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Autore: Phoebebell    06/05/2016    3 recensioni
Lily Sandler è una ricca sedicenne londinese, capricciosa, snob e viziata, figlia del facoltoso professore universitario Andrew Sandler.
Fin da bambina ha sempre sognato di visitare le meravigliose città americane di cui le aveva tanto parlato la sua amica Rose e, finalmente, i suoi desideri stanno per avverarsi: viaggerà con la famiglia a bordo del Titanic, alloggiando in una lussuosa cabina di Prima Classe.
Ma, come ben si sa, la crociera si concluderà in un tragico epilogo ed il sogno diverrà incubo.
Quale sarà il destino della famiglia Sandler e dei passeggeri da loro incontrati durante il viaggio?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Jack Dawson, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rosalinda Dewitt Bukater
Note: Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTO I– POV Andrea

Lingue di vento freddo scivolavano imperterrite sul molo di Queenstown, insinuandosi tra i capelli dei centoventitré passeggeri pronti ad imbarcarsi.    
Andrea Mekner, diciannovenne italo-tedesca, serrò forte le dita attorno alla maniglia della propria valigia, mentre con l’altra teneva premuto contro la chioma bionda il cappellino verde che minacciava di volar via da un momento all’altro.   
Di tanto in tanto, i lembi del suo cappotto grigio perla si spalancavano, scoprendo le pieghe della gonna smeraldina, ma lei non si mostrava minimamente infastidita: l’emozione per l’imminente partenza rappresentava un’ottima fonte di distrazione dai disagi causati dal forte vento.    
Guardò alla propria destra, dove un ragazzo alto e robusto stava abbracciando una giovane donna dai folti ricci color rame, sotto lo sguardo benevolo di una coppia sulla cinquantina.
- Non preoccuparti – disse la rossa al giovanotto, rivelando un marcato accento irlandese – Gli affari stanno andando bene, appena possibile ti raggiungerò. E potremo fare gli stupidi insieme in America.    
- Non vedo l’ora – rispose l’altro, baciandola sulla guancia e sciogliendo brevemente l’abbraccio per salutare quelli che Andrea identificò come i genitori.     
Un sorriso affiorò sulle labbra dell’italiana, mentre la sua mente evocava i ricordi dei famigliari e degli accoglienti paesaggi pugliesi in cui era cresciuta.     
Non si rese conto di essersi imbambolata con lo sguardo fino a quando la ragazza irlandese le domandò con fare gioviale: - Anche tu in partenza?
Andy arrossì vivacemente: il volto della sua interlocutrice presentava dei lineamenti incantevoli, resi ancor più attraenti dalla presenza di vispi occhioni verdi.     
- S-sì, s-sono im-impaziente – rispose la diciannovenne, tentando invano di controllare la propria balbuzie. Quasi l’avessero udita, i controllori cominciarono finalmente ad invitare i passeggeri sulle passerelle di legno che conducevano alle varie entrate, chiedendo di esibire il biglietto.    
La rossa si gettò un’ultima volta tra le braccia del fratello, gli stampò un bacio sulla guancia barbuta e gli sussurrò parole che Andy non riuscì a comprendere: - Buon viaggio, deartháir níos óige.    
L’ennesima folata di vento rischiò di portar via il cappellino dell’italiana che aveva portato la mano in tasca per afferrare il biglietto. Andrea alzò gli occhi al cielo, ma si lasciò sfuggire una risatina d’eccitazione non appena posò i piedi sulla passerella.     
- Sembra incredibile, vero? – commentò il ragazzo irlandese dietro di lei, strappandole un sorriso – Da piccolo pensavo che avrei potuto soltanto ammirare dall’esterno i grandi transatlantici. A proposito, io mi chiamo Tommy, naturalmente Terza Classe.    
- A-Andrea – rispose la bionda, mostrando il biglietto al controllore – S-seconda Classe.
- Allora sei entrata dalla parte sbagliata – rise lui – Ti toccherà fare più strada per arrivare in cabina.    
- Oh… n-non im-importa… m-mi farò un g-giro…     
Nel preciso istante in cui si ritrovò all’interno del Titanic, Andy dovette fare un paio di respiri profondi per contenere l’emozione. Salutò Tommy sorridendo, poi si avviò spedita verso le scale che portavano ai piani superiori.    
Aveva respirato brevemente l’atmosfera della Terza Classe, eppure notò all’istante la differenza quando si addentrò nel salone della Seconda: gli interni erano decisamente più raffinati, così come l’abbigliamento e il portamento della gente che alloggiava lì. O meglio, il portamento della maggior parte delle persone: un ragazzo dai capelli scuri, visibilmente ubriaco, gesticolava come un pazzo, poggiato con il gomito al pianoforte situato in un angolo della sala. L’uomo intento a suonare gli lanciava di tanto in tanto delle occhiate perplesse, mentre l’unica donna del trio, alta e bionda, sembrava piuttosto divertita dalle pagliacciate del giovane.    
Andrea si avvicinò incuriosita, serrando entrambe le mani attorno al manico della valigia: soltanto quando si trovò sufficientemente vicina si accorse che il ragazzo sbronzo stava canticchiando una filastrocca sconcia e che il pianista lo stava accompagnando, seppur con poca convinzione.    
- E’ un maledetto genio! – esclamò la donna bionda, rivolgendosi al musicista – Sean, sul serio, formate un duo comico, sono sicura che riscuotereste un successo strepitoso!
- Jo, non voglio denigrare nulla, ma le mie aspirazioni sono leggermente… diverse – rispose l’altro, sussultando non appena l’ubriaco barcollò in avanti, inciampando sulla gamba del pianoforte e salvandosi da una brutta caduta solo grazie all’intervento della donna di nome Jo.    
- Finalmente ho trovato qualcuno che apprezza le mie filastrocche! – biascicò, appoggiandosi scompostamente allo strumento – Altro che quel babbeo di mio cognato, hic! Se l’occhio ti strizza a Christopher non si rizza! Vedrai come canta, se lo metti a novanta!
Andrea si lasciò sfuggire una risatina, attirando l’attenzione della bionda.    
- Avete un’ammiratrice! – sorrise, lanciando poi un’occhiata incoraggiante a Sean – Vedi? Dovresti sul serio riflettere sulla mia idea.    
- Ci penserò senz’altro – replicò il pianista, lasciando trasparire un tono volutamente ironico – Magari ne parlerò con Charles non appena tornerà sobrio… se tornerà sobrio.
Jo alzò gli occhi al soffitto, scuotendo la testa. Indossava un elegante completo blu ed aveva raccolto parte dei capelli dietro la nuca, lasciando che il resto della chioma cadesse libero sulle sue scapole. Non appena incontrò nuovamente il suo sguardo, Andrea arrossì violentemente, esattamente com’era successo poco prima con la bella irlandese.
- E’… è s-stato un p-piacere as-ascoltare le f-filastroche – balbettò, pregando di non sputare – Ora d-devo rag-ragg… beh, recarmi alla mia c-cabina…    
- Torna pure quando vuoi – rise la donna, dando una gomitata all’amico pianista – Chissà che qualcuno non riesca a convincere il signor Emmett a darmi retta.    
- Dammi retta, spogliati in fretta! – fece eco Charles, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Accelerando il passo, Andrea raggiunse finalmente il corridoio delle cabine, entrò nella singola che aveva prenotato e si chiuse dentro, poggiando la schiena contro la porta.
Sospirò, maledicendosi: perché, tra tutti i vizi, doveva capitarle quello di prendersi cotte tanto facilmente?


