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Autore: escapethewonderland    05/05/2016    1 recensioni
Rose e Violet, un’amicizia che continua a sorgere e bruciare più forte di mille soli. Tanti viaggi insieme, tante avventure e tante storie da raccontare, tutte racchiuse in un libro speciale, il pezzo forte e non in vendita di una graziosa libreria di Chicago. Certe volte, il detto “chi trova un amico, trova un tesoro” diventa davvero realtà. Dal testo:
«Alla tua felicità. Che il futuro continui ad essere così radioso e che la vita ti tratti al meglio che può. E se così non fosse, che io possa essere al tuo fianco per poterti aiutare e stare vicino come meriti. Buon compleanno, mia piccola guerriera.» proclamò Violet, guardando Rose con affetto. La ragazza ricambiò lo sguardo con un sorrido luminoso come pochi, facendo scontrare piano la sua coppetta di gelato con quella di Violet.
Genere: Fluff, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia sweetheart,
che è la mia roccia e grande fonte d’ispirazione.
Buon compleanno!

“[…] friendships between women are often the deepest and most profound love stories…[…]
Women’s friendships outlast jobs, parents, husbands, boyfriends, lovers, and sometimes children…it’s possible to transcend the limits of your skin in a friendship…This kind of friendship is not a frivolous connection…[…]
It is love…Support, salvation, transformation, life: this is what women give to one another when they are true friends, soul friends”
-Emily Rapp


