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Autore: RodenJaymes    06/05/2016    7 recensioni
Bankotsu e Jakotsu non sono morti sul monte Hakurei e adesso viaggiano con Inuyasha e compagni.
Quanto scompiglio porterà la loro presenza? Quanto cambierà la vita dopo l'unione al gruppo dei due mercenari?
Dal testo:
"« Bel monaco! Sei così grazioso quando usi quel tono burbero! », disse languido Jakotsu portandosi le mani al viso.
Bankotsu sospirò mentre Miroku rabbrividiva impercettibilmente.
« Fratello, per favore... », disse Bankotsu a denti stretti. Poi si volse verso i compagni di Inuyasha; erano tutti pronti a scattare come molle.
« Calmatevi ed abbassate le armi. Non siamo qui per farvi del male. Siamo soltanto... fuggiti. », disse Bankotsu guardando un punto indefinito alle spalle di Kagome e degli altri. "
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bankotsu, Inuyasha, Jakotsu, Kagome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*AVVISO: dovevo pubblicare di lunedì, come mi sono ripromessa di fare. Anticipo perché a partire da domani, fino al fatidico lunedì (ed anche dopo), sarò totalmente impossibilitata e non avrei potuto né revisionare né pubblicare. Grazie della pazienza. ^^

Saltare

Tough girl
In the fast lane
No time for love
No time for hate
No drama, no time
For games
Tough girl
Whose soul aches
[...]
I may cry, ruining my makeup
Wash away all the things you’ve taken
I don’t care if I don’t look pretty
Big girls cry when their hearts are breaking.

-Sia, Big girls cry.


«Cosa stai cercando di fare?», disse ad un tratto Sango, osservando Jakotsu con una strana espressione.

Il mercenario stava tentando di togliersi il suo nuovo kimono. Voleva fare quel dannato bagno! Era stato cacciato da quei due bellimbusti, ma non avrebbe rinunciato a quell'acqua calda per niente al mondo.
Beh, anche se il prezzo da pagare era fare il bagno con quelle due donne.
Si volse verso Sango lentamente, con espressione noncurante, mentre armeggiava ancora con quella stoffa colorata. Quando si trovavano ancora al villaggio, Kagome, aiutata dalla vecchia Kaede, aveva anche provveduto a cercare per lui ed il fratello nuovo vestiario. Anche di quello doveva esser grato, insieme ad altre tre o quattro cose, fra le quali essere ancora in vita, per esempio.

«Mi sto spogliando, non credi? Voglio fare il bagno!», disse con voce lamentosa e finalmente il kimono venne giù.

Sango sgranò gli occhi e si volse immediatamente dalla parte opposta, dando la schiena a Jakotsu.

«Copriti subito, copriti!», urlò la sterminatrice, rossa come un peperone, chiudendo gli occhi e portandosi le mani al viso; anche se, di schiena, non poteva più vedere nulla.

Kagome, che ancora era scossa da leggerissimi tremori per via di quella lunga risata terapeutica, si volse verso di lui lentamente, richiamata dall'urlo isterico di Sango.
Scoppiò di nuovo a ridere, l'espressione seria di Jakotsu che continuava a balenarle davanti al viso e il suo “anche io sono morto!”. Attenta a non guardare in punti critici, afferrò un altro asciugamano lì accanto, ai piedi dello zaino giallo, e lo tirò addosso al malcapitato.

«Jakotsu, copriti!», disse Kagome, ridendo ancora. Trasse poi un respiro profondo e sorrise semplicemente, allegra. Poi, prese subito a rovistare nello zaino, con fare assorto e sicuro.

Il povero Jakotsu rimase con l'asciugamano fra le mani, impietrito. Sbuffò e se lo annodò intorno alla vita, il busto ancora coperto da quello strano corpetto rinforzato che indossava sotto il kimono. Sempre a dar noia, quelle due!

Queste donne pudiche! Proprio a me dovevano capitare?

«Che noiose che siete! Una volta in acqua, il problema è risolto!», disse e sbuffò, notando che nessuna delle due stava prestando ascolto alle sue parole.

Jakotsu osservò che la sterminatrice si era addirittura dileguata, probabilmente persa in un'altra immersione. Ad un tratto la visuale gli fu offuscata da qualcosa e tutto divenne nero. Si vide piombare sul viso un pezzo di stoffa con uno schiaffo sordo. Fece per togliesi quella cosa dalla faccia e... non riusciva proprio a capire cosa avesse in mano. Uno straccio?

«Tieni!», urlò Kagome allegramente, proprio mentre vedeva schiantarsi il paio di pantaloncini sul viso di Jakotsu.

Lo vide togliersi l'indumento dalla faccia e guardarlo, perplesso.

«Cosa dovrei farci con questo piccolo fazzoletto, donna?», chieste Jakotsu mentre si rigirava i pantaloncini sportivi fra le mani. Infilò il braccio in un'apertura per la gamba e poi nell'altra. Prese a grattarsi la testa, confuso, senza capire il senso di quell'oggetto.

Kagome lo raggiunse in due passi e gli tolse i pantaloncini neri dalle mani. Li aveva regalati suo nonno a Sota circa un anno fa, ma aveva proprio sbagliato misura ed
erano risultati troppo grandi per il ragazzino, quasi tre taglie in più. Così, li indossava lei, di tanto in tanto, anche se erano maschili e le stavano un po' grandi. Se li era portati dietro in caso le fosse passata per la mente la malsana idea di farsi una corsa; li avrebbe ceduti volentieri.
A Jakotsu sarebbero calzati perfettamente; con il fisico asciutto, scolpito e privo di grasso che si ritrovava, non avrebbe avuto nessun tipo di problema a farseli andare bene. Così avrebbe potuto fare il bagno con loro, senza che lei e Sango, in particolare, si sentissero troppo in imbarazzo.

«Si chiamano pantaloncini, Jakotsu. Sono come …. come gli hakama** di Inuyasha. Solo più corti. E stretti. E corti.», disse tentando di spiegarsi come meglio poteva, grattandosi la testa con un dito.

Era sempre una grandissima fatica cercare di mettere a proprio agio i suoi compagni dell'era feudale con le “strane robe del presente”, come le chiamavano loro.

«Okay, donna, sono corti e stretti, credo di aver compreso.», disse Jakotsu e prese ad osservare i pantaloncini con una certa diffidenza. Li prese dalle mani di Kagome, li soppesò per un po' e poi sorrise, interessato. 
«Li metterò!», risolse poi, trionfante, come se avesse appena battuto un demone. Lasciò scivolare lentamente l'asciugamano e Kagome si volse repentinamente.

«Accidentaccio a te! Ti avevo detto di coprirti!», strillò Sango, appena uscita dall'acqua, tornando immersa nuovamente. Si era sorbita quello spettacolo per ben due volte!

Kagome si portò una mano alla bocca e soffocò una risata. Jakotsu, invece, non si curò minimamente di Sango, troppo occupato a cercare di indossare quel pezzo di stoffa infernale. Posizionò le mani alle estremità dei pantaloncini e li allargò, come a saggiare la resistenza dell'elastico. Quando li lasciò andare, gli sfuggirono con un rumore preoccupante, cadendo rovinosamente poco distante da lui.

«Donna, che razza di strumento malefico mi hai dato?», disse mentre si avvicinava all'indumento per raccoglierlo.

«Jakotsu, indossali come degli hakama normali! Metti una gamba in un'apertura ed una in un'altra. Se non ci fosse qualcosa di imbarazzante ad impedirmelo, credimi, ti aiuterei!», spiegò Kagome. Fu costretta a mordersi le nocche della mano che aveva portato alla bocca, per non scoppiare ridere convulsamente.

«Kagome, fallo vestire! Non ho più intenzione di... oh, insomma!», disse Sango con voce minacciosa. Era riversa su una pietra, di spalle, il respiro affannoso.

