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Autore: LittleDreamer90    16/08/2016    8 recensioni
Un'antica profezia ed un principe dagli occhi color dell'oro.
Il prospero regno d'Egitto, funestato da morti ed inganni, è nelle mani di un empio usurpatore, ma la vendetta dei legittimi eredi non tarderà.
Il destino è in agguato.
Il vento del deserto spingerà il principe verso il compimento di quanto è stato scritto o lo condurrà verso la felicità di una nuova vita tra sabbie e dune?
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8    Prima tappa: vecchie conoscenze (s)gradite?


Ain Umm Dabadib, 1214 a.C,


Kagome si guardava intorno, quasi sopraffatta dalla miriade di colori, suoni e odori della cittadina.
Si sentiva euforica e su di giri e la cosa era assolutamente comprensibile. Dopotutto aveva trascorso gran parte della sua vita in ambienti limitati, il palazzo reale di Menfi prima, e poi…
Anche il suo alloggio dei tre anni precedenti era stato piuttosto isolato.
Lungi dall'aver trascorso un'esistenza solitaria, non era comunque abituata alla folla, si sentiva come un pesce fuor d’acqua, ma allo stesso tempo tutto ciò suscitava in lei un certo senso di attrazione.
Da brava bambina obbediente stava attenta a non perdere di vista i suoi compagni: Ginta stava praticamente sbavando, osservando con desiderio una bancarella di cibo, mentre il giovane Kohaku stava abilmente contrattando con il proprietario per alcuni sacchi di cereali.
L’attenzione di Kagome venne attirata da una venditrice di abiti e stoffe.
Incantata da un rotolo color cobalto che al tatto sembrava seta, sobbalzò quando la voce di Koga la raggiunse da dietro le spalle:
- Ti piace? È un bel colore e credo ti starebbe bene - le sorrise il giovane, fermo poco lontano.

Voltandosi appena per sorridere al ragazzo, Kagome decise di non farlo aspettare oltre, allontanandosi dalla bancarella dopo aver rivolto un cenno cortese alla proprietaria.

Mentre si affiancava alla sua guardia del corpo, quasi sbuffò al ricordo del putiferio che si era scatenato quando, quella mattina, il giovane Yoro aveva annunciato che Kagome li avrebbe accompagnati nel loro giro nella cittadella.
Solo la promessa solenne dell’amico di non perderla di vista e di vegliare su di lei a costo della vita era riuscita a placare le rimostranze di InuYasha. Avevano quasi dovuto ricorrere alle maniere forti per impedirgli di aggregarsi, ostinato com’era nel volerla proteggere a qualsiasi costo.

“Come se un mercato cittadino fosse un luogo mortale, poi! Zuccone!” pensò Kagome.

Raggiungendo Koga, si sorprese nel notarlo osservare rapito qualcosa dietro di lei.
Una strana luce gli illuminò lo sguardo e lo sentì sussurrare: - ...Lo stesso colore dei suoi occhi… chissà come le donerebbe - rifletté Koga. Quasi istantaneamente però un sospiro scettico e di scherno verso se stesso gli sfuggì: - Ma chi prendo in giro! Figurarsi. Me lo tirerebbe dietro seduta stante, se le facessi un regalo del genere - borbottò.

Non ci volle molto perché Kagome, tornando a guardare le stoffe, intuisse a cosa il ragazzo si riferisse.
Con un sorrisino complice, si diresse verso Sango che stava contrattando per alcune corde e tele cerate, prendendola per il gomito per attirarne l'attenzione.
Le due ragazze confabularono brevemente ed infine la più anziana annuì.
Koga rabbrividì istintivamente quando Sango gli fece una specie di occhiolino.
Dopo di che, Kagome tornò a passo di carica verso la venditrice di stoffe.

Prima che potesse impedirglielo, la ragazza gli era tornata accanto, mollandogli tra le braccia un pacchetto: - Le piacerà un sacco, vedrai! - gli disse.

Rimasto senza parole, Koga aprì appena l'involto, sbirciandoci dentro e sfiorando con un dito il contenuto, quasi con riverenza: una magnifica tunica di seta verde smeraldo.

- Come... cosa.. ma... - balbettò, finendo per arrossire furiosamente quando Sango gli diede una gioviale pacca su una spalla:
- Coraggio, amico mio! Probabilmente farà la sostenuta, ma sono certa che Ayame apprezzerà il regalo. È una donna, dopotutto - ridacchiò.

Il giovane tentò di negare, finendo per fallire miseramente: - È mai possibile che si noti tanto? Sono così prevedibile, accidenti?!? - borbottò con falsa indignazione, facendo ridere le due ragazze.

La voce di Kohaku richiamò il gruppetto: - Ehi, sorellona! Vieni a vedere. Che ne pensi di queste? Ginta ne avrebbe bisogno ma non sa scegliere - chiese nei pressi di una modesta e nascosta bancarella.
Su di essa facevano bella mostra di sè alcune spade corte, pugnali, utensili per riparare le armi, frecce ed una piccola scelta di corde per archi.
Proprio a queste ultime faceva riferimento il ragazzino.

- Arrivo, arrivo - sospirò Sango, guardando poi stranita Kagome raggiungere i due di corsa, eccitata e contenta come un bambino di fronte ad un cesto di datteri.

- Emh... - si schiarì la voce Koga - Non è che avrei fatto meglio a prenderle una spada? Visto come ha reagito la ragazzina lì, forse Ayame... - tentò.

Sango riuscì solo a fare spallucce, sorpresa di come una ragazza dolce e femminile come Kagome si fosse illuminata tutta di fronte ad oggetti -ossia le armi- che di solito suscitavano prevalentemente l'interesse degli individui di sesso maschile.



Quando tornarono dai compagni rimasti nell'oasi, era già l'ora del pasto.
Il gruppetto però fu accolto da uno strano trambusto che fece allarmare Kagome.
Sango si limitò a scuotere il capo con un sospiro rassegnato mentre i tre maschi si illuminano.
Ginta raggiunse il cugino, schierato come molti altri a semicerchio, intenti ad osservare con molto interesse qualcosa davanti a loro.

- Ancora? Fammi indovinare, è il principino ad aver insistito? Chi sta vincendo? E le scommesse? - domandò Koga, avvicinandosi a Shippo.

Kagome gli rivolse un'occhiata sbalordita e prese ad avvicinarsi, sgomitando tra gli astanti.
Sentì a malapena la risposta di Shippo al giovane Yoro, rapita com'era dalla scena che le si presentò davanti.

Al centro dello spiazzo, con le spade in pugno, sudati, ansimanti e coperti di sabbia, Ayame ed InuYasha si osservavano circospetti, attenti alla prossima mossa dell'altro.

- Che domande! Hanno iniziato come al solito, no? Con Inu che, da vero stupido, ha borbottato qualcosa riguardo alla resistenza scarsa delle femmine alla fatica – rispose intanto Shippo.

- Tsk! Stupido botolo! Nessuno batte la mia Aya! – ribattè Koga.

- Mah, spero di no, capo! Io ho scommesso su Inu – si inserì nella conversazione Hakkaku.

- S-scommesso?!? – sussurrò Kagome.

- Tranquilla Kagome, è la norma. Fanno sempre così. Mentre quei due si dilettano a fare gli spacconi a colpi di spada, gli altri si divertono a modo loro – le disse Miroku.

- Bah, che passatempi idioti! Uomini…- commentò sprezzante Sango.

- Questa tua affermazione è un colpo al cuore, mia cara Sango – replicò Miroku per poi farsi pensieroso: – Vorresti dirmi che allora Aya è un uomo!?! Ed io che pensavo che quelle belle curve fossero genuine! -.

- Cretino! Sempre a fare il melodrammatico tu, eh!? – sibilò arrossendo la giovane, colpendolo in testa con un pugno.