Rose dondolava placidamente le gambe in aria come una bambina. Erano penzoloni fuori dal finestrino della macchina di Violet e il contrasto tra il vento fresco e la carrozzeria scottata dal sole le provocò un brivido lungo la schiena. Erano ferme ad una stazione di servizio poco distante dalla capitale, l’affascinante Berlino, nel bel mezzo del loro viaggio on the road all’insegna dell’Europa, le sue fantastiche capitali e le sue bellezze.
Violet stava facendo rifornimento di viveri alla stazione visto che tra le due era lei quella che parlava tedesco e, nel mentre, stavano pazientemente aspettando le altre ragazze del loro gruppo per ricongiungersi. Sarebbero state insieme a loro giusto qualche giorno e poi lei e Rose sarebbero ripartite insieme alla volta del nord della Germania, puntando poi verso la Polonia.
Rose osservò divertita Violet, impegnata a litigare con qualcuno dentro al piccolo supermercato. Notò da come agitava le braccia che era alterata con il suo interlocutore e non poté fare a meno di ridere per le facce che assumeva. Nonostante le conoscesse tutte a memoria praticamente, non si stancava mai di guardarle: erano sempre in grado di strapparle una risata.
Rose tornò ad osservare il quadernino che teneva tra le mani, picchiettando la penna a ritmo di “Breakeven” dei The Script. Lei e Violet alternavano le loro playlist durante il viaggio, ma fortunatamente avevano gusti musicali affini e non discutevano sul controllo del lettore cd. Canticchiando le parole, si mise di nuovo a scrivere.
“Diario di bordo, ore 15.26, poco fuori Berlino.
Stiamo facendo rifornimento ad una stazione di servizio qualunque e il sole sta picchiando di brutto in questo pomeriggio di luglio. Sto osservando Violet da distante, è impegnata in un’accesa discussione con un malcapitato commesso. Non parlo tedesco, ma so leggere il linguaggio del corpo e Violet è incazzata come una biscia. Penso che sia un male che sappia diverse lingue, questo le dà la possibilità con incazzarsi con gente diversa in ogni posto che visitiamo.
Tornando a noi, devo dire che la situazione è ai limiti del tragicomico: ci siamo fermate per fare rifornimento di cibo dopo che io e lei siamo riuscite a seccare le scorte di una settimana nel giro di una notte. La gente che sostiene che i tedeschi non siano ospitali non ha capito niente dalla vita. O non ha conosciuto quelli giusti probabilmente. Nonostante l’imprevisto cibo, ci siamo divertite come matte.”
Rose alzò un attimo il capo dalle pagine per respirare a pieni polmoni l’aria fresca della Germania che fortunatamente le permetteva di respirare sotto al cocente sole estivo. Il tettuccio panoramico della macchina lasciava intravedere il cielo limpido e sereno, di un azzurro così intenso e pieno da sembrare dipinto.
“È bello avere ventidue anni e sentirsi così felici. Le persone si ostinano cocciutamente a cercare la felicità, vedendola come una metà da raggiungere e conquistare. Vorrei tanto parlare con questi Napoleoni contemporanei e spiegare loro che non è così. La felicità non sarà mai completamente nostra, altrimenti che senso avrebbe la vita? Ha valore quando la felicità è bilanciata anche dalla sua controparte negativa, il dolore. Lo dice sempre anche Violet che il dolore ha un modo unico d’ispirarci. Comunque, senza divagare troppo, quello che stavo cercando di scrivere era che la felicità più che una meta la vedo come un viaggio, un percorso, una strada, piena di curve, strade sterrate, rettilinei, dossi, discese e salite.
Guardando solo la meta finale, quell’unico punto tanto agognato, finisci per perderti il panorama attorno a te e certe volte è davvero mozzafiato.”
«Ehi donna, stai cercando di rubarmi il lavoro?» borbottò Violet, battendo col piede sulla portiera affinché Rose le aprisse. Aveva tra le mani due enormi buste della spesa e le sue braccia sembravano chiedere pietà.
«Sono lontana anni luce dal rubarti il lavoro, fidati. Stavo solo buttando giù qualche pensiero, il nostro diario di bordo non si scriverà da solo!» replicò Rose, agitando nella mano destra il fantomatico diario. Violet le fece il verso scherzosamente mentre Rose si allungò sul sedile del guidatore per aprire la portiera e permettere all’amica di poggiare nei sedili posteriori le buste straripanti.
«Ora capisco perché il commesso si è incazzato, gli hai svaligiato il negozio come minimo!» osservò Rose, fissando l’amica con un sopracciglio alzato in un piglio perplesso.
«Ah ah, simpatia portami via. Comunque ho trovato la soluzione per il tuo strambo desiderio di dormire sotto le stelle» disse Violet pimpante, regolando lo specchietto retrovisore e infine accomodarsi meglio contro il sedile imbottito. Le altre disperate sarebbero arrivate solamente tra un’ora quindi le due amiche avevano ancora del tempo libero da ammazzare.
«Punto uno, non è strambo. Punto secondo, è inutile che fai la cinica, so che anche a te piace come idea e non mentire che tanto non ti credo nemmeno se mi reciti a memoria l’Amleto. Comunque, quale sarebbe la proposta?» chiese incuriosita Rose, allungandosi verso le buste della spesa per recuperare una confezione di succhi di frutta che aveva adocchiato poco prima. Violet le fece cenno di prenderne uno ed uno solo e la ragazza sbuffò, facendo la linguaccia alla mora.
«Non ci crederai mai, ma ho scoperto che a circa venti kilometri da qui c’è un drive-in. Direi che è l’occasione perfetta, resterà aperto tutta la notte e nessuno farà caso a due ragazze che dormono sul cofano di una macchina. E in più ci potremmo gustare tanti bei film» spiegò soddisfatta la ragazza, alzando un sopracciglio verso Rose, sfidandola a ribattere al suo ragionamento di ferro. La ragazza scoppiò a ridere di gusto, buttando indietro il capo e i capelli castano scuri al seguito.
«Non sia mai! Affare fatto, ci sto. Ti potrei persino lasciare prendere i pop-corn dolci!» esclamò Rose con un sorriso malefico disegnato sulle labbra, intenta a sfregarsi le mani tra di loro pregustando la sua serata sotto le stelle.