ATTO II – POV Lily

- E’ un peccato che non ci abbiano permesso di scendere a dare un’occhiatina a Queenstown. L’Irlanda ha fascino.
Violet volgeva lo sguardo oltre il parapetto della nave, accomodata  su una delle belle sedie poste sul lato scoperto del Ponte A. Aveva lasciato sciolti i lunghi capelli biondi, che, appena mossi dal vento, brillavano come oro sotto i riflessi del sole.
Lily e Rose avevano preso posto su due comode sdraio: la minore accarezzava distrattamente il piccolo Theo, appallottolato sulle sue gambe, mentre la rossa esponeva il volto pallido e tondo alla luce solare, ignorando volutamente l’ultima delle paranoie della madre riguardo le scottature al naso.
- Sarebbe stato confusionario e dispersivo, credo – rispose la Sandler castana – Far scendere duemila e passa persone per poi aspettare che tornino tutte all’orario stabilito… insomma, avremmo perso un sacco di tempo, c’è una tabella di marcia da rispettare e…
- Guarda che la mia era una semplice considerazione – la interruppe Violet in tono brusco – Non agitarti, la tua preziosa tabella di marcia e tutte le tue fisse maniacali sugli orari sono al sicuro.
- La tabella di marcia non è mia! – sbottò l’altra, facendo sussultare Theo – E scusa tanto se ritengo che la puntualità sia importante!
- Ragazze, non è il caso di litigare – le interruppe Rose, posando la mano su quella di Lily con fare comprensivo – Calmatevi. Lily, se ti metti a urlare fai solo la figura della bambina isterica, e Violet, quella frecciatina potevi risparmiartela.
Le due sorelle si lanciarono un’occhiata in cagnesco, ma vennero immediatamente distratte da una figura scura e minuta che si affacciò al parapetto proprio davanti a loro.
Vista da dietro, sembrava quasi una ragazzina: superava di poco il metro e sessanta grazie ai tacchi degli stivaletti, il corpicino ossuto era fasciato da un lungo completo grigio e viola.
Indossava dei guanti bianchi, mentre un cappellino abbinato all’abito celava buona parte della sua chioma castana raccolta sulla nuca.
Lily la squadrò attentamente, pervasa da un ingiustificato senso di inquietudine, ed avvertì un brivido quando la strana ragazza si voltò all’improvviso, mostrando buona parte del volto dai tratti spigolosi. L’aveva intravista la sera prima, nel salone, ma non ricordava di averla mai incontrata prima.
“Ce l’ha con noi?” si domandò istintivamente la piccola Sandler, sospirando di sollievo non appena si rese conto che l’attenzione della misteriosa aristocratica era stata attirata dalla giovane domestica dei Browning che avanzava rapidamente verso di lei.
- Lady Mildred!
Il volto di Joelle era leggermente arrossato, prova che la ricerca della lady in grigio era stata piuttosto lunga e affannata.
-Lady Mildred – ripeté la fanciulla, prendendo fiato – Mi perdoni se l’ho disturbata. La mia padrona, Mrs Browning, vorrebbe invitarLa a prendere il tè con lei tra mezz’ora, sulla veranda. Saranno presenti anche Mrs Richardson, Mrs Dewitt Bukater, Mrs Duff-Gordon, Mrs…  
- Ragazzina, hai sul serio imparato la lista delle invitate a memoria? – la interruppe annoiata Lady Mildred, mostrandole il palmo della mano guantata – E non prendi mai il respiro tra una parola e l’altra?
Joelle si schiarì la voce, rispondendo con un sorriso alle parole scortesi dell’interlocutrice: - Mi sembrava giusto fornirLe più informazioni possibili. Molte delle invitate sarebbero liete di fare la Sua conoscenza.
- Il sentimento è senza dubbio reciproco – ghignò l’altra, sarcastica – Comunque accetto l’invito della tua padrona. Riferiscile che Lady Mildred Clarabelle Newell siederà al tavolo delle invitate tra mezz’ora precisa. Mi raccomando, scandisci bene il mio nome completo, visto che hai così buona memoria.
Joelle non mostrò risentimento verso le provocazioni ricevute, face un piccolo inchino e partì di corsa in direzione degli alloggi di Prima Classe.
- Che personcina deliziosa – commentò Violet mentre Lady Mildred si allontanava, senza curarsi di abbassare la voce – Simpatica come un calcio nel culo.
- Ma chi è? – sussurrò Lily, colpendo il braccio della sorella con un piccolo schiaffo – Lady Mildred… cosa?
- Lady Mildred Newell – rispose Rose con fare circospetto – Fa parte dei “Nuovi Ricchi”. Da quel che ho sentito dire, una zia le ha lasciato una discreta somma di denaro in eredità, che lei ha successivamente investito facendo fruttare una bella somma. Non mi ha fatto una buona impressione, ma un po’ ammiro il fatto che sia riuscita ad arricchirsi tanto facendo quasi tutto da sola.
- La cosa divertente è che il nome Mildred ha un significato positivo – ironizzò Violet – Significa qualcosa come “animo buono e forte”. Invece lei sembra una grandissima stronza.
Lily aprì la bocca per rispondere, ma Theo, attirato improvvisamente da qualcosa, balzò giù dal grembo della padroncina, schizzando rapido verso le scale che portavano al ponte inferiore.
- Theo! – gridò la ragazza, balzando in piedi e lanciandosi all’inseguimento del piccolo felino – Dove stai andando? Torna qui!
Rischiando più volte di urtare malamente qualche passeggero, Lily seguì la bestiola scendendo ai livelli più bassi della nave. Il micetto si intrufolò tra le gambe di un allarmato ufficiale per poi raggiungere il ponte principale della Terza Classe.


