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Autore: LittleDreamer90    07/05/2016    7 recensioni
Un'antica profezia ed un principe dagli occhi color dell'oro.
Il prospero regno d'Egitto, funestato da morti ed inganni, è nelle mani di un empio usurpatore, ma la vendetta dei legittimi eredi non tarderà.
Il destino è in agguato.
Il vento del deserto spingerà il principe verso il compimento di quanto è stato scritto o lo condurrà verso la felicità di una nuova vita tra sabbie e dune?
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7    Uno scorcio sul passato che fa tremare il presente.


Oasi nei pressi di Ain Umm Dabadib, 1214 a.C.


InuYasha prese un lungo respiro, ancora ad occhi chiusi, tentando di calmarsi, il cuore che gli rimbombava furioso nel petto.

Nella sua mente continuava a rivedere l'immagine della schiena di Kagome, sulla quale spiccavano tre lunghi segni, tre cicatrici oblique, ormai bianche e vecchie di anni, ma ancora visibili ad un occhio attento.
Frustate. E, poco più sopra, verso la spalla sinistra, una strana cicatrice frastagliata e dalla forma ovoidale.

Deglutì, reprimendo l'istinto di strapparle di dosso il telo e controllare tutto il corpo di lei, alla ricerca di altri segni. C'erano sicuramente. Sarebbe stato da ingenui credere che, chiunque le avesse fatto quello, si fosse limitato a tre sole frustate.

Si riscosse ed aprì gli occhi, sentendo la ragazza emettere un singhiozzo soffocato.

La contemplò per un attimo. Sembrava così piccola, così indifesa, rannicchiata com'era su se stessa, inginocchiata nella polvere davanti a lui, dandogli le spalle.
Spinto da un irrefrenabile impulso, InuYasha mosse qualche passo, portandosi di fronte alla giovane ed inginocchiandosi davanti a lei.

Kagome si morse il labbro, gli occhi serrati, sentendolo muoversi.
Sussultò quando lui la costrinse gentilmente ad alzare il viso, asciugandole le lacrime con i pollici.

Aveva le dita ruvide.

Titubante lo guardò, aprendo appena gli occhi, le lunghe ciglia ancora umide di lacrime.
Si era aspettata di leggere furia negli occhi ambrati di lui, rabbia o anche dolore, ma ciò che vide la spiazzò.

InuYasha aveva lo sguardo fermo, quasi impenetrabile, risoluto a non mostrare emozioni.
Se le iridi che stava contemplando non fossero state color dell'oro, avrebbe potuto dire con certezza di essere davanti allo sguardo di Sesshomaru.
Ma InuYasha era InuYasha.
Nonostante gli sforzi di lui, la ragazza poté vedere il dolore e l'angoscia che il giovane tentava di nascondere nella linea tesa del collo e nella mascella ostinatamente serrata.

In un inaspettato gesto tenero che la fece arrossire, lui la tirò a sé, baciandole la fronte mentre la abbracciava goffamente. Kagome sospirò, conscia di non poter rimandare oltre il momento della verità.

Koga si dondolò da un piede all'altro, a disagio e sentendosi di troppo: - Ehm… noi andiamo di là, allora… - bofonchiò.

La ragazza però si scostò dalla stretta dell'amico, scuotendo la testa: - Grazie della premura, Koga, ma potete restare, se vi va. Non… ecco… - tartagliò, non sapendo bene come continuare.

Per un bizzarro meccanismo psicologico, si sentiva più sicura nel raccontare con loro presenti, invece che solamente a tu per tu con l'amico. Rimanendo sola con InuYasha, non era certa di riuscire a confessare fino in fondo. Conoscendosi, sapeva che si sarebbe trattenuta, che avrebbe omesso qualcosa, intimorita da lui e dal pensiero del dispiacere che gli avrebbe dato.
Inoltre confidava nel fatto che gli amici avrebbero potuto fungere da deterrente nel caso di attacchi d'ira di InuYasha. Conoscendone il carattere, con loro presenti, forse si sarebbe trattenuto, oppure i ragazzi stessi sarebbero stati in grado di frenarlo.

Sango sorrise incoraggiante a Kagome: - Come vuoi, però ti consiglierei di rivestirti, prima. Potresti prendere un malanno – le disse e la ragazza annuì.

L'amico la lasciò andare ma l'occhiata che le rivolse fu eloquente: Non pensare di svignartela, questa volta, parvero dirle quegli occhi.

Pochi minuti dopo, Kagome raggiunse il gruppetto, radunato in disparte attorno ad un piccolo focolare. A breve sarebbe calata la notte.

Per stemperare la tensione, Sango aveva provveduto a portare ad ognuno un po' di zuppa di cipolle che era stata preparata per cena, servita insieme alle immancabili strisce di carne essiccata e pane di farro.

Mangiarono in silenzio, lanciando ogni tanto occhiate preoccupate ad InuYasha, che se ne stava nella posizione più lontana dal fuoco, la cena ancora davanti a sé, intatta.
Kagome era stata ben attenta a sedersi il più lontano possibile da lui, prendendo posto tra le due ragazze e la cosa gli aveva provocato un certo disappunto.

Aveva forse paura di lui? Ce l'aveva con lui per averla abbandonata, perché l'aveva lasciata sola alla mercé di quei dannati? Non avrebbe potuto biasimarla, in effetti.
Era una delle cose che non si era mai perdonato, quella, e vedere i segni che lei aveva addosso… codardo. Era stato un vile codardo. Non aveva nemmeno provato a cercarla, a fare qualcosa per lei e… strinse i pugni, amareggiato e furioso, sentendosi quasi soffocare.

Un rumore sordo, come di una ciotola di legno lanciata a terra e la voce di Kagome spiccò nel silenzio, in un sussurro pieno di rimprovero: - Smettila! Non è stata colpa tua, InuYasha! So perfettamente cosa stai rimuginando e la risposta è no! Non avresti potuto fare nulla, in ogni caso. Smettila di colpevolizzarti! -.

Il giovane spalancò gli occhi e fu il suo turno di sussultare.
Alzò la testa e fissò l'amica. Gli occhi castani mandavano scintille di furia ed InuYasha sentì lo stomaco aggrovigliarsi nel realizzare quanto ancora bene lei lo conoscesse, nonostante tutto.

Deviò lo sguardo, nascondendo gli occhi sotto la frangia.

- E le cose non sono state così terribili come sembra… beh, più o meno – tentò di scherzare la ragazza, senza successo.

- Feh, e tu piantala di minimizzare, scema! Voglio la verità, intesi? – la sgridò lui.

Kagome sospirò.

- Innanzitutto, ci tengo a precisare che i… segni, sono piuttosto recenti. Risalgono a circa quattro anni fa – iniziò – Ci sono particolari… logistici che ti saranno spiegati da tuo fratello, InuYasha, ma credo che, bene o male, tu abbia capito cosa sia successo, dopo la vostra fuga – continuò, con espressione seria.

- Già, mia madre è morta, immagino, e Naraku ha attuato una qualche macchinazione per prendere il potere – sputò sprezzante InuYasha.

- La versione ufficiale che si narra tra la gente è che Sesshomaru abbia ucciso te e vostro padre, e che la regina, in un impeto di follia si sia gettata tra le fiamme. Pare però che il faraone avesse una figlia illegittima, così il grande sacerdote… - fece il punto Ginta, intromettendosi nel discorso, mentre raccattava le ciotole sporche. Sarebbe toccato a lui e ad Hakkaku lavare gli utensili, quella sera.

Koga gli diede uno scappellotto: - Torna al tuo dovere e taci, cretino! – Lo sgridò.