«Ti sembro uno che ha mai indossato dei calzoni nella sua vita?!», chiese Jakotsu retoricamente, cercando di seguire le istruzioni di Kagome. Altri minuti senza riuscire ad indossare quella roba e, potevano starne certe, avrebbe fatto il bagno nudo come un verme. Poi, finalmente, il miracolo. Le istruzioni della ragazzina avevano funzionato! Che stupido che era stato, proprio uno stupido. Era stato facile e veloce. Infilò prima una gamba, poi l'altra e li sollevò. Oh. Era una sensazione strana, erano corti e stretti, beh, questo lo sapeva già. Alzò prima una gamba e poi l'altra. Si sentiva abbastanza libero di muoversi lo stesso, come se avesse ancora il kimono, anzi meglio. Erano comodi. Fece un breve giro su se stesso, cercando di guardarsi il sedere, stranito e contento contemporaneamente.

«Mi piace un sacco questo fazzoletto con i buchi per le gambe!», disse estasiato mentre sollevava prima una gamba e poi l'altra, ancora. «Sono leggeri e sono libero di muovermi!»

Kagome capì che probabilmente aveva il via libera per voltarsi, l'operazione “vesti Jakotsu prima che Sango esaurisca” poteva giudicarsi completa. Quello che si parò davanti ai suoi occhi, però,fu uno spettacolo che non avrebbe dimenticato probabilmente mai più. Passato e presente si incontravano nella visione di Jakotsu in pantaloncini sportivi e Kagome giurò che quei cosi sembrava fossero nati per lui. Stavano meglio a lui più di quanto non fossero mai stati bene a lei; non sapeva se sentirsi contenta o scoraggiata, nel dubbio provò entrambe le sensazioni, giusto per non farsi mancare niente.

«Sango, avanti! Puoi voltarti adesso!», urlò all'amica che stava ancora poggiata a quell'enorme masso, tamburellando le dita su quello, impaziente.

Sango finalmente si volse e pregò che questa volta i suoi occhi fossero risparmiati. Trovò Jakotsu estasiato che ammirava come gli calzasse bene il prodigioso strumento del presente di Kagome. Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e si avvicinò alla fila di piccoli massi che costeggiavano il perimetro della sorgente, lì dove c'erano anche i suoi due compagni.
Jakotsu tolse anche il corpetto rinforzato che portava e, vedendolo cadere, si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Finalmente, poteva fare quel tanto agognato bagno. Si avvicinò a Kagome, a due passi da lui, lentamente, e le posò una mano sulla spalla. Le diede una pacca, come se fosse una vecchia compagna d'armi, e le sorrise, sornione. Kagome lo osservò a lungo, aspettando che parlasse, perplessa.

«Credo di doverti ringraziare... per aver coperto le mie fantastiche vergogne, intendo. Ma come posso, sapendo che vi sto privando di uno spettacolo meraviglioso?», disse e fece spallucce prima di gettarsi letteralmente in acqua.

Kagome non riuscì a soffocare l'ennesima risata quando vide Sango, lì vicino, che veniva completamente investita dall'onda di schizzi procurata dall'entrata in acqua di Jakotsu. Sango rimase lì, come una stupida, la frangetta completamente appiccicata alla fronte; goccioloni d'acqua calda che le scendevano lentamente sulle guance e sul collo. Fece per scostarsi l'acqua dal viso, con eccessiva enfasi, come se potesse essere utile avendo le mani già bagnate.

«Ma ti sembra il caso di entrare in acqua in un modo così villano?», chiese la sterminatrice, l'espressione oltremodo inviperita.

Jakotsu uscì dall'acqua proprio accanto a lei e si portò all'indietro i capelli bagnati, in un movimento fluido e grazioso. Kagome notò che aveva il viso impiastricciato di indaco scolorito; quelle due strisce colorate che portava sotto gli occhi si erano rovinate a causa dell'acqua. Jakotsu osservò Sango per un attimo e poi fece spallucce, ridacchiando.

«Eri già bagnata!», fu la sua semplice giustificazione.

Sango chiuse gli occhi a due fessure e gli si avvicinò ancor di più, pericolosamente. Kagome restò lì, fuori dall'acqua, a braccia incrociate. Voleva godersi la scena, quello sguardo non portava mai nulla di buono.

«Dato che sei già bagnato, allora non ti dispiacerà se ti affogo!», disse ridacchiando e, a sorpresa, dopo aver posto entrambe le mani sul capo di Jakotsu, lo mandò giù, nel poco spazio presente. Lo mollò dopo poco, allontanandosi, mentre ridacchiava senza sosta.

«Ahh, come hai osato, donna? Se ti prendo!», minacciò il mercenario con voce graffiante, una volta riemerso dall'acqua.

«Ehi! Non senza di me!», protestò Kagome entrando in acqua.

Se veramente stavano giocando in una sorgente con Jakotsu e lui non le stava tagliuzzando dentro le spire della sua spada serpente, allora il mondo stava prendendo sul serio una piega diversa. Ed inquietante.

* * *
Inuyasha non riusciva a godersi bene quel tepore, non riusciva a rilassarsi. Non faceva altro che guardare di sottecchi quel Bankotsu. Quello se ne stava tranquillamente lì, a detergersi il viso, e a sospirare, di tanto in tanto. Ogni tanto Miroku scambiava qualche parola con lui, gli rivolgeva domande sul suo passato, e Shippo gli nuotava attorno con fare adorante.

Tsk. Cos'è? La nuova attrazione del gruppo?

Cominciò a muovere le orecchie ritmicamente, indispettito. Cosa aveva quel Bankotsu di interessante? Poteva veramente piacere a Kagome? Era un banalissimo essere umano, morto per giunta!

Sì, però... a Kagome piacciono gli umani!, pensò e per un attimo si ritrovò a sgranare gli occhi, prima di riprendere il solito contegno.

Volse il viso dall'altra parte e sbuffò, stizzito. Ma chi se ne importava! Non erano di certo problemi suoi. Incrociò le braccia bagnate e affondò nell'acqua della sorgente fino alla bocca, sotto lo sguardo perplesso di Miroku.

«... allora, dove hai imparato a combattere in quel modo considerevole, Bankotsu?», chiese di nuovo il monaco, cercando di stemperare quell'atmosfera pesante e silenziosa che, però, sembrava pesare soltanto a lui. Sentì l'occhiata di Inuyasha perforargli la schiena, come un colpo di spada, ma evitò di volgersi e guardarlo.

Bankotsu sollevò gli occhi al cielo e prese a grattarsi una guancia, con fare meditabondo. Poi si illuminò e si scostò i capelli bagnati dal viso, in un gesto che sembrava puramente abitudinario.

«Credo di dover tutto all'allenamento affrontato nel corso degli anni con Jakotsu. Mio padre, comunque, ci ha fornito delle buone basi.», disse il mercenario e tacque, godendosi la sensazione di calore che gli donava l'acqua della sorgente. 
Era così bello, non provava pace da troppo tempo. Adesso non doveva guardarsi continuamente alle spalle, non doveva lavarsi del sangue di avversari scomodi ma innocenti... pace. Neanche i ricordi riuscivano più ad attanagliarlo nell'inquietudine che aveva preso ad accompagnarlo nelle ultime settimane. Si poteva giudicare rinato, ancora una volta. Sapeva di dover essere indubbiamente grato a tutti loro, ma l'unica persona verso la quale sentiva di avere un debito inestinguibile era Kagome. E sorrise impercettibilmente ricordando il suo nome.

Inuyasha osservò bieco Bankotsu e lo vide curvare le labbra in un piccolo sorriso. Cos'aveva da sorridere, quello stupido? Miroku non si era neanche accorto del suo disappunto; perché doveva riempire quel pallone gonfiato di domande? Vide Shippo arrampicarsi sulla spalla di Bankotsu e si sentì privato anche di quella stupida attenzione che, normalmente, lo infastidiva.