ATTO III –POV Lukas

Lukas Volkov, soprannominato da tutti “Il Principe”, aveva impiegato poco tempo per diventare uno dei passeggeri più ammirati e desiderati all’interno della raffinata realtà di Prima Classe.
In quel momento, a un’ora dalla partenza da Queenstown, si trovava nel salone principale insieme ai genitori, intrattenendo una conversazione con il Colonnello Richardson.
La prima delle sue sorelle minori, Katrina, aveva scelto di farsi accompagnare dal marito Valerian per una breve passeggiata sul ponte B; la più piccola, Nika, di soli sei anni, giocava a carte con la domestica Larisa, accomodate ad un tavolino poco distante, mentre Elena, alias la capricciosa terzogenita Volkov, era sparita da circa mezz’ora e Lukas sapeva che, probabilmente, non si sarebbe fatta viva prima di cena.
“Farà i conti con me quando tornerà” promise mentalmente il biondo, celando il nervosismo che lo divorava dall’interno “Le farò passare la voglia di comportarsi da idiota”.
- Dunque Lei viene dall’Inghilterra, signora Elizabeth.
La voce profonda del Colonnello Richardson, le cui parole erano rivolte alla moglie di Aleksandr Volkov, destò il giovane Lukas dalle invettive personali contro la sorella. Dopo la risposta affermativa della madre, il Principe s’intromise nel discorso con fare cordiale: - E’ proprio grazie alle origini della mia adorata mamma se io e le mie sorelle ci troviamo a nostro agio disquisendo in lingua inglese, Colonnello.
- Ho infatti notato il Suo accento impeccabile, signor Lukas – rispose l’uomo ammirato – Ma, da quanto ho sentito, Lei è impeccabile in diversi ambiti.
- Lukas ci ha sempre resi fieri di lui – affermò orgoglioso Aleksandr, posando una mano sulla spalla del primogenito – Ottimo nuotatore, spadaccino e ballerino, perfetto gentiluomo e brillante studioso.
- Quali materie di studio preferisce, signor Lukas? – domandò il Colonnello, sempre più incuriosito. Jamie Richardson, che in quel momento era rimasto in silenzio alle spalle del padre insieme alla domestica Shannon, alzò immediatamente lo sguardo in attesa della risposta.
- Letteratura, Musica e Poesia. Ma trovo che anche la Matematica abbia il suo fascino.
- Anche a Jamie piacciono la Musica e la Poesia! – esclamò Mr Richardson, voltandosi verso il figlio e spingendolo leggermente verso l’affascinante ragazzo russo – Lui suona il violino fin da quand’era piccolo!
- Davvero? Ha portato il Suo violino sulla nave, Jamie? – domandò Lukas interessato – Mi piacerebbe molto ascoltare qualche pezzo.
James Richardson diventò completamente paonazzo, puntò lo sguardo a terra e sussurrò qualche monosillabo incomprensibile.
Il Principe aggrottò le belle sopracciglia bionde: - Come, scusi? Temo di non aver inteso la sua risposta…
- Sì, ha portato il violino con sé – intervenne prontamente la signorina Shannon, una bella diciassettenne irlandese dallo sguardo vispo – Ma nemmeno io ho capito se abbia intenzione di suonare per Lei o meno…
- Sì, lo farò – borbottò il ragazzo, sforzandosi di guardare il russo negli occhi – Quando desidera…
- Oggi alle diciotto in punto può andare?
Jamie annuì, poi, senza mutare il colore rosso acceso delle guance, si congedò, prese per mano Shannon e la trascinò via con sé.
Mr Richardson sorrise appena: - Il mio ragazzo è molto timido… non capisco come mai si trovi così a disagio in presenza di persone che non siano sua sorella o Shannon…
- Nessun problema, Colonnello, si figuri – cominciò Lukas – Le assicurò che…
Qualsiasi parola il giovane russo volesse pronunciare morì all’istante nella sua gola: qualcosa lo colpì al gomito, provocandogli un sussulto. Lukas alzò lentamente il braccio, osservando con sgomento la macchia di vino che imbrattava la manica della sua costosa giacca bianca.
Riuscì a rimuovere rapidamente qualsiasi traccia di furia omicida nel proprio sguardo, ma non abbastanza in fretta da impedire alla colpevole di scorgerla. La ragazza, una giovane cameriera dai capelli rossi, indietreggiò impaurita, gli occhi verdi sbarrati.
- Signorina! – la rimproverò Mrs Volkov – Per l’amor del cielo, faccia attenzione!
- Mi… mi dispiace – balbettò l’altra, immediatamente identificata come la domestica pasticciona che la sera prima aveva rovesciato la posate sul pavimento – Vi giuro che sono mortificata, signori…
- Non fa niente, non si preoccupi – assicurò Lukas, cercando di mostrarsi più calmo e accomodante possibile – E’ stato un incidente, nulla a cui non si possa porre rimedio.
- Lei è un vero gentiluomo, signor Lukas – commentò ammirato il Colonnello Richardson.
Il ventiduenne rivolse un bel sorriso alla ragazza sbadata, che provò a ricambiare per pura cortesia: per qualche motivo, la goffa irlandese non sembrava disposta a fidarsi dei modi gentili dell’aristocratico. Si scusò un’altra volta, ringraziò per la comprensione e, dopo aver fatto un breve inchino, si allontanò in fretta.
Fingendo che tutto rientrasse nella norma, Lukas si sfilò la giacca e si congedò: - Vado a cambiarmi, con vostro permesso. La nostra domestica si occuperà del danno. Larisa! Seguimi!
Con una certa flemma, Larisa Zykova posò le carte sul tavolino, intimando Nika di fare lo stesso, poi si alzò e seguì il padrone fino in cabina.
 