- Ehi! Che modi! Che avrò detto mai-Ahia!!!! – si lamentò, quando anche Miroku gli tirò un calcio negli stinchi – Ma che cavolo! – iniziò, ma Sango gli fece cenno di tacere, ammiccando verso la figura incupita di InuYasha.

- Ah.. emh… ops! I-io è meglio che vada, sì – realizzò.

- Ecco, bravo, vattene, cervello di gallina! – sibilò Ayame – Cosa avrà fatto di male sua madre per avere avuto un figlio così cretino… - .

Kagome deglutì, riprendendo a parlare: - Per i primi tempi, io sono stata una specie di… ancella della somma Kikyo – riprese – Mi facevano pulire vestiti, tappeti, tendaggi. Provvedere ai bagni della nobile signora, cose così. Mia madre è morta poco dopo la Regina, nel giro di sei mesi o poco più. E, come sai, è il compito del sovrano provvedere agli orfani, così sono rimasta a palazzo -.
Fece una pausa, sorridendo mesta a Sango, che le aveva stretto una mano, come per confortarla.
- A quel tempo ero piccola, e non sono stata vittima di… violenze, non nel vero senso del termine. C'era un bambino, che Naraku ha pescato chissà dove che – continuò, raccontando loro dei molti dispetti che Hakudoshi le faceva e delle punizioni che le venivano date per colpa sua.

Ayame la fissò, inorridita. Non era stata vittima di violenze, aveva detto? Eppure quelle angherie a lei sembravano una violenza bella e buona. Non fisica, ma psicologica.
Che altro aveva dovuto passare, quella povera ragazza?

- Le cose andarono avanti così qualche anno, ma tutto cambiò quando compii dodici anni – sussurrò Kagome, incupendosi e portandosi istintivamente una mano alla spalla sinistra, sfiorandosi la strana cicatrice che faceva mostra di sé in quel punto.



Palazzo di Menfi, 1218 a.C.    [quattro anni prima, ovvero sei dopo la fuga di InuYasha e Sesshomaru]


Una ragazzina camminava a passo sostenuto lungo il corridoio centrale.

Arrivata davanti ad una porta, la socchiuse, sbirciando all'interno.
Sorrise, appurando che le tende fossero ancora tirate. Entrò di soppiatto, senza far rumore, infine tirò i tendaggi, lasciando che il sole facesse irruzione nell'ampia camera.

- È ora di svegliarsi! Forza! – disse allegra Kagome.

Un mugugno e la testolina arruffata di Rin fece capolino dal lenzuolo. La bambina osservò la propria ancella di quattro anni più vecchia e sbadigliò.
- Buongiorno, Kagome! – la salutò.

La ragazzina dodicenne le sorrise: - Buongiorno a voi, principessina Rin – rispose alla bambina di otto anni.

Con tutta calma, la aiutò a prepararsi, lavandola e vestendola.

Pronta, Rin osservò la sua giovane ancella ripiegare con cura il lenzuolo di lino.
- Ti fa ancora male, Kagome? – le domandò con apprensione, scorgendo, a causa del movimento di lei e della tunica senza maniche, la ferita arrossata che la dodicenne aveva all'altezza della spalla sinistra.

Kagome sussultò: - Oh, no, sto bene. Non dovete preoccuparvi, signorina – la rassicurò.

La bambina si aprì in un sorriso sollevato: - Meno male! Spero non ti ricapiti più di essere così sbadata – ridacchiò.

L'altra si adombrò, non vista. Ufficialmente si era scottata, rovesciandosi addosso una pesante brocca di bronzo, colma di acqua calda da utilizzare durante il bagno della Somma Kikyo. Posta su una mensola in stato precario, la brocca era caduta non appena la ragazzina era caduta malamente a terra, inciampando in un lembo della tovaglia e il pesante recipiente le era finito sulla schiena.

Bugie! Solo una enorme bugia. Nessuna brocca era caduta, no. Era stata Kikyo a tirargliela addosso, inviperita dall’eccessivo calore dell'acqua in essa contenuta. Quel segno non era affatto una scottatura, ma la forma che il pesante contenitore metallico scagliatole addosso con forza le aveva impresso sulla pelle mentre, mortificata, si era prostrata davanti alla nobile come le era stato insegnato.

Il dolore era stato talmente intenso che la ragazzina avrebbe potuto giurare di avere l'osso della spalla rotto, cosa che, per fortuna non era avvenuta.
Acciaccata com'era, non aveva potuto provvedere ai consueti lavori domestici e, dopo essere stata posta come assistente nelle cucine per una settimana circa, era poi stata definitivamente inserita tra le ancelle della giovane erede al trono, la principessa Rin, visto l'assoluto fallimento della attività come cuoca.

Quell’inaspettato avanzamento aveva giovato alle condizioni della giovane Kagome, sia dal punto di vista fisico che emotivo.
Nel giro di un mese infatti, tra lei e la bambina si era instaurato un rapporto di complicità e di amicizia.

Era buona e per niente altezzosa o arrogante, Rin.

Inoltre, crescendo, Kagome aveva imparato a contrastare i dispetti di Hakudoshi, che sembrava aver perso pian piano interesse nel maltrattarla, visto che la ragazza si faceva scivolare addosso senza badarci ogni cattiveria. Da un po' di tempo, poi, il ragazzino sembrava essere scomparso.

Sperò che lo avessero cacciato e di non rivederlo mai più.

Tutto sommato Kagome poteva dire di essere felice, anche se la sensazione diveniva agrodolce non appena si fermava a riflettere sul fatto che, al posto della piccola Rin, avrebbe potuto esserci un ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi brillanti come il sole di mezzogiorno. Il particolare poi che la bambina avesse occupato quelli che erano stati gli appartamenti di InuYasha, rievocava in lei antichi ricordi, dolci ed amari.


Un altro anno passò, pieno di novità. Nulla di eccezionale, ovviamente, ma comunque bastante ad interrompere la monotonia di quella vita: il consolidarsi dell'amicizia con Rin, l'arrivo a palazzo di nuove persone, tra cui Kagura e la sorellina Kanna. Non che avesse parlato molto con loro: la prima se ne stava tutta sulle sue e la bambina aveva un che di inquietante, anche a causa dell’aspetto albino.
Come fosse in poco tempo diventata l’insolita assistente del gran Sacerdote Naraku era per lei tutt'ora un mistero.

Si sa però che la tranquillità dura solo pochi attimi, specialmente in un ambiente come il Palazzo Reale.

Sbarazzatasi delle attenzioni di Hakudoshi, l'ormai quasi tredicenne Kagome attirò lo sguardo di Byakuya, guardia di palazzo fidata del reggente Naraku.
Già da tempo affidato alla guardia degli appartamenti privati della principessa Rin, il soldato aveva notato come il corpo dell'ancella fosse pian piano sbocciato, rendendola invitante.
Non si era spinto oltre, ma da mesi Kagome aveva iniziato a percepire su di sé lo sguardo dell'uomo e la cosa la faceva rabbrividire.

Tutto era iniziato una sera, quando, per pura sgradita coincidenza, la ragazza aveva involontariamente sorpreso il soldato appartato con una servetta delle cucine in un corridoio secondario.

Nonostante la giovane età, non le era stato difficile capire cosa la donna, inginocchiata davanti all'uomo, che aveva i pantaloni abbassati, stesse facendo.

Impietrita, la giovane aveva tentato di allontanarsi, in silenzio, ma proprio in quel momento, Byakuya aveva aperto gli occhi, scorgendola.
Arrossendo a dismisura, Kagome era fuggita.

Da quel giorno era iniziata per lei una nuova tortura. Si sentiva costantemente quello sguardo addosso e la cosa le faceva orrore.