******************


«Certo che sei una piccola, sporca manipolatrice» mormorò contrariata Rose, osservando Violet stendersi comoda sul cofano della macchina, una ciotola più grande di lei strapiena di pop-corn tra le mani. La ragazza le rifilò un sorriso tronfio, prima di masticare con gusto una manciata di pop-corn. Rose scosse la testa vagamente schifata, arrendendosi con un sospiro.
«Ci fosse DiCaprio almeno, accidenti! Abbiamo beccato la versione del ’74!» esclamò Rose, indicando lo schermo gigante con un cenno del capo e agitando le mani in aria per accentuare la drammaticità della faccenda, finendo con l’attirare l’attenzione di una coppia poco distante da loro. Era una serata placida e abbastanza calda, così diverse persone avevano avuto la loro stessa idea di sdraiarsi sul cofano: in pratica il drive-in si era trasformato in un pic-nic notturno con cinema all’aperto, tralasciando le varie macchine qua e là.
«Ehi, anche Robert Redford da giovane faceva la sua porca figura, quindi guarda il film e non lamentarti!» ribatté Violet lapidaria, le parole finali soffocate da una risata allegra per l’occhiata raggelante che le aveva lanciato Rose. L’amica fece un gesto con la mano, liquidando la faccenda in fretta.
«E “Il grande Gatsby” sia!» borbottò con finto entusiasmo per essere stata raggirata. Quando Violet si voltò verso lo schermo, dove stavano iniziando a scorrere i primi fotogrammi del film, Rose si lasciò sfuggire un sorriso divertito. Si stava lamentando tanto, ma, in fondo, la serata si prospettava buona. Solo l’idea di essere in un drive-in era emozionante, se ne vedeva praticamente zero dalle loro parti, quindi aveva acconsentito di buon grado. Non avrebbe capito un accidente del film, visto che era in tedesco e si sarebbe spoilerata il libro, ma alla fine non importava, perché il suo desiderio di dormire sotto le stelle si sarebbe realizzato.
La ragazza respirò forte la fresca brezza serale, lasciando che le togliesse di dosso la calura del giorno e scompigliasse i capelli. Osservò poi il cielo estasiata: quella sera era limpido e splendido, le stelle erano luminose come non mai senza l’inquinamento luminoso della città. Non si trovavano proprio in aperta campagna, ma ci andavano vicine. Iniziò ad osservare le costellazioni, cercando di riconoscere ed individuare quelle che si ricordava o che Violet le aveva insegnato nel corso degli anni.
Senza nemmeno rendersene conto, mentre era impegnata ad osservare le stelle, si addormentò tranquilla, cullata dalle musiche e i dialoghi del film.