    
ATTO IV – POV Mildred

Esattamente all’ora stabilita, Lady Mildred Newell sedette al tavolo delle signore, gettando occhiate di sufficienza alle grandi vetrate della splendida veranda.
Attese in silenzio che tutte le invitate prendessero posto e scambiassero i dovuti convenevoli, poi, mentre la signora Dewitt Bukater apriva la bocca per commentare qualcosa, Mildred la interruppe con tono provocatorio: - Sbaglio o non a tutte piace la puntualità, qui?
Per un attimo, l’intero tavolo fu pervaso dal silenzio, mentre le donne fissavano sbalordite la giovane lady: erano presenti la signora Browning insieme alla domestica, Mrs Dewitt Bukater, la Contessa di Rothes, Lucy Duff Gordon, Mrs Richardson, Ann Isham (sempre in compagnia del suo gigantesco alano), la diciannovenne Helen Walton-Bishop e l’estroversa Molly Brown, che come Lady Newell faceva parte della categoria dei cosiddetti “Nuovi Ricchi”.
Fu proprio Molly a prendere parola, rompendo il momento imbarazzante provocato dall’arroganza della grigia dama: - Onestamente, a me piacciono le torte, il buon vino e un bel paio di bicipiti abbinato a pettorali e addominali scolpiti. A Lei, invece cosa piace, Contessa? Coraggio, è un buon argomento per cominciare una conversazione!
Noel Leslie si lasciò sfuggire una risatina: - Mi piacciono le fotografie.
- Bene, molto bene. E a Lei, Ann? A Lei piacciono i cani?
- Sì, mi piacciono i cani – rise Lady Isham, accarezzando la grossa testa di Dane. Helen Bishop alzò la mano con fare infantile, indicando con quella libera la cagnetta di piccola taglia che sedeva composta sul suo grembo: - Anche a me piacciono i cani! Dick mi ha regalato Freu Freu perché ci tenesse compagnia durante il viaggio di nozze!
Mildred storse il naso, maggiormente infastidita dalla vocetta odiosa della ragazza piuttosto che dalla risposta di Molly: Helen era diventata da poco la seconda moglie di un giovane riccone, Dickinson “Dick” Bishop, e amava atteggiarsi mostrando a chiunque i costosi doni del marito.
- Che accidenti di nome sarebbe Freu Freu? – domandò in tono acido, ignorando volutamente l’occhiata ammonitrice di Ruth Dewitt Bukater – E’ un modo alternativo per dire “voglio segnare per sempre e in modo irreparabile la tua miserabile vita canina”?
- Oh, suvvia Lady Newell, non sia scortese – disse gentilmente la signora Richardson, sporgendosi appena per afferrare un pasticcino – Piuttosto, perché non ci racconta un po’ di Lei? Mrs Browning l’ha invitata apposta per questo.
- Esatto! – sorrise la donna appena nominata – Sappiamo così poco di Lei e… Joelle, non stare lì in piedi, accomodati, cara… e ci piacerebbe conoscere qualche dettaglio sulla Sua storia.
Mildred aggrottò per un attimo le sopracciglia scure, leggermente stupita dal trattamento amichevole che Mrs Browning aveva riservato alla propria domestica, ma si ricompose all’istante, tornando alla solita espressione di disgusto e sufficienza: - In realtà non c’è molto da dire. Posso cominciare dicendo che “scortese” è il mio terzo nome, Mrs Richardson. Il nome completo, invece, sono certa che potrà dirlo la cameriera di Mrs Browning , che pare avere una memoria di ferro.
- Lady Mildred Clarabelle Newell – rispose prontamente Joelle con un sorrisetto innocente – O meglio, Lady Mildred Clarabelle Scortese Newell.
- Che ragazzina sveglia – commentò Mildred, ricambiando il sorriso ironico della fanciulla con un ghigno falso – E’ sicuramente una domestica eccezionale, giusto, Mrs Browning?
- Oh, assolutamente, Joelle è un angelo inviatoci dal Signore – rispose estasiata la donna.
- Ed ha occhio per la moda – s’intromise Lucy Duff Gordon, facendo avvampare le guance della dolce domestica – Comunque, continui pure, Lady Newell. Ci può raccontare di come ha ottenuto il Suo capitale attuale? Abbiamo udito soltanto qualche voce a riguardo…
- Ho saputo cogliere la mia occasione – rispose spiccia la grigia dama, prendendo un sorso di tè alla menta – Ho ricevuto una cospicua somma in eredità da mia zia, ho investito il denaro e l’ho fatto fruttare. Niente sotterfugi né matrimoni combinati – aggiunse, lanciando un’occhiata sadica a Ruth, che si irrigidì – Ho fatto quasi tutto da sola. Ecco perché, a ventisei anni e mezzo, mi ritrovo felicemente nubile e con un ottimo futuro assicurato.
- Beh, in questo caso bisogna dirlo: tanto di cappello, signorina – commentò Molly – Non sarà il massimo della simpatia, ma sa il fatto suo in campo economico.
- La simpatia non porta da nessuna parte, signora Brown – replicò Mildred  in tono pragmatico – La logica di mercato e il fiuto per gli affari, invece, mi stanno portando in America.
- Ma un po’ di simpatia non guasta, a parer mio – s’intromise Mrs Richardson, urtando accidentalmente con il seno prosperoso una tazzina fortuitamente vuota – Fa sempre piacere ricevere un sorriso.
Mildred alzò un sopracciglio con aria scettica, ma fu distratta dall’arrivo di un attraente uomo sulla quarantina che, senza preavviso, raggiunse il tavolo delle signore.
Era alto, ben vestito, con i capelli castani e luminosi occhi azzurri. Lo riconobbe come Mr Eric Doyle, cognato del professor Sandler.
- Perdonate l’irruzione, mie belle dame – esordì, strappando una risatina vezzosa a Helen Bishop – Sarò breve e conciso: ho appena accettato la sfida di mia nipote – indicò la ragazza bionda che lo osservava ridacchiando dalla soglia della veranda – e dovrei disturbare una di voi per un piccolissimo lasso di tempo.
- Al momento sta disturbando tutte per un lasso di tempo tutt’altro che breve – rispose acida Mildred, notando a malapena il sorriso che Mrs Richardson stava rivolgendo all’affascinante signore.
Eric, in tutta risposta, le mostrò la lingua (lasciandola esterrefatta e facendo inorridire Ruth) e si mosse verso il lato opposto del tavolo: - Allora sarà meglio sbrigarsi. Signora, col Suo permesso.
Tra lo stupore generale, il quarantaduenne stampò un bacio sulle labbra di Molly, si congedò con un inchino e raggiunse la nipote con aria vittoriosa.
Sbigottite, tutte le donne si voltarono in direzione della signora Brown, la quale, abbozzando un sorrisetto soddisfatto, si limitò a commentare: - Il viaggio è partito piuttosto bene, non trovate?