Un pomeriggio Kagome aveva accompagnato Rin a fare una passeggiata in uno dei giardini del palazzo.

La bambina aveva iniziato a correre, inseguendo Buyo.
Era una gioia vederla andare così d'accordo con il suo gattone! L'animale sembrava avere una particolare propensione con i bambini e lui e Rin avevano da subito legato.

- Signorina Rin! Non corra così. Finirà per cadere e farsi male – la ammonì Kagome.

Una voce alle sue spalle la pietrificò: - Non ci sono più le principesse di una volta, vero? – ironizzò mellifluo Byakuya.
Non avendo nulla da fare, aveva preso l'abitudine di osservare la chiassosa “principessina”, vigilando anche di notte fuori dalle sue stanze, a mo' di guardia personale. Un ottimo pretesto per girovagare di notte nel palazzo, intrattenendosi in fugaci e spicci incontri con qualche ancella vogliosa di attenzioni o una delle nuove servette della cucina…

Vedendola rigida, la schernì: - Non dirmi che ti faccio paura, ragazzina! Eppure mi sembrava che lo spettacolino dell'altra sera non ti fosse dispiaciuto – le sussurrò, scostandole una ciocca di capelli dal collo.

Kagome sussultò e fece quasi un salto in avanti, allontanandosi da lui.

- Oh, come siamo suscettibili! Non temere, ragazzina. Sei carina, non lo nego, ma le bambinette non mi attirano… magari tra qualche anno se ne potrà riparlare – le fece l’ occhiolino.

La ragazza lo fissò, gli occhi grandi ed atterriti.

- Nel frattempo, permettimi di darti un consiglio, amichetta del cuore degli ex principi: mai abbassare la guardia – continuò il soldato, emettendo un'inquietante risatina, a metà tra l'ironico ed il maligno.

- Byakuya. Il Sommo Naraku ti cerca – li raggiunse la voce di Kanna, comparsa silenziosamente dietro l'uomo.

Byakuya alzò gli occhi al cielo, sbuffando appena: “Che noia! Il grande capo sta diventando paranoico! Solo perché ogni tanto c'è un via vai di gruppi di stranieri, uniti a qualche piccola baruffa o tafferuglio, gli viene il terrore che dietro ci sia uno dei vecchi principi!” pensò annoiato “Ecco perché, nonostante tutto, preferisco fare il subordinato. Essere a capo di qualcosa dà alla testa e ti fa venire le manie di persecuzione! Beh, doveva pensarci prima di invischiarsi in cose illecite. Poi però a me tocca fare il lavoro sporco mentre lui se ne sta placido sul suo scranno. Che schifo!” – Arrivo, arrivo – bofonchiò, avviandosi verso l'interno del palazzo.

Kagome rimase ferma dov'era. Le tremavano le gambe. Prese un profondo respiro, tentando di recuperare il controllo di se stessa.

Rin ricomparve con Buyo in braccio: - Kagome? Stai bene? – le chiese, ignara.

L’ancella annuì, dissimulando il proprio turbamento.

Fingere. Doveva fingere che tutto andasse bene. Era diventata brava a farlo, no? Fingere di essere fedele a Kikyo e Naraku per salvarsi la pelle. Fingere di essere felice, quando invece il suo cuore aveva come smesso di battere da quella notte d'eclissi di sei anni prima. Fingere per non fare preoccupare Rin, l'unica persona per cui nutriva dell'affetto e l'unica persona cara che le fosse ormai rimasta in quella vita.

Nel frattempo Kanna si era silenziosamente allontanata dal sole cocente che la infastidiva, rifugiandosi all'ombra del colonnato.

- Dovresti lasciar perdere. Finirai solo nei guai, o ne provocherai di grossi – disse con il solito tono di voce monocorde ed indifferente.

Un'ombra, rimasta nascosta dietro una colonna, si palesò: - Non sono cose che ti riguardano – la ammonì Hakudoshi.

A differenza di quanto Kagome credeva, il ragazzo non aveva affatto desistito, anzi. La piccola mulatta gli piaceva, lo intrigava, soprattutto ora che stava crescendo. La voleva e sarebbe stata sua, un giorno. Con le buone o con le cattive.


Quella stessa notte Kagome stava ritornando nella stanza della principessina Rin per controllare che la bambina dormisse.
Poco prima di giungere davanti alla porta della stanza, però, si sentì strattonare ed una mano le coprì la bocca, tacitando lo spontaneo grido di spavento che le era salito alle labbra.

- Guarda un po' chi ho trovato! È un bel po' che non ci vediamo, vero, mocciosa? Stai crescendo davvero bene, devo dire – sibilò Hakudoshi.

Era mancato da palazzo per oltre un anno, visto che Naraku lo aveva inviato come infiltrato tra i popoli confinanti insieme a un soldato sotto copertura, tale Moryomaru, al fine di controllarli meglio ed appurare che non ci fossero piani latenti di insurrezzione. Finita quella parte della missione, era stato poi costretto a fare il giro dei vari nobili ed alleati del reggente.

Naraku era infatti inquieto. Da qualche tempo aveva ricevuto strani messaggi e alcune incursioni di gente non ben identificata avevano portato scompiglio tra la popolazione.
Niente di troppo preoccupante, stando al parere di Byakuya: voci infamanti, sospetti, dicerie riguardo la principessina erede al trono o sul Gran Sacerdote stesso. Tutto era comunque stato messo a tacere sul nascere.
Parte del compito di Hakudoshi era stato anche cercare di captare eventuali notizie, voci sulla presenza degli ex principi, ma aveva ricavato poco o niente. E Naraku non ne era stato affatto contento.

Ritornato a Palazzo era quasi rimasto di stucco nel notare quanto quella stupida serva mezzosangue avesse intanto iniziato a…. sbocciare.
Vedere poi Byakuya parlare con lei… La cosa non gli andava affatto bene. Lui e solo lui aveva la prerogativa di creare in quegli occhi scuri quella luce arrabbiata o terrorizzata che tanto lo eccitava.

Kagome riuscì a divincolarsi dalla stretta di Hakudoshi.
Benché il cuore le battesse all'impazzata per la paura, si voltò a fronteggiarlo: - Ancora tu? Che vuoi ancora da me, maledetto? Lasciami stare! – riuscì a sibilare.

Hakudoshi sogghignò, afferrandole un braccio e sbattendola contro il muro, facendola gemere di dolore: - Quanto siamo diventate combattive, dolcezza! Cosa voglio da te, uh? Non lo so ancora, devo pensarci… - sussurrò ad un centimetro dal suo viso.

La ragazzina tentò di sottrarsi, voltando il viso di lato, ma lui le afferrò il mento, costringendola a star ferma.

Con orrore Kagome realizzò che le stava osservando le labbra.
“Ti prego, no!” pensò disgustata, vedendolo avvicinarsi. Non voleva! Aveva solo dodici anni e poi… no, non così, non… non lui!
- No! Non voglio! Lasciami! Lasciami, mostro schifoso! – urlò divincolandosi.

Non sapendo nemmeno lei come, riuscì a sfuggire alla stretta di Hakudoshi.

- Dove pensi di andare, maledetta? Non mi sfuggirai! – rise lui, tentando di riacciuffarla.

Con una mossa fulminea però la ragazzina gli tirò uno schiaffo, correndo via.

Il quindicenne emise un ringhio. Quella maledetta puttana! Come osava respingerlo? Dargli del “mostro schifoso”? Gliel'avrebbe fatta pagare molto cara!
Un sorriso sinistro gli si formò sulle labbra.
Sapeva già cosa fare.