«Sei molto forte! A volte sembri anche più bravo di Inuyasha!», disse Shippo allegramente, con un sorriso gigante. Un pugno gli arrivò dritto sulla testa, facendolo ricadere in acqua e procurandogli un bernoccolo di grandezza considerevole.

«Ahiaaa! Inuyasha!», si lagnò il bambino, tenendosi la testa con le piccole braccia.

«Di' un po', moccioso, hai voglia di botte?», chiese laconico Inuyasha, tenendo il volpino per la coda a pochi centimetri dal suo viso. Quello cominciò a dimenarsi, urlando “lasciami, lasciami!” in una cantilena infinita.

Ad un tratto, qualcosa attirò la sua attenzione. Drizzò le orecchie immediatamente e lasciò cadere in acqua lo sventurato Shippo che continuò ad inveire contro il mezzo demone con improperi vari. Tuttavia, Inuyasha non sembrava l'unico ad aver notato qualcosa di strano. Anche Miroku e Bankotsu erano intenti ad ascoltare.

«La sorgente delle ragazze...», sussurrò Miroku aggrottando le sopracciglia, spiazzato.

Risate. Si distinguevano chiaramente, vi erano due risate squillanti, ma diverse, ed una leggermente più bassa. Provenivano proprio da dove si trovavano le ragazze, insieme a rumore di schizzi d'acqua e gridolini vari ed eventuali. I tre ragazzi si guardarono fra loro, le espressioni stranite e sospettose.

«Sembra si stiano divertendo abbastanza.», commentò Bankotsu con un sorrisetto, mentre creava strani cerchi sulla superficie dell'acqua con l'indice. Poi si bloccò e sollevò lo sguardo sugli altri due, adesso allarmato.

«Voi credete che Jakotsu... insomma...», tentò di continuare, gesticolando in maniera vaga. Poi si bloccò nuovamente e rise, scrollando le spalle. «No, possiamo stare tranquilli. Ridono divertite, non credo stia usando la spada.»

I pensieri di Miroku viaggiarono irresponsabilmente ad un altro tipo di spada e sgranò gli occhi. Sia lui che Inuyasha furono percorsi dallo stesso brivido freddo lungo la spina dorsale, brivido che era diventato sempre più presente e comune quando si parlava di Jakotsu. Miroku uscì immediatamente dall'acqua, neanche avesse visto un demone; si asciugò con dei panni speciali e spugnosi che la Divina Kagome aveva lasciato per loro e si rivestì in fretta.

«Ehi, dannato bonzo! Si può sapere dove stai andando?»

Miroku si volse e trovò Inuyasha che già stava infilando i suoi hakama rossi, saltellando su un piede per la fretta. Bankotsu rimase ad osservare la scena allibito mentre quel volpino si arrampicava nuovamente sulla sua spalla, per vedere meglio. Il suo sguardo confuso si spostava da Inuyasha a Miroku, e viceversa, ritmicamente.

«Dobbiamo andare a controllare che le fanciulle stiano bene...», iniziò Miroku con ostentata disinvoltura, recuperando anche il suo bastone sacro. Inuyasha e Bankotsu inarcarono un sopracciglio all'unisono. Il primo assestò un pugno sulla testa del monaco.

«Perché non dici la verità, razza di pervertito!», disse mentre chiudeva la sua hitoe** rossa, finendo di vestirsi.

Miroku sospirò e chinò la testa, colpevole, per poi rialzarla quasi immediatamente, con un gesto fulmineo. Fissò Inuyasha negli occhi con un'espressione talmente seria che per un attimo il mezzo demone si bloccò, non sapendo più cosa dire o fare. Che avesse sul serio frainteso le sue intenzioni?

«Inuyasha. Credi davvero che io lasci quel Jakotsu, con Sango e Kagome, a godersi tutto lo spettacolo da solo? Sei forse matto?», disse e cominciò a scuotere la testa desolato, come ad esprimere disappunto. Miroku si beccò un altro pungo in testa da parte di Inuyasha, ma la cosa non lo turbò più di tanto. Era deciso a portare a termine la sua missione.

«Sei sempre il solito depravato!», sbraitò Inuyasha. Dall'altra sorgente provenivano ancora gli schiamazzi divertiti delle ragazze e di Jakotsu e il mezzo demone si ritrovò ancora una volta a drizzare le orecchie.

«Inuyasha, perché nascondersi dietro futili convenzioni? Sei curioso anche tu!», disse Miroku trasportando via l'attenzione da sé ed indicando il mezzo demone con il bastone sacro. Inuyasha si trovò per un attimo spiazzato poi sollevò i pugni a mezz'aria e assunse un'espressione irata.

«Ahh, non confondermi con te, dannato Miroku! Se mi sono vestito è soltanto per difendere Kagome da te e da quel dannato pervertito!»

«Mio fratello non ha alcun interesse per le donne, credo si sia capito.», disse Bankotsu con tono noncurante e rivolse un sorrisetto ad Inuyasha. «...ma io sì. Dunque, se si va in spedizione a guardare le bellezze al bagno, io partecipo.»

Bankotsu si sollevò dall'acqua e si avvolse quello strano ed ampio fazzoletto spugnoso intorno alla vita.

«Dove pensi di andare tu?!», sbraitò Inuyasha sovrastando Bankotsu appena uscito dalla sorgente. Se quello lì pensava di osservare anche soltanto un centimetro delle pelle nuda di Kagome, poteva anche giudicarsi un uomo morto. Beh, insomma, morto di nuovo.
Quello, per tutta risposta, sorrise e gli diede una sonora pacca sulla spalla, come se fossero amiconi.

«Suvvia, ormai faccio parte del gruppo. Le donne, fra compagni, si dividono! Non fare il pudico, Inuyasha, è solo una sbirciata!», disse e gli fece l'occhiolino. L'idea di poter vedere Kagome lo allettava alquanto.

Dannato bastardo! Vuole per caso morire?!, pensò il mezzo demone profondamente irato.

Inuyasha strinse i pugni, e stava per urlare quanti più improperi conoscesse, ma il bastone di Miroku sulla spalla lo bloccò. L'espressione dell'amico era oltremodo seria e crucciata.

«Sono spiacente, Bankotsu, ma questo è fuori discussione...», disse il monaco con voce tagliente.

Bankotsu si stupì ed aggrottò le sopracciglia, quasi dispiaciuto. Inuyasha, dal canto suo, assunse un'espressione tronfia e soddisfatta ed incrociò le braccia al petto. Ben gli stava, a quell'idiota!

Tsk. Ogni tanto quel monaco fa qualcosa di giusto.

«A-ah! Ecco. E adesso torna a mollo, se non vuoi che io ti....»

«...hai i frammenti della Sfera in corpo, la Divina Kagome si accorgerebbe di te! A quel punto, nessuno potrebbe più guardare ed io non posso permetterlo.», continuò Miroku con lo stesso tono duro di prima.

Bankotsu sbuffò infastidito, quei frammenti non facevano che dargli noia, accidenti! 
Inuyasha si voltò verso Miroku lentamente e gli assestò un altro pugno sulla testa.

«Sapevo di non potermi fidare di te, disgraziato che non sei altro!», urlò iroso. Comunque sia, Bankotsu non poteva seguirlo e quello era già un progresso.

«Mi dispiace, Inuyasha, amico mio. Tu non mi fermerai.», disse il monaco con tono grave e si gettò nel folto, di corsa.

Inuyasha rimase spiazzato, quel dannato era sparito proprio davanti i suoi occhi!

«Torna qui, dannato Miroku!», ringhiò mentre lo seguiva.