ATTO V – POV Lily

Lily esitò, serrando le dita sul cancelletto che separava la zona della Terza Classe dal resto della nave. Si morse il labbro, cercando di aguzzare la vista, ma invano: per scovare Theo era necessario scendere e camminare in mezzo a gente povera che l’avrebbe sicuramente squadrata con fare sbigottito, probabilmente con uno sguardo simile a quelli che si rivolgono ai fenomeni da baraccone.
- Cerca qualcosa, signorina?
La ragazza si lasciò sfuggire un piccolo grido, arrossendo subito per la vergogna: un giovane ufficiale dai capelli biondi e scompigliati la fissava con uno strano sorrisetto, le iridi dei suoi occhi grandi e tondi presentavano una curiosa colorazione verde ambra.
- Mi perdoni, se l’ho spaventata – disse in tono cordiale – Dubito che una del suo rango possa trovare qualcosa di interessante in Terza Classe.
- Io… sto cercando il mio gatto – balbettò Lily, cercando di darsi un po’ di contegno – E’ piccolo e grigio, col manto tigrato… mi è sfuggito mentre lo tenevo in braccio e si è intrufolato lì sotto…
- La cosa non mi sorprende, potrebbe aver visto o fiutato qualche topo – rispose calmo l’ufficiale, restando impassibile di fronte allo sguardo inorridito della fanciulla – Non è una cosa impossibile, signorina: i topi solitamente abitano le zone più basse delle navi, ma può capitare che uno di loro riesca ad intrufolarsi in Prima Classe, nonostante gli scrupolosi controlli…
- Questo mi fa sentire davvero meglio – borbottò l’altra ironica, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Il biondo la osservò per qualche istante, poi si lasciò sfuggire una mezza risatina: - La sto semplicemente informando sui fatti, signorina. Comunque, io sono l’Ufficiale Nicholas Brandy e, per una curiosa coincidenza, anch’io mi trovo in procinto di scendere in Terza Classe per cercare qualcuno. Pertanto – concluse, aprendo il cancelletto e facendosi da parte – dopo di Lei, Mademoiselle.
Leggermente titubante, Lily scese le scalette per poi addentrarsi nei meandri di quella realtà che tanto la intimoriva. Dietro di sé udiva il passo spartano e deciso dell’Ufficiale Brandy, insieme alla musica soffusa di un pianoforte mischiata al chiacchiericcio delle persone e al sibilo del vento, ma non osava voltarsi per paura di inciampare sul giocattolo di qualche bambino e cadere su un pavimento dove poco prima qualche ratto poteva aver posato le sue luride zampette.
Represse un brivido e, evitando di incontrare qualsiasi sguardo, tenne la testa bassa, muovendo gli occhi qua e là alla ricerca del pestifero felino. Non fu però sufficientemente attenta da evitare un imbarazzante scontro con una ragazza bassa dalla carnagione olivastra.
- Ehi, guarda dove vai! – esclamò quella, serrando le mani sui fianchi – Voi nobiliastri siete tutti uguali: guardate sempre in alto, da bravi snob, oppure in basso, quando cercate i diamanti che vi sono cascati dalle tasche. Se teneste lo sguardo dritto di sicuro evitereste di venirmi sempre addosso!
Dimostrava l’età di Violet o poco più, aveva la fronte alta, i capelli castani, un fisico formoso e impertinenti occhi scuri.
Lily indietreggiò: in quel momento era talmente in ansia per Theo e imbarazzata dalla situazione generale che non riuscì ad nemmeno offendersi per la maleducazione mostrata dall’altra: - Sto… sto cercando il mio gatto… non diamanti…
La ragazza scontrosa cambiò subito atteggiamento: - Gatto? E’ per caso piccolo, grigio e pestifero?
- Sì! – s’illuminò la piccola Sandler – Dov’è?
- Da quella parte, vicino al parapetto. Tre ragazzi sono riusciti a prenderlo prima che si ammazzasse in modo stupido.
- La ringrazio!
Prima che l’altra potesse aggiungere qualcosa, Lily si diresse rapidamente nella direzione indicata. Scivolò in mezzo alla folla (per fortuna non fitta), facendo istintivamente attenzione a non farsi toccare, e sospirò di sollievo non appena una piccola sagoma grigia entrò nuovamente nella sua visuale.
Appoggiati al parapetto, tre ragazzi sulla ventina parlottavano allegramente: uno di loro era biondo, magro e sbarbato, aveva un viso simpatico e delle belle mani affusolate, prive di qualsiasi segno dei lavori faticosi che solitamente svolgevano i poveri; un altro era leggermente più basso ma di aspetto meno esile, aveva la carnagione olivastra e i capelli neri e, dalla parlata e dal frenetico gesticolare, Lily intuì che provenisse dall’Italia; Theo era comodamente accoccolato tra le braccia robuste del terzo, un tipo alto e massiccio dall'aria gioviale.
Si avvicinò titubante, schiarendosi la voce. Non aveva mai intrapreso una vera conversazione con gente di rango inferiore, domestici esclusi, e la cosa la innervosiva non poco.
- Scusatemi…
I tre si zittirono all’istante, fissandola con aria stupita.
- Ehm… il gatto… lo stavo cercando e…
- Oh, ma allora è Suo! – anticipò il ragazzo più alto, rivelando un marcato accento irlandese – Ci sembrava troppo pulito e in carne per essere di Terza Classe.
- Quindi sei un nobiliastro, eh, amico? – rise l’italiano, rivolgendosi al micetto – E hai pure una padrona molto carina!
- Fabrizio, non incominciare – lo ammonì il biondo sorridendo, rivelando una parlata di origini americane – Ho perso il conto delle ragazze con cui ci hai provato da quando ci siamo imbarcati.
- Perdonate se vi interrompo - s’intromise Lily, torcendo involontariamente le dita per il nervosismo – Vorrei tornare ai miei alloggi il prima possibile… e con il mio gatto…
Il trio si scambiò un’occhiata eloquente, poi l’irlandese avanzò di un passo, porgendole con delicatezza il piccolo felino: - Ecco a Lei. Non si preoccupi, non gli ho attaccato le pulci. Nessuno di noi le ha, giusto?
I suoi compagni si lasciarono sfuggire una risatina.
Lily sgranò gli occhi, restando per un attimo sbigottita, poi, il nervosismo fu sostituito dall’ostilità e dal puntiglio: come si permettevano quei tre straccioni di prenderla in giro? Avevano forse il coraggio di biasimarla per via del suo rango?
Afferrò Theo, lo strinse al petto ed alzò il mento altezzosa, squadrando il colosso irlandese con aria di superiorità: - Non mi tratterrò oltre, non sia mai che la mia puzza di nobiliastra infastidisca le vostre delicate narici. Signor Dublino, signor Roma, signor… non ne ho idea… vi ringrazio per avermi reso Theo e arrivederci!
Girò i tacchi e se ne andò impettita, avendo il tempo di udire un’ultima frase pronunciata in tono confuso dal ragazzo italiano: - Ma io vengo da Napoli…