Corse fino ad arrivare alla stanza di Rin, chiudendosi la porta alle spalle.
La bambina dormiva, così, per non disturbarla, Kagome si rintanò nel bagno e lì pianse tutte le sue lacrime. Più volte dovette premersi una mano contro le labbra per frenare i singhiozzi ed il senso di disgusto che le aveva provocato un conato di vomito.

La morte sarebbe stata meglio di quella vita.

Sobbalzò, serrando gli occhi nel realizzare ciò che aveva pensato.

No. Doveva resistere, non poteva arrendersi! InuYasha non gliel'avrebbe perdonata, altrimenti.
“Mi manchi tanto, Inu-chan. Quanto vorrei rivederti. Chissà se stai bene” pensò.

Il giorno successivo passò come se niente fosse accaduto, o quasi.

Rin aveva infatti notato che qualcosa nell’amica non andasse, ma non aveva voluto insistere.

La vendetta di Hakudoshi però non si fece attendere troppo.

Era il tramonto e le due ragazzine avevano indugiato sotto il colonnato.

Byakuya, accompagnato da Kagura, le raggiunse, rivolgendosi a Kagome: - Ehi, ragazzina! La Signora Kikyo vuole vederti. Sei nei guai – sogghignò.

La ragazza si alzò, allarmata. Kikyo aveva chiesto di lei? Un brivido freddo le percorse la schiena. Brutto segno. Quel giorno, oltretutto, la nobile era stata parecchio irritabile con tutti, furente per aver perso un certo monile a cui era affezionata.
  Titubante, seguì il soldato fino alla sala del trono, mentre Kagura rimaneva con Rin.


La stanza era in penombra e Kikyo la attendeva accanto alla finestra, girata di spalle.

Intimorita, Kagome si affrettò ad abbassare il capo. Sussultò nel sentire l'aspro e arrabbiato tono di voce della donna: - Cos'hai da dire a tua discolpa, ragazzina? -.

Lei alzò appena lo sguardo, sbirciandola con la coda dell'occhio, confusa. Discolpa? Di cosa?

- Ed io che ti ho anche svezzata, sono stata clemente e ti ho permesso di vivere a palazzo… razza di ingrata – tuonò ancora.

- I-io non capisco… - balbettò la giovane – Mia signora, non – si costrinse a dire, reprimendo il disgusto che l'aveva colta nel doverla chiamare in quel modo.

- Osi negare, maledetta ladra? Le prove parlano chiaro! Questa è stata trovata malamente nascosta tra le lenzuola del tuo letto! – si adirò, mostrandole ciò che stringeva nel pugno: la collana scomparsa.

Il grosso ciondolo tondo e piatto, ornato al centro da un grosso rubino, oscillò nel vuoto.

Kagome sussultò, sgomenta.
- N-nel mio letto? M-ma… no, io non… non avrei mai potuto prendere qualcosa di vostro! Ve lo giuro! – si affrettò a spiegare la ragazza.

Le cose si stavano mettendo male.

Kikyo la trucidò con lo sguardo, sospettosa.
- Eppure un testimone afferma di averti visto entrare nelle mie stanze – insinuò ancora l'altra, parandosi di fronte alla ragazzina, che si fece piccola piccola.

- Somma Kikyo! – disse Rin, irrompendo nella stanza, seguita da un'affannata Kagura – Posso confermare che Kagome  non c’entra! È sempre stata con me, posso giurarlo – la difese.

La donna la guardò contrariata: - E tu cosa ci fai qui? – borbottò, guardando male Kagura.

“Non è colpa mia se questa mocciosa è sfuggente come un'anguilla” pensò quest'ultima “Ci manca solo di venir punita perché non ho saputo tenerla buona, dannazione!”.

- Kagome è buona, è mia amica – continuò la piccola.

Frase sbagliata. Kikyo rise in modo cattivo: - Vostra amica? È un'ancella, una serva, non un'amica – sibilò sprezzante.

A quelle parole Kagome non riuscì a frenare l'occhiata ostile e di disprezzo che le venne spontanea.
Per sua sfortuna la cosa non sfuggì a Kikyo.

- Tu! Come osi guardarmi così! Non sei degna nemmeno di fissarmi i piedi! – le disse, afferrandole il mento.

Kagome gemette appena nel sentire le lunghe unghie della donna graffiarle la gola, ma non distolse lo sguardo, anzi.

Qualcosa scattò in Kikyo.

Quell’espressione, quegli occhi castani che la fissavano con ostinata sfida e disprezzo. Lo stesso sguardo di…

Con un grido, la scaraventò a terra: - Maledetta!!! – gracchiò.
In un impeto di follia ceca, afferrò una candela di cera, accesa per profumare l'ambiente e gliela tirò addosso, mancando fortunatamente il bersaglio.

Rin strillò, spaventata.

Tremante, Kagome si mise a bocconi, rivolgendole uno sguardo attonito: - Voi siete pazza – sussurrò appena.

La furia di Kikyo divampò. Come osava, quella maledetta ragazzina! Nessuno doveva permettersi di sfidarla in quel modo.

- Hakudoshi! Portami la frusta! – vociò, facendo agghiacciare Rin e Kagome.

- No! Somma Kikyo! Non potete! – tentò di fermarla Rin, afferrandole l’orlo della veste – Non potete! Vi vieto di fare una cosa del genere! -.

- Me lo vieti? Chi, tu? – rise sarcastica – Tu che sei solo una piccola, sudicia pop- - iniziò a dire, ma Byakuya la fermò in tempo, prima che di bocca le uscisse la verità:
 - Mia Signora – la redarguì – Lasciate che ci pensi io – si offrì, strappando di mano ad Hakudoshi, appena giunto nella stanza, il frustino usato per i cavalli.

- No! No! Vi prego! – strillò Rin, invano.

- Portala via! – ordinò infatti Kikyo a Kagura.

- No! – perseverò Rin, ormai in lacrime, tentando di sgusciare dalla presa di Kagura.

- Vai anche tu, Hakudoshi – aggiunse la Signora.

Il giovane annuì, sebbene rammaricato di non poter assistere alla punizione. Prima di lasciare la stanza, rivolse un ghigno soddisfatto a Kagome, ancora a terra.

La ragazzina sgranò gli occhi, preda di un'intuizione. Lui! Era stata tutta opera sua!!!

Si morse con forza il labbro, per non dare la soddisfazione a quei maledetti di vederla piangere di terrore e si fece forza.

Byakuya la prese per i capelli, chinandosi verso il suo orecchio per sussurrarle: - Sono costernato, piccola. Ma credimi, è meglio che sia io a farlo. Spera solo che lei soddisfi presto la propria furia, accontentandosi di poche percosse– le disse, prima di lasciarla andare.

Il sibilo del frustino rigido che tagliava l'aria precedette il colpo e poi fu solo dolore.



- Kagome... Kagome... -.

Una voce in lontananza stava chiamando il suo nome.

“Chi è? Chi mi chiama? InuYasha, sei tu? Sono morta, vero? InuYasha…”.

- Kagome! -

Riprese lentamente i sensi, percependo un atroce bruciore alla schiena. Gemette, percependo il gelo entrarle perfino nelle ossa.

- Kagome, non mollare, ti prego! Rispondimi! -.

- R..i..n.. – riuscì a dire.

- Oh, Kagome! Mi dispiace, mi dispiace tanto! – pianse la bambina – Coraggio, ti riprenderai. Ora tenterò di portarti in camera, va bene? -.

“In camera?” pensò, poco lucida a causa del dolore. Ricordò le tre atroci frustate. Poi doveva essere svenuta.

- Dove…? – tentò di chiedere.

- Nelle prigioni – le rispose Rin – Riesci ad alzarti? – le chiese.