****************


Violet osservava distrattamente la scatola di pop-corn ormai giunta a metà: si sentiva in colpa per averli praticamente quasi finiti da sola, ma era sicura che nessuna delle loro amiche si sarebbe lamentata. Loro avevano parcheggiato un poco più indietro rispetto alla loro macchina e prima erano passate a dare un’occhiata alla situazione, ridendo senza ritegno quando trovarono Rose dormire pacificamente come se il mondo attorno non esistesse.
Avevano mandato diversi film dopo “Il grande Gatsby”, ma dopo il terzo Violet aveva perso interesse e ora stava leggendo con calma un libro dal suo fidato e-reader. Non la stava prendendo particolarmente, visto che il suo cervello aveva iniziato a perdersi e viaggiare a briglia sciolta.
Osservò Rose agitarsi nel sonno, poco prima che la ragazza aprisse nuovamente gli occhi e iniziasse ad guardarsi intorno con sguardo intontito e guardingo.
«Buongiorno, principessa sul pisello. Dormito bene?» domandò con tono scherzoso Violet, beccandosi una leggera gomitata sulla coscia da parte di Rose. La ragazza si sedette, scuotendo la testa per cercare di scacciare via l’intontimento causato dal sonno e stiracchiandosi come un gatto.
«Vedo che ti è piaciuto molto il film.» commentò sarcastica Violet, facendo la linguaccia a Rose. L’amica fece un gestaccio con la mano e prese una manciata di pop-corn, improvvisamente affamata. Il sonnellino le aveva provocato appetito e fare un piccolo spuntino di mezzanotte era fondamentale, anche se effettivamente non avesse idea se fosse mezzanotte o meno. Poco importava.
«Succhi all’ace ne abbiamo ancora?» chiese Rose, tra un morso e l’altro. Violet rise gettando il capo all’indietro e annuendo.
«Sei sempre la solita. Tieni.» le disse Violet, allungando a Rose un succo che si era preparata da prima per se stessa ma che alla fine non aveva nemmeno bevuto. A Rose si illuminarono gli occhi e mandò un bacio volante a Violet per ringraziarla. La ragazza osservò con sguardo distratto davanti a sé, non vedendo davvero le immagini che scorrevano sullo schermo. Il film le sembrava familiare, ma non riusciva a capire di cosa si trattasse.
«Sai, mentre ero in dormiveglia mi è venuta in mente la primissima volta che ci siamo incontrate.» mormorò Rose inaspettatamente, osservando l’amica con sguardo nostalgico. Violet si tirò le gambe al petto, appoggiando poi i gomiti sulle ginocchia. Sembravano passati i secoli da quel giorno: non tanto perché fossero passati un numero esageratamente lungo di anni, ma perché fin dalla prima volta in cui si erano incontrate, entrambe avevano avuto l’impressione di conoscersi da sempre. Da vite e vite intere.
«Quello che si dice un ritorno alle origini. Eravamo due adolescenti insicure della vita, non sapevamo nemmeno se ci saremmo riviste dopo il nostro primo incontro e guardaci ora, in viaggio per l’Europa insieme, chi l’avrebbe mai detto? Mi sento un sacco fortunata al solo pensarci.» confessò la ragazza, facendo un occhiolino complice a Rose. La castana ridacchiò, scuotendo lievemente il capo, incredula. Solo Violet poteva uscire candidamente dal nulla con un pensiero così dannatamente dolce.
«È incredibile, hai quel maledetto dono di capovolgere ogni situazione e di tirare fuori discorsi dolci e strappalacrime all’improvviso. Se non sfondi come scrittrice, ti prenderò a calci.» sbuffò Rose, lanciandosi poi d’impeto verso Violet, che si sbilanciò di lato perdendo l’equilibrio e in men che non si dica si ritrovarono entrambe a terra, rotolando sull’erba umida, a ridere come due pazze.
La gente le stava guardando di traverso e qualcuno le zittì anche, borbottando epiteti pochi carini in tedesco, ma le due non ci facevano granché caso. Quando l’attacco di risa finalmente cessò, le ragazze si ritrovarono ad osservare il cielo stellato che le proteggeva come una volta incantata.
Violet stava pensando alla “Notte stellata” di Van Gogh e si rese conto con un colpo al cuore quanto perfetta fosse la sua visione del cielo, di quanto perfetta fosse stata la sua rappresentazione. Le capitava spesso, di avere quegli attimi di consapevolezza in cui era a stretto contatto con il mondo che la circondava, in cui ogni grado di separazione spariva, lasciando spazio ad una sensazione così travolgente da farti perdere la lucidità.
«Che momenti come questi possano durare per sempre.» affermò Rose, alzando la scatolina di succo verso il cielo, probabilmente immersa a sua volta nello stesso ragionamento dell’amica.
Violet aveva il braccio destro bloccato sotto alla nuca di Rose, quindi alzò la mano sinistra, il palmo rivolto verso l’alto, come per voler afferrare la luna e con le dita ben aperte, avida di toccare con mano quel cielo strabiliante.
«Che momenti come questi siano la sostanza della nostra vita e della nostra felicità.» sussurrò Violet a voce bassa, come se fosse un desiderio da lascare in custodia al vento e alle stelle. Si allungò per dare un bacio sulla guancia alla sua sorella di vita, per dirle sottovoce «Ti voglio bene, mia sweetheart.»
Rose la guardò felice e disse a sua volta «Te ne voglio anche io, patata.»