ATTO VI – POV Larisa

Sapeva bene che, una volta entrato in cabina, al sicuro da sguardi indiscreti, Lukas avrebbe dato sfogo alla propria ira, sbraitando, prendendo a pugni le pareti, forse lanciando qualcosa. Magari l’avrebbe pure colpita, non era del tutto escluso, ma a lei non sarebbe importato.
Erano passati anni dall’ultima volta che Larisa Zykova aveva dato importanza a qualcosa o qualcuno. Sì, in un certo senso le stavano a cuore Nika, Katrina, Elena e lo stesso Lukas, nonostante il carattere violento e dispotico che in pubblico celava dietro una maschera di cortesia, ma la verità era che nulla ormai sembrava capace di scrollare la giovane balia dal velo di apatia che avvolgeva le sue candide membra giorno e notte.
- Mi spieghi che cazzo di problemi bisogna avere per assumere gente tanto incapace?
Il volto di Lukas era più rosso della gigantesca macchia di vino che deturpava la sua giacca.
- Lo stipendio di uno qualsiasi degli inetti che lavorano qui non basterebbe ad acquistare nemmeno un bottone di questa fottuta giacca! Porca puttana! Maledetti loro e la loro miserabile esistenza!
Larisa non batté ciglio quando il ragazzo le scagliò addosso l’indumento rovinato, si limitò a scostarlo dal viso e lisciarne le pieghe, avviandosi verso il bagno della cabina. Senza preavviso, Lukas le afferrò un braccio con violenza, la mise con le spalle al muro e la bloccò contro la parete, schiacciandola con il proprio corpo: - Dove pensi di andare?
- A pulire la tua giacca – rispose ingenuamente la ragazza. I capelli scuri incorniciavano ordinatamente un volto giovane, congelato in un’espressione perennemente assente e svagata. Gli occhi celesti, fissi in quelli del ventiduenne russo, non lasciavano trasparire alcun cenno di timore.
- Ho deciso che se ne occuperanno gli imbecilli che lavorano sulla nave – spiegò il Principe in tono mellifluo, togliendole l’indumento di mano e lasciandolo cadere a terra - Tu, al momento, dovrai occuparti d’altro.
Con foga, premette la bocca contro quella della balia, mordendole il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Soddisfatto, si scostò repentinamente, afferrando la ragazza per le spalle e gettandola a terra. Larisa cadde carponi sul tappeto, senza emettere alcun gemito, si rialzò stoicamente e presa a lisciarsi le pieghe della gonna con aria assente.
- Nika mi sta aspettando – commentò distrattamente, rivolgendosi quasi più a sé stessa che all’affascinante aguzzino – Si starà chiedendo perché ci metto tanto…  
Il ceffone che la colpì in pieno volto fu sufficientemente forte da farla cadere sul morbido letto coperto da lenzuola cremisi.
- Si può sapere che cazzo hai detto? – ringhiò Lukas, sedendosi accanto a lei ed esercitando con le mani una pressione sulla sua schiena abbastanza forte da bloccarla contro il materasso – Adesso parli da sola come i pazzi?
Larisa non replicò. Rimase immobile, permise al biondo di posizionarla su un fianco e ricambiò il secondo bacio che lui le rubò, stringendo con forza uno dei suoi seni tra le dita affusolate.
Non le dava fastidio. Nulla l’aveva più infastidita da quel maledetto giorno, quando suo padre aveva danneggiato in modo irreparabile ogni minimo frammento della sua esistenza…
Due piccoli colpi alla porta destarono il carnefice da qualsiasi proposito: Lukas si alzò dal letto rapidamente, cercando di rendersi presentabile: - Avanti.
Il volto dolce di Katrina Volkov fece timidamente capolino dalla soglia della cabina: - Larisa è qui? Nika la sta aspettando in sala.
Come nulla fosse, il Principe annuì, rivolgendosi alla balia in tono cordiale e pacato: - Vai da Nika.
La diciottenne si alzò dal letto senza fiatare, diede una rapida controllata alle proprie vesti e, sistemandosi un ciuffo ribelle, oltrepassò la porta senza fiatare, limitandosi ad annuire quando Katrina le domandò “Tutto a posto?” con fare apprensivo.
La parte di volto colpita dallo schiaffo presentava una colorazione vivace, ma il labbro rotto stava già smettendo di sanguinare. Eliminando ogni traccia di emorragia con un fazzoletto, Larisa tornò al salone principale di Prima Classe, raggiungendo il tavolino dove la piccola Nika l’attendeva sorridente in compagnia di un giovanotto magro dai capelli scuri.
- Ehi, buonasera! – salutò quello, rigirando tra le dita il mazzo di carte – Spero che la mia presenza non La infastidisca, sto smaltendo una sbornia e i miei famigliari mi hanno permesso di stare in Prima Classe a patto che non mi salti in mente di avviare conversazione con adulti di alto rango.   
- Charles fa giochi di magia con le carte! – esclamò entusiasta Nika, mentre la balia prendeva posto senza replicare – Prova a pescarne una dal mazzo, ma non fargliela vedere: lui la indovinerà!
Con fare flemmatico, Larisa estrasse il Re di Fiori, osservandolo per qualche secondo e poi mostrandolo a Nika. Lo ripose quindi nel mazzo, fissando con occhi impassibili il giovane prestigiatore tutto intento a mescolare le carte con aria astuta e teatrale.
- Ordunque, mia signora- disse infine - sono piuttosto certo d’aver finalmente intuito quale sia la carta da Lei pescata.
Con un gesto plateale, depose il Re di Fiori al centro del tavolo: - E’ forse questa?
Larisa si limitò ad annuire, mentre Nika lanciò un gridolino entusiasta, battendo le mani: - Esatto! Hai visto, Risa? Hai visto? Come avrà fatto? Pensi che potrei mai imparare?
- Solitamente un mago non rivela mai i suoi trucchi al pubblico – spiegò Charles in tono furbo – Ma forse potrei fare un’eccezione per una signorina così bella.
Nika rispose con una risatina acuta, arrossendo fino alla punta delle orecchie: - Che bello, imparerò a fare magie! Poi le farò vedere a Lukas e lui resterà sbalordito! Ma… Risa… che cos’hai sulla faccia?
La balia si portò istintivamente la mano al viso. La guancia era ancora calda e pulsante, ma, come al solito, il dolore si presentava ai suoi nervi in modo molto ovattato, come appartenesse ad una realtà differente, insieme a tutto il resto.
- Niente, un piccolo incidente – rispose senza tradire emozioni, ignorando lo sguardo perplesso di Charles – Vogliamo riprendere la partita?