Impiegarono quasi un'ora per arrivare al piano superiore del palazzo. Ad ogni passo Rin tentava in tutti i modi di non lasciarla cadere a peso morto, sostenendola per la vita senza toccare le ferite , ma l'amica era pesante e continuava a barcollare.

Per loro fortuna Kagura le raggiunse, aiutandole.
Giunti nelle stanza di Rin, si adoperò perfino nel medicare a Kagome i segni delle frustate.

Alla ragazza occorsero cinque giorni prima di riuscire ad alzarsi dal letto. Nel mentre Kagura le era subentrata come ancella della piccola Rin.

Passarono altri tre giorni e Kagome, seppur ancora un po' dolorante, aveva ricominciato a svolgere le sue mansioni. Le ferite le tiravano ancora, ma lei cercava di non badarci troppo.

Non aveva più incontrato Kikyo, ed Hakudoshi era stato inviato incontro a Naraku, che proprio quel giorno tornava a palazzo, dopo dodici giorni di assenza a causa di un improvviso viaggio fino a Giza.

Cosa fosse andato a fare non si sapeva, ma il Sacerdote se l'era presa comoda, preferendo al viaggio via terra quello via acqua, lungo il Sacro Fiume Nilo.

Era tardo pomeriggio e Kagome aveva indugiato nel tentare di pulire una tunica macchiata della principessina. La stava stendendo ad asciugare, quando Buyo le si avvicinò, strusciandosi contro le caviglie della padroncina, facendo le fusa.

- Ciao, mio piccolo ruffiano! Che c'è? – gli sorrise la ragazza, chinandosi per accarezzarlo – Come mai non sei con Rin? -.

Il gatto miagolò, chiudendo gli occhi.
Kagome lo prese in braccio, affondando il naso nel suo pelo: - Ehi, perché senti di mirra, Buyo? Fammi indovinare, Rin ha di nuovo tentato di lavarti. Povero il mio gattone! - gli sussurrò, facendogli un grattino tra le orecchie - Torniamo dalla nostra principessina, ti va? - gli sussurrò.

Era a circa metà strada dal giardino, quando trovò il cammino intralciato. Degli assistenti di palazzo stavano provvedendo a sostituire, nel corridoio centrale, una grande statua raffigurante Naraku.

Infastidita, Kagome decise di deviare, imboccando un corridoio secondario di sinistra. Conosceva il palazzo come le sue tasche, ormai. Non che l'idea di passare vicino agli appartamenti privati di Naraku la attirasse, ma non aveva altra soluzione. Ne sarebbe stata lontana il più possibile.

Tuttavia, passando vicino alla biblioteca, Buyo le scappò, forse attratto da qualche roditore.
- No! Torna qui, gatto pestifero! Oh, accidenti! - brontolò, vedendolo entrare nella stanza.

Ci mise un po' a riacciuffarlo e stava per uscire quando delle voci provenienti da dietro la porta la paralizzarono.

Seguendo un inconscio istinto di fuga, si nascose dietro ad un pesante tendaggio, situato in fondo alla sala.
Con suo sommo stupore, Kikyo entrò nella biblioteca, seguita da un alterato Naraku.

- Ti è dato di volta il cervello, donna? - sibilò furente il reggente - Non hai pensato alle conseguenze, se si fosse sparsa la voce che hai punito uno degli orfani accolti a palazzo a causa di una stupida collana? -.

- Tu non capisci! Lei non è un'orfana qualsiasi, Naraku! È la bimbetta legata a quelli! È una straniera, della stessa razza di lei! E poi, no, non puoi capire! Lo sguardo che mi ha rivolto... Quegli occhi...perché, anche da morta, quella maledetta puttana della regina Izayoi continua a perseguitarmi?! - strillò isterica.

La frase che seguì fermò il cuore di Kagome. No, non era possibile. Non poteva aver sentito ciò che aveva sentito!

Solo l'istinto di sopravvivenza e il terrore di venire scoperta le consentì di stare zitta.

- Sono morti, Kikyo! Tutti! Non c'è motivo di temere - tentò nel frattempo di calmarla Naraku.

Kikyo rise in modo subdolo: - Non c'è motivo? E allora dimmi perché sembri un cobra pronto ad attaccare alla prima avvisaglia! Sei un abile bugiardo, Naraku, ma non puoi nascondermi nulla, amore mio - lo schernì la donna - Tu hai paura. Temi che dietro ai recenti tafferugli ci sia uno dei principi, vero? Non abbiamo la certezza che siano morti anche loro, dopotutto -.

Naraku serrò i denti: - Taci! - le ingiunse.

Ma Kikyo continuò: - Non è forse questo il motivo del tuo recente viaggio, Signor Reggente d'Egitto? Recarti di persona dai nobili compiacenti tuoi alleati, alla ricerca di sostegno e di una possibile protezione in caso di attacco? Qualcosa si sta muovendo, Naraku, lo senti anche tu, vero? - sussurrò perfida la donna - È anche per questo che stai vagliando l'idea di far sparire anche la finta principessa -.

L'uomo non rispose, limitandosi ad afferrarle con poca delicatezza il mento e baciarla in modo rude, costringendola così al silenzio.

Probabilmente si sarebbero anche spinti oltre, se Byakuya non avesse bussato alla porta, interrompendoli: - Mio Signore. Mia Signora. I nobili vi attendono - annunciò.

I due si guardarono fissamente negli occhi, poi, con un cenno di intesa, si allontanarono in silenzio.

Prima si richiudere la porta dietro di sè, Byakuya lanciò un'occhiata alla penombra della stanza. Gli era sembrato di sentire un rumore.

Dopo aver atteso qualche altro secondo, in completo silenzio, scosse la testa, e se ne andò.

Un istante dopo, Kagome uscì dalla tenda, mettendosi bocconi e lasciando andare Buyo che, incredibilmente, era stato perfettamente silenzioso per tutto il tempo.
La ragazza aveva il fiato grosso, il cuore a mille.
No. Non poteva essere. Non...

Fu in quell'istante, con gli occhi traboccanti di lacrime e la bile che rischiava di risalirle dallo stomaco, che prese la sua decisione.

Doveva andarsene al più presto da lì. Portando Rin con sé.



Oasi di Ain Umm Dabadib, presente, 1214 a.C 


Un silenzio attonito aleggiava nell’aria mentre i presenti cercavano di assimilare ciò che Kagome aveva loro raccontato.

InuYasha si alzò in piedi, senza emettere fiato, lo sguardo basso e i pugni talmente stretti da conficcarsi le unghie nella carne.
Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto e aveva voglia di urlare.

In silenzio e senza guardare nessuno, si allontanò di gran carriera, fermandosi solo quando giunse ai margini dell’oasi.

Non sapendo che fare, gli amici restarono dov’erano, guardandosi l’un l’altro, preoccupati.

Kagome emise un sospiro ed infine si alzò, ricalcando la direzione presa da InuYasha.

Il giovane le dava le spalle e lei si morse il labbro, rammaricata.

Si sarebbe aspettata di vederlo infuriato, arrabbiato. Quel silenzio pesantissimo la spaventava.
E pensare che aveva volontariamente omesso di raccontare ciò che aveva sentito da Naraku e Kikyo. Non lo aveva detto a nessuno, nemmeno a Sesshomaru. Era qualcosa di troppo grosso e troppo doloroso per i principi.
Nel suo racconto di poco prima si era limitata a dire di essere fuggita dal palazzo, dopo essersi ripresa dalle frustate.

La voce di InuYasha, roca di dolore, la fece sobbalzare: - Perdonami. Sarei dovuto tornare a prenderti… avrei dovuto salvarti da… - sussurrò – Lo so che mi odi per questo. Perdonami… -.