Un aumento nelle grida di incoraggiamento degli spettatori catalizzò di nuovo l'attenzione di Kagome.
Ayame era riuscita a parare con il lato piatto della spada un affondo di InuYasha, che però aveva sfruttato la propria prestanza fisica per far arretrare l'avversaria. Ansimando per lo sforzo, la ragazza lo guardò in cagnesco.
InuYasha, accorgendosi della presenza di Kagome, sfoderò un sorriso strafottente, non perdendo di vista la contendente: - Non male, rossa! Sei riuscita a tenermi testa, dopotutto. Sono quasi pronto per finire il riscaldamento – la sbeffeggiò.

Kagome alzò gli occhi al cielo. Sbruffone montato!
Era evidentemente stanco, altro che riscaldamento! Entrambi i contendenti avevano il fiatone ed erano esausti.

- Chiudi il becco, pallone gonfiato! – gli rispose Ayame, riacquistano la posizione di combattimento.
Con uno scatto degno di un'amazzone, ripartì all'attacco. InuYasha sbuffò, schivando facilmente, preparandosi ad atterrare la ragazza che ora gli dava le spalle.
Il sorrisetto compiaciuto e vittorioso che già faceva capolino tra le labbra del ragazzo sì trasformò improvvisamente in un ghigno attonito nel momento in cui, con una mossa repentina, Ayame gli fece lo sgambetto, facendolo finire a terra in posizione prona.

- Auch! Dannata donna sleale! – si lamentò lui girandosi a pancia in sù.

- In amore e in guerra tutto è concesso, mio caro! – gli rispose Aya, sovrastandolo e puntandogli la lama alla gola, dall'alto – Ho vinto, principe dei miei stivali! Tsk, sleale, dice! Vorrei vedere quale nemico, nel bel mezzo di una battaglia, si metterebbe a duellare in modo onorevole, senza fare sgambetti o dare gomitate o testate! Quando è questione di vita o di morte vale tutto! – lo istruì, sedendosi sul suo stomaco.

- Brava la mia donna! Bella, abile ed intelligente – le fece eco Koga.

- Koga… - ringhiò Ayame a titolo di avvertimento, facendo per guardarlo male.

Quella distrazione le fu fatale.
InuYasha, flettendo i muscoli, la disarcionò ribaltando le posizioni ed inchiodandola a terra.

- Ahia! Che cavolo fai, idiota? – disse la giovane tentando invano di divincolarsi.

- In guerra tutto è concesso, l'hai appena detto tu! – sorrise malevolo il principe.

- Razza di – iniziò la ragazza, ma prima che potesse completare l'insulto, Kaede pose fine alla contesa:
- Parità! Bravi ad entrambi, ma l'allenamento è finito, giovani! È quasi ora di pranzo. Alzatevi ed andate a darvi una rinfrescata, su! -.

- Ma no! Come pari? E con le scommesse come facciamo ora? – si lamentò Hakkaku, dando voce allo scontento generale.

Con un sospiro InuYasha si rimise in piedi, scrocchiandosi il collo per poi tendere una mano verso Ayame, rialzandola da terra in segno di pace.

- Cavolo, la testa! Che botta! – pigolò quella.

- Eh, la prossima volta ci penserai due volte a far sbattere la testa agli altri – fu la risposta di InuYasha – Anche se sei minuta, quando mi hai atterrato mi hai fatto un male d'inferno! -.

- Ma figurati! Al massimo la tua capoccia avrà suonato vuota! Niente di cui preoccuparsi! – gli fece la linguaccia la ragazza.

- Oi! Che vorresti dire? -.

Kagome ridacchiò, ma l'occhiata interrogativa di InuYasha le fece distogliere lo sguardo.
Perché tutt'ad un tratto si sentiva imbarazzata e a disagio?
Scosse la testa, allontanando quei pensieri ed affrettandosi a raggiungere Sango per aiutarla nel riporre gli acquisti di quella mattina.
Una parte del suo cervello non poté però fare a meno di ripensare alla figura di InuYasha mentre duellava, la prestanza del suo fisico, l'eleganza innata delle sue mosse… e se pensava che aveva imparato a maneggiare la spada tutto da solo…
Checché ne dicesse lui, era il degno fratello di Sesshomaru.
Con una punta di rammarico si rese conto di aver perso l'ennesima “fase” della crescita dell'amico di infanzia: il giovane principe non se la cavava affatto male con la spada. Chiunque gli avesse insegnato a maneggiarla era stato un maestro più che valido.
I tempi in cui giocavano a balenare maldestramente in giro le spade di legno appartenute a Sesshomaru sembravano così lontani…

- Ehi, te ne avanza un po' di quel sapone? – le domandò colui che occupava i suoi pensieri, avvicinandosi alla pozza d'acqua in cui Kagome stava finendo di lavare alcuni panni, tra cui la casacca del piccolo Shippo, che si era sbrodolato durante il pasto.

- Ops! Ehi, non mi dirai che ti ho fatto paura, nana! – la schernì InuYasha, vedendola sussultare e portarsi una mano al petto.

- Nooo, guarda! Non mi hai spaventato! Affatto – ironizzò la ragazza per poi continuare, guardandolo di sbieco – Che brutto vizio quello di comparire alle spalle della gente nel più completo silenzio! – lo rimproverò – E poi vuoi darci un taglio con quel nomignolo!?! Ti sembro forse una nana!?! – lo sfidò, alzandosi in piedi e fronteggiandolo, le mani sui fianchi.

Il giovane deglutì, sentendosi la gola improvvisamente chiusa ed una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Nana? Affatto! Le forme generose, i capelli lunghi e selvaggi, le labbra piene non erano certo quelle di una bambina…
- Sei bassa – riuscì a replicare, nonostante si sentisse la bocca impastata, come a corto di saliva.

Desiderò non aver aperto bocca quando fu quasi trafitto dagli occhi marroni di lei, traboccanti di furia ed irritazione: - Oooh! Sei… sei… irritante! – sbottò Kagome – E prenditi il tuo cavolo di sapone, a me non serve più! – gli disse, facendo per andarsene.

- E-ehi! N-no, Kagome, aspetta! Io… - tentò di fermarla, ma fu interrotto da un ringhio disumano ed un'esclamazione di terrore:
- Dannato imbecille!! Vieni qui, Miroku!! -.

- Oh, andiamo, Ko! Stavo scherzando! Auch!-.

Nel giro di un istante la figura di Miroku comparve correndo nella piccola radura circondata da palme, inseguito da un furibondo Koga.
- Che gli Dei mi assistano! Pietà! – bofonchiò il primo, venendo atterrato nella sabbia dal suo inseguitore.

- Ehi, che cavolo… Koga! – esclamò InuYasha, vedendolo pronto a tirare un pugno in faccia all’amico.

Kagome trattenne a stento un grido nel momento in cui il pugno di Koga sfiorò la testa di Miroku, finendo per schiantarsi nel terreno.
- Dannazione! Tu e i tuoi stupidi commenti del cavolo! – ringhiò frustrato il giovane Yoro – E che vuoi tu? Lasciami, Inu! Lasciami andare, che lo gonfio di botte, quell'invidioso frustrato! – vociò quando InuYasha li separò con la forza.

- Koga! – lo richiamò anche Sango, raggiungendoli con il fiatone – Lascialo andare, è il solito idiota che non pensa prima di dare aria alla bocca, lo sai! E poi, alla fine, lei lo ha accettato il regalo, te lo giuro! – disse veemente.

- Oh, fanculo! Non osare comparirmi davanti fino a domani mattina, deficiente – ringhiò Koga, allontanandosi da InuYasha con uno strattone.

Quest'ultimo lo fissò basito mentre si allontanava, rivolgendo poi uno sguardo tra l’incuriosito e l'arrabbiato all'amico ancora a terra: - E per fortuna che dovrei essere io, la testa calda, eh? Che cavolo hai combinato questa volta? – domandò a Miroku, dandogli un innocuo calcio su un fianco prima di aiutarlo ad alzarsi dalla sabbia.

- Il solito commento inopportuno in una situazione delicata e che non lo riguardava – sospirò Sango.

- Oh, andiamo! Koga era talmente imbarazzato e rigido mentre stava dando il suo regalo ad Ayame! E l'espressione di lei era talmente sorpresa e rapita che non ho potuto trattenermi dal commentare! – tentò di giustificarsi Miroku.

