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Autore: Clockwise    06/05/2016    2 recensioni
Chiudono gli occhi, entrambi, uniti e lontani ad un tempo. Lo stesso sospiro – tornare a casa.
[...]
«Mi dispiace, John.»
Scosse la testa.
«Di esserti innamorato di me?»
Sherlock non rispose; lo fecero i suoi occhi, trasparenti come acqua.

Amanda ha diciannove anni quando va a Londra per la prima volta in cerca di suo padre, in cerca di risposte, costringendo John e Sherlock, ormai estranei, a fare i conti con loro stessi.
"Nostos": in greco, "viaggio di ritorno", "ritorno a casa".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cuori irrequieti
 
Tutti i cuori irrequieti del mondo cercano tutti la strada di casa.
Patch Adams
 
 
 
Chissà quanti sono i libri che nessuno ha mai sfogliato – delle migliaia di libri che coprono gli scaffali, ce ne sono sicuramente alcuni che nessuno ha mai toccato. Gli occhi hanno scorso il titolo colorato sulla costa sbiadita, e sono passati oltre. Le pagine, bianche e lisce, ora staranno annerendo agli angoli. La polvere avrà costruito grattacieli e palazzi, sulle loro pagine bianche. Chissà quei libri come si sentono. Magari, stanno anche vicino a quelli più consultati, quelli che rimangono sullo scaffale per pochi giorni alla volta prima che mani curiose li tirino giù di nuovo. Magari, ecco, sentono i passi del nuovo avventore sul tappeto bluastro della biblioteca, ovattati. Ecco, si avvicina. Fremono, trepidanti. Forse questa è la volta buona! Le dita saltellano di costa in costa, ecco ci siamo quasi, esitano. E afferrano un altro libro.
«Amanda? Amanda? Amanda
Non è buffissimo quando la gente grida sussurrando? Ad Amanda ha sempre fatto ridere. È talmente inutile – tanto vale alzare la voce e parlare normalmente.
«Amand– ma che stai facendo?»
Di nuovo, quel buffo sussurro gridato. I tre ragazzi intorno all'altro tavolo alzano lo sguardo, infastiditi. Merry non sembra accorgersene, troppo occupata a strabuzzare gli occhi e fare facce sbalordite in direzione dell'amica.
Amanda sorride.
«Medito.»
«Ti salirà il sangue alla testa, scema! Torna giù.»
«Sarà salito da un pezzo. È un po' che sto così.»
Merry sgrana gli occhi ancora di più dietro gli enormi occhiali “vintage” – Amanda non gliel'ha mai detto perché sa bene quanto sia suscettibile, ma la fanno sembrare un po' una casalinga disperata rimasta bloccata agli anni '80.
«Tu sei matta! Scendi subito.»
Uno dei ragazzi al tavolo si gira di nuovo, fulminando Merry con un'occhiata di cui lei non si cura minimamente. Amanda rotea gli occhi e, lentamente, abbassa le braccia e torna con i piedi a terra. Deve tenersi alla parete con la mano mentre strizza gli occhi per far sparire quelle macchioline nere – un leggero capogiro, normale, considerata la posizione e la rapidità con cui è tornata su. Merry scuote la testa.
«Ti farai del male sul serio, un giorno.»
Amanda si limita a stiracchiare un sorriso sghembo mentre raccoglie i suoi libri. Quando Merry le dice così – e lo dice più spesso di quanto vorrebbe – le sembra che la sua vita sia così fragile e trasparente da poter essere spazzata via con un soffio. Si chiede con quale forza rimanga attaccata al suolo.
Un altro dei ragazzi al tavolo si gira al suo passaggio e Amanda gli lascia il suo sorriso e uno sguardo luminoso; lui arrossisce.
«Finnegan mi ha chiamato quattro volte in cinque minuti. Ha detto che ieri sera l'hai trattato di merda e voleva parlare con te ma non gli rispondevi. Dice che te ne sei andata di punto in bianco senza dirgli niente.»
Il sole del pomeriggio le ferisce di striscio, mentre escono dalla biblioteca e attraversano rapide il cortile. Sole infingardo, lascia sperare in un calore che in realtà non esiste – Merry rabbrividisce nel suo cappotto troppo leggero.
«Ha ragione, l'ho trattato da cani.»
«E lo dici così? Neanche un filo di rimorso, vergogna, niente? Sembri quasi contenta!»
Il sorriso di Amanda si allarga e raggiunge l'altra guancia.
«Sono contenta.»
Si ferma in mezzo al cortile e si volta verso l'amica. Il sole morente rende trasparenti i suoi occhi chiari. Una nuova baldanza, uno spirito di iniziativa sembra ardervi dietro – raddrizza la sua schiena e colora le sue gote. A Merry sembra quasi una nuova donna, nel sole freddo del tramonto.
«Ho trovato mio padre.»
Merry sbatte le palpebre un paio di volte.
«E dove, in biblioteca?»
«No.»
Si volta e si incammina verso i dormitori.
«Finnegan.»
 