Kagome sentì gli occhi riempirsi di nuove lacrime: - No, non è vero che ti odio! Io… sì, non posso negare di aver pregato che tu tornassi, non posso negare di aver pianto credendo che tu mi avessi dimenticata, però… - si affrettò ad aggiungere, notando le spalle di lui irrigidirsi ancor di più – Non ti ho mai odiato, InuYasha. Non seriamente. Anzi, crescendo ho iniziato a pregare che tu non venissi, perché mi sono resa conto che se tu… se tu – si interruppe, cercando di scacciare il groppo che le si era formato in gola – Loro avrebbero potuto farti del male, ucciderti, se tu fossi ritornato là. Ed io non volevo che ciò accadesse. Se qualcuno doveva soffrire, era meglio che fossi io, non tu – ammise amaramente.

Quell’ultima frase lo mandò in bestia ed InuYasha si voltò, gli occhi fiammeggianti di furia: - Pazza masochista! Come puoi pensare una cosa simile? Era meglio che fossi tu a soffrire?!? Ma ti ascolti, quando parli? Io avrei dovuto essere lì con te, a proteggerti! Come puoi non odiarmi? Come puoi avermi perdonato? – urlò, facendo qualche passo verso di lei. Traballò, come se l'intero peso del mondo si fosse riversato all'improvviso sulle sue spalle.
- Tu devi odiarmi, devi! Io sono stato un buono a nulla e basta! I-io… io odio me stesso per – continuò, ma la mano che Kagome gli mise davanti alle labbra, dopo essersi quasi gettata contro di lui, lo fermò.

- No! Non dirlo! Capisci perché non volevo dirti nulla? Non voglio che tu odi te stesso, non voglio! Non è stata colpa tua, eravamo solo dei bambini, cosa avremmo potuto fare di fronte a qualcosa di così tanto più grande di noi?  - gli disse accorata - No, non potrei mai odiarti, InuYasha! Odio loro, odio la sofferenza che hanno provocato in tutti noi, odio il fatto che ti abbiano fatto soffrire e che abbiano coinvolto così tanti innocenti a causa della loro brama – ammise, abbassando lo sguardo – Ma non potrei mai odiare te. Sei così prezioso per me ed io ti voglio bene – esalò, avvampando un attimo dopo nel rendersi conto di ciò che aveva detto – Perché sei mio amico – si affrettò ad aggiungere, tentando di salvarsi dall’imbarazzo.

Nonostante l’amarezza e l’odio verso se stesso che ancora provava, a quel “ti voglio bene”, InuYasha si sentì pervadere dalla tenerezza. Percepì però anche una sorta di… delusione? Che strano, non c’era nulla di sbagliato nel resto della frase di lei, dopotutto. Era vero che erano amici, e anche lui le voleva bene, molto.

Un refolo di vento fresco fece rabbrividire la ragazza ed InuYasha la abbracciò d’istinto per riscaldarla. Non che gli ci volesse poi molto, visto che lei gli era già appoggiata contro il torace!

Kagome si irrigidì per un attimo nel sentire, attraverso la stoffa, i polpastrelli di lui percorrere, forse inconsciamente, le cicatrici sulla sua schiena.

InuYasha stava per ritrarsi e scusarsi, ma la sentì rilassarsi quasi subito.
La ragazza chiuse gli occhi, sospirando, e cingendogli a sua volta la vita, godendosi quell’abbraccio caldo e rassicurante. Si sentiva protetta. Solo con InuYasha era stato naturale lasciarsi stringere; con tutti gli altri si era sempre irrigidita anche al seppur minimo contatto fisico, specialmente maschile.

- Mi dispiace. Mi dispiace così tanto, Kagome – mormorò ancora il giovane, facendola sospirare di frustrazione e alzare il capo a guardarlo, rimanendo abbracciati.

Si fissarono a lungo negli occhi, in silenzio, fino a che Kagome vide quietarsi la tempesta di emozioni nelle iridi di lui.

Gli sorrise, alzando una mano per accarezzargli una guancia: - Diamine, quanto sei diventato alto! Che ti hanno dato da mangiare, i Figli del Deserto? – scherzò, appurando che nemmeno mettendosi in punta di piedi e con le braccia alzate sopra la testa, sarebbe riuscita ad arrivare alla sua stessa altezza.

InuYasha sbuffò divertito: - Cretina! Sei tu ad essere rimasta una nanetta! – la prese in giro – Dai, torniamo dagli altri intorno al fuoco, stai tremando dal freddo –  ma lei negò con il capo. Quel brivido era stato causato dal clima solo in parte.
Rivedere in lui quell'espressione birichina, di scherno giocoso, le aveva provocato un tuffo al cuore.

- No, sto bene. Possiamo rimanere ancora un po' qui? – gli chiese, innocente.

Il ragazzo stava per ribattere, quando un rumore alle loro spalle li fece sobbalzare.

Nel giro di pochi istanti Kirara fece capolino da un arbusto, seguita da Shippo: - Kirara! Ferma! Dobbiamo andare a dormire, dove vai? – brontolò il bambino, fermandosi però di colpo nello scorgere InuYasha e Kagome. – Oh, scusate! Non volevo disturbarvi! Spero di non aver interrotto qualcosa – aggiunse, facendo arrossire i due.

- Ehi, moccioso! Dannazione a te! – borbottò il giovane, imbarazzato – È ufficiale, dobbiamo tenerti ben lontano da Miroku! -.

Shippo però lo guardò con finta innocenza: - Guarda che io ho detto “disturbare” in senso generico, sei tu che mi hai risposto come se vi avessi beccati a fare le cose da fidanzati! -.

Colto in fallo, InuYasha avvampò ancor di più, boccheggiando, senza parole.

Nel mentre Kagome si era chinata per prendere in braccio la gatta. Le grattò la gola e il felino fece le fusa.
- Ma che bella gattina! Saresti andata d'accordo con il mio Buyo – le scappò senza pensare e subito si intristì.
Il suo gattone. Chissà se era ancora con Rin… e chissà se Rin stava bene...

Notandone il turbamento, InuYasha commentò, ritrovando l'uso della parola: - Chi, quel vecchio mangiapesce a sbafo? Tsk, figurati! Dormirebbe tutto il giorno e basta, quel ciccione! -.

- Mhhh… sì, credo tu abbia ragione – rise l'amica.

La voce di Ayame risuonò nel buio: - Shippo!!! È ora della nanna! Non costringermi a venirti a cercare, peste! –

Lo sguardo di InuYasha si adombrò per un attimo. La frase di Ayame lo aveva riportato a ricordi lontani e dolci, a quando Misaki e la regina Izayoi rivolgevano lo stesso rimprovero al se stesso bambino e ad una piccola Kagome...
Il miagolio di Kirara lo ridestò dai pensieri e, alzando lo sguardo, incontrò il dolce sorriso un po' triste di Kagome, che sembrava avergli letto nel pensiero per l'ennesima volta.




La quiete della notte la avvolgeva.

Stesa supina, Kagome si rassegnò al fatto di non riuscire a dormire. Senza far rumore, riuscì ad uscire dalla tenda che divideva con Sango ed Ayame.

Koga, nel bel mezzo del suo turno di guardia, alzò la testa, sentendo qualcuno avvicinarsi. Riconoscendo la ragazza, alzò un sopracciglio, sorpreso: - Ehilà! Come mai non dormi? Va tutto bene? – le domandò incerto. Da quando la ragazza aveva raccontato loro degli anni trascorsi a palazzo, il giovane Yoro sembrava impacciato, come se non sapesse bene come comportarsi con lei.

