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Autore: Amalia89    09/04/2009    3 recensioni
Ciao! Mi chiamo Amalia!!! Questa è la mia ff! spero che vi piaccia... Non mi reputo certo una scrittrice, ma anke io nel mio piccolo ci provo! fatemi sapere la vostra opinione... Ciaooooooo
Un’altra notte era passata, nella nostra piccola ma graziosa casetta, regalataci da Esme l’amorevole madre di Edward non che mia “suocera”, come mi faceva strano pensare così a Esme… il nome “suocera” lo associavo più a qualcosa di sgradito di fastidioso e questa non era certo la descrizione della madre di Edward.
Ero abbraccia a Edward, la mia testa poggiata sul suo possente petto, morbido e perfetto…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 2

CAPITOLO 2

 

 

Fissavo l’enorme casa bianca, tra le braccia stringevo la mia piccola Renesmee.

C’eravamo già salutati tutti, Carlisle, Esme, Rosalie ed Emmett ci guardavano da sotto la veranda, sui loro volti c’erano stampati dei sorrisi entusiasti, che nascondevano la tristezza e l’angoscia di quel momento.

La nostra separazione, anche se momentanea, era dura da affrontare, ma non potevamo ancora trasferirci tutti, io, Edward, Alice e Jasper stavamo partendo per Dartmounth e, ovviamente Jacob e Renesmee venivano con noi.

Non avrei mai sopportato la lontananza da mia figlia, e Jake, non poteva vivere senza di lei.

Non m’infastidiva la sua presenza, anzi per me, sarebbe stata molto utile. Mi serviva qualcuno che stesse con la mia piccola mentre noi frequentavamo i corsi del college.

A differenza di mio marito, non aveva preso di buon grado la notizia, non sopportava l’idea che nostra figlia appartenesse già a qualcuno, soprattutto se questo qualcuno era Jacob, il mio migliore amico nonché licantropo.

La voce di Edward mi ridestò dai miei pensieri.

“E’ ora Bella, sali in macchina”, disse sorridendomi.

E così feci, diedi un ultimo sguardo al resto della mia famiglia che era ancora lì, sotto la veranda, ci salutammo con un gesto della mano, Rose mandò un bacio a Renesmee sulla punta delle dita e lei ricambiò con uno dei suoi formidabili sorrisi e partimmo.

Sulle ginocchia tenevo la mia piccola, mentre dietro stavano Alice, Jasper e Jake, mi faceva strano vederli così vicini, appiccicati, era chiaro che oramai, ogni tipo di antagonismo si era dissolto, ed ero contenta che fosse così.

Durante il viaggio ripensai allo sguardo di Charlie, gli avevo promesso che sarei tornata per Natale e, in effetti, i piani erano quelli, ma si vedeva che anche lui faceva fatica a lasciarci andare.

 

*****

“L’hai promesso Bells”, mi disse con tono apparentemente incolore, ma la sua espressione tradiva una profonda angoscia.

“Certo papà, promesso. A Natale saremo tutti da te”.Gli sorrisi e lo abbracciai, lui ricambiò e mi diede un bacio sulla fronte, così fece anche con Renesmee e strinse ad Edward la mano.

 

*****

 

Alice aveva deciso di comprare un’altra casa, un po’ più lontana dal college, appena fuori dalla città di Hannover. Volevamo confonderci con gli umani, ma allo stesso tempo non dovevamo dare nell’occhio con le nostre uscite nel cuore della notte per cacciare.

Per questo, avevamo deciso di non affittare uno dei tanti locali riservati agli studenti del college.

Il viaggio come sempre durò meno di quanto mi aspettassi, Edward parcheggiò la Volvo di fronte ad una villetta molto graziosa, bassa con i muri bianchi. Il tetto era rossastro, in mezzo ad esso s’intrecciavano delle piante rampicati che correvano su tutto il muro, fino alla porta d’ingresso.

Tutt’intorno alla casa c’era un giardinetto, con piante di ogni genere, si vedeva che c’era lo zampino di Alice.