* * *
Kagome si abbandonò sull'ampio asciugamano posizionato in terra. Sango e Jakotsu fecero lo stesso mentre ridacchiavano, schizzandosi ancora. Era stato così divertente! Si era sentita completamente senza pensieri, una sensazione che non provava spesso. Le era sembrato di essere con i suoi amici del presente, in una semplice piscina comunale o alle terme. Era stato rilassante, perfetto, avrebbe voluto che durasse per sempre. Scoprì che Jakotsu era simpatico, se si riusciva a tirar fuori questo lato di lui. Il ragazzo e Sango non avevano fatto altro che schizzarsi acqua mentre lei patteggiava un po' per l'uno e poi per l'altra.
Jakotsu si mise seduto e scosse la testa velocemente; numerosi schizzi colpirono sia Kagome che Sango e le due ridacchiarono. Il mercenario raccolse nuovamente i capelli bagnati nella sua solita acconciatura e si sistemò meglio su quello strano telo. Non si divertiva così tanto da quando aveva squartato i signorini del palazzo est, dieci anni prima! Quelle donne erano simpatiche, alla fine non era stato poi così noioso avere a che fare con loro. Certo, nulla avrebbe potuto ripagare la visione del corpo nudo di Inuyasha... ma in mancanza d'altro, insomma, meglio di niente. Almeno si era divertito e aveva guadagnato quell'indumento del futuro. Osservò la stoffa nera pregna d'acqua dei pantaloncini e rifletté che erano molto più comodi prima. Kagome gli aveva spiegato che la stoffa di quei “costumi da bagno” - così li aveva chiamati – era diversa da quella dei suoi “pantaloncini”, e quindi si sarebbero asciugati prima. Si lasciò scappare uno sbuffo.

«Indovina a chi somigliavi, scrollandoti in quel modo!», disse Kagome ridendo, mentre si districava i capelli con cura.

Sango si unì alla risata dell'amica mentre rovistava nello zaino, cercando probabilmente qualcosa da sgranocchiare. Jakotsu si portò un dito alle labbra e finse di pensare a lungo. Poi sorrise e fece loro l'occhiolino.

«INUYASHA!», dissero tutti e tre in coro e scoppiarono a ridere di gusto.

«Ma lui ha un modo particolare di scrollarsi. Riesce ad eliminare ogni traccia di acqua dal corpo. Rimango basita ogni volta!», snocciolò Kagome distrattamente, come se fosse una cosa normalissima di cui parlare.

«Perfino il modo di scrollarsi di Inuyasha sembra interessante!», commentò Jakotsu.

Sango estrasse finalmente quel che cercava dallo zaino di Kagome e si lasciò andare ad un sorrisetto soddisfatto.

«Possiamo evitare di riportare la discussione sulle doti canine di Inuyasha? Ho trovato quei sassolini zuccherati.», disse mentre mostrava un tubetto di plastica con aria trionfante.

Kagome rise mentre le toglieva il tubetto dalle mani, guardandolo meglio. Jakotsu si avvicinò, curioso.

«Sango, si chiamano caramelle!», la corresse Kagome ed aprì il tubetto. Versò qualche caramella sulle mani di Sango e qualcuna nella propria. Poi si volse verso Jakotsu. «Queste non le hai ancora provate. Ti piaceranno.»

Davanti all'espressione incoraggiante di Kagome, Jakotsu si trovò costretto a cedere. Tese la mano a palmo in su, se pur con riluttanza, e prese tre di quegli strani bottoncini. Se ne cacciò subito uno in bocca, per togliersi il pensiero. La consistenza era dura ma quel sassolino era anche molto dolce. Man mano che lo gustava, lo sentiva sciogliersi. Per poco non proruppe in un verso stupito quando sentì sulla lingua sapore di mela.

«C'è un frutto dentro!», disse stupito mentre tentava di masticare quel cibo stranissimo.

Kagome sospirò divertita; facevano tutto così dannatamente semplice i ragazzi dell'epoca Sengoku.

«Diciamo che è un po' più complicato di così, ma sì, sono fatte di frutta.»

Si ritrovarono per un po' così, in silenzio, a masticare caramelle con lo sguardo fisso verso la sorgente davanti a loro. Jakotsu aveva ormai il viso completamente pulito e sia Kagome che Sango non poterono fare a meno di pensare che fosse molto bello. Quasi leggendo loro nel pensiero, il mercenario recuperò una conchiglia al cui interno vi era una strana sostanza indaco, dalla consistenza polverosa e al contempo cremosa. Doveva essere con quella che Jakotsu creava quegli strani disegni sulle sue guance. Kagome e Sango lo guardarono intingere l'indice in quella cosa e poi avvicinarsi a Kagome.

«Che cos...»

«Dai, facciamo un gioco! Vieni qua!»

Kagome, seduta di fianco a lui, non fece in tempo ad indietreggiare, perché dietro di lei Sango la stava tenendo per le spalle. Capendo che ribellarsi sarebbe stato inutile, la giovane sacerdotessa si arrese semplicemente, rimanendo totalmente alla mercé di Jakotsu.

«Vediamo se così piacerai di più ad Inuyasha!», disse Jakotsu ridacchiando mentre cominciava a tracciare con l'indice segni colorati sulle guance di Kagome.

«Non ridacchiare troppo, Sango. Dopo toccherà anche a te.», la avvertì Kagome mentre l'amica se la rideva, beata.

* * *
Inuyasha si era gettato all'inseguimento di Miroku ma la situazione era diventata più difficile di quanto pensasse. Quando si trattava di donne, quel dannato bonzo diventava sempre più veloce ed attivo. Ma non era stata la velocità del monaco il problema quanto la poca voglia che Inuyasha aveva di farsi scoprire. Non voleva che quelle due pensassero che fosse lui il guardone, quella storia era già capitata, non intendeva proprio farne lui le spese. Tuttavia, doveva seguirlo. Non voleva che quel depravato si mettesse ad osservare Kagome in quel modo lascivo! Che lo facesse con Sango, piuttosto! E poi, aveva sentito il suo nome, l'aveva sentito chiaramente! Si era sentito chiamare e dopo aveva sentito altri schiamazzi e risate. Che si stessero prendendo gioco di lui? La cosa non gli piaceva per niente!
Aveva deciso di muoversi furtivamente, come solo lui era capace di fare. Ed eccolo là, quell'idiota di un bonzo. Era arrivato da poco, appoggiato ai cespugli come se da quelli dipendesse la sua intera esistenza.
Appena arrivò, l'odore di Kagome lo colpì al naso con una violenza che lo lasciò interdetto, si bloccò un attimo. Il suo profumo era amplificato dall'acqua, reso più dolce ed intenso. Scosse la testa, come a togliersi quella sensazione di dosso, e si appostò alle spalle del bonzo, pronto a colpirlo sulla testa.

«Non ti sei perso molto. Stavano parlando di te, del tuo modo canino di scrollarti l'acqua di dosso.», lo informò Miroku senza neanche voltarsi, lo sguardo assorto, interessato.

Era lì da poco tempo ma abbastanza da vedere uscire le fanciulle dall'acqua, insieme a Jakotsu. Le due avevano delle strane tenute che dovevano essere state gentilmente fornite dalla Divina Kagome. Il monaco si era intristito, quegli strani vestiti coprivano i punti salienti delle due fanciulle, ma aveva comunque potuto avere una panoramica sulle loro gambe. Quelle di Sango, poi...
Inuyasha si bloccò con il pugno a mezz'aria ed arrossì violentemente. Allora aveva ragione, stavano proprio parlando di lui! Il suo udito non lo tradiva mai. Cosa portava quei tre a parlare di lui, si poteva sapere?!
Vide Miroku voltarsi verso di lui con un sorriso sornione che la diceva lunga.

«Ti ho incuriosito, amico mio?», gli chiese, la voce volutamente bassa ed ammiccante.

Inuyasha scaricò il pugno sulla testa dell'amico, in silenzio. Poi, si accovacciò di fianco a lui, con il suo solito grugno stizzito, e non proferì parola. Miroku sospirò ma continuò comunque nella sua attività illecita.