La giovane lo salutò, bisbigliando: - Tutto tranquillo all'orizzonte? – gli domandò, scrutando verso dove sapeva si trovasse la cittadella - Ain Umm Dabadib, eh? Ne ho sentito parlare. Essendo uno snodo commerciale e carovaniero sarà quasi sicuramente un luogo pieno di vita, visitarlo non dovrebbe essere tanto male – riflettè.

- Se vuoi domani mattina puoi unirti a me, Sango e Kohaku – le propose Koga – il piano era di andarci in quattro, ma una persona in più non è un problema, basta non dare troppo nell’occhio e siamo a posto -.

La ragazza gli sorrise, raggiante: - Davvero posso? -.

- Certo! Ammesso che il tuo principe da guardia non si metta a dare di matto – scherzò il giovane – E, no, il quarto componente non è lui, né quel piantagrane di Miroku. Te lo immagini il casino, a lasciare quel farfallone a piede libero in una città popolata? – finse di rabbrividire – Nah! Ingestibile! Si perderebbe subito dietro alla prima gonna che incontra, e poi chi la fermerebbe Sango, nel tentare di ucciderlo? Meglio quello stordito di Ginta, che almeno non dovrebbe fare troppo casino – le spiegò.

Kagome si sforzò di sopprimere una risata, corrucciandosi poi nel realizzare come Koga avesse definito InuYasha: - Ehi! Guarda che non è mica la mia balia! Anzi, io dovrei essere la sua, in realtà -.

Koga emise un verso divertito: - Non so se lo hai notato ma… tende ad essere un tantino ansioso, quello là – ammiccò allusivo.

- Grazie, Koga. Per essergli così amico. Vi ho osservati bene e posso dire per certo che tu sei come un fratello per lui. Grazie per averlo sempre aiutato e sostenuto – esordì all'improvviso la giovane con un sorriso sincero, facendolo imbarazzare.

- Ma va! Guarda che quella che lo capisce al volo sei tu, non io! – si schermì – Anzi, ti dirò che… vi invidio a morte – aggiunse, spiazzandola – Anche io vorrei avere una simile complicità con una donna, quel “io sono qui per te e tu ci sei allo stesso modo per me” -.

- Mhhh.. e, quell'ipotetica “una donna” generica… in realtà si chiama Ayame, vero? – lo prese in giro Kagome.

Koga sospirò, fissandola con rassegnazione – Si nota così tanto? Eppure lei… lei non mi sopporta, pare. Sango ed InuYasha sostengono il contrario, però… beh, io non ho certo intenzione di mollare, sia chiaro! – si rianimò – Però vedervi tutti Pucci Pucci… diciamo che non aiuta! – scherzò.

- Pucci che? Ma no, Koga, che dici! Noi siamo solo amici! - si agitò Kagome, percependo però uno strano stato di confusione e batticuore pervaderla internamente.

- Se ti rode tanto, potresti provare a baciarla a tradimento, Ko. Ti pesterebbe a sangue, poi, ovviamente, ma ne varrebbe la pena – si intromise Miroku, arrivato a dargli il cambio, anche se in anticipo.
- Tsk, io non sono te, Miroku, so aspettare. E poi… Nah, quando bacerò la mia Ayame, non sarà con l'inganno. La mia piccola guerriera deve essere conquistata. Da me – sentenziò l'amico, alzandosi da davanti al fuoco e stiracchiandosi – Bene, gente. Io vado a dormire, e ti conviene farlo anche tu, ragazzina, prima che mr. allegria si accorga che stai andando a zonzo. Conoscendolo, nemmeno lui starà dormendo -.

- Oppure potresti rimanere a farmi compagnia, dolce Kagome – osservò Miroku, ricevendo un occhiataccia dall'amico.

- Certo che tu hai un problema di seria dipendenza alla vista di un qualsiasi essere di sesso femminile! Piantala! E tu va a dormire, Kagome – ribadì il giovane Yoro – Altrimenti te la scordi la gita in città, domani -.

- Ricattatore! Vado, vado! Agli ordini! – fu la risposta di Kagome – Buona notte capo Koga. E buona guardia, Miroku. Sei fortunato, guarda! Qualcuno che ti fa compagnia c'è – gli fece notare, indicando Kirara, che dormiva acciambellata su se stessa poco lontano, prima di tornare verso la sua tenda.

Non visto, InuYasha sospirò rassegnato, scuotendo la testa, affrettandosi a tornare sui suoi passi fino al suo giaciglio. Ci mancava solo Kagome a dar corda a quei due rompiscatole di amici che si era ritrovato ad avere!
 
~*~*~*~*~*~*~*~*~


Alto Egitto, da qualche parte nel deserto.


Un piccolo gruppo di uomini attraversava le dune, spronando i cavalli ad andare più veloci, nonostante il sole cocente.

- Ancora non ho capito il perché abbiamo dovuto essere noi a muovere il culo per andare da lui! Oltretutto… non dovrebbe essere un nemico, il simpaticone? Ufaa! Si stava così bene in quella cittadina. Avevamo cibo, dei bei ragazzi a farci divertire… - si lamentò un ragazzo, facendo tintinnare i tanti sottili braccialetti d'oro, tipicamente femminili, che gli riempivano le braccia.

L'uomo in testa al gruppo gli rivolse un'occhiata truce da dietro la spalla destra, facendo così ondeggiare la lunga treccia di capelli corvini: - Piantala! Sono stufo di dover sempre giustificare le mie decisioni a te! – sbottò, gli occhi azzurri pieni di furia.

Jakotsu trattenne un brivido, ma non di paura: - Per gli Dei, quanto sei eccitante quando ti arrabbi, fratello – ansimò con fare perverso l'altro, leccandosi le labbra in modo equivoco.

Un terzo uomo sbuffò, asciugandosi la testa totalmente pelata con un fazzoletto di pregiato lino. Dovevano assolutamente trovare una qualche carovana da saccheggiare. Aveva bisogno di un turbante, il sole cocente lo stava uccidendo.

- Ti ricordo che abbiamo stretto una specie di accordo con quel tizio, ed è giunto il momento di rispettarlo – intervenne un quarto uomo, dai lunghi capelli corvini e dallo sguardo stranamente gentile.

- Tsk! Rispettare un accordo? Ti devo ricordare che siamo dei mercenari, Suikotsu? Tendi sempre a dimenticarlo – lo schernì l’uomo senza capelli.

- Affatto! So bene cosa siamo, fratello Renkotsu – replicò Suikotsu.

- Ihihihi, lascialo stare, Suikotsu. Renkotsu è così suscettibile perché è a corto di donne da stuprare per poi rubare loro tutto il denaro che possiedono – si intromise un deforme e basso omuncolo totalmente vestito di bianco.

- Taci, Mukotsu! – abbaiò l'uomo chiamato in causa – E non attribuirmi le tue perversioni! Ho perso ormai il conto di quante donne sono fuggite urlando, lasciando insoddisfatti i tuoi appetiti – ghignò malefico.

Mukotsu digrignò i denti. Dannato Renkotsu! Prima o poi gli avrebbe messo nel vino una bella dose di veleno!

- Fatela finita! – li sgridò Bankotsu, ma una inquietante e cavernoso voce lo chiamò:

- Capo, si intravede il fiume – ruggì un impressionante individuo dalle dimensioni mastodontiche.

- Kyokotsu  ha ragione – confermò il settimo e ultimo componente del gruppo, strizzando gli occhi.

- Cosa vedi, Ginkotsu? – chiese Renkotsu all’uomo dai capelli rossi, ricoperto da una strana armatura. Aver depredato circa un anno prima nelle terre al di là del Nilo una carovana proveniente da oriente aveva fornito loro un'impressionante quantità di armi e cose utili.