- D'accordo, ma dovevi proprio uscirtene con “Accidenti che lusso! La conserverai per la prima notte di nozze, Aya?” - gli fece il verso Sango.

- Ma che cavolo… no, non ci si può credere! Sei cretino per davvero, allora! – commentò InuYasha, portandosi una mano alla fronte.

- E poi cosa è successo, Sango? – osò chiedere Kagome.

- Beh, Aya è diventata più rossa dei suoi capelli, ha fatto la finta arrabbiata, come al solito, lanciando addosso a Miroku la tunica. Poi Koga si è messo ad inseguirlo – li informò la ragazza.

- Oh Santi cielo! – borbottò Kagome.

- Però posso giurare che, mentre nessuno ci faceva caso, Ayame ha raccolto l'indumento, portandoselo via. Koga non l'ha visto, ma lei, nonostante le scene, lo ha accettato – la rassicurò la ragazza.

Kagome sospirò, avvicinandosi a Miroku: - Forse è davvero il caso che tu smetta di punzecchiare quei due – gli disse – Koga era davvero imbarazzato ed emozionato per questo regalo. Tu non c'eri al mercato, ma Sango ed io sì. Se non fossi andata io ad acquistarlo per lui, Koga non avrebbe nemmeno avuto il coraggio di avvicinarsi alla bancarella – ammise.

- Possibile che tu riesca a fare solo disastri? – rincarò la dose InuYasha.

- Questa volta ho esagerato, vero? – mormorò imbarazzato l'amico.

- Tsk! Vieni, farfallone dei miei stivali, provo ad aiutarti a farti perdonare da Koga – disse Sango a Miroku, tirandolo per un braccio.

- Poi vai a scusarti anche con Ayame! - gridò loro dietro InuYasha.

- Sì, agli ordini… papà – lo schernì Miroku, prima di ricevere uno schiaffo da Sango:
- Ha detto con Ayame, non con il mio fondoschiena, porco! -.

- Uff, Dei dell'Egitto, datemi la forza – borbottò il principe – Ehi! Perché ridi? – si risentì, rivolgendosi all’ amica d'infanzia.

Kagome gli rivolse un sorriso intenerito che lo fece arrossire un po': “È sempre il solito! Si preoccupa per gli altri, ma non lo vuol dare a vedere e nasconde tutto dietro a mille borbottii”.



Nel tardo pomeriggio il gruppo iniziò a rassettare il campo.
Alcuni uomini, tra cui Ginta ed Hakkaku, si misero ad affilare le spade e a verificare lo stato di archi e frecce.

- Quella corda è troppo spessa per un arco di quella forma – osservò distrattamente Kagome, passando per caso lì accanto.

- Oh, È arrivata miss so tutto io! – sputò Ginta, a cui non andava giù per niente il fatto di essere continuamente corretto da quella ragazzetta proveniente da chissà dove.

Poco lontano InuYasha si fermò ad osservarli. “Brutta mossa, Ginta! Quello sguardo di sfida non ti porterà a nulla di buono! Se c'è una cosa che Kagome non perdona sono gli spacconi che tentano di farle la predica” pensò.

Infatti Kagome non esitò nel rivolgere al cugino di Hakkaku un sorriso di sfida: - So tutto io? Non era mia intenzione impicciarmi, figurati! Volevo solo darti una mano, evitarti di compiere uno dei tipici errori in cui un arciere può incorrere! -.

- Ah, perché tu te ne intendi di archi, novellina ? – ridacchiò il giovane.

“Uhh, pessima mossa, amico! Pessima mossa istigarla così! Era altamente permalosa da piccola, quando la si sfidava!” fu il nuovo pensiero di InuYasha “Ora sono proprio curioso di vedere che si inventa!”.

- Diciamo che me la cavo – replicò vaga Kagome, con una luce pericolosa negli occhi – E tu, ragazzino? Facciamo una prova? – propose.

Nel giro di poco, tutti i presenti avevano momentaneamente cessato le proprie attività per osservare Ginta prendere la mira verso il bersaglio improvvisato -un sacco di iuta contenente cereali- posizionato presso una palma al lato opposto della piccola oasi.

- Ne ha di fegato, la fanciulla! Ginta non è certo alle prime armi e la sua mira è invidiabile – commentò Miroku appoggiandosi mollemente alla spalla di InuYasha.

- Umh – grugnì quello – E levati di dosso, sanguisuga appiccicosa! – Lo scacciò poi – Non sei mica un peso piuma -.

Nel frattempo il tiro di Ginta era stato davvero invidiabile, centrando quasi il centro esatto del sacco.
- Sì! – esultò – Ecco a te, Kagome. Fai di meglio, se ne sei capace – la sbeffeggiò, porgendole il proprio arco.

- Non male – commentò la giovane – Certo, con una corda adeguata avresti potuto evitare la lieve modifica della traiettoria della feccia, nonché il rimbalzo che la corda ha avuto quando hai scoccato – ponderò per poi rivolgergli un sorriso serafico – Ti ringrazio, ma ho il mio – gli comunicò, dirigendosi verso la propria cavalcatura ed estraendo un arco.

- Oh, la signorina ha il suo – ironizzò Ginta.

Quando però, senza battere ciglio, la freccia di Kagome divelse in due quella da lui lanciata, la baldanza del ragazzo subì una brusca battuta d'arresto. La ragazza non si era nemmeno data la pena di tornare verso il punto di lancio, scoccando direttamente da dove si trovava, allungando il tiro di qualche metro.

- Acciderbolina! – esalò Ayame, rimasta a bocca aperta – Che precisione, gente! -.

- Ahahah, questa te la sei voluta, Ginta! – ridacchiò Shippo prima di correre da Kagome – Sei stupefacente Kagome! Come hai fatto? Mi insegni? Ti pregoooo! Questi due lagnosi non ne hanno voluto sapere, anche se gliel'ho chiesto un sacco di volte – piagnucolò.

Il fischio ammirato di Miroku destò InuYasha dal momentaneo stato di torpore attonito in cui era caduto: - Tosta, la ragazza! Non lasciartela scappare, amico – scherzò, dando ad InuYasha una giocosa pacca tra le scapole, guadagnandosi un'occhiataccia.

Fu un solo attimo, subito il principe tornò a fissare Kagome, ammaliato dall'affascinante sorriso di lei mentre, imbarazzata, rispondeva a Shippo e ai vari complimenti ed elogi che i presenti le stavano rivolgendo.



Il viaggio verso la loro sconosciuta destinazione si protrasse per altri nove giorni.
Ad ogni sosta l’orgoglio ferito di Ginta esigeva una rivincita su Kagome, uscendone continuamente perdente.
Ad ogni sfida tra i due, InuYasha osservava sempre più affascinato i movimenti aggraziati e flessuosi di Kagome, la sua postura dritta, la concentrazione prima di scoccare.
Era davvero, davvero brava. Chissà chi le aveva insegnato!

- InuYasha? Ehi?!? Ci sei? Accidenti, gente, lo abbiamo perso! Lo sapevo che Miroku era contagioso nella sua perversione – scherzò Sango.

- Feh! Che c'è! Ti serviva qualcosa? – si riprese InuYasha, dissimulando il proprio imbarazzo per essere stato beccato in stato contemplativo.

- Kohaku dice che si scorge il Nilo in lontananza – lo informò.

- Siamo vicini. Molto vicini, quasi finalmente a destinazione – si intromise Midoriko – Vi conviene prepararvi, principe, il destino avrà tra breve inizio – sentenziò con una delle sue tipiche frasi sibilline.

Prima del tramonto erano giunti alle sponde del Fiume Sacro.
- E adesso? Non mi piace essere così scoperti – domandò Sango – Questo non è certo un buon posto per accamparci – osservò, cercando la matriarca Kaede con lo sguardo.

Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, una sorta di luccichio attirò l'attenzione degli occhi più attenti ai dettagli: - Ehi! C'è qualcosa là! Sembra… una chiatta? – li informò stupefatta Ayame, indicando le acque.

- Già! E osservate verso l'altra sponda, c'è qualcosa anche là! – notò Kohaku, riferendosi a un'ombra presente circa un chilometro più a Sud – Sembrano… mura? -.

