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Autore: EvrenAll    07/05/2016    2 recensioni
Risi.
Risi forte quando seppi che Lui aveva chiesto di me.
Soddisfatta, ma non incredula: non avrebbe potuto non precipitare anche Lui e non desiderarmi.
Lui...
Sarebbe stato capace di riempire la mia vita di Rosso?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Galleggiare
(Pensieri - Perigeo)





 

31 marzo 1986

18.43

Ero distrutta.

Ero piaciuta tanto agli italiani proprietari del bar che mi avevano fatta rimanere al lavorare tutto il pomeriggio, anzi, il mio turno sarebbe finito la sera, all’ora di cena.

Oltre alle presentazioni non mi ero esposta con nessuno: poche chiacchiere, molto girare tra i tavoli e servire panini, cocktail e caffè, vero caffè.

Il caffè italiano, talmente profumato e buono, che mi faceva quasi girare la testa.

O forse girava per la birra del giorno prima, anche se ne avevo bevuta davvero poca.

In ogni caso: il posto era ottimo, un po’ vecchio stile, ma frequentato e tenuto con molta cura.

Dava su una delle laterali ed era a 20 minuti di cammino dalla libreria.

Le vetrate, ampie, davano ad Ovest, lasciando entrare gli ultimi raggi di sole della giornata: quelli più caldi, arancioni, rossi, che si riflettevano sui vetri di bicchieri, bottiglie e boccali posati sugli scaffali dietro al banco, che sembravano accarezzare il legno dei tavoli e del pianoforte addossato ad una parete.

Avevo chiesto al proprietario che cosa ci facesse uno strumento così in quel posto, egli aveva semplicemente risposto che era inutile tenerlo in una casa dove nessuno sapeva suonare. Lì era a disposizione di tutti: ognuno dei clienti era libero di sedersi sulla panca e dar vita ad una qualche melodia.

In sintesi era il mio luogo ideale.

Paradossalmente poi, occupandomi della routine, o, meglio, nei miei turni di lavapiatti, mentre le mani svolgevano meccanicamente il loro lavoro, riuscivo finalmente a trovare spazio per pensare.

In realtà forse ne avevo già troppo, e pensare troppo fa decisamente male, ma avevo bisogno di riuscire a ricapitolare le mie idee, la mia situazione… magari fare qualche progetto o decidere di realizzare qualcosa di già deciso.

Avevo una lista, attaccata alla parete interna dell’armadio, forse l’unico lavoro che era riuscito a farmi bene dopo la morte di mia madre; aveva pochi punti, ma sinceri, e tutti mi sarebbero serviti per diventare la persona che avrei voluto essere.

O almeno, quella era l’intenzione con cui l’avevo scritta.

Una lista dei desideri.

Ero ancora lontana mille miglia…

Sospirai e, finite le faccende, chiusi un attimo gli occhi appoggiandomi allo stipite della porta che separava il bancone dal retro.

Mi servivano soldi e per quanto cercassi di essere cinica avevo bisogno di qualcuno di fianco, dovevo ammettterlo.

Axl Rose.

Sbuffai iniziando a togliere il grembiule.

Certo, sciocca, non lo conosci. Non conosci nessuno davvero.

Sì, sì, sono troppo esigente.

Una parte di me sarebbe scappata; l’altra si sarebbe tuffata in quegli occhi verdi.

Non c’era storia, il magnetismo che esercitava su di me era innegabile: anche se l’avevo visto solo un paio di volte. Dovevo scappare.

Mi misi ben dritta e salutai il proprietario accordandomi per i prossimi turni.

Mi avrebbe fatto più male che bene anche se sarebbe stato un antidoto infallibile alla mia paura più grande: quella di non sentire niente.

O meglio, quella di vivere in superficie, senza che niente davvero rimanesse dentro, nell’anima.

Galleggiare.

Uscii, a piedi, e presi una sigaretta dalla borsa accendendola e aspirando nervosamente, lasciando che il fumo arrivasse fino ai polmoni.

Volevo vivere con la pancia.

Tremare, sprofondare, nel bene e nel male, sentire davvero, fino a piangere, ad avere la nausea, a ridere fino a morire.

Con i suoi sguardi mi sentivo così…  viva.

Ma non lo conoscevo! Inutile pensarci.

Sarebbe stata come una di quelle stupide infatuazioni: il compagno di classe, il ragazzo carino sull’autobus…

Dimenticati in un soffio.

Espirai, lasciando che il fumo si disperdesse nell’aria.

Domani sarebbe stato già aprile.

Iniziai a camminare.

Il colmo era che però mi stavo avvicinando.

Adriana aveva invitato a casa mia Steven e Duff, ed erano rimasti da me fino all’una di notte.

A dire la verità non mi era poi così dispiaciuto: il piccolo biondo dagli occhi azzurri si era rivelato essere un buon oratore.

Mentre Duff era rimasto in silenzio a bere per la maggior parte del tempo, mi aveva raccontato di come si erano incontrati i vari componenti del gruppo e quindi lui ed Adriana, tramite amicizie comuni, erano arrivati a mettersi insieme… e a litigare.

Sì, perchè a quanto pareva, se con me Adriana era la persona più adorabile e tenera del mondo, beh, lo era anche con Steven e con la gran parte della popolazione maschile del globo.

Non era ancora arrivato a tradirlo, ma poco ci era mancato, e da entrambe le parti.

Quando Adriana era rientrata, la sera piuttosto tardi, erano volate diverse frecciatine ed ero fuggita in terrazza insieme all’ossigenato.

-Questo è amore- aveva riso appoggiandosi alla ringhiera.

-Steven e Adriana sono spesso così?-

-Più di quello che credi, o meglio, vanno a periodi alterni, come un altalena. Si molleranno e tra due settimane terneranno insieme. Non avevano mai resistito così a lungo.-

-Davvero?-

L’avevo guardato e lui aveva preso piano la cicca dalle mie labbra e l’aveva appoggiata alle sue facendo l’ultimo tiro.

-Davvero, mr. Brownstone probabilmente aiuta- era sembrato sovrappensiero e poi aveva lasciato cadere il mozzicone giù dal terrazzo.

Quindi in una sera avevo riazzerato le mie prospettive su quella che sembrava potenzialmente poter rischiare di diventare la mia compagnia di amici.

Compagnia di amici.

Brr.








 
  
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