Entrammo all’interno di esso, l’odore era una combinazione fantastica di rose, fresie e pino fresco.

Vidi aprirsi un sorriso sorpreso sul viso di mia figlia, quell’insieme di odori creava un profumo che per lei era nuovo, mi posò una mano sul collo, non conosceva le parole giuste per esprimere quanto le piacesse, era contenta, felice.

“Lo so, zia Alice come sempre ha dato il meglio di sé, è fantastico”. Le dissi sorridendo. Lei ricambiò il sorriso e posando di nuovo la sua manina sul mio viso mi fece vedere che voleva scendere, le diedi un bacio sulla fronte e la misi giù.

Cominciò a camminare per il giardinetto. Jake le fu subito accanto, prendendola per mano, assicurandosi che non cadesse.

Come il solito esagerava nel voler proteggere mia figlia, una mezza vampira non avrebbe mai perso l’equilibrio e anche se fosse successo, non si sarebbe mai fatta male, la sua pelle era più dura rispetto a quella di un essere umano.

Si guardava attorno meravigliata, si avvicinava ai fiori, sfiorandoli con le dita, un sorriso smagliante sul volto.

Edward mi si avvicinò, cingendomi per le spalle.

“Vieni dentro a vedere, sono sicuro che ti piacerà altrettanto”. Mi sussurrò all’orecchio.

“Certo, non vedo l’ora di vedere la cabina armadio”. Risposi sarcastica, lui alzò gli occhi al cielo e sorrise.

Entrammo in casa, vista da fuori, non sembrava così grande.

Come colori era simile a quella che avevamo a Forks, molto chiari.

Le pareti erano bianche, con leggere sfumature di giallo che richiamavano i graziosi bordini attaccati alle pareti.

L’entrata dava sul salone, che conteneva due enormi divani bianchi posti a L, e un tavolino in vetro con al centro un vaso di cristallo, pieno di rose rosse.

Sulla sinistra c’era un arco cha affacciava su una stanza non molto grande, ma sufficiente per contenere una cucina con un tavolo di vetro e sei sedie.

Di fronte all’entrata, c’era una breve scalinata, che portava al piano superiore, non era proprio un secondo piano, assomigliava più a un soppalco, dove si trovavano la stanza di Alice e Jasper, una sala studio e un bagno.

Misurai a grandi passi il salone, mi guardai intorno, alla ricerca di quella che sarebbe stata la camera mia e di Edward, Alice capì subito cosa cercavo e mi mostrò una porta sulla destra, di fronte alla scalinata. La stanza era molto ampia, quadrata, era uguale a quella della casetta regalataci per il nostro matrimonio, quella somiglianza, mi fece sentire a casa, ma mi provocò anche un’ondata di nostalgia.

Al fondo di essa c’era una seconda porta, una cameretta più piccola con un lettino al centro, di fronte, riconobbi a malincuore, quella che era la cabina armadio. Alice si diresse subito lì, con un sorriso smagliante, ma, prima di avventurarmi in quell’inferno di seta e pizzi, diedi ancora un’occhiata alla stanza. Notai che affacciava sul giardinetto, quel particolare mi fece sorridere, ero sicura che a Renesmee sarebbe piaciuto molto.

Alice batteva il tempo con il piede, segno che si stava spazientendo, così mi avvicinai a lei.

“Sei pronta?”. Mi chiese con la sua voce squillante ed eccitata.

“Certo! Dai apri!”. Cercai d’ essere il più convincente possibile, ma non sembrava che ci fossi riuscita. Con una smorfia aprì l’anta scorrevole, era ancora peggio di come m’immaginavo, aveva diviso per sezioni i vestiti miei di Edward e di Renesmee, sapevo che mi ci sarebbe voluto un bel po’ prima di imparare ad usarla.

“Fantastica!”. Esclamai, provando a dare alla mia voce un tono d’entusiasmo.

“Certo, ma non manifestare troppo il tuo entusiasmo Bella, rischi di distruggere la casa”. Disse, prima di voltarsi e uscire dalla stanza.