*************


Diversi anni dopo, da qualche parte a Chicago.



Rose era profondamente persa nei suoi ragionamenti e calcoli, impegnata con la lista dell’inventario dietro il bancone della sua libreria: c’era qualcosa che non le tornava e stava per chiamare Bonnie, la sua dipendente, salvo accorgersi di una ragazzina entrare a passo di carica di carica nel negozio, con l’aria di una persona pronta a dare battaglia.
«Miss Rose, mi dica che è arrivato!» esclamò trafelata la ragazzina, sistemandosi due ciocche rosse dietro le orecchie, accentuando ancora di più il disordine di capelli che aveva in testa. Rose fissò interdetta la piccola Samantha, non capendo a che libro stesse facendo riferimento.
«Deve essere uscito il suo libro!» continuò, puntando il dito verso il televisore alle spalle della donna. Rose si voltò incuriosita verso lo schermo: aveva tolto il volume per poter concentrarsi meglio nel suo lavoro e solo in quel momento si accorse che Violet era in televisione. Era un’intervista vecchia di qualche mese in cui aveva annunciato l’uscita del suo nuovo libro e tutti ne erano sembrati entusiasti. Rose la osservò per qualche secondo, anche in un’occasione così formale non la smetteva di gesticolare quando parlava e trovò la cosa tremendamente buffa e allo stesso tempo confortante: le mancava un sacco quella scema.
«Miss Rose? Per favore, per favore, mi dica che le sono già arrivate le copie! È una delle librerie preferite di miss St. John, quindi son sicura che sarà stata anche la prima a cui avrà fatto spedire le copie, ci metterei la mano sul fuoco.» disse la ragazzina, mettendosi le mano sui fianchi con un ghigno soddisfatto sulle labbra: il suo ragionamento non faceva una grinza. Rose scoppiò a ridere di gusto di fronte alla sua cocciutaggine e si voltò nuovamente verso di lei, distogliendo l’attenzione da Violet.
«Sono arrivate da giusto qualche ora, non ho nemmeno avuto il tempo di metterle negli scaffali. Te ne porto subito una, d’accordo tesoro?» chiese Rose, facendo l’occhiolino complice a Samantha, che si illuminò completamente di felicità. Annuì con fare deciso, gli occhi brillanti di gioia pura, mentre si affrettava a cercare il portafoglio nella piccola borsa a tracolla. Mentre Rose spariva in magazzino, la ragazzina osservò un curioso tatuaggio al centro della nuca, lasciata scoperta da una coda alta.
Era nero e sembravano due saette, incrociate a formare una x. La piccola rossa si illuminò di colpo, capendo che quello era un molnija, il simbolo che i Guardiani ricevevano quando uccidevano uno Strigoi nella saga di “Vampire Academy”. La ragazzina sorrise furbescamente: aveva sempre sospettato che miss Rose fosse una fangirl accanita: aveva un entusiasmo unico nel parlare dei libri, li definiva spesso “i miei bambini”.
La donna tornò presto con la copia del libro. Se pensava di non poter vedere la ragazzina più felice di come era già, si sbagliava: ora stava praticamente fluttuando a tre metri da terra per la contentezza. Le porse i soldi con entusiasmo e Rose le diede il resto con un sorriso soddisfatto sulle labbra: era così felice che finalmente la sua amica stesse ottenendo il consenso che si meritava.
Come di consueto, prima di uscire Samantha fissò con sguardo bramoso il vecchio diario che Rose teneva conservato su un leggio di legno scuro vicino al bancone, ben esposto così che tutti potessero vederlo e ammirarlo.