«Questa volta me lo sono proprio meritato, però...», cominciò mentre si massaggiava la testa con una mano.

«Vediamo se così piacerai di più ad Inuyasha!»

La voce graffiante di Jakotsu arrivò nitidamente alle loro orecchie ed entrambi si volsero di scatto verso i tre.
Jakotsu era intento a spalmare sul viso di Kagome della polvere da trucco. Lui e Sango ridevano beatamente mentre Kagome aveva un'espressione tutt'altro che accondiscendente, anche se stava ferma. La sacerdotessa minacciò apertamente Sango, sarebbe toccato anche a lei.
Inuyasha rimase interdetto e una mescolanza di emozioni diverse lo attanagliarono. Quindi a Kagome interessava piacergli? Non sapeva se sentirsi lusingato, imbarazzato o preso in giro. Beh, a lui Kagome piaceva anche senza colori spiaccicati sulla faccia... prese a scuotere la testa violentemente, ancora, per cacciare quei pensieri. Era rosso fino alla punta dei capelli.
Miroku si trovò a soffocare velocemente una risata, sia per non farsi scoprire da quei tre, sia per non beccarsi un altro pugno da parte di Inuyasha. Quando si sarebbe svegliato, quel benedetto ragazzo? Quando si sarebbe fatto avanti con la Divina Kagome archiviando per sempre il ricordo della Somma Kikyo?

Inuyasha, amico mio, ma devo insegnarti proprio tutto?

A lavoro ultimato, Jakotsu sospirò soddisfatto e fece segno a Kagome di specchiarsi sulla superficie dell'acqua. Kagome negò e tirò fuori dallo zaino lo specchio. Jakotsu le strappò l'oggetto dalle mani, preso dall'entusiasmo. Voleva provarlo! Disse che sì, si vedeva tutto ancor meglio di come si sarebbe visto sulla superficie dell'acqua. Kagome gli tolse lo specchio dalle mani e si osservò per poi scoppiare a ridere. Aveva sulle guance le stesse strisce che Jakotsu portava sempre e sembrava proprio una... beh, sembrava Jakotsu.
Inuyasha e Miroku si guardarono e rabbrividirono.

«Ma sembro te!», disse Kagome ridendo mentre Sango curvava le labbra in un piccolo sorriso.
Jakotsu incrociò le braccia e proruppe in un'espressione soddisfatta e superba.

«Certo e adesso sei bellissima. E Inuyasha si innamorerà di te! Anche se ti manca l'ingrediente principale...», disse Jakotsu con complicità e poi scoppiò a ridere.

Capendo che Jakotsu alludesse ancora una volta alla sua condizione di non-morto, Kagome prese nuovamente a ridere senza alcun contegno mentre Sango borbottava un “ci risiamo” scocciato.
Inuyasha e Miroku fissavano la scena basiti, senza trovare nessuna risposta.

«Ehi, bonzo, cosa dovrebbe essere questo ingrediente?», chiese sgarbatamente a Miroku. Che diavolo blateravano Kagome e quel pervertito? Quei due dannati!

«Non vogliamo saperlo, Inuyasha, fidati di me.», disse Miroku in tono grave mentre scuoteva la testa, come per scacciare un'idea dalla sua mente.

«Se mai, sono proprio pronta per una nuova Squadra dei Sette. Insomma, se dopo tutta questa storia vi venisse in mente di arruolare gente... eccomi!», scherzò Kagome divertita, alzando le braccia al cielo. Jakotsu fece una strana espressione e la guardò bieco.

«Sicuramente mio fratello non avrebbe nulla in contrario.», disse e le diede di gomito mentre Sango le dava una pacca sulla spalla.

Le orecchie di Inuyasha si drizzarono nuovamente e corrugò le sopracciglia. Miroku trasalì e pregò che non cominciassero a parlare proprio di quello.
Kagome arricciò il naso e sbuffò. Per favore, per favore, no. Quel discorso no. Lei e Bankotsu erano buoni compagni di uno stesso gruppo, condividevano l'esperienza del viaggio. Allo stesso modo la condivideva con Miroku o con lo stesso Jakotsu.

«Non osate...»

«Nessuno sta dicendo nulla. Però, insomma... “Bankotsu, tieni, ho riportato in vita la tua Banryu”...», la imitò Jakotsu portandosi le mani al viso.

«“Tieni, Bankotsu, prendi questo cibo, questi vestiti, questa accondiscendenza mista a gentilezza...”», gli fece il verso Sango, ma stava soltanto scherzando.
Kagome scattò in piedi e strinse i pugni. Sango trasalì mentre Jakotsu ridacchiava noncurante. La sterminatrice cercò di richiamarlo all'ordine, senza risultato.

«Sango, anche tu!», la additò infuriata.

Inuyasha si trovò con i pugni serrati e la bocca dello stomaco stretta in una morsa dolorosa, in fiamme. Anche Sango lo pensava, dunque? Anche Sango pensava che a Kagome potesse piacere quell'idiota, quel pallone gonfiato?
Mentre Sango rideva conciliante e cercava di calmare Kagome dicendole che stava soltanto scherzando, Inuyasha si sentiva sempre peggio, come se in realtà quella fosse soltanto la conferma che contribuiva a mandare a monte le sue certezze.
Miroku si accorse che Inuyasha tremava leggermente e pregò i Kami di risparmiarlo dall'ira del mezzo demone, finché un'idea non si fece largo fra i suoi pensieri disperati.

Forse Sango non ha fatto uno sbaglio così grande...

«Inuyasha, cosa hai intenzione di fare? Vuoi davvero che Kagome possa anche solo prendere in considerazione l'idea?», lo punzecchiò, a suo rischio e pericolo, ne era consapevole.
Inuyasha si voltò verso di lui e gli lanciò un'occhiata assassina. No, aveva ragione il monaco, la cosa non gli piaceva, non voleva. Ma come poteva risolvere la questione?

«Parlale, Inuyasha.», disse Miroku con fare autoritario.

Inuyasha distolse lo sguardo e fece per andarsene. Se Kagome voleva star dietro a quel borioso, benissimo! Lui non aveva proprio nulla da farci.

«Fhé! Io non ho proprio cosa dirle!», disse tutto tronfio.

Ad un tratto, rumori di passi attirarono la sua attenzione, qualcuno si stava muovendo nel folto velocemente e...

«Quanto mi sono perso?», disse Bankotsu uscendo fuori dalle foglie, furtivamente, e posizionandosi accanto a Miroku, come se niente fosse. Aveva ancora l'asciugamano avvolto intorno alla vita e stava sgranocchiando rumorosamente le patate secche di Kagome. Shippo stava tranquillamente sulla sua spalla.

Si stava annoiando tantissimo e il pensiero che invece i suoi compagni si stessero divertendo in quel modo lo faceva innervosire! Anche lui aveva diritto ad una sbirciata, non gli importava che poi fossero scoperti! O tutti o nessuno, così si fa nelle squadre. Inuyasha strinse i pugni, furioso, ed il suo sguardo si posizionò dapprima sul viso contento di Bankotsu e poi sul pacchetto di plastica che aveva in mano.

«Tu, dannato! Dove hai preso quelle? E soprattutto, chi ti ha detto che potevi venire!?»

Bankotsu lo guardò e gli lanciò un sorrisetto.

«Me le ha lasciate Kagome insieme ai teli spugnosi.», disse mettendosi in bocca un'altra patatina ed eludendo di proposito la seconda domanda.

«Io ti ammazzo!», urlò il mezzo demone mentre si avventava su Bankotsu e lo afferrava per le spalle.

* * *
Kagome si bloccò di colpo e trasalì. Due frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti in avvicinamento. Sempre più vicini...

«Io ti ammazzo!»