- Che efficienza! Li avete informati voi, Somma Midoriko? Ci stanno già venendo a prendere! – disse serafica Kagome, guadagnandosi un'occhiata stranita dai presenti che erano scesi da cavallo, assumendo una posizione di difesa.

Nel frattempo la chiatta era giunta a riva e da essa era scesa una persona. Un uomo alto, dai capelli scuri e dall’aria seriosa.

- È un piacere vedervi, nobile Setsuna – chinò il capo Midoriko.

- È un piacere vedervi di ritorno, sane e salve e in compagnia – ribatté l'uomo – Che gli Dei siano con voi, Figli del Deserto – si rivolse poi al gruppo – Sentitevi liberi di accamparvi qui. Mi rincresce non poter trasportare tutti dall'altro lato del fiume. Il mio Signore vi attende, pregandovi di accompagnare il vostro protetto davanti a lui. Desidera inoltre conferire con la Matriarca e con il capo della tribù o, in alternativa, con i guerrieri più valorosi -.

InuYasha deglutì l'improvviso nodo di panico che gli aveva serrato la gola.
Sobbalzò quando una mano gli strinse l'avambraccio.
Koga gli rivolse un cenno di incoraggiamento, seguito da Miroku, Sango ed Ayame.
Kagome gli sorrise, prima di lasciare la sua presa sul braccio.

Tornando a contemplare il Nilo, la ragazza si illuminò improvvisamente, correndo a rivolgersi al traghettatore rimasto a bordo della chiatta: - Jinenji! Ciao! Sono contenta di vederti! Come stai? -.
Il massiccio ragazzo mormorò qualcosa di inintellegibile agli altri.

- Giovane Kagome - la richiamò Setsuna – Condurli entro le mura sarà compito tuo. Un’importante missione mi attende e sono costretto a lasciarvi – asserì brevemente – Nobile Midoriko. – si congedò prima di spronare la propria cavalcatura.

- Che Osiride, Iside, Horus, Ra e tutti gli Dei siano con te, Takemaru – rispose la sacerdotessa guerriera.

InuYasha sussultò. Quel nome… quel nome fece scaturire in lui un ricordo, talmente fumoso da sembrare un'illusione, un miraggio, un'invenzione della sua mente.
Aveva già sentito quel nome, per bocca di sua madre, in un lontano pomeriggio in cui un'ambasceria era giunta a palazzo per conferire con la regina Izayoi.
Possibile che fosse quello stesso uomo che  la madre chiamava affettuosamente “mio buon Takemaru”?

- Bene – affermò Kaede – Direi che è ora di proseguire. Kohaku! – chiamò – Dì agli altri di preparare il campo. Ci fermeremo qui per qualche giorno, immagino. Dobbiamo riposarci, effettivamente. Immagino anche che voi quattro vogliate accompagnare il vostro amico, giusto? – proseguì rivolgendosi ad Ayame, Sango, Miroku e Koga.
Al cenno affermativo e risoluto dei quattro, l'anziana continuò: - Hey, traghettatore. Ci stiamo in otto su quella chiatta? – domandò.

- Certo, Signora! – rispose Jinenji.

- Ottimo, procediamo, allora – asserì l’anziana donna.

- Otto? Ma non è giusto! Voglio venire anche io con la sorellona! E anche Kohaku – piagnucolò il piccolo Shippo.

- Ah, no, non se ne parla, cucciolo! – lo fermò la sorella – Tu rimarrai qui buono e tranquillo, intesi?-.

- Ma Aya! – tentò di protestare il bambino.

- Intesi!?!? – ribadì Ayame.

Prima che Kagome potesse anche solo aprire bocca per tentare di confortare il piccolo dai capelli rossi, InuYasha inaspettatamente smontò da cavallo, afferrando Shippo per la collottola: - Senti un po' tu. Guarda che ti stiamo lasciando qui affidandoti una grande responsabilità – gli disse – Pensaci – continuò all'occhiata confusa e scettica di Shippo – Se Koga e Ayame sono via, chi rimane al comando del gruppo? Ginta ed Hakkaku. Non mi vorrai dire che intendi lasciare Kohaku da solo nel badare a quei due impiastri! – brontolò.

Il piccolo rimase a bocca aperta un istante, per poi ricomporsi e dire con aria solenne, nonostante il luccichio commosso negli occhi: - Assolutamente no! Ci penso io a quei due, lo prometto! Non vi deluderò -.
- Bravo moccioso – ribatté InuYasha mettendolo di nuovo con i piedi per terra e scompigliandogli i capelli.



Il piccolo gruppo fece fermare i cavalli per poter contemplare le malandate mura di quella che sembrava una città in rovina.
Koga e Sango si rivolsero un'occhiata perplessa a quella vista. In che razza di posto erano finiti?
Dopo essere stati traghettati da quella specie di gigante d’uomo, si erano limitati a seguirlo verso la città che si scorgeva in lontananza, nel più completo silenzio.
L'atmosfera tesa e carica d'ansia ed aspettative non aveva accennato ad alleggerire la propria stretta.

La discreta risatina di Kaede ruppe la tensione: - Scelta scaltra ed allo stesso tempo bizzarra, quella di impostare la propria base in questo luogo. Nessuno si sognerebbe mai di cercarlo qui – rifletté con una punta di ammirazione.

- Qui? Non ti seguo, Kaede. Dove sarebbe “qui”, oltretutto? – domandò Ayame.

- Credo di aver pensato la stessa cosa la prima volta che sono giunta di fronte a queste mura, somma Kaede – disse Kagome, per poi aggiungere, facendo rimanere i presenti a bocca aperta per lo stupore – Benvenuti ad Amarna* ragazzi – annunciò - O ciò che ne resta, almeno – ammise.

Nel silenzio attonito che seguì a quell'affermazione avevano raggiunto la porta di accesso alle mura.

Proseguendo oltre furono ben presto consci dei discreti lavori di ricostruzione di quelle che erano in principio solo rovine.
Jinenji li scortò fino a quello che sembrava un antico palazzo, parecchio provato dal tempo.
Smontarono, lasciando i cavalli stanchi in un angolo dell’ampio cortile.

- Bene, e adesso? – chiese Miroku, ma l'attenzione di tutti fu catturata dal rumore di ferro che veniva percosso.
Kagome sorrise: - InuYasha? – lo chiamò – Credo proprio che laggiù ci sia una nostra vecchia conoscenza, sai? -.

- Eh? – le fece lui confuso.

- Accidenti, si sta dando un bel da fare! Ehi, Totosai! – chiamò facendo sobbalzare InuYasha.

Il suono del martello che batte sul ferro si interruppe, seguito da una voce borbottante: - Destino ingrato! Io, uno dei maestri di spada più famoso ed anziano dell'Egitto, costretto a fare il fabbro e riparare le armi di quei… quei… oh, abbiamo ospiti, per caso? – chiese, affacciandosi verso lo spiazzo aperto. - Ma guarda! La bambina è tornata! – osservò, notando il gruppo fermo poco distante.
- Ehi! Quante volte vi ho detto di non chiamarmi così, mastro Totosai? Non sono più una bambina! – si lamentò Kagome – Piuttosto, c'è una persona che dovrebbe venire a salutare, sa? Missione compiuta! – si diede un tono, appoggiandosi al fianco di InuYasha.

- Sul serio? Oh, ma guarda un po'! – affermò – Ohi, la mia schiena! – borbottò, tentando di raddrizzare la propria postura.

- Totosai? – sbottò incredulo InuYasha – È ancora vivo? È immortale, per caso? -.

- Ma pensa! Chi si rivede, il vecchietto logorroico! Mi ricordo di lui! – gli diede man forte anche Koga.

- Ragazzini impertinenti! Non c'è proprio più rispetto per gli anziani nelle nuove generazioni! – borbottò il maestro di spada – E tutta questa gente? Ci mancava solo di dover accogliere altri loschi individui! E tu… - sbottò puntando un nodoso dito contro il principe – Razza di disgraziato, quanto ci hai fatto penare! Ce ne hai messo di tempo per saltar fuori! -.