Era il diario originale che lei e Violet avevano compilato anni indietro, durante il viaggio on the road in Europa, che era stato poi usato come base per il suo libro “The Ride”. Lo conservava con cura da secoli e tenerlo esposto le sembrava una cosa carina da fare: si poteva benissimo considerare una sorta di “manoscritto” inedito del romanzo di Violet, un modo per far sentire i suoi lettori ancora più vicini a lei. Ovviamente non era in vendita, ma tanti si erano fatti avanti, offrendole cifre spropositate per averlo, ma Rose aveva sempre rifiutato decisa: quei ricordi valevano più di ogni altra cosa e le erano cari come se quel piccolo diario vecchio e logoro fosse stato suo figlio.
«Non lo venderà mai, vero miss?» le chiese curiosa la ragazzina, avvicinandosi il più possibile per osservarlo meglio. Era semplice, niente di eccentrico o stravagante, con un motivo floreale e delicato stampato sopra e una storia incredibile al suo interno. Avrebbe tanto voluto possederlo come oggetto da collezione, ma si accontentava di poterlo ammirare e sfogliare ogni volta che passava in libreria. Rose, dal canto suo, lo fissava spesso con nostalgia e uno sguardo da sognatrice, ripensando a come quel viaggio si fosse rivelato l’avventura di una vita, eccitante ed unica.
«Non oserebbe venderlo, perché altrimenti saprebbe benissimo che la prenderei a calci nel sedere.» disse scherzosamente una voce familiare alle spalle della rossa, che sobbalzò colta alla sprovvista. Si voltò di scatto per vedere chi avesse parlato con quel curioso accento che non le suonava nuovo alle orecchie e quando si ritrovò Violet St. John davanti, le mancò il fiato. Era molto più alta dal vivo di quanto si aspettasse, portava gli occhiali e i capelli lunghi e ricci facevano da padroni sulla sua figura. Sorrise dolcemente a Samantha, indicando il libro che teneva tra le mani.
«Ottimo acquisto, davvero, mi hanno detto che è un bel libro.» confidò con tono ironico Violet alla ragazzina, facendole poi l’occhiolino, ridendo divertita quando la piccola rossa spalancò ancora di più la bocca per la sorpresa.
«ODDIO!» urlò Samantha, prima di iniziare a farfugliare parole confuse mentre frugava con velocità nella tracolla alla ricerca di qualcosa. Violet si voltò un attimo verso Rose, che la osservava con gli occhi sgranati e terribilmente confusi, completamente persa. Prima che potesse aprire bocca per spiegare il motivo della sua presenza a Chicago, la voce squillante della ragazzina la distrasse dal suo discorso.
«Miss St.John, può firmarmi il libro? Per favore, vorrebbe dire moltissimo per me!» le chiese, chinando il capo e porgendole il libro appena acquistato e una penna. Violet le prese, sorridendo. Nel fare quel movimento, Samantha notò un dettaglio curioso: Violet aveva un tatuaggio identico a quello di miss Rose a lato del polso destro, proprio sopra all’osso.
«Ma certo, cara! Però non hai bisogno di essere così formale, davvero!» ribatté la scrittrice, appoggiandosi al bancone della libreria per poter scrivere meglio. «Come ti chiami, piccola dai capelli in fiamme?»
La ragazzina fece un sorriso a trentadue denti, mentre proclamava fiera il proprio nome «Samantha!»
Violet scrisse una piccola dedica a Samantha e firmò il libro, pensando come fosse strano che quella ragazzina avesse lo stesso nome della protagonista di uno dei libri preferiti di Rose.
Violet restituì il libro e la penna a Samantha, chinandosi un pochino per essere occhi negli occhi con lei.
«Samantha, ho una piccola richiesta per te, se posso permettermi.» le domandò con tono complice la giovane scrittrice. Samantha annuì, i capelli rossi che si mossero qua e là a quel gesto.
