costo… Perché vedevo la tristezza negli occhi di Ari, e non volevo che anche tu dovessi subire lo stesso trattamento! Per un periodo, siamo stati una splendida famiglia… Io e tuo padre non litigavamo, e tu sorridevi sempre, Ari giocava con te… Come fossimo una famiglia unita…”
Sorrideva mentre parlava di quei bei momenti, e Ziva ascoltava attenta.
 
“Non è così che io ricordo l’infanzia di Tali, però!”
Disse Ziva con un velo di amarezza.
 
“Quando Tali è nata, per me è stata una grande gioia… Poi scoprii che tuo padre continuava a tradirmi con una sua segretaria…”
 
“Orli Elbaz…”
 
“Come la conosci?”
Domandò Rivka.
 
“Spesso la vedevo con papà… E quando iniziarono i vostri litigi, io provai un odio immenso verso quella donna… Un odio che una bambina di quell’età non sarebbe mai stata in gradi di provare ma io sì! Perché era la causa dei vostri litigi, dei pianti di Tali…”
 
“E delle tue insicurezze…”
Concluse Rivka. Conosceva sua figlia, e sapeva quali fossero i suoi punti deboli… Come sapeva anche che non avrebbe mai ammesso di essere insicura, o che aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno.
“Ci furono tante sere in cui tuo padre andava via di casa lasciandoci da sole… Ed io non potevo sopportare che per causa sua, voi bambine doveste essere così tristi! E non potevo neanche più sopportare di essere la donna sottomessa all’uomo… Ance io volevo rispetto!”
Spiegò.
“Poco prima dell’esplosione, iniziai a frequentare qualche uomo, ero in cerca di qualcuno che ci tenesse a me! Qualcuno per cui ero importante… E lo so che tu mi odi perché non sono riuscita a mantenere la promessa che mi ero fatta al momento della tua nascita, ma anche io avevo bisogno di poter vivere! Non esistere… Ma vivere!”
 
“No! È qui che ti sbagli! Io non ti odio per questo! Tu hai visto cosa abbiamo dovuto sopportare io, Ari e Tali, ogni volta che papà non tornava a casa e ti tradiva con Orli! Tu hai visto quanto dolore lui ha causato a noi bambini, e ci sei sempre rimasta vicino! Eri la nostra ancora, eri la mia ancora! Quando Tali piangeva, e Ari era fuori, io non avevo nessuno che mi consolasse! Ma cercavo di tranquillizzare Tali, sapendo che dopo quando tutto sarebbe finito, quando papà sarebbe tornato dalla sua amante, tu saresti venuta da me, e mi avresti abbracciato! Tu sai quanto lui ci abbia fatto male, e quanto abbia fatto piangere Tali! Ed ora, vedendo quello che stai facendo, penso che sei diventata come lui! Che ti sia dimenticata cosa provano dei bambini nel vivere il tradimento di un genitore… Tu, proprio tu che lo sapevi bene, adesso ti comporti così! Ti comporti da ragazzina, ma non lo sei, torni a casa ubriaca, spaventando Tali a morte… E…”
Ziva le urlò contro tutto quello che aveva serbato nel suo cuore per troppo tempo.
 
Ogni parola era come una lama che si conficcava nell’addome sia per Rivka che per la stessa Ziva… Ad un tratto una forte fitta allo stomaco la bloccò, la fece gemere, portandosi una mano sul ventre, spaventando Rivka.
 
Ziva corse in bagno, colta da un attacco di nausea improvvisa, e si piegò a rimettere. Subito, sentì le mani di sua madre che le portarono i capelli indietro, e le premevano la fronte. Non aveva mangiato niente dalla sera precedente, e vomitò semplicemente acqua… Era più lo stress di quello che stava accadendo in quei giorni. Quando smise di rimettere, si sciacquò la bocca, mentre Rivka continuava a tenerle i capelli indietro, poi si sedette per terra appoggiata al muro, e Rivka accanto a lei.
 
“Meglio?”
Chiese.
 
Ziva fece cenno di sì con la testa.
 
“Ziva mi dispiace… È tutta colpa mia… Tutto questo è colpa mia… Ho sbagliato tutto…”
 
“Basta ti prego…”
Ziva sussurrò, allo stremo delle forze.
 