Il giovane aggrottò un sopracciglio, pronto a ribattere, quando una voce si sovrappose:
- Hai finito di chiacchierare, vecchio cialtrone? Rivoglio la mia Banryu – vociò.

Kagome percepì chiaramente il sangue gelarlesi nelle vene.

No, non era possibile! Non loro!!!

- Ehi, fratello! Guarda un po' chi c'è! Quella disgustosa bambolina! – aggiunse un'altra voce.

- Kagome? – sussurrò InuYasha, percependo una sorta di panico irradiarsi dall’amica – Che..- fece per domandarle.

- Oh, la bambina ha paura, lo senti, fratello Bankotsu? – rise Jakotsu – Beh, posso tollerare la sua presenza solo perché ha portato tutti questi bei fanciulli! Sono così prestanti! Come sarebbe bello duellare con loro per poi farlo a pezzi lentamente – gongolò.

- Ci risiamo! Basta che sia circondato da uomini piacenti e si mette a fantasticare come una cagna in calore – lo schernì Renkotsu, affiancandosi ai due compagni.

Ayame portò istintivamente una mano all’elsa della spada. Quella situazione non le piaceva. E i tizi inquietanti men che meno.

- Che diavolo?! Non vi è permesso entrare qui! Gli accordi erano chiari, mi pare! – disse Totosai.

- Tsk! Taci, vecchia mummia incartapecorita! Credevi davvero che avremmo tenuto fede a quella stupida disposizione? Siamo mercenari, cocco! Andiamo dove ci pare – lo sbeffeggiò Jakotsu.

- No. Non loro – continuò a sussurrare Kagome, tremando, facendo così aumentare la confusione e la preoccupazione di InuYasha.

- Oh, andiamo! Non mi saluti neanche, dolcezza? Dopo tutto questo tempo e quello che c'è stato tra noi! – rise Bankotsu.

Sotto lo sguardo stupito dei presenti si avvicinò a Kagome, sfiorandole una ciocca di capelli.
La ragazza, rimasta fino a quel momento rigida e con i pugni serrati, scattò all’indietro, schiaffeggiandogli la mano, riservando all'uomo uno sguardo di fuoco, dietro cui però era evidente l'inquietudine mista a panico.

- Oh oh! La gattina ha tirato fuori gli artigli! – rise il mercenario.

- Tu.. – sussurrò la ragazza.

Con uno scatto InuYasha si frappose tra Kagome e Bankotsu, facendo scudo all’amica con il proprio corpo, pronto a contrastare qualsiasi evenienza.
Quel tizio non gli piaceva affatto.
Anche i restanti componenti del gruppo, ad eccezione di Kaede e Midoriko, si erano stretto intorno a Kagome ed InuYasha, pronti a fornir loro sostegno.

Il capo dei mercenari squadrò InuYasha e il suo ghigno si ampliò ulteriormente: - Oh, e questo qui chi sarebbe? Il figliol prodigo ritornato all’ovile? In effetti lui e l’algido principe si assomigliano – osservò.

- Uhh! Quanto è carino, Ban! Che bel paio di occhi imbronciati e dal colore intrigante! Me lo regali, fratello? Ti prego! È così sexy! – piagnucolò Jakotsu.

- Sì è preso l’ennesima cotta, fantastico! – latrò scocciato Renkotsu, alzando gli occhi al cielo.

Il compagno lo fulminò con lo sguardo: - Taci, pelato invidioso! Lui è mio! Il piacere di vederlo contorcersi in agonia sarà mio! – ringhiò, portando una mano alla spada.

Miroku represse un brivido d’inquietudine. Quel tizio strano ed effemminato stava squadrando InuYasha come se volesse mangiarselo. In senso letterale.

- State buoni, voi due! – li fermò il capo dei Sette, non distogliendo lo sguardo da InuYasha.

- Quindi questo sarebbe l’altro degli imbecilli che si son fatti soffiare il trono da sotto il naso, eh! Patetico. Come è patetico anche l’attaccamento di questa mocciosa nei confronti di questi perdenti – riprese il discorso Renkotsu, rivolgendo a Kagome uno sguardo carico di pietà.

- Perdenti? Come ti permetti, testa a palla! – gli rispose per le rime Ayame.

- Uhh, una rossa! Posso farle lo scalpo, fratello? Posso? Ho sempre desiderato vedere come starei con una parrucca di capelli rossi – appurò pensieroso Jakotsu.

- Ehi! Non ti azzardare a toccare la mia donna, individuo inquietante! – sbottò Koga.
- Cerchi rissa, begli occhioni blu? In effetti non mi dispiacerebbe fare quattro salti con te – sorrise il ragazzo.

Miroku rabbrividì ancora. Perché sentiva che in quella frase c'era il doppio senso?

Intanto, senza farsi notare, Jinenji era sgattaiolato all'interno per cercare rinforzi. Quella situazione non gli piaceva per niente. Si fermò però quasi subito.
A quanto pare, lui era già qui…
Non vista, un'ombra era infatti sgusciata verso il ballatoio della scalinata che permetteva di accedere all'interno della costruzione.

La tensione tra i due gruppi era ormai palpabile ed ognuno era pronto a dar battaglia.

Il capo della Squadra dei Sette fece un paio di passi in avanti.
InuYasha rimase in guardia, pronto a scattare alla minima mossa dell'altro e più che desideroso di cancellargli dalla faccia quell'irritante sorrisino che…

Improvvisamente un sibilo fendette l'aria e Bankotsu arretrò, facendosi scappare di bocca una maledizione.
Anche InuYasha si spostò istintivamente all’indietro, giusto quanto bastava per schivare ciò che il suo sesto senso e la visione periferica avevano percepito arrivare verso di lui.

I presenti fissarono attoniti la spada che ancora oscillava, dopo essersi conficcata con precisione millimetrica in uno dei pali di legno usati per fermare i cavalli per le redini , alle spalle di Koga.
Per sua fortuna il giovane Yoro era riuscito a rimanere immobile e l’arma gli era sfrecciata accanto, sfiorandogli i capelli scuri. Nonostante questo, si poteva scorgere un certo pallore dato dallo spavento nella carnagione naturalmente abbronzata del ragazzo.

- Oh cielo! Koga! Stai bene? – gli chiese con apprensione Ayame, ricomponendosi subito al rigido cenno di assenso del compagno. Non si era preoccupata, certo che no!

- Che diavolo? – imprecò InuYasha – Chi è stato? Mostrati! -.

Il suono di un passo e poi un altro riecheggiò nel silenzio improvviso.

Il capo della Squadra dei Sette si portò una mano alla guancia destra, pulendosi il sangue che gocciolava da un piccolo taglio all'altezza dello zigomo – Bastardo! Mi ha fatto sanguinare! – ringhiò, voltandosi furente verso un punto preciso alla sua destra - Stavi per decapitarmi! È così che si ringraziano gli alleati, dannato figlio di un cane? -.

- Ma che caspita sta succedendo? – sussurrò Sango, sussultando quando si rese conto che, nella penombra di un architrave della porta situata ad una decina di metri da loro, si nascondeva una figura.

Nello stesso istante in cui Bankotsu aveva imprecato, Totosai si era lasciato sfuggire un sibilo sorpreso ed inorridito, finendo infine per sospirare: - Che razza di modo di trattare quella povera spada! Dopo tutto il lavoro che ho fatto su di essa. Ragazzino ingrato, feh! La mia povera Bakusaiga - iniziò a blaterare, mordendosi però la lingua sulla frase finale, nel momento in cui una voce profonda, serafica e quasi glaciale echeggiò nell’atmosfera immobile e la misteriosa figura uscì allo scoperto sotto la canicola:

- Gli alleati tendono a rispettare gli accordi, gli ordini e le disposizioni, mercenario. Il particolare di avere in parte il medesimo obbiettivo non ci rende di certo amici e men che meno alleati. Anzi, voi siete subordinati a me, mi pare. Avevamo fatto un patto tre anni fa, o te ne sei già dimenticato, omuncolo? – lo schernì.