«Puoi aspettare a dire ai tuoi amici o a scrivere su twitter o qualsiasi social che mi hai incontrata? Sono qui per fare una sorpresa ad una persona speciale, il mio agente non sarebbe contento di sapere che sto “sprecando” tempo prezioso per la scrittura.» spiegò Violet, piegando lievemente il capo verso sinistra. «Lo puoi fare per me?»
«Terrò la bocca ultra cucita! Ha la mia parola, miss St. John!» esclamò tutta impettita Samantha, stringendo il libro a sé come se fosse un piccolo pulcino da accudire e coccolare con amore. Violet annuì, lasciando uscire il respiro che aveva trattenuto nei polmoni.
«Te ne sono grata, e comunque puoi chiamarmi Violet. È stato un piacere conoscerti, spero di rivederti presto.» la salutò Violet, osservando come Samantha avesse fatto un’espressione di shock osservando il suo orologio da polso. Samantha annuì nuovamente e agitò la mano in cenno di saluto, mentre si dirigeva verso l’uscita.
«Arrivederci, miss Rose! Ed è stato fantastico poterla incontrare, miss St. John! Cioè, Violet, volevo dire Violet!» e detto ciò corse fuori dalla libreria a perdifiato, con l’aria di una persona tremendamente in ritardo.
Violet ridacchiò a quella scena e si voltò nuovamente verso la sua amica, che stava ridendo sotto i baffi.
«Cos’hai da ridere con quell’aria cospiratoria, piccola dhampir?» le chiese Violet sospettosa, avvicinandosi al bancone e allungandosi per vedere meglio il volto di Rose. La giovane alzò il capo, fissando la mora negli occhi.
«Niente, mi sono solo appena resa conto che è il mio compleanno. La cosa ha del tragicomico.» osservò, non riuscendo a contenere le risate a cui presto si unirono anche quelle di Violet. Rose era incredibile, davvero.
«Non ci posso credere, hai dimenticato il tuo compleanno? Okay, questo è decisamente il segnale che ti serve una pausa mooolto lunga e tanto relax, dunque per oggi considerati rapita.» proclamò la ragazza, poggiando con enfasi sul bancone un cesto da pic-nic, spuntato misteriosamente come per magia. Rose fece spallucce, continuando a ridacchiare.
«Non mi dire, un “pic-nic” al drive-in come quella volta a Berlino?» s’informò Rose, asciugandosi le lacrime, «Spero che non ci sia di nuovo Gatsby a farci compagnia, non vorrei addormentarmi come l’ultima volta.» Violet scosse la testa, sorridendo misteriosa.
«Mi dispiace deluderti, ma in compenso posso dirti solo che ci sarà la squadra al completo.» le spiegò orgogliosa Violet. Ci aveva messo i mesi per cercare di organizzare il tutto e vedere la faccia sconvolta ed emozionata sul volto di Rose valeva tutto il tempo, tutte le parolacce e le energie che aveva impiegato per realizzare la sorpresa perfetta. Che poi Rose si fosse addirittura dimenticata che fosse il suo compleanno era un bonus che non si aspettava.
«Tu sei pazza!» urlò di felicità l’amica, scavalcando con slancio il bancone e abbracciando stretta Violet, facendole mancare il respiro. Rose sentiva di essere sul punto delle lacrime per la gioia che le aveva invaso prepotentemente il cuore.
«Tu…tu, okay, non puoi permetterti di fare queste cose, così all’improvviso! Oddio, devo dire a Bonnie di chiudere il negozio e finire l’inventario e…oddio, Violet, tu sei impazzita! Devi finire il tuo libro e poi devi partire con Bill e tutto il resto e…Ti voglio troppo bene, lo sai?» farfugliò Rose, singhiozzando, travolta completamente da un calore ed una felicità che la faceva sentire terribilmente viva.
«Lo so e io te ne voglio altrettanto. Buon compleanno, sweetheart.» mormorò, dandole un bacio sulla guancia, felice a sua volta di averla resa felice.
«E ora andiamo tesoro, la tua sorpresa ti aspetta.»