Kagome, Sango e Jakotsu scattarono in piedi. Era la voce di Inuyasha!Videro il mezzo demone in piedi, dietro i folti cespugli dove poco prima Kagome aveva scoperto Jakotsu. Inuyasha stringeva per le spalle un noncurante Bankotsu che stava lì, ritto in piedi, con in mano un sacchetto di patatine e l'espressione annoiata.

«Inuyasha, a cuccia!», disse Kagome immediatamente, spaesata, notando la brutta piega che sembravano aver preso le cose. Inuyasha si schiantò a terra con un ringhio di protesta.

Sango si avvolse l'asciugamano intorno alla vita, a mo' di gonna lunga, e si avvicinò ai cespugli quel tanto per notare un monaco depravato che tentava di farsi piccolo piccolo, con il desiderio di non essere visto.

«Sango! Che sorpresa!», disse Miroku ostinandosi a guardare da tutt'altra parte. Sango si chinò, lo afferrò per un orecchio e lo costrinse ad alzarsi.

«Miroku, c'entri qualcosa, tu?», chiese lei con tono calmo, tirando il bonzo per l'orecchio e conducendolo completamente fuori dai cespugli.

Nel frattempo, Bankotsu vide Inuyasha schiantarsi a terra ma non se ne curò. Ora era perfettamente libero di muoversi e... Kagome. Rise non appena le vide dipinte in faccia le stesse strisce che era solito portare il fratello.

«Pronta per entrare in Squadra, ragazzina?», le disse sorridendo.

Kagome rimase lì, bloccata alla vista degli addominali di Bankotsu. Sango la affiancò immediatamente, mollando Miroku nel bel mezzo della ramanzina. Entrambe rimasero lì a fissare, per poi riscuotersi, assestandosi gomitate a vicenda.

«Kagome! Io e te ora andiamo a parlare.», disse Inuyasha quando riuscì finalmente a sollevarsi.

«Inuyasha... »

Il mezzo demone le si piazzò davanti e i due rimasero a guardarsi per un attimo. Quando si accorse di come era vestita Kagome, Inuyasha arrossì, si tolse la sua hitoe e gliela lanciò sulla testa.

«... e copriti...», borbottò prima di inoltrarsi nel folto, trascinandola con sé, sotto gli occhi stupiti di tutti gli altri.

* * *
Inuyasha trascinò Kagome in mezzo al folto, lontano dalla sorgente delle ragazze e anche da quella dove poco prima si trovavano i ragazzi. Lì, vicino ad un albero secolare, si fermò e le lasciò la mano. Inuyasha rimase di spalle, non si volse a guardarla. Teneva lo sguardo dritto davanti a sé, osservava le varie zigrinature del vecchio tronco e si maledì. Cosa poteva dirle, adesso? L'aveva portata via da lì, da quel Bankotsu seminudo, da quell'atmosfera che era diventata decisamente troppo pesante. Per dir cosa, per far cosa?
Kagome si portò al viso la mano che Inuyasha aveva stretto e la sentì innaturalmente calda. Che sensazione strana che era stata, provata poche volte nella sua giovane vita, solo nelle volte in cui la mano di Inuyasha aveva sfiorato la sua. Si strinse la giacca rossa del mezzo demone addosso, cominciava a fare fresco e lei cominciava a sentirsi in imbarazzo. Era accaduto tutto troppo in fretta, non aveva neanche avuto il tempo di arrabbiarsi, di porsi delle domande, di rivestirsi. L'hitoe di Inuyasha rilasciava il suo profumo**, quell'odore solo suo di muschio e bucato che non lo abbandonava mai. Cosa voleva dirle adesso, di cosa potevano parlare? O meglio, le cose di cui parlare erano moltissime, lei lo sapeva bene; ma nessuna di quelle poteva essere affrontata, lei ne era sicura. Inspirò ed un'altra ondata del profumo di Inuyasha le invase le narici. Scosse la testa e decise di smetterla. Lucida, doveva rimanere lucida. Inuyasha non si era ancora voltato, le dava le spalle e fu su quelle che lei puntò il suo sguardo. Aveva ancora il trucco di Jakotsu sulle guance, rifletté che doveva proprio sembrare un'idiota.
Inuyasha strinse i pugni e, per la prima volta nella sua vita, si sentì quasi senza coraggio. Rimase voltato.

«É... vero, quindi, Kagome? Sei interessata a quello lì?», disse in tono piatto ma si sentiva dietro l'angolo la rabbia pronta a straripare. Non era bravo a far finta di mantenere la calma, non era una cosa che gli apparteneva. Sputò le ultime due parole con un astio palpabile e si impegnò per non pronunciare il suo nome.

Kagome rimase per un attimo bloccata, per la prima volta in vita sua sentì di non avere parole. Ma fu una sensazione non durevole. Il suo posto fu preso prima dalla vergogna, senza capire perché, e poi dalla rabbia che cominciò ad assalirla e neanche il profumo di Inuyasha riuscì a placarla.

«Inuyasha, tu hai origliato.», disse lentamente, con un tono astioso che dava i brividi.

E dire che lei e Sango parlavano sempre piano, anche se lui era lontano, avevano sempre paura che riuscisse a sentire con quell'udito che si ritrovava. In quell'occasione non le sembrava che avessero parlato ad alta voce, si erano raccomandate anche con Jakotsu. E anche se lo avessero fatto? Lui non era lontano, non era stato un errore. Lui era lì, lo aveva visto.
E finalmente Inuyasha si volse a guardarla. Si voltò giusto per vedere la rabbia indurirle i tratti del viso, così bello, così suo. Una parte del cervello di Inuyasha, non riusciva a capire quale, lo aveva sempre pensato, che lei fosse bella anche quando era arrabbiata, forse ancora di più.

«Tutti abbiamo origliato.», rispose semplicemente lui con tono impaziente. Il solito dolore alla bocca dello stomaco non voleva ancora abbandonarlo.

«Quanto hai sentito, Inuyasha?», chiese ancora lei, furiosa. Era davvero questo il problema? Era questo che le dava fastidio?

Inuyasha non rispose e rimase ad osservarla. Sempre la stessa parte del suo cervello, quella sconosciuta e non ben localizzata, si beò del modo in cui la voce astiosa di Kagome aveva scandito il suo nome per bene, mettendo in ogni sillaba una calibrata dose di rabbia.
Soltanto una volta Kikyo aveva scandito il suo nome in quello stesso modo.

«MUORI, INUYASHA!»
Una freccia mi colpisce, la Sfera mi scivola dalle mani. Lei si accascia morente e con lei sparisce la luce.

«STO PARLANDO CON TE, INUYASHA!», urlò Kagome, riportandolo alla realtà.
Inuyasha si toccò la testa, l'immagine di Kikyo si sovrappose a quella della ragazza che aveva davanti in quel momento. Fu solo un attimo, poi tutto tornò come prima; Kagome era lì, lui era lì... lei chissà...

«Non ho sentito... Miroku ha sentito e...», abbozzò confuso, la visione che lo aveva lasciato sconvolto, la testa che gli girava, la bocca dello stomaco che gli doleva senza lasciarlo in pace. Strinse i pugni, irato di aver pensato all'altra proprio in un momento simile.

«Non cercare di nasconderti dietro Miroku, Inuyasha, tu...»

«Non è di questo che stavamo parlando, Kagome! Non ti ho chiesto questo!», sbottò Inuyasha avvicinandosi a lei.

Il profumo fruttato emanato dalla pelle di Kagome gli colpì il naso con ancor più forza e potenza di prima. Il mezzo demone si bloccò, impotente, la rabbia che perdeva consistenza e poi rimontava al pensiero che quell'altro avrebbe potuto sentire quello stesso profumo, al pensiero che l'altra non aveva mai avuto quello stesso profumo...
Kagome digrignò i denti e sentì la rabbia farsi ancora più presente, invaderla completamente, governare ogni fibra del suo piccolo e giovane corpo. Per quale motivo doveva comportarsi in quel modo? Perché le faceva questo?