ATTO VII – POV Nancy

Nancy Henrietta Kahn era rimasta in disparte a fissare i tre ragazzi che correvano qua e là sul ponte, cercando di afferrare il gattino grigio che si intrufolava tra le gambe delle persone, saltava su tavolini e sedie esterni e provocava più scompiglio della coppia di topi avvistata la mattina stessa nella sala del pianoforte.
Acciuffarono la bestiola un istante prima che balzasse sulla ringhiera del parapetto, evitandole un rischio fatale.
Nancy sospirò, riprendendo la camminata che l’avrebbe portata alla propria cabina. Si stava annoiando, erano ore che non succedeva nulla di interessante da quelle parti, la cattura del felino aveva per lei rappresentato la massima fonte di svago del pomeriggio.
Mentre si domandava cosa potesse inventarsi per far passare il tempo, si scontrò con una ragazzina altezzosa, abbigliata con un elegante abitino bianco e lilla dall’aria costosa.
- Ehi, guarda dove vai! – protestò accigliata – Voi nobiliastri siete tutti uguali: guardate sempre in alto, da bravi snob, o in basso quando cercate i diamanti che vi sono cascati dalle tasche. Se teneste lo sguardo dritto di sicuro evitereste di venirmi sempre addosso!
Forse era stata un pochino ingiusta, ma ne aveva davvero abbastanza della gente che finiva inevitabilmente per non notarla e urtarla a causa della sua altezza.
- M-mi dispiace – balbettò l’aristocratica con aria quasi confusa - Sto… sto cercando il mio gatto… non diamanti…
- Gatto?
Ah, dunque era lei la proprietaria di quel terremoto tigrato!
Con fare poco convinto, Nancy le indicò la direzione intrapresa dalla bestiola, poi, quando la ragazza ricca si fu allontanata, riprese tranquillamente a camminare, non notando l’ombra scura che la seguiva.
La piacevole melodia di un pianoforte giunse alle sue orecchie, portandola a compiere una deviazione alla sala principale di Terza Classe: era sempre lui a suonare, l’uomo allampanato dall’aria assente.  
Aveva suscitato un certo interesse tra i passeggeri più poveri, per via della sua eccezionale bravura ma, soprattutto, per l’atteggiamento particolare e leggermente svampito che mostrava se costretto a distogliere l’attenzione dal proprio spartito.
Nancy prese una sedia abbandonata in un angolo della sala e si accomodò un po’ in disparte, lo sguardo fisso sul misterioso musicista.
Aveva appena cominciato a trovare un po’ di sollievo dalla noia e dal nervosismo, quando qualcuno le toccò una spalla ed una voce maledettamente famigliare le sussurrò in un orecchio: - Che piacevole sorpresa!
Nan si voltò di scatto, gli occhi sbarrati. Una colorita imprecazione sorse spontanea dalle sue labbra carnose: - Che diamine ci fai tu qui?
Il ghigno stampato sull’odiosa faccia di Nicholas Brandy si trovava pericolosamente vicino al suo volto pieno e grazioso. Represse a stento l’istinto di mollargli un pugno sul naso e scappare.
- Potrei domandarti la stessa cosa – replicò calmo l’altro, cercando di non attirare l’attenzione dei passeggeri circostanti – Ti sei pagata il viaggio con del denaro sporco. Che in parte spettava a me.
- Non dire stronzate! – sibilò Nancy minacciosa – Non ho idea di cosa tu stia parlando, ho comprato il biglietto con soldi miei.
- Ti ricordo che abbiamo organizzato la truffa assieme, Nancy. Voglio la mia parte.
- Ripeto: non so di cosa tu stia parlando.
Nicholas aprì la bocca per rispondere, ma si bloccò non appena si accorse che un paio di persone avevano cominciato a fissare lui e Nan con aria incuriosita. Senza scomporsi, l’ufficiale porse il braccio alla fanciulla, parlando in tono sufficientemente alto da farsi sentire: - La Sue bellezza mi ha stregato, signorina: vuole concedermi l’onore di questo ballo?
Nancy gli rifilò un’occhiata in cagnesco, ma non voleva rischiare di attirare troppa attenzione su di sé, così accettò l’invito, cominciando a volteggiare con lui per la stanza a ritmo di musica.
Ben presto, diverse coppie si unirono alle danze, dando luogo ad una piacevolissima coreografia improvvisata. Il pianista continuava imperterrito a muovere le dita sui tasti, avvolgendo l’intera sala con meravigliose melodie.
- Come si chiama? – domandò Nicholas alla compagna, indicando il suonatore con un cenno della testa – Suona piuttosto bene per essere un povero…
- Non lo so, non ha ancora parlato con nessuno – replicò fredda Nancy – A vederlo, pare non sappia nemmeno di stare al mondo.
- Ci penso io – assicurò l’altro, conducendola in prossimità del pianoforte senza interrompere la danza.
- La Sua musica è incantevole, signore – disse, cercando di attirare l’attenzione dell’uomo – Potrei sapere dove ha studiato?
Quello voltò la testa lentamente, le sopracciglia aggrottate. Dimostrava una trentina d’anni o poco più, aveva i capelli corti e castani, pettinati in modo piuttosto approssimativo, e impassibili, seppur profondi, occhi grigioverdi.
- Qua e là – rispose, senza batter ciglio – Anche improvvisando, sempre sulle navi. Almeno credo.
Nick lo fissò piuttosto perplesso, ma Nan lo trascinò via con fare stizzito: - Hai visto? Lascia perdere, te l’avevo detto: quello non sa nemmeno di stare al mondo.