“Prima ho parlato con il tuo professore… È un uomo davvero speciale, ed ora capisco perché ti trovi così bene qui! Mi ha detto cos’è successo oggi a scuola, e Ziva, non avrei mai voluto sentire una cosa del genere! Non avrei mai voluto vederti così… E se non fosse stato per me, per l’altra sera, tu ti saresti difesa, e quel ragazzo non sarebbe riuscito neanche a sfiorarti… Lo so che non mi sopporti, ma io non sopporto di vivere sapendo che sono la causa dei problemi della mia bambina, delle tue paure, dei tuoi incubi, delle tue insicurezze…”
 
“Basta…”
Disse Ziva, guardando la madre.
“L’unico problema, è che mi manca la mia mamma! Mi manca quando mi abbracciavi senza motivo, quando mi tranquillizzavi nel cuore della notte a causa di un brutto sogno, mi manca quando io stavo poco bene, e tu mi facevi stendere sul divano coprendomi con la tua giacca di lana, che ormai non metti più… Mi manca il tuo odore, l’odore di mamma… Mi manca la mia mamma!”
Ziva si lasciò andare, mentre una piccola lacrima le rigava il viso.
 
Rivka la osservò per un’istante… Aveva delle profonde occhiaie scure, il viso bianco come mai l’aveva avuto prima, e tremava…
Si alzò, ed uscì dal bagno chiudendo la porta.
 
Rimasta sola Ziva appoggiò la testa al muro, e tirò indietro le lacrime… sperava che sua madre capisse, ed invece l’aveva solo fatta andare via… Forse non voleva tornare ad essere la sua mamma, e lei non poteva farci niente.
 
Era immersa nei suoi pensieri, quando la porta del bagno si aprì di nuovo, e Rivka tornò con in mano la giacca di lana di cui parlava Ziva. La mise sulle spalle della figlia, e si sedette di nuovo accanto a lei. Le due si guardarono per qualche minuto, poi Rivka fece il primo passò, ed abbracciò Ziva, che non si tirò indietro. Rimasero così per circa 10 minuti, il tempo che servì a Rivka per piangere senza farsi vedere. Poi diede un bacio delicato sulla tempia della figlia, dove la sera prima l’aveva ferita, e si maledisse dentro di sé per quello che aveva fatto.
 
“Vieni giù, così provi a dormire un po’… Vedrai che dopo ti sentirai meglio… Almeno un po’!”
Disse alla fine la donna, aiutando Ziva ad alzarsi.
 
 
 
 
Poche ore dopo, verso le 4 del pomeriggio, Ziva dormiva sul divano, coperta dalla giacca di lana della madre, e Rivka era seduta accanto a lei, sul bordo, mentre le accarezzava la testa, e la guardava dormire.
 
Ad un tratto qualcuno suonò al campanello, e corse ad aprire, immaginando fosse Tali. Avrebbe dovuto spiegarle che la sorelle non si era sentita bene e che era tornata a casa prima, ed avrebbe anche dovuto faticare molto per tenerla lontana da Ziva, in modo da non farla ammalare.
 
Quando aprì la porta, però, oltre al viso preoccupato di Tali, Rivka vide anche quello di Tony, che teneva per mano la bambina.
 
“Buona sera… Mi sono permesso di riaccompagnare Tali a casa, dato che non vedendo la sorella all’uscita, si era spaventata…”
Disse il ragazzo con un po’ di esitazione.
 
Quella donna le piaceva molto poco, sia per come si comportava con le figlie, sia per la grossa influenza che i suoi atteggiamenti avevano su di loro, senza che lei se ne accorgesse nemmeno.
 
Dopo un momento di spaesamento, Rivka fece entrare Tony e Tali. Non sapeva molto di quel ragazzo, ma da come Ziva ne parlava, o meglio, da come la piccola lo faceva al posto suo, doveva davvero essere un bravo ragazzo.
 
Tali corse dalla sorella che dormiva, chiamandola, e saltando sul divano per abbracciarla. Ziva si svegliò in quel momento, e sorrise vedendo il volto della bambina.
 
Si schiarì la voce, poi parlò. La testa le faceva ancora male, e si sentiva molto assonnata, ma la nausea per il momento era passata.
 