Totosai si fece scappare uno sbuffo di sufficienza, incrociando le braccia e assumendo un’espressione arcigna che subito si trasformò in una di terrore all’occhiata glaciale che ricevette dal suo signore.
“Osa chiamarmi ancora ragazzino, vecchio, e ti farò chiudere la bocca per sempre” sembrò volergli dire.

“Che carattere, mio sire! Che carattere! E me tapino, costretto a sopportarlo da quando era un ragazzetto! Da chi abbia ereditato tutta quella alterigia non lo capirò mai!” pensò l’anziano spadaio.

Ad InuYasha si bloccò il fiato in gola ed il cuore iniziò a battergli a ritmo strano.

Per un solo istante l’alta e regale figura dai capelli scuri, coperto solo dalla vita in giù da un paio di ampi calzoni di candido lino e dagli avambracci ornati da cerchi d’oro gli aveva ricordato… il suo papà.
Ma quello sguardo serissimo e il ghigno di scherno appena accennato non appartenevano ad Inu No Taisho, no. Quello era…

- Sesshomaru! -.

Il sussurro però non era uscito da lui, ma dalla ragazza alle sue spalle.

Ancora tremante, Kagome fece un passo in avanti, affiancandosi ad InuYasha: - Perché loro sono qui? – domandò al principe maggiore – Li hai chiamati tu? Sei impazzito? E poi, che razza di modo di intervenire era mai quello? Stavi per tagliargli il naso! – gli si rivolse in tono di rimprovero.

Sesshomaru inarcò un sopracciglio: - Avresti preferito rimanere a guardare mentre si facevano a brandelli? O ad osservare come quella checca aveva intenzione di uccidere voi femmine per poi sodomizzare gli uomini restanti? Proprio tu dovresti ben sapere quali siano le loro inclinazioni, ragazzina petulante e fastidiosa. Oppure volevi concedere al capo di questo ridicolo gruppetto di squinternati di finire ciò che non ha portato a compimento l’ultima volta e rischiare di nuovo di farti stuprare? - le rispose zittendola e facendo rimanere a bocca aperta InuYasha.

Lei… loro… cosa?!?

La ragazza si adombrò, sussultando quando InuYasha emise un vero e proprio ringhio di rabbia per poi avventarsi su Bankotsu, afferrandolo per la tunica: - Che cosa le hai fatto, maledetto? – urlò.

L’uomo sogghignò nella sua presa: - Cosa ho fatto? – finse di pensarci su, provocando così un altro ringhio da parte di InuYasha - Andiamo, cucciolo! Mi sono trovato a ripescare questa bellezza che fuggiva dal palazzo di quel figlio di buona donna… pensavo fosse una delle sue puttane! Come non avrei potuto farci un pensierino? -.

- InuYasha! No! Fermo! – gridò a sua volta Kagome, vedendo l’amico d’infanzia prepararsi a sferrargli un pugno.

Il colpo non arrivò a segno a causa della nuova intromissione del principe maggiore.

- Sparite dalla mia vista, mercenari. Vi ho accolto tra le mura della città, ma non tollererò altri tafferugli a causa vostra – sibilò glaciale, con ancora il polso del fratello stretto tra le dita – Potrei sempre riconsiderare il nostro accordo – ricordò a Bankotsu – e la ragazzina che stai cercando potrebbe finire giustiziata come complice di Naraku – insinuò malefico, facendo impallidire il mercenario – E tu – si rivolse poi ad InuYasha, strattonandolo e facendogli perdere la presa sul capo della Squadra dei Sette – Datti una calmata, testa quadra! -.

- Dannazione – sibilò Bankotsu – Bene, despota bastardo. Come il principe desidera - lo schernì – Andiamo, fratelli -.

- Ma Ban! – piagnucolò Jakotsu.

- Ho detto andiamo! – lo zittì il capo - E tu, vegliardo – si rivolse poi a Totosai – Ti do un’ora per finire di sistemare la mia alabarda, altrimenti… - lo minacciò, allontanandosi.

- Che razza di casino! – commentò Miroku, grattandosi la testa e mascherando il proprio sollievo per il mancato scontro. Non che volesse tirarsi indietro, ma quella gentaglia aveva un qualcosa di sinistro e pericoloso che lo aveva messo sul chi va là. E lui si era sempre fidato delle proprie sensazioni.

Ciò che seguì fu del tutto inaspettato.
L’ira di InuYasha, ben lungi dall’essersi pacata, si riversò sul fratello maggiore che non vedeva da anni.
Con una mossa fulminea insegnatagli da Ayame, si liberò dalla presa di Sesshomaru, deciso a regalare a lui il cazzotto che ancora gli faceva prudere le dita.
Non considerò però l’esperienza e la prontezza del maggiore, che schivò con abilità sorprendente, atterrandolo.

- Ti ho detto di darti una calmata, microbo fastidioso – sussurrò Sesshomaru con sguardo impassibile, sovrastandolo dall’alto, inchiodandolo a terra con un piede posato sullo stomaco.

Passata l'iniziale confusione a causa del modo repentino in cui era stato messo fuori combattimento, la rabbia e l’indignazione di InuYasha raggiunsero un nuovo picco.

Quel maledetto! Non solo l’aveva abbandonato come un pacco indesiderato, facendosi vivo solo quando ne aveva avuto voglia, ma ora aveva anche la faccia tosta di… argh!
Ora si comportava come il re del mondo, senza neanche degnarlo di un saluto dopo tutto quel tempo e, anzi, lo scherniva e lo trattava da inferiore!?! Quanto lo odiava!!!
- Lasciami andare, stronzo! – soffiò.

La reazione del fratello maggiore lo stordì: Sesshomaru si lasciò scappare un sorrisetto.
- Che bocca sporca! A sentirti parlare così, nostro padre ti avrebbe sculacciato a fondo, dopo averti fatto lavare la lingua col sapone -.

- Ma guarda! Il signor imperscrutabile sa fare le battute! – sussurrò tra sé Koga.

Ayame invece non aveva detto una parola da quando il principe Sesshomaru aveva fatto la sua apparizione.

Kaede si schiarì la gola: - Bene, ricomponiamoci, per favore – affermò – È un piacere rivedervi, principe. Vi trovo bene – si rivolse quindi a Sesshomaru – Grazie per averci convocati ed accolti nella vostra dimora – s’inchinò.

L’uomo emise uno sbuffo, guardandola con sufficienza: - Finiamola con i salamelecchi, vecchia. Jinenji – chiamò – Conducili alle stanze loro assegnate. Midoriko, devo parlarvi – sentenziò, dirigendosi a passo spedito a recuperare la propria spada – Vecchio. Rimettiti al lavoro, ora! Non farmelo ripetere – ordinò poi, facendo per tornare all’interno del palazzo.

- Sissignore. Obbedisco – sussurrò l’anziano – Per Ra, che carattere insopportabile! Mi domando dove io e il buon sovrano Inu abbiamo sbagliato nel crescerlo… - borbottò, accarezzandosi la barba mentre tornava verso la fucina, sparendo dalla vista.

- Eh, no! Aspetta un attimo tu! – s’intromise di nuovo InuYasha, ancora accovacciato a terra – Mi devi delle spiegazioni, fratellone. Molte spiegazioni. E non solo tu. Qualcuno ha omesso un bel po’ di cose nel suo racconto – insinuò, scoccando a Kagome uno sguardo accusatore.

- Dopo, ragazzo mio, dopo. Siamo tutti stanchi e nervosi. Dobbiamo riposarci e calmarci, non credi? - gli rispose conciliante Kaede.

Ma Sesshomaru si fermò, rivolgendosi al minore  senza nemmeno voltarsi: - Colgo una certa quantità di astio, fratellino. Sei davvero sicuro di voler sentire la risposta alle tue domande, poppante? Potresti rimanere turbato – lo provocò.

In realtà non aveva molta voglia di discutere, ma, conoscendo il carattere del fratello ed il proprio, sapeva bene che la propria pazienza era al limite e che l’altro non avrebbe avuto pace fino a quando non avesse scaricato tutta la rabbia che covava ancora in corpo. E se voleva risolvere la cosa venendo alle mani, così sia. In effetti era un paio di giorni che non faceva esercizio.