- C'è qualcosa, anzi, c'è qualcuno, fermo in prossimità della riva. Che ci stia aspettando? – si chiese l'uomo.

Bankotsu sogghignò: - Lo scopriremo presto! Andiamo! – ribadì, spronando ancor di più la propria cavalcatura, provata anche dal peso della grande alabarda che il capo della Squadra dei Sette portava legata alle spalle.

Fecero arrestare i cavalli ad una decina di metri di distanza, in attesa.

La figura solitaria andò loro incontro. Era un uomo, alto e dai capelli scuri e l'aria seriosa: - Seguitemi, Mercenari. Il mio Signore vi sta aspettando – disse solo, prima di risalire in sella e procedere verso una grande chiatta poco distante.
 
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~



Palazzo reale di Menfi, 1214 a.C.

Rin sospirò, osservando il sole morente fuori dalla finestra lasciata aperta. Era sola, dopo essere stata messa in castigo.

Da quando, tentare di uscire dal palazzo per visitare la città era un crimine? Aveva quasi 13 anni, ormai, e non era mai uscita oltre il muro di cinta del palazzo.

Che male c'era, nel voler visitare il proprio regno e i propri sudditi?

La voce di Kagura, proveniente dalle sue spalle, la fece spaventare:

- Principessa Rin! Chiuda immediatamente quella finestra! - la ammonì severamente.

La bambina le rivolse un'occhiata truce, obbedendo.

- Venga, è ora del bagno - le disse la donna.

- Cosa c'è che non va in me, Kagura? - le chiese triste Rin, stupendola.
- Forse... Non sono una brava principessa? - continuò mesta.

La donna si addolcì impercettibilmente, provando ad apparire meno aspra: - Non c'è niente che non vada, in voi, principessa -.

- Non mentirmi! Tutti non fate altro che ripetermi che va tutto bene, che non mi devo preoccupare di nulla. Poi però la Signora Kikyo non fa altro che sgridarmi, anzi, sembra perfino mal tollerare la mia sola presenza. E per il Signor Naraku è come se non esistessi. Nessuno mi vuole bene, non più!  - si sfogò la piccola.

Anche se non lo aveva dato a vedere, l'abbandono di Kagome, la perdita di quella che era la sua unica vera amica, l'aveva ferita molto.

Kagura sospirò, intuendo la direzione dei  pensieri di Rin.

Per il bene della bambina però era meglio che rimanesse all'oscuro di tutto ancora per un po'. Che non sapesse di non essere la principessa. E che Kagome, nel momento della sua fuga, avrebbe voluto dirle la verità e portarla con sé, se solo Kagura stessa non glielo avesse impedito, facendole capire che Rin stava bene e al sicuro lì dov'era, almeno per il momento.

"Hai un debito con me, ragazzina. Vedi di ricordartelo, Kagome" pensò "Sbrigati a trovare quei due principi dei miei stivali e sconfiggi Naraku, tirandoci fuori da questa prigione dorata" le ingiunse col pensiero, prima di tirare i pesanti tendaggi delle finestre e chiudere fuori gli ultimi raggi del sole al tramonto.





Per saperne di più:

- Alto e Basso Egitto. Il rischio di confusione è facilmente prevedibile, perciò vorrei ricordare che con "Alto Egitto"  si indica la zona meridionale (= SUD) dell'Egitto, a partire dalla prima cateratta (o cataratta) del Nilo (nome moderno Assuan) e NON IL NORD.
Il Nilo ha infatti le sue sorgenti nella parte sud del continente africano.

Con Basso Egitto si indica la zona settentrionale dell'Egitto, ossia la regione del delta/foce del Nilo, che appunto si getta nel mar Mediterraneo.

Il simbolo del Basso Egitto era il papiro, quello dell'Alto Egitto il loto o il giunco.

Per capirci, Menfi è a Nord, quindi nel Basso Egitto.
InuYasha e C.o. invece si trovano a sud, in Alto Egitto (*e qui vi sto dando un indizio bello grosso, che i più attenti spero colgano xD*)

Esiste anche un "Medio Egitto", termine con cui si intende, per convenzione, la regione a nord di Tebe ed a sud del Basso Egitto.
Il termine è usato in modo particolare in riferimento al periodo storico detto Secondo Periodo Intermedio.
A differenza dei termini Alto e Basso Egitto, che possedevano un ben preciso significato geografico fin dall'antichità (non a caso la traduzione del termine regale, di titolo del faraone,  in egizio può essere resa come Re dell'Alto e Basso Egitto),  il termine Medio Egitto è un termine moderno usato dagli storici per indicare appunto la regione centrale della Valle del Nilo.

- Giza. Giza (trascritto anche come Gizah o el-Ghiza, in Arabo: الجيزة, al-Gīzah), è una città dell'Egitto, capoluogo del governatorato omonimo. Si trova sulla riva occidentale del fiume Nilo, circa 20 km a sud-ovest dalla capitale Il Cairo, nei pressi del confine nord-orientale del governatorato.
Deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto. A Giza sorgono infatti, oltre ad una gran quantità di sepolture minori, le tre più famose piramidi egizie: quelle di Cheope, Chefren e Micerino (o Mykerinos), secondo i nomi tramandati dalla tradizione greca ed ellenistica, tutte appartenenti a sovrani inseriti nella IV dinastia. La più grande piramide esistente è quella di Cheope.
Sempre presso Giza si trova un altro famoso monumento dell'antico Egitto: la Grande Sfinge.



Angolo autrice: 

Salve! ^^ Finalmente ce l'ho fatta, a terminare questo capitolo XD che tormento e che tempi biblici!
Spero di essermi fatta perdonare per l'attesa, infarcendo la trama di succosi indizi ed un capitolo bello lungo ( anche se un po' ingarbugliato, con tante cose, lo so u.u)
Chi legge sarà lì ad arrovellarsi con domande del tipo: Come avrà fatto Kagome a fuggire da palazzo? E cosa c'entra Kagura? O.O
Cosa ha sentito la ragazza, di così sconvolgente, nella biblioteca, oltre che Rin non è una principessa, da non poterlo dire nemmeno a Sesshomaru? E, a questo proposito... Sesshomaru?!? Che legame c'è, tra lui e Kagome?
Mistero!!! XD xD XD beh, nel prossimo capitolo, alcune di queste domande troveranno risposta, lo prometto xD u.u

Nel frattempo, tiriamo un po' le somme:
1) abbiamo avuto un accenno a nuovi personaggi xD ebbene sì, anche la Squadra dei Sette ha fatto il suo ingresso u.u Da che parte stanno, ancora non si sa :-P

2) spero che Kikyo non sia risultata troppo eccessiva. (*ma come! Se ancora non ho fatto nulla, di quello che mi vuoi far fare!* NdKikyo )

3) la parte "sentimentale". Pian piano ci sto arrivando, anche se non è facile mischiare mistero, "fluffosità", eventi tragici. Dal mio punto di vista, Inuyasha e Kagome stanno facendo piccoli passi verso un rapporto sentimentale più maturo, ma la strada che li porterà a comprendere che ciò che sentono non è più solo amicizia, è ancora lunga. Abbiate pazienza. ^^'' (spero non diventi una soap opera! >.<)
Nel mentre però mi sto divertendo anche con Koga ed Ayame xD ho qualcosa in serbo anche per loro ;-)

Bene, alla prossima! ( anche se non so di preciso quando sarà ^^'''')
Grazie a chi lascerà un commento, a chi leggerà e basta, a chi segue/ricorda/preferisce la storia ^^
   
 
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