Finnegan le morse il labbro, e Amanda represse un conato.
Distrattamente, si chiese perché mai Finnegan fosse così convinto del suo reciproco interesse e perché, soprattutto, fosse attratto da lei: non gli aveva mai mostrato il minimo accenno di simpatia da quando era entrato nella sua cerchia di amici, gli parlava a malapena. Almeno fino a quando era accidentalmente venuta a sapere che il padre di Finnegan era stato nell'esercito con il fratello della madrina di Finnegan, un certo John Watson, un tempo noto per essere stato il fedele blogger del famoso investigatore privato, Sherlock Holmes di Londra.
 
«Quel Sherlock Holmes?»
Merry sgrana gli occhi ancora di più.
«Quel Sherlock Holmes.»
Amanda sorride compiaciuta. Negli ultimi tempi c'è stato un fiorire di detective privati che girano con cappelli improponibili e si offrono di indagare anche sul gatto fuggito di casa, millantando sperticate abilità di deduzione e sciocchezze simili. A dirla tutta, lei non è nemmeno una fanatica dell'originale: troppo si è detto e troppo si è scritto su di lui, e separare la vera immagine da quella costruita dai posteri è diventato praticamente impossibile. Inoltre, da diversi mesi a questa parte, di lui si è persa traccia: dopo un frettoloso annuncio di ritiro a vita privata, Sherlock Holmes si è dissolto nel nulla. Alla fine, non gliene importerebbe niente, né di John Watson né tantomeno di Sherlock Holmes, se non fosse che Sherlock Holmes è suo padre.
 
Il motivo per cui, durante tutta la settimana, si era impegnata a lanciare lunghe occhiate languide al povero Finnegan, a sbattere le ciglia e abbassare lo sguardo al momento giusto, a posare la mano sulla sua spalla una volta di troppo, a mormorare una parolina soave ogni tanto, a fingersi interessata per due interminabili ore alla noiosissima partita di calcio era, essenzialmente, il suo cellulare. Doveva senz'altro avere un indirizzo e-mail o un numero di telefono o qualsiasi cosa...
Se non altro, i suoi sforzi non erano stati vani.
 
Merry contorce il viso in una smorfia di disgusto.
«Come ti sei ridotta. Almeno bacia bene?»
«Da cani.»
 
Finnegan era totalmente distratto.
Quando le sue mani si addentrarono sotto la sua maglietta e si posarono sui fianchi, Amanda passò al contrattacco. Si staccò – con piacere, quel fiato di pop-corn e birra iniziava ad essere insopportabile – dalla bocca di Finnegan e si spostò sulla sua mandibola, scendendo piano fino quasi alla clavicola. Lo sentì gemere e represse un moto di disgusto. Piano, avvicinò la mano destra alla tasca posteriore dei suoi pantaloni, mentre con l'altra gli carezzava la schiena. Con lentezza esasperante, fra un bacio e l'altro, sfilò il cellulare dalla tasca. Si accertò che fosse in silenzioso e lo sbloccò – niente codice, è fortunata.
Cercò fra le mail. Il suo cuore sobbalzò quando ebbe trovato quella giusta:
 
Da: godfreynorton@gmail.com
a: fno31@cam.ac.uk
 
Ciao Finnegan.
Come stai?
Ti ricordi di Harry Watson? La tua madrina? È il suo compleanno sabato prossimo. Io e tua madre andremo, e anche tu sei invitato. Perché non fai un salto? Facci sapere.
L'indirizzo è questo:
10 Northumberland Street, vicino Charing Cross Station.
E perché non scrivi due righe anche a John? Gli farebbe piacere sentirti. Ci sarà anche lui. Ce l'hai l'indirizzo? In ogni caso, è questo: johnhwatson@yahoo.co.uk
Facci sapere.
Ti saluta la mamma.

 
«E quindi? Vuoi partire? Ti imbuchi alla festa?»
Amanda fa spallucce, centellinando i fondi del suo tè. Il sole tramonta lentamente, inondando la piccola stanza di luce dorata.
«No, alla festa no. Però, ora ho l'indirizzo di John, posso contattarlo. E lui può dirmi dov'è Holmes. E poi posso incontrarlo, e conoscerlo, e... Avere delle risposte.»
Merry annuisce.
«Il tuo piano geniale fa acqua da tutte le parti.»
L'altra sospira.
«Lo so.»
Fa di nuovo spallucce, aprendo il portatile e cercando gli orari dei treni.
«Non ho niente da perdere. E devo allontanarmi da Finnegan il più possibile. Ho rifiutato l'invito del padre e poi cancellato le mail, non verrà mai a Londra.»
Merry ridacchia.
«Un genio del crimine, signore e signori!»
 