“Ehi topina, com’è andata a scuola?”
Chiese, dandole un bacino sul naso.
 
“Benissimo, ma quando sono uscita tu non c’eri, e ho avuto paura che fosse successo qualcosa… Poi Tony mi ha spiegato che non ti sei sentita bene e sei tornata a casa prima… E mi ha riaccompagnato lui!”
Spiegò la piccola, parlando così velocemente da non essere sicura che Ziva avesse capito tutto quello che le aveva detto.
 
La giovane, la guadò interrogativa.
“Tony ti ha riaccompagnata?”
Chiese conferma.
 
“Si… Diciamo che mi serviva anche un pretesto per passare a vedere come ti sentissi…”
Rispose lui da dietro, entrando nel salotto.
 
“Tony!”
Esultò Ziva vedendolo, e cercando di scendere dal divano.
 
“Ferma, mia bella ninja, resta seduta…”
Le disse avvicinandosi e sedendosi dove prima c’era Rivka.
 
“Come stai?”
Chiese una volta che Ziva si fu stesa nuovamente su un lato, con le mani sotto la testa, e lo guardava, felice di vederlo vicino a lei.
 
“Meglio…”
Rispose semplicemente.
“E la punizione?”
Domandò a sua volta.
 
“Assolto… Non possono mettere in punizione un DiNozzo!”
Spiegò vantandosi.
 
Ziva gli lanciò un’occhiataccia…
 
“Okay, Gibbs ha parlato con la preside che mi ha lasciato andare…”
Cedette.
 
Dopo qualche minuto di silenzio, Ziva si rese conto che viveva a Washington da 6 mesi, e non aveva ancora visto gran parte della città…
“Tony, mi mostri Washington?”
Chiese ad un tratto, lasciando il ragazzo un po’ meravigliato da quella richiesta.
 
“Certo… Ma oggi devi riposare, altrimenti quelle occhiaie non se ne andranno via facilmente dal tuo bel visino! Ti prometto, che sabato, dato che non dobbiamo andare a scuola, ti farò da cicerone per tutta Washington!”
Le rispose sorridendo.
 
Rimase seduto accanto a lei, finché non si fu riaddormentata, poi senza fare rumore, salutò Tali e Rivka, e uscì.
Rivka aveva visto con quanto amore Tony aveva atteso che Ziva si riaddormentasse, prendendosi cura di lei, meglio di quanto lei stessa abbia fatto in tutti quei mesi. Iniziò ad intuire perché Tali fosse convinta che tra i due ci fosse una relazione, e si accorse, da come sua figlia lo guardava, e da come lui guardava lei, che tra loro effettivamente non c’era solo grande intesa, ma anche tanto amore… Dovevano solo riuscire a capirlo…









NOTA DELL'AUTRICE
Ciao a tutti... Si, lo so... Sono in super ritardo col capitolo... E dovete assolutamente perdonarmi... E sì, lo so... Vi avevo promesso al storia di Avraham... E invece non l'ho nemmeno nominato... Chiedo perdono! Ma posso spiegare...
Avevo preparato un capitolo davvero molto lungo, così ho preferito dividerlo in 2... In modo da poter dare più sapzio sia alla storia di Rivka, che a quella di Avraham... Però passiamo al capitolo...
Ray... Non lo odiate anche voi?! Io sì, tantissimo! 
E della discussione tra Ziva e Rivka? Che ne dite? Da questo momento, proveranno, secondo voi, a comunicare di più? Cercheranno di avvicinarsi, e recuperare quello splendido rapporto di madre e figlia che avevano una volta? O tornerà tutto come prima?
Tony riaccompagna Tali a casa, e resta con ZIva finché non si riaddormenta... Rivka intanto ha visto, con gli occhi di una madre, e con gli occhi di chi conosce bene quel sentimento, che tra Tony e Ziva c'è qualcosa di davvero grande... Forse in futuro potremo perdonarla... Detto questo vi lascio con un altro avviso importante...


DOMENICA 8 NON POTRÒ AGGIORNARE, PER CUI IL PROSSIMO CAPITOLO, DEDICATO INTERAMENTE ALLA STORIA DI ZIVA E AI TIVA, VERRÀ PUBBLICATO DOMENICA 15...

Baci,
Gaia.

 
   
 
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