Speravo di non aver urtato troppo i suoi sentimenti. La seguii fuori dalla camera e tornai in salone, dove Jake teneva in braccio mia figlia. Si guardò un attimo attorno, gli occhi sgranati la bocca spalancata: “wow”, disse quasi bisbigliando, poi si ricompose e mi guardò sfoderando il sorriso che preferivo.

“Beh! Io dove dormo? Sono stanco morto, non mi dispiacerebbe testare ora il mio nuovo letto”, disse senza abbandonare l’espressione felice e beata cha aveva.

Già, dove dormiva Jacob? Mi guardai in torno ma non vidi altre porte, fissai Alice con un’espressione sospettosa, no, non era da lei trattare male Jake, forse Rose gli avrebbe fatto una cuccia in giardino, ma Alice no.

Lei ricambiò il mio sguardo sorridendo e alzò gli occhi al cielo.

 “Vieni Jake, ti mostro la tua stanza”. Disse, prima di dirigersi dietro alla scalinata. Non mi ero accorta che lì c’era un’altra porta, la aprì e fece cenno a Jacob di entrare. Anch’io mi avvicinai, per vedere com’era fatta. Era una bella camera, ampia e soleggiata, anche in questa c’era un enorme letto al centro, al fondo, un bagno tutto per lui e, con mia sorpresa, una cabina armadio piena di vestiti.

Certo non era nemmeno un quinto delle dimensioni della mia, ma ero sicura che per lui andasse più che bene.

Sia io che Alice lo guardammo in attesa di un giudizio, Jake

guardava a terra, chiaramente in imbarazzo borbottò un:

“Grazie Alice… è anche troppo”.

“Non dire stupidaggini Jacob, vivrai con noi, e devi avere tutte le comodità necessarie”. Disse sorridendo e uscendo dalla stanza.

“Renesmee, vieni, lasciamo dormire Jacob, ti mostro la tua camera sono sicura che ti piacerà”. Così dicendo, allargai le braccia per prenderla. Jake posò le sue labbra sulla fronte di Nessie e me la diede.

“Buon riposo Jake”.

“Grazie Bells”.

Uscii dalla stanza, dirigendomi verso quella di mia figlia, ma Edward mi si parò davanti prendendomi per mano.

“Andiamo a perlustrare la zona di caccia?”. Chiese sfoderando il sorriso sghembo che preferivo.

“Si, prima però volevo far vedere a Renesmee la sua camera”.

“Ci penserà Alice”.

In un attimo anche lei ci fu accanto.

“Certo! Vieni Nessie, voglio sapere che ne pensi!”. Allargò le braccia e mia figlia ci si buttò subito, girandosi a guardare me e suo padre. Ci salutò con la manina accecandoci con uno dei suoi magici sorrisi.

Ricambiammo il saluto, prima di uscire dal retro.

Cominciammo a correre, io sorridevo per quella sensazione cui non mi sarei mai abituata, il senso di libertà che provavo ogni volta che sfrecciavo in mezzo ai boschi era inspiegabile. Guardai con la coda dell’occhio verso Edward, ma vidi che lui era già concentrato sulla caccia, feci lo stesso.

Il tempo passò in fretta, e, alla fine della prima ora, mi sentivo già sazia. Il menù non era diverso da quello di Forks, per lo più cervi, con qualche rara eccezione di orsi e puma.

Mentre tornavamo a casa, mi ricordai che, all’andata, eravamo passati in uno spiazzo senz’alberi né massi, il suolo era ricoperto solo di muschio, dal quale fioriva qualche margherita, mi ricordava vagamente la nostra radura.

All’improvviso deviai verso est, dove ricordavo d’aver visto quel luogo, Edward mi seguì, stupito di quell’improvviso cambiamento di rotta.

“Perché questa deviazione? Hai sentito qualcosa?”. Chiese curioso.

“No, solo mi sono ricordata che mentre andavamo a caccia siamo passati in un posto che…”. Mi fermai a metà frase, non ero molto sicura, avremmo dovuto già passarci.

“Che?”. M’incalzo mio marito. E, proprio in quel momento lo vidi.