 
•••
Il cellulare trillò, ridestandolo dai suoi pensieri. Allungò un braccio e lo prese, accettando la chiamata dopo un rapido sguardo al mittente. John. Strano che chiamasse, sapeva che preferiva i messaggi...
«Sherlock?»
«John.»
«Mary non c'è. Non è in casa, il cellulare è irraggiungibile, non ci sono biglietti, non so dove sia, io...»
Sherlock si alzò in un unico movimento fluido e si mosse verso la sua giacca, abbandonata su una sedia.
«Ci sono segni di effrazione, violenza, costrizione? Controlla gli stipiti delle porte, le finestre, l'ingresso...»
«Niente, niente, è tutto come al solito...»
La voce di John si alzava e si abbassava in ondate di panico.
«Ok, controlla la vostra camera da letto. Qualcosa fuori posto?»
«N-no, niente di strano...»
Sherlock scese gli scalini due a due, precipitandosi fuori. Mrs Hudson fece capolino dal suo appartamento mentre il portone sbatteva dietro di lui.
«Oh, aspetta. L'anta dell'armadio, ecco, è un po' aperta.»
«Apri, controlla.»
C'era un taxi fermo proprio davanti a Speedy's, un uomo vi stava salendo. Sherlock non perse tempo in convenevoli: lo strattonò fuori per un braccio e si chiuse dentro al posto suo. Diede l'indirizzo di John al tassista continuando a parlare al telefono. Doveva avere un'aria piuttosto minacciosa, perché il tassista ignorò il pover'uomo che batteva i pugni sul finestrino, deglutì una protesta e partì sgommando.
«Manca qualcosa? Indumenti particolari, borsoni da viaggio?»
«S-sì, manca il mio borsone, n-non c'è più... E uno dei giacconi di Mary. Anche un paio di scarponcini, credo.»
«Bene, vuol dire che è partita di sua spontanea volontà – o più probabilmente è stata costretta, in ogni caso non con la forza. Potrebbe esserci qualcuno che tiene d'occhio la casa, chiudi tutte le tapparelle, le porte e le finestre.»
Sentì John inalare dei grandi respiri. Poteva quasi immaginarlo, fermo al centro della sua camera da letto, gli occhi serrati e una mano sulla bocca, cercando di contare i battiti del suo cuore. Avrebbe dovuto evitare tutto questo, aveva giurato, maledizione...
«Sto arrivando, John.»
Sistemerò tutto.
John rimase in silenzio. Probabilmente aveva annuito. Sherlock chiuse la chiamata, inviò un messaggio a Mycroft e uno a Lestrade.
Cercò disperatamente di ricordare qualche segno, qualche avvisaglia – Mary aveva avuto intenzione di andarsene? Da quanto? Qualcuno la stava minacciando? Ricattando? Chi, da quanto?
Si ritrovò a pregare, irrazionalmente, che non fosse troppo tardi.
•••
 

Il treno sferraglia nella campagna inglese lasciandosi dietro casette a schiera, prati verdi, cieli grigiastri, cani di razza e auto di seconda mano. La giovane ragazza bionda siede nella quinta carrozza, nel posto tredici B. Accanto e davanti, un ragazzo in tenuta sportiva, una giovane madre ansiosa e una signora avanti negli anni dall'aria distinta. La ragazza ha un romanzo in grembo, ma non gli presta attenzione, lo sguardo continuamente rivolto al finestrino. Nella cronologia delle ricerche sul suo telefono figurano vecchi forum, blog, chat room. Parola chiave: il detective col cappello.
«Abbiamo un problema.»
Può quasi vederlo roteare gli occhi.
«Com'era la Nigeria, Mycroft?»
«Non cambiare argomento.»
«Hai ripreso a fumare? Hai la voce arrochita.»
«Un principio di influenza, probabilmente. Non cambiare argomento
«Sai, mi hai stupito, col tuo viaggio, muoverti dalla tua poltrona non è mai stato il tuo forte...»
«La mia presenza in Nigeria era indispensabile, ora smetti di tergiversare. Fra quarantadue minuti il problema sarà a Londra.»
Sospira.
«E la cosa mi riguarda?»
«Più di quanto immagini.»












Sì, sono tornata.
Hola!
Grazie a chi è arrivato fin qui :)
-Clock


EDIT del 21/06: Ho cambiato il titolo da "Nodus Tollens" a "Nostos" – in greco, "il viaggio di ritorno". Chissà perché non ci avevo pensato prima.
  
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