«Vuoi parlare di Bankotsu, Inuyasha?», chiese con voce tagliente, crudele.

Inuyasha trasalì e digrignò i denti sentendo quel nome, lui aveva accuratamente evitato di pronunciarlo.
Kagome gli si avvicinò, pochi passi da lui, occhi negli occhi. Il mezzo demone osservò quasi con apprensione quelle iridi grigie** che sembravano così distanti da lui in quel momento. Quegli occhi così simili e contemporaneamente così diversi da quelli di un'altra... da quelli dell'altra.

«Inuyasha, dimmi, come ti sembro? Io ti sembro un essere umano?**»
Me lo chiede così, mentre siamo seduti su questo prato. Le rispondo che è una domanda stupida ma in realtà vorrei dirle dell'altro; con quegli occhi così grigi non mi sembra niente d'umano. Soltanto una creatura eterea che questo mondo è fortunato a possedere.

Inuyasha scosse di nuovo la testa violentemente e arretrò di due passi. Gli occhi di Kagome erano ricchi di rabbia, di sentimenti contrastanti, di frustrazione. Ma non c'era debolezza in quegli occhi, non c'era smarrimento.

Lei non è Kikyo, stupido, si ripeté mentalmente, non capendo cosa gli stesse succedendo.

Kagome vide Inuyasha scuotere la testa e si chiese se lui stesse pensando a Kikyo perfino in quel momento. Quell'aria spaesata, quasi assente. Gli si accostò e fece qualcosa che nella sua vita non pensava che mai e poi mai avrebbe fatto. Lo spinse. Leggermente ma con decisione. Inuyasha fu colto di sorpresa e fece un passo indietro.

«Stai parlando con me, adesso, Inuyasha! Con me! Lei non c'è!», urlò e si pentì di quelle parole subito dopo averle pronunciate. Doveva sembrare così stupida, così immatura, a ricondurre tutto a Kikyo.

Inuyasha rimase pietrificato e si vergognò di sé. Era veramente così facile da leggere, così semplice da capire? Rimase immobile, l'espressione seria ed imperturbabile. Non parlò. Kagome fu irritata da quel mutismo e s'arrabbiò ancora di più.

«Vuoi parlare, Inuyasha, però non parli. Il tuo è tutto un “non fare”. Volevi parlare di Bankotsu? Sì? Ed io ti dico... non ne hai il diritto! Tu non ce l'hai! Non puoi chiedermi niente!», urlò Kagome.

Aveva sempre voluto pronunciare quelle parole, dirle ad Inuyasha, ma non aveva mai potuto, non aveva mai osato. In quel momento era ora di dire basta. In quel momento, sarebbe stata libera.
Inuyasha trasalì, quelle parole lo avevano colpito come un colpo di frusta. Non ne aveva il diritto. Quelle parole gli rimbombarono nel cervello con un'intensità ed una forza che gli diedero quasi la nausea.

«Non ne ho il diritto?», biascicò lui. Si diede dell'idiota mille volte e si maledì.

«No, non ce l'hai. Non hai il diritto di... di essere geloso di me, Inuyasha. Non hai il diritto di preoccuparti se do del cibo a Bankotsu o se chiedo a Koga come sta. Non puoi farlo se poi tu pensi ancora a Kikyo.», disse Kagome e nel nome di Kikyo l'astio era palpabile, percepibile.

Inuyasha non poté far a meno di darle mentalmente ragione, ma non poteva farci nulla. Kikyo, la prima persona che lui avesse mai amato, che gli aveva dato una possibilità ed un'idea di futuro come uomo, accanto a sé. Non poteva smettere di cercarla, di capire se stesse bene, di intristirsi per le sue sorti, per la sua lontananza. Aveva dato la vita per lui, non poteva ignorarlo. L'avrebbe protetta.
Ma c'era anche Kagome.
Kagome che lo aveva portato a versare delle lacrime, Kagome che lo aveva iniziato alla compagnia dell'altro, Kagome che era sempre lì, in ogni modo, era sempre rimasta. Kagome che lui non poteva vedere soffrire, che voleva salvare ad ogni costo, alla quale avrebbe fatto scudo con il suo stesso corpo.
Non poteva pensare di vederla protetta da un altro, di vederla salvata da un altro. Di vederla... vederla... amata da un altro.
Quella sensazione, la morsa alla bocca dello stomaco, si strinse ancor di più e dovette stringere i denti.
Non poteva lasciare andare Kikyo, non poteva. Kikyo aveva dato la sua vita...
E non poteva salvare Kagome da se stesso, non poteva. Voleva averla accanto, lei aveva promesso...

«Kagome, io... io non ci riesco... tu, per me...»

Kagome si volse dall'altro lato, non voleva più guardarlo. Aveva un groppo in gola che quasi le impediva di parlare ma no, non avrebbe smesso. Doveva portare a termine quel confronto, doveva riuscire a dire quello che le pesava sul cuore da tempo. Voleva essere libera.

«Io per te, cosa? Io voglio vederti felice Inuyasha, perché io tengo a te. Non posso e non voglio dimenticarti ma io sono... io sono stanca.», disse e puntò lo sguardo sul folto davanti a lei. «Ho compreso il tuo dissidio fino a farlo quasi mio, ho custodito il mio dolore ed ho protetto il tuo. Ma io non posso più farlo, Inuyasha, perché io... mi sembra di impazzire.»

Kagome prese aria. Cominciava a sentire un certo affanno, come se l'aria non fosse più abbastanza, come se non entrasse più bene nei polmoni. E ad un tratto, la vista le si offuscò.

Ho sette anni, sono sull'altalena, il nonno mi ha dato troppe spinte, non so più come fare. Vado troppo in alto, non riesco a fermarmi; mi manca l'aria, mi sembra di impazzire, voglio staccarmi dall'altalena, voglio scendere. Ma non posso. Ho paura, stringo le corde dell'altalena fino a fare male e l'aria mi manca sempre di più. Non voglio scendere, ho paura, non voglio saltare giù. Però, o salto o non respiro, o salto o impazzisco.
E così, salto giù. Cado nella sabbiolina del parco giochi, mi sbuccio il ginocchio ma riempio i polmoni. Comincio a piangere; i danni sono minimi, respiro.

Una lacrima le rigò la guancia e trasalì, quasi non si aspettasse di sentirla. Credeva di non essere più capace di piangere, credeva di non esserne più in grado. Si toccò la guancia e le sue dita erano bagnate, macchiate di quel colore che Jakotsu le aveva messo sul viso. Asciugò velocemente le altre due lacrime che le sfuggirono e si impose di resistere ancora un po', solo un altro po'. Stava per saltare, stava per scendere dall'altalena. Mancava poco. Raccolse il coraggio, strinse un'altra volta le redini, fino a farsi male.

«Inuyasha. Tu ami Kikyo.», disse.

Inuyasha trasalì quando un chiarissimo odore di lacrime lo colpì. Raggiunse Kagome che gli dava le spalle, allungò una mano per toccarla ma la ritirò. Come poteva farle questo?

«Sì.», disse semplicemente, serio ed affranto al contempo.

Kagome trattenne il respiro, niente che non sapesse già. Sempre più fatica a respirare, faceva sempre più fatica. Ansimò, cercando di mantenere un minimo di contegno. Ancora per poco, si ripeteva.

«Ed ami anche me.»

«Tu... lo sai...», rispose Inuyasha impacciato, colto alla sprovvista. Poteva davvero pronunciarlo ad alta voce senza che le cose cambiassero?

Neanche un sì, solo un “lo sai”, come se lei non avesse mai bisogno di conferme, come se lei non avesse mai bisogno di risposte. Trasse un altro respiro profondo, non riusciva a prendere aria, non ci riusciva.

Salta, Kagome.

«Inuyasha, ti ho detto che sarei rimasta con te comunque, perché ti voglio bene e perché pensavo che questo bastasse. Ma non posso più... non posso più mettere la tua felicità davanti alla mia. Ho bisogno di tempo.»

