CERTO CHE I TUOI GENITORI TI VOGLIONO BENE

Fra tutte le bugie che Whis aveva detto a Beerus nel corso della sua vita, una svettava tra le altre, una bugia che resse per un paio di anni nell’arco dei quali il Maestro non si stufò mai di ripeterla.
Essa era la bugia più bianca che un uomo potesse dire ad un bambino per non ferirlo, ma allo stesso tempo fu la più grande dimostrazione di codardia dell’adulto. Codardia di fronte ad una verità che, secondo Whis, Beerus non avrebbe mai sopportato, perché lui stesso non sarebbe stato in grado di sopportarla. Ma Whis aveva sottovalutato il suo piccolo amico, l’aveva creduto più debole di quanto non fosse, l’aveva lasciato con molta confusione e una gioia incerta e quasi rassegnata di fronte alla realtà immaginaria che le parole dell’uomo blu creavano di giorno in giorno.
“Certo che i tuoi genitori ti vogliono bene”.
“Ti hanno cercato, hanno chiesto di te”.
“Gli manchi tanto”.
Forse pensava che nella sua infantile ingenuità il suo piccolo fagotto miagolante avrebbe creduto a tutto, o forse lo prendeva solo per scemo.
O forse non sapeva che qualche giorno prima della sua ultima bugia, Beerus aveva origliato una rapida conversazione avvenuta tra lui e Vados.

“Sei andato dai suoi genitori di recente?”
“Non capisco come possano esistere esseri cosi malvagi e menefreghisti, sorellona”.
“Lui lo sa?”
“Non ho avuto il coraggio di dirglielo... Lui pensa che lo amino, e non voglio rovinare il suo mondo”.
“Prima o poi scoprirà la verità. Ti conviene dirglielo”.

Beerus aveva pianto. In silenzio si era ritirato nella sua stanza contando tutte le volte in cui quell’infame bugia gli era stata ripetuta; nel suo cuore il dolore era grande, ma lontano era ogni desiderio di vendetta nei confronti del suo maestro. In fondo Beerus capiva che l’adulto l’aveva fatto per il suo bene e, pur non rallegrandosene, non se la sentiva di giudicarlo.
Per giorni aveva finto di dormire, rigirandosi tra le coperte umide di lacrime, e se Whis se n’era accorto non aveva dato segno di preoccuparsene. Probabilmente pensava che stesse fingendo per poter saltare gli allenamenti e aveva deciso di farlo riposare un po’; anche per questo Beerus lo ringraziava dal profondo del cuore, dove la sua coscienza capiva che tutto quello che Whis faceva era solo per il suo bene.
Il piccolo decise che non avrebbe mai rivelato a Whis di sapere la verità; lo avrebbe fatto sentire in colpa in una situazione in cui si era comportato in modo fin troppo empatico e altruista. Avrebbe atteso finchè l’alieno non l’avesse ammesso di persona; asciugandosi gli occhi, Beerus si rese conto che avere fretta non era importante.
Era piccolo, e non vedeva i suoi genitori da quasi due anni.
Non ricordava quasi più i loro volti.
Non l’avrebbe mai ammesso con Whis, ma sapeva che l’alieno ceruleo era la persona per lui più speciale. 
Whis gli bastava.