- Poppante?!? Ha parlato il grand’uomo – replicò InuYasha rialzandosi e mettendosi in posizione di combattimento, sfoderando la sua spada - Ora vedremo se abbasserai la cresta, razza di borioso, arrogante, altezzoso, testa di- auch! – si lamentò, parando a stento la forza dell’assalto del fratello piombato su di lui senza preavviso e con ammirevole grazia.
Cozzando tra loro, le spade diedero un clangore sordo.

- Meno parole e più fatti, InuYasha – disse Sesshomaru, pronunciando dopo tanto tempo il nome dell’altro.

Senza esitazione, lo disarmò con un’abile rotazione del polso, facendo volare la spada lontano da lui e ricevendo dal fratellino un’occhiata torva: - Sei il solito spaccone, Sesshomaru  - borbottò il minore, tentando di nascondere il disappunto per l’evidente sconfitta.

- Oh, ora basta! Fatela finita! Bambocci rissosi, idioti e dall’ego gonfio come un otre – sbottò Kagome, oltrepassando i due contendenti e precedendo tutti all’interno dell’antico palazzo.

inuYasha la fissò perplesso: - Ma cosa le è preso? – domandò a nessuno in particolare.
Cioè, lui l’aveva difesa e lei… si arrabbiava con lui? Donne!

- D’ora in poi lascio a te i suoi sbalzi d’umore. Per i miei gusti ho fatto da balia alla tua preziosa amichetta per tre anni di troppo – affermò Sesshomaru rinfoderando la spada e voltandosi di nuovo per addentrarsi nell’edificio.

- Quello… quello sarebbe il fratello di InuYasha? Wow! – esclamò Ayame, sinceramente ammirata - Cioè, voglio dire… sembra un buon combattente! – continuò imbarazzata all’occhiata basita che ricevette dai compagni.


 
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InuYasha grugnì, schivando per un pelo l'ennesimo pugno diretto al suo viso. La guancia sinistra stava già iniziando a gonfiarsi e non ci teneva ad avere anche l'altra a fare pendant.
Vagamente si chiese come avesse fatto a finire in quella situazione e perché avesse sempre creduto che il fratello maggiore non fosse incline a sporcarsi le mani, o meglio, nel caso specifico, ferirsele nel fare a pugni.
Annaspò quando un nuovo colpo andò a segno contro il suo sterno.
Lanciò un fugace sguardo alle spade, abbandonate in un angolo.

Dannazione a lui e alle sue stupide idee!

La mattina successiva al loro arrivo ad Amarna si era infatti ritrovato a sfogare le proprie preoccupazioni come era solito fare: allenandosi con la spada.
Era trascorsa circa mezz'ora quando Sesshomaru aveva deciso di intromettersi e fargli la lezioncina:
- Non te la cavi male, lo devo ammettere. Ma ti mancano le nozioni base. Saper prevedere l'avversario, mantenere la calma e studiare le sue mosse. Se ti getti subito d'impeto nella mischia, finirai massacrato in pochi minuti e non riuscirai mai ad arrivare ad affrontare Naraku – gli aveva detto con il solito tono di superiorità.

Naraku...

Nel sentire quel nome la rabbia ritornava, insieme alle immagini negative che il cervello di InuYasha non era riuscito a non formulare dopo ciò che il fratello maggiore gli aveva finalmente raccontato la sera precedente.



Amarna, la notte precedente:


Tutto sembrava tranquillo nel deserto.

Sesshomaru era sparito chissà dove poche ore prima.
Gli amici avevamo banchettato e poi si erano ritirati a dormire. Tutti tranne Kagome, scomparsa nel nulla anche lei.

InuYasha desiderava ardentemente poterle parlare, far sparire da quegli occhi marroni la scintilla oscura di paura ed inquietudine che credeva di aver già in parte dissipato. Ma la ragazza sembrava essere intenzionata a non farsi trovare, quella sera.

Frustrato, InuYasha si stese nel grande letto che troneggiava nella stanza in cui gli era stato detto di aspettare, finendo per appisolarsi.

Sembrava trascorso un solo secondo quando una voce ed un calcio all'altezza dei reni lo riportarono bruscamente alla realtà:
- Scendi dal mio letto – gli ordinò Sesshomaru.

- Ahia! Ma sei scemo? – borbottò il ragazzo, massaggiandosi la schiena – Beh? Cos'è quello sguardo, eh? – abbaiò poi.

Aveva sempre detestato quando lui lo guardava dall'alto in basso!

Sesshomaru si sedette sul davanzale della finestra, il viso rivolto al cielo notturno.
- È stato circa tre anni fa – iniziò – Saprai già del coinvolgimento di Naraku nella fine del regno di nostro padre, no? -.

Il fratello minore lo fissò sbalordito, raddrizzandosi sul letto, attento alla spiegazione che finalmente sembrava sul punto di arrivare.




Menfi, 1217 a.C., tre anni prima.


Sesshomaru si riparò all'ombra di un vicolo, calcandosi il cappuccio del mantello in testa, attento a non farsi scoprire.

Dopo mesi di sortite esterne dirette a sondare la potenza di Naraku e la sua catena di alleanze, aveva deciso di esporsi in prima persona, approfittando di un momento di apparente calma per fare un sopralluogo in incognito nella capitale. Aveva in mente un piano preciso.

Con un cenno, fece segno al suo collaboratore di procedere oltre.
Grazie alle informazioni raccolte, ma soprattutto grazie al suo intuito, era ormai sicuro di sapere chi fosse la bambina che l'usurpatore aveva spacciato per principessa.

Takemaru Setsuna si fermò guardingo di fronte ad una catapecchia.
Bene, doveva essere quello, il covo della banda di mercenari chiamati La Squadra dei Sette.

Un movimento attirò la sua visione periferica e Sesshomaru si abbassò, schivando il pugnale ed un'inaspettata vampata di fuoco. Come se il caldo clima non fosse abbastanza!

- Sei veloce, amico. Nonostante questo non è stata una mossa saggia venire ad importunarci – affermò un uomo.

Sesshomaru strinse appena gli occhi: - Tu devi essere Renkotsu, esperto di armi e abile manipolatore del fuoco. Il terzo in comando nella vostra “fratellanza” – appurò il principe.
Renkotsu apparve per un attimo stupito, ma subito si ricompose.

- Esigo di parlare con il vostro capo – continuò l’altro come se nulla fosse.

Prima che il mercenario potesse replicare, dall'interno della casupola si udì un frastuono, seguito da imprecazioni e da un grido di donna.

- Ma che… dannazione! – impiegò Renkotsu oltrepassando i due uomini e spalancando la porta – Per la miseria, Mukotsu! Non sei neanche in grado di fare da balia ad una ragazzina! – si lamentò.

Il piccolo uomo grugnì, massaggiandosi la mascella contusa, ancora accovacciato contro la parete dove era atterrato dopo aver ricevuto un calcio.

Sesshomaru si affacciò oltre la soglia, assistendo ad una strana scena: al centro della stanza, dimenandosi ed urlando inutilmente, una ragazza dalle vesti stracciate era tenuta a terra con la forza da un ragazzo dall'aspetto femminile.
- La vuoi piantare, inutile gallina? Mi stai perforando i timpani! Taci! – urlò Jakotsu, dandole un calcio nel fianco, tale che la ragazzina finì sdraiata supina.
Un solo gemito strozzato le uscì dalle labbra.

Bankotsu, seduto al centro della stanza, alzò lo sguardo annoiato verso il nuovo arrivato che superava in altezza Renkotsu di almeno una testa e mezza: - E tu chi saresti? – domandò, rivolgendosi poi alla ragazza stesa a terra davanti a lui: - Fa la brava, bambina! Shht! Se starai buona buona non ti farò troppo male, intesi? -.

Percependo la presenza di un estraneo, quella girò faticosamente il capo verso la porta, in una disperata richiesta muta di aiuto.

Fu così che Sesshomaru incontrò di nuovo un paio di occhi noti dopo tanti anni.