Il vuoto. Kagome incontrò il vuoto e l'aria era ancor più rarefatta. Si portò una mano alla gola, la strinse, inspirò, espirò. Ripeté.
Inuyasha fu spiazzato da quelle parole. Allungò la mano e finalmente riuscì a toccarla, una mano su una spalla, poi l'altra. Odore di lacrime, un fortissimo odore di lacrime.
Kagome trasalì a quel contatto. Desiderava girarsi, abbracciarlo, baciarlo. Ma no. Dai salti non si torna indietro, Kagome lo sapeva bene. Posò la mano libera, quella che non stringeva la gola, sulla mano di Inuyasha e rimase così, senza dire nulla.

«Te ne andrai?», domandò il mezzo demone con voce spenta, senza tono.

«Ho sempre fatto un grande errore, Inuyasha. Per allontanarmi da te, fuggivo, allontanandomi anche dagli altri. Ho bisogno di tempo ma non voglio e non posso tornare sempre a casa. La missione è anche mia, non si torna indietro.», disse compita.

Inuyasha inspirò e strinse la presa sulle spalle di Kagome, le si avvicinò in una sorta di abbraccio, senza però stringerla a sé. Kagome sentiva il calore del corpo di Inuyasha e sentì altre lacrime premere per uscire.

Non si torna indietro dai salti, Kagome.

«Non avrei mai voluto farti soffrire.», disse soltanto Inuyasha con voce roca. Poi tolse le mani dalle sue spalle e fece due passi indietro.
Dunque, avrebbe potuto ancora vederla, avrebbe avuto il suo viso davanti agli occhi ancora, fino alla fine della missione, fino alla fine di tutta quella strana storia che li aveva uniti. Da creatura profondamente egoista quale era e si sentiva, pensava a quanto fosse fortunato ad avere ancora quel po' di tempo che gli rimaneva, ancora quel po' di tempo per imprimere ancora di più il viso di lei nella sua mente, senza che nessun'altra visione si sovrapponesse.

Kagome si volse, le guance sporche di indaco, il trucco completamente rovinato dal pianto. Fece il sorriso migliore che poté ma sapeva che era soltanto un sorriso triste e non volle pensare a quanto somigliasse a Kikyo in quel momento.

«Non sentirti abbandonato, Inuyasha. Anche se fossi lontana da te fisicamente, il mio pensiero troverebbe comunque il modo di raggiungerti.»

Si tolse la parte superiore della veste di Inuyasha e gliela diede. Si volse e prese a camminare. Non si mise a correre, non perse il contegno, non doveva mettere metri di distanza. La distanza era già stata opportunamente scavata, recintata, inserita.
Dove poteva andare, scalza, in costume, com'era?
Quando fu all'interno del fogliame, coperta dagli alberi, e fu sicura che Inuyasha non potesse più vederla, allora sì che prese a correre. Ed inciampò, cadde in ginocchio, si vergognò profondamente.
E lì dov'era, pianse. Finalmente pianse. Lacrime calde cominciarono a rigarle le guance portandole via anche gli ultimi residui di quel trucco assurdo. E dire che neanche mezz'ora prima si stava divertendo così tanto, così tanto.
Si strinse il petto con le braccia e pianse a lungo, senza rumore, accompagnata soltanto dai singhiozzi muti che smuovevano il suo corpo ritmicamente.
Pianse per Inuyasha, per quel fantasma che non lo voleva abbandonare, che lo teneva legato a sé in un abbraccio letale, senza permettergli di scordare, di camminare da solo.
Pianse per Kikyo, per la tristezza della sua vita, per il modo in cui aveva trovato la morte e per il modo in cui conduceva ancora quell'esistenza vuota, ovunque si trovasse; pianse per Kikyo e per quell'amore maledetto che le aveva donato, senza saperlo.
E poi pianse per lei e furono le lacrime più amare, le più brutte che si ritrovò a versare.
Pianse perché pensava di non esserne più in grado, perché non avrebbe mai voluto chiedere del tempo, perché non sapeva come comportarsi con lui, perché le faceva così male!
Ed era lontana da casa, ed aveva solo quindici anni, nessuna madre l'avrebbe raggiunta, nessuna madre l'avrebbe abbracciata.
Mentre lei era lì, a soffrire per un secondo posto nel cuore di un mezzo demone che amava una non-morta, le sue amiche studiavano, conducevano una vita normale, amavano ragazzi normali.
Kagome prese a piangere senza sosta e tutto le venne addosso in un attimo, perché quando cedi alle lacrime trovi poi mille ragioni per continuare a versarle.

«Kagome...», sussurrò una voce alle sue spalle e due braccia la raccolsero delicatamente.

Sango le avvolse un asciugamano intorno alle spalle e l'attirò a sé, abbracciandola stretta.

«Mia nonna diceva sempre che le lacrime sono tutto ciò che non abbiamo saputo o voluto dire... lascia che corrano via da te...», disse mentre le accarezzava dolcemente i capelli.

Kagome tirò su col naso e si strinse al petto di Sango, nascondendo il viso sui suoi seni, come se fosse una bambina. Riprese a respirare normalmente e sentì l'aria fluire liberamente nei polmoni.

Ho di nuovo sette anni, sono saltata giù. Mi sono sbucciata il cuore, ho pianto. Respiro.

 

Note:

**Hakama sono i pantaloni di Inuyasha, hitoe è la sua giacca.
**Sì, anche se siamo in un'epoca in cui gli uomini e l'igiene non sembrano andare d'accordo, mi piace pensare che Inuyasha profumi, così come tutti i nostri bellissimi protagonisti. E sì, è tristissimo fare una nota riguardo ciò. ^^'
**Nel manga Kagome (e sì, anche Kikyo) ha gli occhi grigi e mi è sembrato bello mantenere questa cosa.
**Questa domanda viene veramente posta da Kikyo ad Inuyasha negli episodi dell'anime “La canzone del destino”, 147-148. Così come è vero quel “Muori, Inuyasha!” che tutti conosciamo benissimo.

Angolo autrice.
Si usa propriamente il detto “il bastone e la carota” per chi alterna le cattive maniere alle buone ed è proprio ciò che ho fatto io in questo capitolo. Di fatto, è anche quello che succede normalmente in “Inuyasha”, ma fingiamo che qui la cattiva sia solo io.
Io sono partita con la carota: magari ci facciamo due risate, Jakotsu che non sa cosa siano i pantaloncini, gli addominali del Primo Fratello (un regalo per me e per voi, su) e poi... la batosta.
Kagome ed Inuyasha che arrivano ad una sorta di confronto.
Per Inuyasha... mi scuso. Spero di aver trattato il suo dolore con rispetto, di aver descritto bene il dissidio, di essere IC. Vi giuro, non è facile farlo pensare e fargli esprimere per bene ciò che pensa... non è facile per niente.
Il fatto di far ricordare ad entrambi qualcosa di proprio... mi andava di renderli vicini anche se lontani...
Non so cos'altro dire, non sono convinta di questo lavoro. Progetto questa litigata da tantissimo tempo ma non sono sicura sia riuscita come avevo in mente. Non volevo Kagome apparisse troppo melodrammatica ma la componente psicologica secondo me fa tanto... è sempre un'adolescente che uccide demoni, seppellisce cadaveri ed ama un mezzo demone. Credo che questo amplifichi le emozioni, ma è sempre un parere personale.
Ma bando ai piagnistei!
Un grazie a chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle preferite, alle ricordate, ai lettori silenziosi e a chi lascia sempre una recensione.
Vi leggo sempre volentieri e mi fa piacere trasmettervi emozioni.
Ps. il capitolo è lunghetto, ma ho scoperto che vi piace lo stesso, anche se sono one-shot. Quindi, viva i papiri!
A presto! :)

RodenJaymes.

  
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