ATTO VIII – POV Lily

Rose era stata piuttosto strana durante la cena. Aveva riso di gusto nel pomeriggio, quando Lily le aveva raccontato dell’incontro con i tre insolenti ragazzi di Terza Classe, ma, nel giro di qualche ora, era diventata seria e silenziosa. Cal e Ruth dovevano averla fatta arrabbiare parecchio.
- Prima o poi prenderò a pugni tutti e due – sibilò la piccola Sandler, prendendo posto su un divanetto accanto alla sorella – Li odio. Non capisco cosa ci trovino di divertente nel farla star male.
- Io non credo che il loro comportamento abbia il fine di dare il tormento a Rose – rispose Violet placidamente – Semplicemente sono due imbecilli. E a proposito di Rose, dov’è finita?
- Non lo so – Lily fece scorrere lo sguardo lungo tutto il perimetro della sala- Ha detto che ci avrebbe raggiunte più tardi.
- Signori! – proruppe improvvisamente a gran voce una donna bionda quando l’orchestra terminò di suonare – Buonasera a tutti!
- Ma chi diamine è questa? – esclamò stupita la sedicenne – Da quando si fanno annunci o presentazioni a quest’ora?
- Invito tutti ad accogliere con un applauso – continuò la presentatrice improvvisata – il pianista Sean Emmett Grimm, che suonerà per voi la sua ultima composizione su gentile richiesta del signor Andrews!
- Bravo Sean! – urlarono in risposta un ragazzo dai capelli scuri (che Lily identificò come il fratello scapestrato di Agnes Fitzherbert) ed una biondina minuta, la quale arrossì immediatamente, quando percepì lo sguardo degli altri passeggeri su di sé, e si nascose dietro al compare.
Sean Grimm si diede il cambio con il pianista ufficiale, William Brailey, fulminando con lo sguardo i tre che avevano organizzato la sua chiassosa quanto grossolana presentazione.
- Che razza di pagliacciata è mai questa? – domandò Ruth al signor Sandler, il quale si era appostato a pochi passi dal divanetto su cui sedevano le figlie.
- Non sia sempre così acida – commentò il professore, mentre il pianista cominciava a far scorrere le dita sui tasti – Sono curioso di ascoltare il suo brano.
- E poi, perché critica tanto le pagliacciate, Ruth? – domandò ingenuamente zio Eric – Insomma, la parrucca che Lei porta in testa ricorda molto la capigliatura di un qualsiasi pagliaccio!
- La mia non è una parrucca! – strillò la donna offesa, allontanandosi con fare sdegnoso.
Lily si lasciò sfuggire un sorrisetto sadico, ripromettendosi di dare allo zio un forte abbraccio una volta tornati in cabina.
L’abilità di Sean Grimm fu sufficiente a far dimenticare presto lo scherzo giocatogli dai suoi amici: i passeggeri di Prima Classe ascoltavano rapiti, alcuni seduti con gli occhi chiusi, altri, tra i quali Lukas e Katrina Volkov, improvvisando eleganti balli di coppia.
Lily per un attimo sentì i propri pensieri annullarsi, lasciandosi cullare dalle note dolci e malinconiche del piano, ma sussultò quando udì qualcuno mormorare dietro di sé: - No, non è lui…
Si voltò stupita: la cameriera sbadata di nome Danielle fissava Sean con aria disillusa, seppur incantata.
- La musica è divina… ma non è la sua…
- Parli con me? – domandò la piccola Sandler, pregando che quella non si spaventasse e le rovesciasse addosso qualcosa – Chi è lui?
Danielle si scosse bruscamente, quasi si fosse appena destata da un lungo sonno. Ricambiò per qualche istante lo sguardo della sedicenne, poi mormorò qualcosa di incomprensibile, allontanandosi in fretta.
Lily sbuffò, alzandosi con aria stizzita: - Ma si può sapere cos’hanno tutti, oggi? Vado a cercare Rose, tienimi il posto, per favore.
Senza attendere la risposta della sorella, raggiunse rapidamente l’uscita della sala, rischiando di scontrarsi con Jamie Richardson che, in quel momento, stava varcando la soglia. Aveva un’aria circospetta e nervosa, mentre, dietro di lui, il sergente Duncan Peters chiacchierava tranquillamente con la cameriera di nome Shannon.
- Mi dispiace – si scusò la ragazzina – Non ti avevo visto…
Jamie la fissò ad occhi sgranati, voltandosi poi allarmato verso i due compagni.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso: senza attendere una risposta, Lily passò accanto a loro stringendo i pugni e mordendosi nervosamente la lingua. Ne aveva avuto abbastanza della scortesia, dei comportamenti sospetti e delle stranezze delle persone.
Raggiunse le cabine di Prima Classe e bussò un paio di volte alla porta dei Dewitt Bukater.
- Rose? – chiamò – Rose, sei qui? Va tutto bene?
Attese pazientemente per diversi secondi, senza ottenere alcun cenno di vita dall’interno dell’alloggio. Strano.
Istintivamente, la ragazzina si portò una mano al collo, tastando tra le dita il ciondolo della nonna. Esattamente com’era successo al momento dell’imbarco, Lily fu colta da uno strano presentimento: senza sapere il perché, cominciò a correre lungo il corridoio, attraversando una lunga successione di porte elegantemente verniciate.
Una sola parola le si impresse nella mente, la stessa che aveva insistentemente pensato il giorno in cui zio Dewitt Bukater morì.
Suicidio.



***
Angolo dell’Autrice: Ecco qua il secondo capitolo, nel quale sono stati presentati tutti i personaggi prenotati. Naturalmente, nel prossimo capitolo si leggeranno anche i POV di Nicholas Brandy e del misterioso pianista di Terza Classe.
Come al solito, speriamo che i personaggi rispecchino le aspettative dei loro creatori.
Grazie a tutti per aver letto,
Tinkerbell e Phoebe
  
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