*******************



Qualche ora più tardi, quando ormai la notte era calata, Violet e Rose stavano ammirando Chicago dall’altro di una ruota panoramica, le luci della città che sembravano fondersi in un grande fiume luminoso che scivolava indisturbato tra i palazzi alti.
Violet si allungò per rubare un po’ di gelato a Rose, che stranamente non protestò.
«Tu sei davvero fuori di testa. Noleggiare un intero luna park! Chissà quanto ti sarà costato!» esclamò la castana, osservando estasiata la vista mozzafiato che aveva davanti agli occhi.
«Piccole cose, piccole cose. Meritavi un compleanno speciale, visto che questo è decisamente il tuo anno. Insomma, la libreria, l’amore, il futuro ti sorride decisamente.» disse fiera Violet, alzando la sua coppetta di gelato a mo’ di coppa di champagne.
«Alla tua felicità. Che il futuro continui ad essere così radioso e che la vita ti tratti al meglio che può. E se così non fosse, che io possa essere al tuo fianco per poterti aiutare e stare vicino come meriti. Buon compleanno, mia piccola guerriera.» proclamò Violet, guardando Rose con affetto. La ragazza ricambiò lo sguardo con un sorrido luminoso come pochi, facendo scontrare piano la sua coppetta di gelato con quella di Violet.
«Se ho te e gli altri al mio fianco, sono sicura che la vita mi sorriderà anche nei momenti più brutti. Ti voglio bene, mia bloodwhore.» rispose Rose, iniziando poi a canticchiare una vecchia canzone di Ellie Goulding che la cantante aveva dedicato alla sua migliore amica e che trovava particolarmente adatta.
Perché Rose sapeva che ogni persona, nella vita, era destinata a trovare persone che fossero delle rocce, dei punti fermi, dei fari in mezzo al buio e sapeva per certo da tanti anni che Violet era una di quelle e che finché erano l’una al fianco dell’altra, potevano avere anche il mondo contro e non sarebbe importato.
Non finché avevano la loro amicizia ad unirle e proteggerle, l’arma più potente di tutte.

«When I’m with you, I’m standing with an army.
Dark times, you could always find the bright side
I'm amazed by the thingsthat you would sacrifice
Just to be there for me
How you cringe when you sing out of tune
Yet it's everything
So don't change a thing
We both know what they say about us
But they don't stand a chance because

When I'm with you
When I'm with you
I'm standing with an army
I'm standing with an army
When I'm with you
When I'm with you
I'm standing with an army
Standing with an army

Standing with an army
Standing with an army
Standing with an army
Standing with an army
(I'll be yours)
Standing with an army
Standing with an army
I'm standing with an army»

Angolino in Viola:

Buonsalve a tutti! Un pochine di spiegazioni: questa è una piccola OS che ho deciso di scrivere per il compleanno di una persona molto speciale che fa parte della mia vita e senza di cui non potrei mai fare a meno, ho cercato di scrivere qualcosa di decente per festeggiare al meglio i suoi vent'anni ed è uscita fuori questa piccola storia. Sarà abbastanza sdolcinata e forse a tratti anche banale e scontata, ma volevo esprimere il mio affetto per lei e di solito riesco a farlo al meglio solo scrivendo!
Spero che nonostante tutto sia piaciuta a voi lettori silenziosi, ho cercato di ritrarre al meglio possibile cosa e quanto significhi la sua amicizia, un valore fondamentale nella vita di ogni essere umano perché senza di loro, senza i nostri amici, tutto perde il suo sapore. La canzone usata alla fine è "Army" di Ellie Goulding.

Baci,

Violet
   
 
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