“Guarda lì, davanti a te”. Dissi indicandogli la direzione in cui guardavo.

Ero sicura che vedesse quello che vedevo io, eppure non disse nulla, un secondo dopo arrivammo nello spiazzo.

“L’ho visto mentre correvamo, non mi stupisco che ti sia sfuggito eri troppo concentrato sulla caccia”. Spiegai sorridendo. “ Mi ricorda un po’ la nostra radura, certo questa è più ampia e non c’è praticamente nulla attorno, ma un po’…”. Provai a continuare a frase, ma Edward, mi aveva interrotta, prendendomi per i fianchi e girandomi verso di lui. Scontrò le sue labbra contro le mie, un bacio impetuoso e pieno di desiderio.

Gli misi le braccia attorno al collo, e gli saltai in braccio, facendo cadere entrambi sull’erba, ma non ci staccammo nemmeno di un millimetro, le sue mani perlustravano il mio corpo, le mie erano intrecciate nei suoi capelli, dal fondo delle nostre gole uscì un rantolo di piacere.

Le sue labbra accarezzavano il mio collo e le sue mani percorrevano la mia schiena, poi, si fermò.

“Forse è meglio tornare a casa amore, è tardi, Nessi…”, a quel nome scattai in piedi, anche se un po’ a malincuore. Adoravo mia figlia, ma mi piaceva sentire Edward in modo così intimo. Lo vidi sorridere, ma non aggiunse altro. Riprendemmo la strada di casa, era da parecchio tempo che eravamo fuori.

C’era una cosa che non capivo, perché aveva voluto cacciare? Non era passato molto tempo dall’ultima volta.

“Edward?”. Lo chiamai, facendolo voltare verso di me.

 “Perché hai voluto che andassimo subito a caccia? Un po’ di autonomia l’avevamo ancora…”. Chiesi, dando voce ai miei pensieri.

“Bella, amore, domani sarà il tuo primo giorno di college, sarai in mezzo a tanti umani, e so bene che ti sai controllare alla perfezione ma un po’ di precauzione non guasta mai”. Mi spiegò sorridendo.

Alle sue parole m’incupii, aveva ragione, avrei dovuto pensarci io, dovevo fare più attenzione.

“E poi”, aggiunse interrompendo i miei pensieri, “volevo stare un po’ da solo con te”.

Quella frase mi fece dimenticare tutto. Passammo il resto del tempo in assoluto silenzio. Dopo poco, arrivammo a casa e incontrammo Alice in salotto, seduta sul divano con Jasper, facevano zapping alla tv.

“Ciao, finalmente! Pensavamo che aveste superato i confini nazionali”. Disse sorridendoci.

“Dov’è Renesmee? E Jacob si è già svegliato?”. Chiesi non vedendo mia figlia nei paraggi.

“Era distrutta Bella mi si è addormentata in braccio, e Jacob credo che dormirà ancora per parecchio tempo, non senti come russa?”. Ora che me lo faceva notare, in effetti, sì, sorrisi.

“Grazie Alice”. Disse Edward facendole l’occhiolino.

“Figurati, senti io e Jasper pensavamo di andare a caccia, ora che siete tornati”.

 Annuimmo, ma entrambi sapevamo che lo facevano per lasciarci un po’ di privacy, ora capivo il significato di quel: “Grazie Alice”. Probabilmente il mio angelo aveva letto le intenzioni della sorella prima che le esponesse.

“A dopo”. Ci salutò Jasper sbuffando, gli si leggeva in faccia che non aveva voglia di andare a caccia, ma non protestò.

Uscirono nella notte buia e in meno di un secondo sparirono.

Ci dirigemmo verso camera nostra, io aprii piano la porta della stanza di Renesmee per assicurarmi che fosse tutto apposto, poi, la richiusi lentamente e mi voltai a guardare Edward.

Il suo corpo bello, marmoreo fremeva per il desiderio del mio, in una frazione di secondo mi spogliai e gli saltai in braccio, riprendendo da dove avevamo interrotto nello spiazzo.

 

 

 

 

 

  
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