Come gli era capitato solo un paio di volte nella vita, l'ex principe sussultò stupito, grato per l'occultamento che il cappuccio gli forniva.
Dannazione! Che ci faceva lei lì? Secondo le sue fonti avrebbe dovuto essere… bah!
Questo complicata le cose… o forse no.

- Ho un accordo da proporti, capo dei mercenari – disse quindi, lanciando una nuova occhiata alla figura stesa a terra. Era immobile e con gli occhi chiusi. Doveva aver perso i sensi.

Bankotsu lo studiò di nuovo: - Chi, tu? Non farmi ridere, mendicante – iniziò, salvo poi interrompersi e rabbuiarsi non appena Sesshomaru palesò il proprio volto.



Circa un'ora dopo, allontanatosi abbastanza dalla città, Sesshomaru decise di fare una sosta, approfittando di una piccola ansa del Fiume Nilo nei pressi.

Mentre si rinfrescava il viso, osservò di soppiatto il nobile Setsuna occuparsi della mocciosa, di Kagome.
Kagome che, guarda caso, scelse proprio quel momento per riprendere i sensi.

- Stia calma, signorina! È al sicuro, ora. Ha una brutta distorsione alla caviglia sinistra ed è parecchio disidratata e contusa – tentò di placarla Setsuna.

- Cosa… chi siete? – gracchiò quella, a causa della gola secca.

Sesshomaru sbuffò internamente: usare quella ragazzina fastidiosa come merce di scambio con quei mercenari… doveva essere uscito di senno!

- Sta giù. Abbiamo un viaggio non indifferente da compiere, è meglio che tu ti rimetta in forze il più presto possibile. Inoltre non siamo ancora abbastanza lontani da Menfi, dobbiamo affrettarci a riprendere il cammino – le disse avvicinandosi a lei.

Kagome sussultò e tentò di mettere a fuoco quella che le sembrava solo una macchia sfocata davanti a lei.
Quella voce… anzi, no, quel modo autoritario e spiccio di parlare… no, impossibile!
- T-tu sei… - balbettò.

L'uomo scostò appena il cappuccio, permettendole di scorgere meglio il suo volto: - Sì. Ti ho detto di riposare. Obbedisci – le disse brusco.

Inaspettatamente un sorriso sereno si formò sulle labbra inaridite della ragazza.

- Sesshomaru – le uscì in un sussurro, prima di chiudere gli occhi e ritornare nell'incoscienza.







Per saperne di più: 

*Amarna (comunemente, ma meno correttamente noto come Tell el-Amarna) è il nome moderno della località ove sorgeva Akhetaton, la città egizia di Akhenaton.
Il nome Tell El-Amarna risale al XVIII secolo e fa riferimento ad una tribù beduina nota come "Ben Amran", Tale tribù si insediò in quest'area del Medio Egitto dando vita a quattro distinti villaggi: el-Till, El-Hagg Qandil, el-Amiriya ed el-Hawata. Il nome del primo di questi villaggi, si confuse con quello della tribù che lo abitava dando così vita ad "el-Till el-Amarna" dalla cui successiva "corruzione" derivò il termine "Tell-el-Amarna" oggi abbreviato, e più noto, semplicemente come "Amarna".
La storia di Tell el-Amarna è intimamente connessa a quello di Akhetaton, o Akhetaten ed alla figura del sovrano "eretico" Amenhotep IV che, modificato il suo nome in Akhenaton, instaurò il culto di Aton (in una sorta di monoteismo, di fatto più assimilabile ad una forma di enoteismo). Per allontanarsi, anche fisicamente, dal potere gestito dai sacerdoti di Amonnell'antica Ipet-Eswe (l'attuale Karnak), e per non legarsi ad alcun'altra divinità ed al rispettivo clero, Akhenaton decise di fondare dal nulla una nuova capitale. 
Essa finì però per essere abbandonata ed in parte distrutta alla morte di Akhenaton, con la restaurazione del vecchio culto di Amon

Per maggiori informazioni: 

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Amarna


http://www.aton-ra.com/egitto/localita-egitto/38-localita-egitto/444-tell-el-amarna.html


Akhenaton: nome assunto dal faraone egizio Amenofi IV (1372-1354 ca. a.C.), figlio di Amenofi III e sposo di Nefertiti. Akhenaton è una figura unica nella storia egizia: sovvertì il millenario ordine religioso introducendo il monoteismo. Sovrano della XVIII dinastia del Nuovo Regno, assunse il nome del dio Aton, cioè il dio Sole, con cui si identificò. Dopo aver imposto il culto di questa divinità, il faraone trasferì la capitale da Tebe ad Akhetaton (l’attuale Tell el-Amarna), che divenne il centro del nuovo culto, e combatté contro i potenti sacerdoti che cercavano di mantenere vivo il culto del dio Amon. Risoluto nella sua battaglia contro la potente casta sacerdotale tebana, Akhenaton distolse l’attenzione dal governo dell’impero e soprattutto trascurò le province più lontane, lasciando così ai suoi successori un impero meno vasto e più debole. La riforma religiosa di Amenofi / Akhenaton ebbe tuttavia importanti conseguenze sull’arte egizia [ definita appunto Arte egizia del Nuovo Regno], che passò dalla consueta forma rituale stilizzata a una rappresentazione di carattere più naturalistico, e sulla letteratura religiosa, che conobbe un nuovo sviluppo. Il fiorire di questa nuova cultura ebbe però fine con la morte del faraone Akhenaton. Tutankhamon, che salì sul trono pochi anni dopo la morte di Akhenaton, riportò la capitale a Tebe e restaurò il culto di  Amon.

Maggiori informazioni su Akhenaton:
 http://www.aton-ra.com/egitto/faraoni-egizi/akhenaton-il-faraone-eretico.html




Angolo autrice:

*si nasconde*
Sono imperdonabile, lo so. Tre mesi. Sono ben tre mesi che non aggiorno questa storia. Spero che ci sia ancora qualcuno che non di sia stancato di aspettarmi, dandomi per dispersa irrimediabilmente ^^’’’
Riprendere il filo del discorso -e dell'ispirazione- non è stato facile. Spero solo che ne sia uscito qualcosa di decente :-D in compenso il capitolo è venuto più lungo di quanto credessi, e non ho nemmeno messo tutto ciò che avevo pensato di svelare!!
Due personaggi mi hanno dato qualche problema in questo capitolo: Jakotsu. È facile nelle ff appioppargli il ruolo cliché dell’amico gay spiritoso, ma qui volevo mantenerlo come l’autrice di InuYasha l’aveva tratteggiato nel manga. E dare alla componente ironica del personaggio quella sfumatura di… inquietante sottinteso sessuale misto a violenza ed intenti omicidi (per la serie: “quanto è figo InuYasha! Me lo prendo io, è mio, mi piace e quindi sarò io a torturarlo lentamente e ad ucciderlo” *-* :-D ) non è stato facile, e temo anzi di non esserci riuscita bene ^^’’’’’
E poi… lui, Sesshomaru. La sua entrata ad effetto era una di quelle scene che avevo impresse nella mente e che mi sembrava davvero wow e “da lui” ( e cioè: mentre gli altri si azzuffano, arriva lui a fare la sua entrata ad effetto da super principe, sedando la rissa imminente a modo suo, e cioè con un bel lancio di spada che lascia i presenti attoniti XD)… peccato poi che, nel momento di metterla in atto, non ne voleva sapere di uscire bene  -_-‘’’’ ed ho il terrore di averlo fatto troppo loquace e gentile xD
Comunque… beh, abbiamo assistito ad un altro tassello di passato.
Sesshomaru e Bankotsu sembrano avere un accordo, ma di che tipo? E ancora non si sa come la nostra Kagome sia riuscita a fuggire dalle grinfie di Naraku e Kikyo. Lo scoprirete nel prossimo capitolo, dove il tassello mancante sarà spiegato attraverso i ricordi di Kagome :-D
Giuro che eviterò di far fare ad inuyasha altri atterraggi nella polvere! XD è già stato scaraventato a terra a sufficienza, in questo capitolo :-P e gli altri personaggi interverranno un po' di più xD
Alla prossima! Spero di metterci meno tempo di quest’ultima volta xD 
   
 
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